Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno/Nota storica

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Nota storica

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Atto III
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NOTA STORICA

Forse a Modena, nell’estate del 1748, prima ancora di giungere a Venezia dopo cinque lunghi anni di assenza, ebbe il Goldoni l’invito di scrivere un dramma giocoso per il teatrino di San Moisè e scelse un argomento davvero ridicolo: Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno.

Dire del Bertoldo di Giulio Cesare Croce dopo gli studi vecchi e recenti del Guerrini (La vita e le opere di G. C. Croce, Bologna, 1879), di G. Nascimbeni (Il nome e l’origine di Bertoldo, in Archiginnasio, gennaio-febbraio 1914), della Cortese-Pagani (Il Bertoldo di G. C. Croce e i suoi fonti, in Studi Medievali, vol. III, 1908-1911), di Ezio Fiori (Di G. C. Croce e del suo Bertoldo, in Archiginnasio, 1923, n. 4) e d’altri ancora, come il D’Ancona, il Masi, il Provenzal e infine Ada Rondinini (Lelio della Volpe e l’ed. del Bertoldo, in Archig., 1928, n.1 3-4), sarebbe cosa vana. Proprio in principio di quest’anno 1929 l’editore Argentieri di Spoleto ristampò con gran lusso il popolare Bertoldo, adomato dai venti rami del Crespi, detto lo Spagnolo, con una bella introduzione d’Antonio Baldini (che di Marcolfa parlò anche nel Corriere della Sera, 17 ott. 1927) e un’altra edizione ci diede più di recente il Formiggini, fra i Classici del ridere, per cura di A. Lisi. - Tutti sanno come il buon contadino di S. Giovanni in Persiceto ricavasse per gran parte le Astuzie sottilissime di Bertoldo, di cui la Cortese-Pagani ricorda un’antica stampa milanese del 1606, anteriore alle bolognesi, da certo Dialogo de Salomon e Marcolpho che uscì a Venezia fin dal 1502, oltre che da altre storie care al popolo, come quella di Campriano contadino e come le Buffonerie del Gonnella. Le origini poi di Marcolfo si ritrovano, nientemeno, nel favoloso Oriente. All’astuto Bertoldo il Croce stesso regalò un figlio sciocco, Bertoldino, e più tardi il frate Adriano Banchieri di Bologna, nascosto sotto il nome di Camillo Scaligeri della Fratta, aggiunse un insulso nipote, Cacasenno. La gaia invenzione del Croce incontrò immensa fortuna fra la gente di campagna: poiché il Bertoldo, che non è opera letteraria, bensì una rozza compilazione di aneddoti e di sentenze, rivendica l’umile villano maltrattato per tanti secoli dalla satira dei letterati, e strappa le risa ai semplici lettori e uditori del contado. La curiosa trilogia si sparse dappertutto in umili stampe popolari (v. anche Pietro Pancrazi, Bertoldo e famiglia, in Corriere d. Sera, 2 febbr. 1929, e Giuseppe Prezzolini, Fine di Bertoldo, nella Stampa, 23 marzo 1929; e ultimo Luigi Tonelli che, giustamente, mette Bertoldo sotto processo, nei Libri del giorno, ottobre 1929).

