Azioni egregie operate in guerra/1633

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Q
Uest’anno comparve nell’Alemagna un nuovo esercito, composto in gran parte d’Italiani. Filippo quarto Re di Spagna, considerando prossima a seguire ne’ Paesi bassi Cattolici la morte dell’Infanta Isabella sua Zia, che reggeva quelle Provincie, determinò di mandare a quel governo il Cardinal Ferdinando suo Fratello, accompagnato da un esercito di varie nazioni, suddite dell’Austriaca Famiglia. D. Gomez di Cordova Duca di Feria aveva l’incombenza di radunarlo sulle frontiere d’Italia. Ma perchè gli affari della Germania sul Reno procedevano malamente per Cesare, determinò il Cordova, di precorrere colà con parte delle milizie raccolte, e liberare dall’assedio [p. 46 modifica]Costanza, Brisac, ed altre Piazze, strette malamente dagli Svezzesi. Il di lui arrivo in Alemagna partorì il sollievo di quelle Città. Ma perch’esso non voleva ubbidire al Valstain, di cui gli Spagnuoli erano mal contenti, parendo loro, che questi operasse freddamente, e maneggiasse la guerra più a capriccio, che con buon senno; perciò l’andata del Feria, mal assistito con soccorsi da’ Capitani, dipendenti dal Valstain, non produsse quegli effetti più proficui, che ne sarebbero provenuti, se fosse stato abbondantemente rinforzato da Soldatesche Cesaree. Gl’Italiani dal freddo del Clima oltramontano ne patirono molto, e rimasero diminuiti non poco dalla mortalità. Il Feria provando mancanza di viveri nella Svevia, e ne’ circonvicini paesi Protestanti, mal affetti a’ Cattolici, e per ciò avversi a somministrargli, con che sostentarsi, si ritirò nella Baviera, accolto favorevolmente da quel Duca; dove nel principio del prossimo anno tra molte angustie d’animo, e infermità di corpo terminò di vivere. Dichiarò suo successore nella dignità di Conte Giovanni Serbelloni Signore di lunga esperienza militare, e che di poi per più anni in molte Campagne prestò servigi rilevanti alla Corona di Spagna. Il Valstain intanto spedì il Galasso nella Slesia, a difendere quella Provincia, poi vi passò egli con marcia sforzata, e all’improvviso raggiunto il Conte Mattia Enrico della Torre, e il Tubaldel Svezzese, li caricò, ed obbligò a rendersi prigionieri con più migliaja di Soldati. Ma perchè liberò il Conte, nemico acerrimo, stato cagione di mali sommi a Cesare dalla prima rivoluzione della Boemia sin ad ora, moltiplicò le mormorazioni, e le diffidenze contra di lui nella Corte di Vienna. In questo mentre gli Svezzesi facevano grandi, e considerabili progressi verso il Reno, e il Danubio, ch’esso Valstain mostrava di non curare, nè prendersene verun pensiero. Il Duca di Baviera esclamava altamente, querelandosi d’essere da lui mal assistito contro il Duca di Vaimar, l’Iforn, ed altri Capitani nemici, i quali applicavano ad impadronirsi delle Fortezze migliori dell’Alemagna, e a stabilirsi nelle più doviziose Provincie. Crebbero i lamenti, quando il Vaimar per sorpresa s’impossessò di Ratisbona, Città nel cuore de’ suoi Stati, e minacciava di acquistar Passavia, per ispalancarsi l’ingresso nell’Austria. All’opposto il Valstain si fermava nella Boemia, ed ora spingeva le Truppe in una parte; poi ritirandole marciava all’opposta; indi retrocedendo s’incamminava altrove, sempre fluttuando, nè sapendo che conchiudere. Tutte le di lui mire versavano nel ricuperar l’Elettor di Sassonia al partito di Cesare. Intavolava trattati, ma niuno ne conchiudeva. Nè capiva, come le negoziazioni co’ Gran Principi non si effettuano con parole, ma con azioni vigorose, e con istrepitose vittorie. Finchè il Sassone vedeva robusto, e superiore il partito de’ nemici di Ferdinando, mai si sarebbe distaccato da loro, affinchè le armi di questi non si rovesciassero sopra di lui. Noi lo vedremo riconciliarsi colla Casa d’Austria; quando [p. 47 modifica]Principi d’essa diedero una rotta solenne agli Svezzesi, e a’ Protestanti. Ormai il nome del Valstain a cagione delle sue procedure era caduto in dispregio, e la di lui alterigia l’aveva reso esoso a’ Cattolici.

