Baby (Rovetta)/XII

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XII

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XI
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XII.

Alcuni giorni dopo, ritornando Andrea a Castelguelfo, sentì che la Contessa era a letto, un po’ raffreddata. Egli aveva già fatto voltare la carrozza per ritornarsene a Oriano, quando la Gege accorse dicendogli che la padrona stava meglio, e che avea dato ordine di lasciarlo passare.

Andrea non rispose verbo e seguì la cameriera; ma si era fatto ancora più pallido del solito; non riusciva con le mani che gli tremavano ad abbottonarsi i guanti, e incespicò nel tappeto dello scalone. Il pensiero ch’egli doveva entrare nella camera di Baby lo intimidiva, e pro[p. 138 modifica]vava una sensazione strana d’inquietudine, come s’egli fosse per abbandonarsi all’ignoto.

— Ma forse — pensò — avrò inteso male. — La troverò alzata, certamente! — E sperò davvero che così fosse.

Era la seconda volta soltanto, ch’egli vedeva e che entrava nella camera di una donna. Però la cameretta umile, piccina, dove sul casto lettino di ferro avea veduta distesa la morta, in quel punto non gli attraversò la mente: egli era troppo commosso e turbato.

La Gege aprì l’uscio e sollevò la portiera; ma Andrea rimaneva fermo sulla soglia. Non ardiva inoltrarsi in quell’oscurità misteriosa, fra quel tepore insinuante, in cui sentiva più acuto il profumo particolare, che la Baby spandeva dalle vesti, dai capelli, da tutte le cose sue.

— Avanti, Santasillia, coraggio!... Si direbbe che le fo paura!

Andrea si avvicinò dì alcuni passi. Il suo occhio, abituandosi, cominciava a vederci a poco a poco, le tenebre sembravano diradarsi, ed egli [p. 139 modifica]non osava guardare il letto grandissimo, a dorature. Balbettò alcune parole, ma non sapeva dove mettersi: la Baby non era proprio alzata!

— Prenda una poltroncina, e venga qui, accanto a me!

Egli volse lo sguardo dove la Baby gli faceva cenno di andare, e vide muoversi, e uscire dall’oscurità qualche cosa di lustro: era il cranio pelato di Marco Baldi, che si alzava per cedergli il posto.

Andrea, più che di gelosia, provò allora un senso di disgusto e di ribrezzo, scorgendo la faccia rossa, accesa del vecchio, vicino al letto, proprio accanto alla Baby, tutta bella, coi capelli biondi che coprivano mezzo il guanciale, e le ricadevano sul giubbettino di seta rosa, chiuso fino al collo.

Egli non la guardava; pure quella figuretta gentile, la sentiva, la vedeva muoversi nell’anima e nel sangue. Per quanti discorsi fossero incominciati, Andrea taceva sempre, e tutt’al più non sapeva rispondere che con pochi monosillabi, o parole inconcludenti. In quella camera [p. 140 modifica]soffocava; dinanzi a quel letto soffriva turbamenti nuovi e terribili. Rimaneva immobile, cogli occhi fissi nella faccia di Marco Baldi (l’unico punto dove li poteva tenere senza soggezione), ma intanto vedeva, osservava, studiava tutto d’intorno a lui.

Sul tavolino accanto al letto, c’era il ritratto di Giuliano, e lo avea fatto fremere, come lo faceva fremere la Baby quando si muoveva per accomodarsi colle mani il grosso volume dei capelli, quando cercava sul letto, dove l’aveva buttata, la scatolettina delle caramelle, e quando girava e batteva colla punta dei piedini irrequieti, sotto la coperta grossa di stoffa antica. E, come se tutto ciò non bastasse, c’erano anche le spiritosaggini e i commenti di Marco Baldi, che aumentavano le sue angoscie e lo tenevano in continua agitazione.

Il Baldi scherzava a proposito dell’altro cuscino, accanto a quello della Baby, che rimaneva sempre vuoto, e la Baby, dopo aver arrossito un poco, sorrideva, confessando di essere stata cattiva e ingiusta col suo Giuliano. [p. 141 modifica]

— Era tanto giovane quando l’avevano maritata! — Allora non sapeva proprio che cosa volesse dire, nè che cosa fosse l’amore!... Povero Giuliano!... — e a questo punto gli occhi scintillanti della Contessina si empivano di lacrime; lacrime che non erano di dolore, ma di tenerezza.