Nel 1732, come provò la Rondinini, in una lieta brigata che frequentava la bottega dell’onesto libraio Lelio della Volpe, a Bologna, sorse l’idea di cantare in ottava rima il rustico eroe; e il compito fu distribuito fra venti poeti, dieci dei quali bolognesi, un canto per uno: i più famosi erano il padre Giampietro Riva, il dottor Gioseffo Pozzi, il dottor Flaminio Scarselli, il marchese Ubertino Landi, il Frugoni, il Baruffateli, lo Zampieri e Giampietro Zanotti che scrìsse poi un canto anche per il fratello Francesco Maria. Uscì [p. 292 modifica]il poema nel 1736, abbellito dai rami del Crespi, rifatti dal Mattioli; e benché riesca noiosissimo ai lettori moderni, piacque molto nel Settecento, e fu ristampato più volte, a Bologna, a Venezia e altrove (Guerrini, l. c., pp. 331-332). Le donne poi di casa Manfredi (la Teresa) e Zanotti (l’Angiola) voltarono, com’è noto, il poema in volgare bolognese (Bologna, Lelio della Volpe, 1740; il Cacasenno fu tradotto da D. Giuseppe Boletti: v. Fantuzzi, Quadrio e Ferri, Bibliografia femminile). E proprio nel 1747 Giuseppe Pichi, "vicario pretorio" a Padova, ne pubblicò per passatempo una versione in dialetto veneziano: Traduzion dal Toscan in Lengua Veneziana de Bertoldo, Bertoldin e Cacasseno (Padova, st. Conzati),

Non ci desta dunque meraviglia l’argomento scelto dal Goldoni. Già l’eroe del Croce era salito sul teatro. I continuatori veneziani della Drammaturgia dell’Allacci ricordano in fatti la Semplicità non è per le Corti, nelle ridicolose facezie di Bertoldino, opera in prosa di A. C. Z., pastore arcade, stampata a Bologna nel 1723; ma a Venezia fin dal 1717 si recitava nel teatro di S. Fantino un Bertoldo, “drama tragicomico” di Francesco Passerini, con musica del Bassani, attinto malamente dal libro popolare. - Il Goldoni non seguì le orme del Croce, bensì lavorò liberamente con la propria fantasia, come dice nella prefazione, volendo porre in scena “tutta la famiglia delli Bertoldi”, ad eccezione della vecchia Marcolfa. Le stesse arguzie cavò principalmente “dalla sua testa”. Piacevole e ardita la scena fra il re e Bertoldo nel primo atto (v. L. Falchi, Intendimenti sociali di C. Goldoni, Roma, 1907, pp. 9-11). Bertoldino è geloso della sua Menghina, ma non è poi tanto sciocco. Ancne qui troviamo la satira del cicisbeismo; e la prima a riderne è la Menghina. Essa si diverte a canzonare lo stesso Bertoldo, già vecchio ma non abbastanza accorto contro le insidie femminili: il quale poi si vendica con armi uguali. Più stupido nella rustica famiglia appare Cacasenno, ancora fanciullo; ma ha pure le sue malizie. Insulsi e scialbi i personaggi della Corte, cominciando dal re Alboino, che s’innamora di Menghina. Si badi però che siamo nel Settecento: la stessa vita di campagna, dipinta artificiosamente come vediamo nelle tele, negli arazzi, nelle decorazioni del tempo, non manca qualche volta, sotto il riso delle note musicali, di grazia e di gaiezza. Le ariette, come confessa il Goldoni nella prefazione, sono tolte talora qua e là. Così la strofetta “Ah che nel dirti addio” (a. II, sc. 5) è del Metastasio, nell’Issipile; i versi “Non ho in petto un core ingrato ecc.”(a. II, se. 10) sono dello Zeno, nell’Alessandro Severo; lo strambotto che canta Mengnina (a. I, sc. 8) è poesia popolare.