Da tanti riclami, pericoli, e perdite commosso l’Imperator Ferdinando, s’avvide dello sbaglio, fattogli prendere da que’ Consiglieri, i quali lo condussero, a confidare le sue armate con eccessiva autorità al Valstain, Capitano che la faceva più da padrone, che da Vassallo. Comprese il rischio di perdere il Duca di Baviera, che fin dal principio della guerra presente veniva sollecitato dalla Francia, a tenersi sulla neutralità; nel qual caso gli Svezzesi non l’avrebbero offesa. Le amarezze tra lo stesso Bavaro, e il Valstain, facile a parlare con disprezzo di sì gran Principe, eransi aumentate a tal’eccesso, che sembrava impossibile il mai sopirle. L’antipatia del medesimo contra gli Spagnuoli, i quali somministravano grosso contante mensuale per le paghe dell’esercito Cesareo, era scoppiata in fatti di gravissimo pregiudizio agl’interessi di Casa d’Austria. L’esercito del Duca di Feria, venuto d’Italia, il quale aveva liberate varie piazze sul Reno dagl’insulti nemici, non era stato veduto di buon occhio da lui, nè sovvenuto, come portavano gli ordini, e le urgenze Imperiali; dal che n’era risultato grave detrimento di quelle truppe. Il Cardinale Ferdinando Infante di Spagna era prossimo a traversare l’Alemagna verso la Fiandra con altr’armata, che abbisognava d’essere fiancheggiata da numerosa Cavalleria Tedesca: Ma come ottenerla dal Valstain, il quale avverso agli Spagnuoli, voleva disporre delle milizie Austriache a sua voglia, e bene spesso a suo capriccio, come lo aveva esperimentato l’Elettor Bavaro nelle due Campagna ultime con sua grande mortificazione? Dalla forza di queste, ed altre ragioni fu convinto l’Imperatore della necessità, che a lui correva, di deporre nuovamente il Valstain, e confidare il governo delle proprie armi al Figlio Re d’Ungheria. L’avvenuto di poi colle buone fortune, che ne seguirono, dimostrò la prudenza, e la utilità di tale determinazione. Il Re, e l’Elettore, usciti in campagna strettamente uniti di sangue, e d’affetti, passarono con perfetta concordia di voleri nel maneggio della guerra. La buona armonia tra loro congiunse gli animi de’ Generali subalterni, e la loro presenza infervorò le milizie ad azioni valorose, e costanti, colle quali si riportarono grandi vantaggi nell’anno prossimo.

Era uscito già un editto dell’Imperatore, che obbligava tutte le milizie Cesaree a sottrarsi dall’ubbidienza del Valstain, e a riconoscere per Comandante supremo il Galasso. Si temevano turbolenze in alcuni reggimenti, dove comandavano Uffiziali, congiunti al Valstain o per affinità o per impegni antecedenti, o per benefizj ricevuti dal medesimo dell’esaltazione a gradi militari. Ma la fedeltà inalterabile, e provvida tanto dell’Aldringen Fiamingo, quanto del Galasso, Coloredo [p. 48 modifica]e Piccolomini Italiani disposero con prudenza, e destrezza regolamenti così aggiustati in tutti i quartieri; talché con si vide minima novità, e tutti si soggettarono a’ comandamenti di Cesare per l’anno