— Per dire il vero — osservò Marco Baldi ghignando — adesso quel birbone di Giuliano non è poi tanto da compiangere. Anzi, au contraire, se fossero vere le informazioni avute intorno al testamento del conte Pancrazio, avrebbe da godere certi agrèments...

— La finisca, Baldi! Non so come si possano dire certe cose! — esclamò la Contessina facendosi rossa di fuoco.

— Ne faremo giudice il conte Andrea! — seguitò il vecchio sboccato, che non voleva cedere a quelle intimazioni; e mentre la civettuola nascondeva le fiamme del visetto, con amabile modestia, contro il cuscino, riferì al Santasillia le dicerie che correvano in quei giorni a [p. 142 modifica]proposito del testamento che avea fatto o stava per fare il conte Pancrazio. Questi, non vedendo di buon occhio la separazione che esisteva di fatto tra Giuliano e la Baby, pensava di lasciare tutti i suoi milioni... al loro futuro primogenito.

Andrea guardava attonito il Baldi, ma non capiva bene: — Se i Castelguelfo non avevano figliuoli?

— Appunto per ciò! — esclamò il vecchio ridendo sguaiatamente. — Lo zio Pancrazio vuole che si dia principio alla successione!

Andrea arrossì a sua volta vivamente, poi subito impallidì. Avrebbe voluto schiaffeggiare Marco Baldi, pigliarlo per il collo, cacciarlo fuori dalla camera... Ma si sentiva la gola strozzata e non poteva parlare; gli battevano le tempie; aveva la testa in fiamme e il cuore soffocato. Reso più ardito dallo sdegno, dall’angoscia, dalla gelosia, che gli bruciava il sangue, fissò la Baby; essa in quel punto volgeva gli occhi amorosamente verso il ritratto di suo marito. Andrea si alzò con impeto; era diventato livido. Se [p. 143 modifica]Giuliano fosse entrato in quel momento, egli si sarebbe avventato contro di lui. La Castelguelfo e il Baldi si scambiarono un’occhiata di intelligenza. Quella si sentì irritata contro i furori del Santasillia; Marco Baldi, prudentemente, cambiò il soggetto delle sue chiacchiere.

Ma Andrea non potè più riaversi, e anche dopo e nei giorni seguenti, sembrava proprio ammattito. Aveva sempre dinanzi agli occhi la Baby irrequieta, col giubbettino rosa; e fisse, fra lo spasimo della mente e del cuore, le parole del Baldi. Sentiva sempre più acuto e penetrante il profumo di quella camera, così piena di seduzioni forti e misteriose. Ma il ritratto di Giuliano, messo, con amorosa cura, accanto al letto; il cuscino vuoto, presso l’altro, dove vedeva sempre la testina bionda della Baby, lo facevano delirare di gelosia... Poi, per fargli perdere del tutto la ragione, capitò l’annunzio della morte del conte Pancrazio, colla piena conferma di tutte le notizie avute o già divulgate, a proposito del testamento. [p. 144 modifica]

Il conte Giuliano era partito da Vienna per Navaledo; aveva già mandato la propria rinuncia al Ministero degli esteri, e doveva capitare a Castelguelfo da un giorno all’altro, appena avesse sbrigati nel Friuli gli affari più urgenti.

Questi avvenimenti importantissimi avevano mutato interamente l’aspetto della villa, e quantunque la Baby fosse in lutto, pure la sua casa era piena di gente e sempre in festa. Le amiche e gli amici della Contessina si affrettavano a correre a Castelguelfo per congratularsi e compiacersi colla Baby. E tutti facevano continue domande e allusioni intorno al testamento, e tutti lo approvavano e ne erano lieti, compreso il Damonte e Scipio Spinola; e più di tutti la marchesa D’Arcole, madama Kraupen, e la generalessa Brocca di Broglio, che, entusiasmate, levavano al settimo cielo la sagace previdenza del fu conte Pancrazio; e tutte tre accarezzavano la Baby e la baciavano, ridendo e scherzando coll’affettuosità ciarliera delle mamme che hanno trovato il marito per le loro figliuole. E la Baby, [p. 145 modifica]docile e buona, accettava quelle amorevolezze, arrossendo con effusione, ed era sempre in moto, e aveva sempre un gran da fare per l’accoglienza che voleva preparare «al suo Giuliano.» Faceva cambiare tutto ciò che immaginava non gli dovesse piacere: volle vedere come gli avevano disposto il suo quartierino particolare, e se non mancava nulla nel gabinetto di toeletta; e si prendeva queste cure con tenerezza e con gioia, nominandolo spesso, scrivendogli ogni giorno, mostrandosi ansiosa del suo arrivo e crucciata perchè tardava troppo a venire.