Il Wiel, ed è strano, non dice l’autore della musica (v. I teatri musicali veneziani del Settecento, p. 176), che nel libretto in fatti è taciuto. Anche lo Spinelli lo ignora (Bibliografia goldoniana, p. 176). Ma nei Notatorj del Gradenigo, presso il Museo Civico di Venezia, dove si ricorda in data 11 giugno 1730 una recita del Bertoldo “a sette voci e balli” nel teatro Obizzi di Padova, la musica viene attribuita al maestro Vincenzo Ciampi “napoletano”, com’è ormai di conoscenza comune. Il Salvioli e il Musatti sospettarono che il Galuppi ed altri vi collaborassero, ma ciò non è provato (v. Piovano, B. Galuppi, in Rivista Musicale Italiana, 1908, p. 265 e Sonneck, Catalogue ecc. Washington, 1914, p. 217). L’opera che inaugurò probabilmente [p. 293 modifica]le rappresenrazioni nel piccolo teatro Giustiniani a S. Moisè, la sera di S. Stefano. 26 dic. 1748, ebbe immensa fortuna: fu recitata nel 1750 a Verona (carnovale: v. Spinelli cit., pp. 176-177), a Padova (v. anche Brunelli, I teatri di Padova, Padova, 1921, p. 138), a Milano (estate: v. Paglicci-Brozzi, Il R. Ducal Teatro di Milano nel sec. XVIII, estratto dalla Gazzetta Musicale di Milano, 1893-94, p. 120) e forse a Braunschweig (Bronsevico: il libretto porta il nome del Ciampi: v. Sonneck cit., p. 218); nel 1751 a Bologna (carnevale: v. Ricci, I teatri di Bologna, p. 467) e a Strasburgo (Argentina: nel libretto c’è il nome del Ciampi: v. Sonneck, 218); nel 1755 a Pesaro, col titolo che diventò poi comune di Bertoldo in Corte (v. libretto presso il Liceo Musicale di Bologna: ancora tre atti, ma il testo è abbreviato e le arie mutate; musica del Ciampi. Bertoldo è il Manelli, Betta è Anna Tonelli, Cacasenno è Catterina Tonelli), e nell’anno stesso a Ferrara (il libretto porta il nome del Ciampi: v. Sonneck, 218 e Liceo di Bologna c. s.) e a Genova (Piovano, l. c., 1906, p. 717); nel 1758 a Piacenza (v. libretto presso Liceo Mus. di Boi.: Alboino è la Sig.a Giuseppa Biggiogera, Bertoldino è Carlo Paganini, Bertoldo è Pietro Biggiogero: musica del Ciampi); nel 1760 a Trieste (carnovale: v. Notatorj Gradenigo, 17 ott 1759).

Ridotto a semplice Intermezzo di due soli atti, fu cantato a Parigi dal 9 nov. 1753 al 12 febbraio 1754 col titolo di Bertoldo in Corte (“Intermezzo per musica in due Atti da rappresentarsi in Parigi nel Teatro dell’Operò l’anno 1753, Paris, Delormel, 1753”: v. Florentia, catal. XXII, genn. 1928, p. 21, n. 238) dalla famosa compagnia di buffi del Bambini, della quale erano personaggi principali Anna Tonelli (Babet, moglie di Bertoldino) e Pietro Mannelli (Bertoldo: v. Ghino Lazzeri, La vita e l’opera letteraria di Ranieri Calzabigi, Città di Castello, 1907, pp. 104 sgg. e Appendice, a proposito della Lulliade). Leggesi nella Histoire du Théâtre de l’Academie Royale de musique en France di Durey di Noinville (2 éd., 1/57): “La musique est du sieur Vincent Ciampi, à laquelle on a ajouté plusieurs ariettes de différens maîtres... Le Poème est assez bien écrit..; presque toutes les ariettes sont d’une grande beauté” (cit. da O. G. Sonneck, in Ciampi’s”Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno” and Favart’ s “Ninette à la Cour”, nel vol. intitolato Miscellaneous Studies in the History of Music, New York, 1921, pp. 120-121). E negli Anecdotiques Dramatiques di Clément et de Laporte (1755): “La musique de cet Intermède est peu-être la plus brillante, en ce genre, qu’ on ait encore entendue au théâtre” (Sonneck, l. c., 121). E Grimm nella sua Correspondance littéraire, in data I genn. 1754: “Malgré cela, les bouffons sont toujours à l’Opéra et ont donné en dernier lieu un intermède intitulé Bertholde à la Cour, qui a eu un plus grand succès qu’ aucun des précédents” (t. II, éd. Tourneur, p. 312). Si badi che nella stessa stagione si cantarono a Parigi la Serva padrona, Livietta e Tracollo e il Maestro di musica del Pergolesi.