Povero Giuliano! Era tanto tempo che non lo vedeva; ed era stata tanto cattiva con lui!... Eppoi chi sa, poveretto, come ci veniva di mala voglia a Castelguelfo!... Chi sa quante lacrime avrebbe fatto spargere quella sua partenza da Vienna!... — E intanto, ridendo e scherzando, cominciava a infiltrarsi anche un pocolino di gelosia nel suo amore giocondo e senza pensieri.

— Sarebbe proprio rimasto sempre con lei, o sarebbe tornato a Vienna? [p. 146 modifica]

E mentre nel suo cuore cresceva l’amore per il marito, il Santasillia, che diventava matto per lei, le faceva sempre più dispetto, e sentiva una forte ripugnanza per quella passione ch’essa aveva inspirata, ma che non divideva. Adesso ch’ella cominciava ad amare suo marito, il grande innamoramento di Andrea non la divertiva più, ma l’offendeva e l’irritava; e cominciava a trattare il reverendo con molta freddezza, e non gli rivolgeva quasi mai la parola; e certe volte era persino scortese con lui, mentre con gli altri si mostrava amabile ed espansiva anche più del solito. Ma il dolore di Andrea sembrava tanto forte, da renderlo insensibile a tutto ciò. Egli era sempre lì, vicino alla Baby, colla disperazione impressa nel volto, e pareva supplicarla con gli occhi stravolti.

Egli non lottava più; non cercava più nemmeno di scusarsi, ma si era abbandonato, intero, alla sua passione. Aveva finito di credere, aveva finito di sperare; amava, amava soltanto, ma il suo amore non era il soave incanto [p. 147 modifica]dell’anima; no, egli lo sentiva rodere ostinato come l’odio, e divampare a un tratto come un impeto d’ira.

La sua mente smarrita si ribellava contro la fede. E, in vero, perchè doveva egli credere? Quando era stata ben accolta la sua preghiera? — Lui, che aveva tanto supplicato, avea potuto ottenere la guarigione di Francesco Parabiano?... No. — Lui che avea tanto creduto, avea potuto prolungare di un giorno solo la vita dell’Adele?... No. — A lui, che aveva tanto sofferto, era stata concessa un’ora sola di riposo e di oblio?... — No. Mai!

Giovanetto ancora, egli era buono, onesto, pio, e tutto ciò non valse a difenderlo dal cattivo genio che lo spinse contro Francesco Parabiano e gli distrusse in un attimo la felicità appena intravveduta; la vita appena incominciata. Pure egli si era piegato senza imprecare a tanta sventura. Si era fatto operoso, sollecito del bene altrui, e sorretto da un raggio vivido di speranza e di amore salutava lieto la fine di ogni giorno, [p. 148 modifica]perchè ogni giorno trascorso era un nuovo passo ch’egli aveva fatto verso la cara perduta. La sua vita correva triste e solitaria, ma correva ed era tranquilla; e allora, sempre quel cattivo genio, gli volle negare anche la pace, e fu preso dalla piccola sirena, incosciente e spensierata, che per ridere o far ridere, gli aveva avvelenata l’anima e il sangue... Sì, sì, sì: egli rinnegava la fede e si ribellava contro il cielo. Egli non poteva credere altro che nel male, perchè il male era stato più forte e aveva vinto; egli non poteva credere altro che nell’inferno, perchè l’inferno lo sentiva nel cuore!

In quei pochi giorni, Andrea era diventato così macero, sparuto, giallo, da far paura e pietà. Quando gli fu annunziato l’arrivo di Giuliano ebbe prima un sorriso da ebete; poi si scosse all’improvviso, e lanciò sulla Baby un’occhiata torva, minacciosa, in cui lampeggiavano l’odio e la gelosia.

Il conte Giuliano aveva scritto da Navaledo che sarebbe arrivato a Peschiera alle sette di [p. 149 modifica]sera; e che poi da Peschiera, con una carrozza di posta, sarebbe giunto a Castelguelfo intorno alle nove.

Andrea capitò in villa, che avevano appena finito il pranzo. Ma non entrò nella sala e rimase nel giardino a passeggiare. Non salutò nemmeno la Baby, non disse una parola, sfuggiva tutti, internandosi solo solo nei viali più riposti.

Quella passione, quel dolore così grande e muto avevano finito coll’incutere in tutti un senso di pietà, e anche di rispetto. In tutti, tranne per altro, nel cuore della Baby. Essa aspettava Giuliano, e Andrea le dava noia, le faceva quasi ribrezzo.

Il Damonte e Scipio Spinola convenivano col Baldi, che a innamorarsi al modo del Santasillia non ci doveva essere proprio nessun divertimento; e la marchesa D’Arcole, d’accordo con la Generalessa e con madama Kraupen, presa a parte la Castelguelfo, la consigliò di calmare un poco il suo innamorato, che minacciava di diventare matto furioso: [p. 150 modifica]

— Capirai: se tuo marito lo vede in quello stato, non gli può far comodo, nè piacere... E poi insomma, anche per il Santasillia stesso, povero diavolo, trova una buona parola; mettigli il cuore in pace. Tu sai bene che mi è sempre stato antipatico... Ma, che vuoi? stasera mi fa proprio compassione!...

— E a me, invece, col suo muso livido, mi fa rabbia, mi fa ira!... Che diritto ha, domando io, per essere geloso di mio marito? È una bella pretesa, sai?! Il Damonte, Scipio Spinola e tanti altri non mi hanno mai seccata con simili scenate!... Sì, sì, sì, — e la Baby batteva i piedini per terra sfogando la stizza contro Andrea. — Io amo Giuliano; lo amo, lo amo, lo amo, e se a quel brutto coso fa dispetto, lo amo ancora di più!

Ma la marchesa D’Arcole, aiutata dalle altre dame della consulta, seppe adoperare così bene la propria eloquenza da indurre la Castelguelfo a soffocare lo sdegno, e a mostrarsi buona verso il cugino. [p. 151 modifica]

— Pensa, cara, che il tuo Giuliano potrebbe credere, fra l’altro, che tu avessi un po’ lusingato, un po’ incoraggiato il Santasillia, a farti la corte!...

— Dio, Dio che roba! — esclamò la Contessina sinceramente: — Ed io invece, non l’ho mai potuto soffrire!

Tuttavia l’osservazione della Marchesa fece colpo.

La sera era bellissima, tepida e chiara. Il lago tranquillo, senza vento. La Baby mandò il Damonte a prendere lo scialletto, e si chiamò vicino Santasillia.

— Mi dà il suo braccio, Andrea? Voglio camminare un poco. Andiamo fino al picco della quercia. — E quando furono innanzi nel viale, essa gli domandò con molta affettuosità nella voce: — Ricorda ancora la nostra tenda e quelle ore buone?

Andrea la guardò serio, fisso, senza rispondere. Erano soli. Gli altri della brigata, messi in sull’avviso dalla marchesa D’Arcole, andavano a [p. 152 modifica]passeggiare e a discorrere nelle altre parti del giardino.

— Dica un po’ Andrea, — cominciò la Baby, tanto per aprire il fuoco, — stasera siamo in collera?

Andrea la guardò di nuovo, senza dir motto.

— Che ha, dica?

— Che ho?... Vuol sapere che ho? — rispose il Santasillia sciogliendosi vivamente dal braccio della Castelguelfo e fissandola minaccioso — ho che l’amo e che mi ha dannato!

— Per amor del cielo, Andrea, — mormorò la Baby un po’ inquieta per il tono con cui furono dette quelle parole: — cerchi di essere ragionevole, prudente: se gli altri ci sentono, diventiamo ridicoli.

— E che importa a me degli altri! — esclamò Andrea, il quale ormai, rotto il freno alla passione, la lasciava prorompere. — Che importa a me degli altri, quando è la mia coscienza che mi condanna? Quando è lei, lei per la prima, Contessa, che mi trova ridicolo e che mi rende [p. 153 modifica]tale? Lei, che ha distrutto quanto c’era in me di forte e di buono; lei, che mi ha tolto ogni forza, che non mi lascia più ragionare, che non mi lascia più sentire, nè pensare; lei, che non mi ha lasciato di vivo altro che il cuore, per torturarlo, per poterlo straziare in mille modi?!...