Nel 1755 Favart s’impadronì della Menghina goldoniana e ne fece una graziosa e spiritosa Ninette à la Cour ou le Caprice amoureux”comédie en deux actes, mêlée d’ariettes, parodiées de Bertholde à la Cour par M. Favart Représentée pour la première fois par les Comédiens italiens ordinaires du Roi, le mercredi 12 mars 1756 et ci-devant en trois actes le 12 février 1755” [p. 294 modifica](v. Sonneck, l. c., e Catalogue, pp. 218-219; v. pure C. Lenient, La comédie in France au 18e siècle, Paris, 1888, t. II, pp. 213-214). Il testo, dice Sonneck, è una fedele parodia del Bertoldo di Goldoni, la musica è un “pasticcio” dall’opera del Ciampi e da altre di Latilla, Cocchi, Selitti, Jomelli, Vinci. Tuttavia quest’operetta godè lunga fortuna. Un Bertholde à la ville, “opéra-comique en un acte” di Auseaume e Hautemer (o dell’ab. di Lattaignan, sec. il Dictionnaire di Léris) fu recitato il 9 marzo 1754 sul teatro della Foire Saint-Germain, ma non ha che fare propriamente col libretto goldoniano (v. Sonneck).

Nel 1756 anche l’abate Chiari fece rappresentare nel teatro di Sant’Angelo a Venezia, dalla compagnia Medebach, una commedia martelliana intitolata le Nozze di Bertoldo, che fu dapprima sospesa, poi rimessa e”replicata molte e molte sere con numeroso concorso" (v. Osservazioni in testa al t. IX, 1761, delle Commedie in versi di P. Chiari e Gradenigo, Notatorj, 9 dic. 1756): scene sconclusionate che solo qua e là ci richiamano all’operetta giocosa del grande rivale. Fra i melodrammi giocosi dell’abate Casti, che si trovano nella Biblioteca Nazionale di Parigi, vi è una Rosmunda, nella quale il poeta romano inserì un’azione buffa a cui prendono parte Bertoldo, Bertoldino e Marcolfa. Gli stessi personaggi riappariscono nell’abbozzo d’un dramma incompiuto (v. Luigi Pistorelli, I melodrammi giocosi inediti di G. B. Casti, in Rivista Musicale Ital., 1897, pp. 664-668). Ma nel 1787 si rappresentò sul teatro di Corte a Vienna un Bertoldo in due atti, raffazzonato da Lorenzo Da Ponte sul libretto d’un certo Branati, e musicato dal maestro Francesco Piticchio (v. Da Ponte, Memorie, ed. Laterza, 1918, spec. vol. I, 130 e II, 282 e 320; e Sonneck, Catalogue, p. 217). La stessa opera dell’avventuriere di Ceneda fu ripetuta nel carnevale 1788 a Firenze, nel teatro della Pergola, con le note del maestro Ant Brunetti (sbagliano il Pavan, il Musatti e altri nell’attribuire il libretto al Goldoni) e con qualche modificazione a Torino nel 1790 (v. libretto nel Liceo Music. di Bologna), e nell’estate 1791 a Genova (Sonneck, Catal., 216) e a Bologna (Ricci, l. c., 515). Ma ritroviamo il dramma buffo goldoniano nell’autunno di questo medesimo anno a Treviso, teatro Onigo, con musica di autori diversi, sotto il titolo di Bertoldo e Bertoldino (Musatti, l. c., p. 24).

Per la fortuna di Bertoldo e dei suoi discendenti sui teatri musicali, ricorderò ancora le Avventure di Bertoldino del maestro Fioravanti a Roma, nel 1784 (v. libretto presso il Liceo Mus. di Bologna) e ai tempi nostri il Bertoldo, operetta in tre atti di Maurizio Basso con musica del maestro Coronaro (Milano, teatro Fossati, febbraio 1909). Una commedia, intitolata la Famiglia di Bertoldo, si recitò a Reggio e certo altrove nel 1826 (v. [Ritorni] Annali del teatro della città di Reggio, Bologna, 1827, p. 153); e un’altra in quattro atti, Bertoldo re, d’Ostilio Lucarini, fu applaudita nel 1928 a Bologna, nel teatrino Contavalli (v. Resto del Carlino, 1 aprile).