— Tanto male le ho fatto? — mormorò l’altra con un sorriso dolcissimo. — È stata cattiva con lei la piccola Baby?

— Ella fa il male senza saperlo; ed è perciò che non risparmia alcun dolore e che non sente pietà!

Gli occhi di Andrea si empirono di lacrime: la Baby gli si avvicinò, e gli toccò il braccio con la sua manina carezzevole.

— Ma, infine, si può sapere che cosa è successo da due o tre giorni a questa parte?

— Che cosa è successo?... È successo che io godevo la pace, e che lei mi ha messo l’inferno nel cuore; è successo che mi ha fatto tutto dimenticare ed offendere: la promessa giurata a’ [p. 154 modifica]miei poveri morti, il mio dovere e la mia dignità. È successo che per lei ho rinnegato Dio e la mia fede: è successo che per lei sono disonesto e traditore. Ero un uomo rispettato; avevo consacrato l’ingegno e la vita per un ideale alto, per un’opera grandemente generosa, e lei mi ha fatto mancare a tutto ciò, per rendermi lo zimbello suo e dei suoi stupidi corteggiatori. Ecco, che cosa è successo! Avevo forza e coraggio e ora sono debole e vile al punto da chiedere pietà pel mio strazio a lei, alla Baby! che pure so essere senza pietà. E siccome lei ride, ride sempre, non fa altro che ridere, e non sa, non vede, non osserva nulla, così glielo dico io: questo è successo!

Le parole di Andrea erano rotte dai singhiozzi; e un pochino anche la Castelguelfo cominciava a commuoversi.

— Coraggio, Andrea, coraggio e... ragioniamo; cerchiamo di ragionare insieme. Non posso proprio dire che mi faccia complimenti stasera, ma le perdono tutto perchè sento di aver molta, [p. 155 modifica]moltissima amicizia per lei. Ma appunto, se mi vuol bene, si faccia forte e si calmi. A vederla fare di queste scene, capirà, ne va della mia riputazione. Tutti quanti hanno notata la sua faccia stravolta... Sapesse che cosa mi ha detto la marchesa D’Arcole!... Insomma, lei dovrebbe fare a modo mio, — e così dicendo la voce della Contessina diventava più carezzevole e insinuante, e la manina premeva più forte sul braccio di Andrea, — stasera, lei dovrebbe ritornare a Oriano.

— Mi manda via?... Mi mette alla porta?! — proruppe il Santasillia esasperato.

— Ma no, tutt’altro, Dio mio! — E la Baby, senza perdere la pazienza, soggiunse sorridendo: — Tornerà domani, quando vuole, sempre! A patto, per altro, che non mi guardi più con quegli occhi stralunati! Dio mio, sembra, quasi, ch’ella mi voglia mangiare! In fine, poi, dovrebbe essere ragionevole e giusto. Se mi vuole, per sua disgrazia, come dice lei, un po’ di bene, che colpa ce n’ho io? [p. 156 modifica]

— No; lei non ne ha colpa. Ha voluto soltanto divertirsi col mio cuore perchè il balocco le sembrava nuovo e strano; ha voluto romperlo, come fanno i bimbi, per vederlo dentro, com’era fatto!... E quando vi ha scoperto il culto per una povera morta e il rimorso per un omicidio commesso; quando vi ha scoperto la fede nel perdono e nella pace, lei s’è goduta a sconvolgere e a disperdere tutto ciò; s’è goduta a infondervi un amore che brucia come l’odio, una gelosia terribile che fa impazzire! Poi me lo ha ricacciato nel petto, per ridere di me, per ridere vedendo la smorfia di un uomo che muore disperato.

Andrea col petto ansante per l’urto dei singhiozzi, fe’ qualche passo barcollando come un ubbriaco e si buttò sopra una panchina di pietra, presso il margine della roccia. I suoi occhi incavati non avevano più lacrime e fissavano cupamente il lago profondo, che si stendeva immobile e nerastro sotto il cielo bianco.