Restami a dire del maestro Legrenzio Vincenzo Ciampi che tutti i biografi recenti, ripetendo il Fétis, fanno nascere in un villaggio presso Piacenza, nel 1719. A Piacenza, secondo l’immaginoso autore francese, avrebbe studiato “sous un maitre de chapelle nommé Rondini” e da giovane avrebbe scritto una prima opera, l’Arcadia in Brenta, seguita poi dal Bertoldo alla [p. 295 modifica]Corte "dont le succès fut prodigieux" (Biographie univ. des Musiciens ecc., t. II, Paris, 1861). Lo Schmidl, attingendo da un antico carteggio ch’ebbe col noto bibliofilo Salvioli, assegna all’Arcadia in Brenta la data di Piacenza, 1746, e al Bertoldo la data pure di Piacenza, 1747 (Carlo Schmidl, Dizion. Univ. dei Musicisti, Milano, Sonzogno, vol. I, p. 341). Ma quella del Salvioli doveva essere una semplice ipotesi, poichè delle stampe piacentine dei due libretti dell’Arcadia e del Bertoldo non fece menzione nella sua Bibliografia universale del teatro drammatico, nè allo Schmidl, “per quante ricerche abbia fatte in Piacenza” negli ultimi tempi, riuscì mai di trovarle: come m’informa molto gentilmente. La prima opera del Ciampi di cui si abbia sicura notizia fu cantata nel teatro dei Fiorentini a Napoli, l’autunno del 1737: Da un disordine nasce l’ordine, libretto di Gennaro Antonio Federico (v. Scherillo, L’Opera buffa Napoletana, in Collezione Settecentesca Sandron, 1916, pp. 216-217). Come mai un poeta così noto avrebbe dato da musicare i suoi versi a un ragazzo di appena diciott’anni? si chiede, scrivendomi, il dottor Ulderico Rolandi. Sorge il sospetto che almeno l’anno della nascita sia sbagliato. Non sarebbe poi da farsi meraviglia che anche il Ciampi fosse napoletano, o almeno di famiglia napoletana, come pure sarebbe indotto a credere Ulisse Prota-Giurleo, benché manchi finora un documento sicuro. Certo il Ciampi studiò nella sua giovinezza a Napoli e assunse il titolo di Maestro di Cappella Napoletano e scrisse a Napoli la Beatrice (1740), la Lionora (insieme col Logroscino, 1742), la Flaminia (1743) e l’Amore ingegnoso (1745), come ricorda lo Schmidl (v. poi Scherillo cit., indice); e “napoletano” veniva chiamato a Venezia dove fu maestro di musica presso l’Ospedale degl’incurabili. Fu quindi a Londra da cui fece ritorno nel 1756, come ricordano i famosi Notatorj del Gradenigo (7 luglio). Negli stessi leggesi in data 7 agosto 1760, a proposito della festa della Trasfigurazione nella chiesa di S. Salvatore:”La Musica sudetta fu formata dal moderno Maestro di Coro Vincenzo Ciampoli, Napolitano, il quale sempre portava li occhiali sopra il naso”. Il Ciampi fu lodato nella Gazzetta Veneta da Gasparo Gozzi per un suo oratorio eseguito “nel pio luogo degli Incurabili” dov’era maestro (vedi 2 aprile 1760) e più volte dall’ab. Chiari (v. per es. in data 12 ag. 1761). Nell’agosto del 1761 il noto impresario del teatro di S. Carlo a Napoli, Gaetano Grossatesta, proponeva alla Giunta dei Teatri nella tema dei compositori per la nuova opera di carnovale anche il Ciampi, benché abitasse a Venezia. Questa notizia che Prota-Giurleo ricavò dai Fasci Teatrali dell’Archivio di Stato napoletano, e che amichevolmente mi comunica, riconferma i dubbi sulla patria del Ciampi. Nel num. 20 della Nuova Gazzetta Veneta, diretta dallo Zanetti, si legge in data 2 aprile 1762 che il maestro Ciampi, dopo la prova dell’opera di S. Samuele (era certamente l’Antigono che si cantò poi nella fiera dell’Ascensione), fu sorpreso da colpo apoplettico alle ore 7 e morì alle 13 del lunedì: pochi giorni prima che il Goldoni partisse per la Francia.