— Scusi, caro lei! — rispose la Baby, [p. 157 modifica]seccamente, perchè punta sul vivo... — io non voglio niente affatto ch’ella muoia disperato!... Anzi, al contrario; da un’ora non fo altro che raccomandarle la calma e la prudenza. Pensi che adesso deve arrivare Giuliano e...

— Ma se sono due giorni eterni, e due notti d’inferno, che non penso ad altro! — esclamò Andrea alzandosi di colpo e afferrando un braccio della Baby e scuotendolo. — E lei ora me lo ripete in faccia?! Ma non vede, non capisce proprio nulla, lei?...

— Andrea, che fa?... Diventa matto?

La Baby aveva un po’ di paura, e tentava invano di liberare il suo braccio dalla mano di Andrea. — Mi lasci andare... Voglio ritornare in casa!

— Perchè?... Perchè vuol ritornare?... — È presto ancora... — mormorò Andrea fissandola cogli occhi smarriti.

— Perchè... perchè, — balbettò la Baby, sempre più spaurita; — perchè fa freddo qui... perchè si fa tardi... Perchè insomma voglio rientrare! [p. 158 modifica]

— No... non è tardi... e Giuliano «il suo Giuliano» non può essere arrivato... Avrebbe sentito la carrozza sulla strada... ascolti... — e tese l’orecchio — no... non si sente ancora!... Non si sente nulla!

— Mi lasci andare!... Mi lasci andare!

Ma invece la mano di Andrea la strinse più forte, in modo, quasi, da farle male. In quel punto si era rischiarata, come di solito, la nota finestra del primo piano, e mentre la Gege, spalancate le imposte, stava per richiudere le persiane, egli aveva scorto i cortinaggi candidi del letto nuziale.

— Mi lasci andare! ripeteva inquieta la Castelguelfo. — Mi lasci andare! — e per isciogliersi da quella stretta, essa si piegò divincolandosi contro Andrea, che sentì il fremito e fu avvolto dall’onda calda, odorosa del corpo della Baby. Fu come un lampo: il sangue gli salì in una fiamma dal cuore al cervello; la roccia sembrò mancare sotto a’ suoi piedi; il lago immenso gli girava dinanzi agli occhi sibilando e [p. 159 modifica]mugghiando, ed egli strinse, si avvinghiò alla Baby come un disperato baciandola pazzamente sui capelli, sulle vesti, sul collo...

— È un vigliacco!... Mi lasci andare! Lo odio... Aiuto! — gridava la Baby, tremante di collera e di spavento, e per tentare di liberarsi e per iscansare i baci gli graffiava le mani e il viso. Ma Andrea non udiva quelle ingiurie, non vedeva le lacrime, non ascoltava quelle preghiere, e le soffocava i gridi e i singhiozzi con le labbra roventi, mormorando parole rotte, febbrili, a volte appassionate, a volte feroci, in cui l’odio e la gelosia si confondevano con l’amore.

— Lo odio!... Vigliacco! Lo odio! — Ma poi, a un tratto, pure in mezzo allo spavento e al ribrezzo, la Baby ebbe un sussulto di gioia; e cacciando la mano contro la bocca di Andrea, e piegando il capo riverso, gridò con tutta la forza e l’esultanza dell’anima sua: — Giuliano! Giuliano! Aiuto!

Sulla strada che conduceva alla villa si udiva allora il rumore lontano di una carrozza e il tintinnio acuto delle sonagliere. [p. 160 modifica]

— Lui!... Lui! — mormorò Andrea serrandosi ancora più stretta la Baby contro il petto con un impeto convulso. — Lui! — e i suoi occhi sfavillarono di gelosia.

— Giuliano! Giuliano mio! Giulia... — ma il nome rimase strozzato da un urlo acuto, terribile.

La marchesa D’Arcore, le altre signore, gli amici, tutti lo udirono nella villa e accorsero spaventati in cerca della Baby: il picco della quercia era deserto.

— Baby! Baby! — gridò la marchesa pallida tremante.

— Contessina Baby! Contessina Baby! — gridarono tutti gli altri girando attorno smarriti... Ma la Baby non rispose; la spiaggia era muta; l’acqua nerastra del lago ritornava a distendersi tranquilla e impassibile... Si udiva soltanto, sempre più vicino, il trotto serrato dei cavalli e il frastuono delle sonagliere, che rompevano festevolmente il silenzio vasto della notte, come l’annunzio di una lieta novella.