I biografi, come il Fétis e l’Eitner, ci parlano pure di un Francesco Ciampi (o Campi) nato veramente a Massa di Sorrento, sul golfo di Napoli, nel 1704, violinista e compositore, che abitò pure a Venezia; ma non sappiamo quale affinità avesse con Legrenzio Vincenzo. Il Wiel ricorda di lui [p. 296 modifica] sui teatri veneziani soltanto l’Onorio, poesia del Lalli, nel 1729. Di Vincenzo Ciampi si rappresentarono a Venezia l’Adriano in Siria (carn. 1748), il Negligente (dramma giocoso del Goldoni, aut 1749), la Clemenza di Tito, Catone in Utica e il Chimico (tutte nel carn. 1757), Glanguir (carn. 1760), Amore in caricatura di Goldoni (carn. ’61), Antifona (Ascensione, 1762): v. Wiel, I teatri musicali ecc. Altre opere, a Londra e altrove, menzionano i biografi, non senza qualche errore manifesto. Da queste date il soggiorno di Vincenzo in Inghilterra sarebbe limitato dalla fine del ’49 al ’56. Ricordiamo che nello stesso autunno del 1748, e per il medesimo teatro, il Goldoni compose e il Ciampi musicò la fortunata Favola de’ tre gobbi (v. volume precedente). In grazia del Bertoldo che diede origine, come vedemmo, a Ninette à la Cour (1755) del Favart e a Lottschen am Hofe (1767) di J. A. Hiller (v. Sonneck, Catalogue, p. 696), disse lo Schmidl che il Ciampi “può venir considerato il concreatore dell’opera buffa francese e della commedia musicale tedesca” (l. c., p. 341. - Dell’Intermezzo Bertoldo in Corte (1753) esiste a Parigi la partitura manoscritta: Eitner, Biographisch - Bibliographisches Quellen - Lexikon etc., Leipzig, 1900, t. II, p. 440). - Certo il suo esempio dovette incoraggiare e spingere il Galuppi, già noto per le opere serie, nel cammino glorioso dell’opera comica.

G. O.


EDIZIONI PRINCIPALI.

BERTOLDO, BERTOLDINO E CACASENNO, Dramma Comico per musica da rappresentarsi nel Teatro Giustiniano di S. Moisè il Carnovale dell’anno 1749. - In Venezia, MDCCXLIX, appresso Modesto Fenzo (v. l’intestazione).

BERTOLDO, BERTOLDINO E CACASENNO, Dramma Comico in musica da rappresentarsi nel Carnovale dell’anno 1750 nel Nuovo Teatro dietro alla Rena di Verona. - Verona, Dionigi Ramanzini, pp. 60, in-12. “Dedicato all’impareggiabile merito di S. E. la signora Cecilia Priuli Valmarana, Capitania di Verona” (v. Spinelli, Bibliografia goldoniana, pp. 176-177).

BERTOLDO, BERTOLDINO E CACASENNO. Dramma Comico in musica da rappresentarsi nel R. Ducal Teatro di Milano nell’anno 1750. Milano, R. Malatesta, 1750, pp. 48, in 12. “Dedicato a S. E. il Sig. Ferdinando Bonaventura conte di Harrach, governatore della Lombardia austriaca” (v. Spinelli, l. c., p. 176).

BERTOLDO, BERTOLDINO E CACASENNO, Dramma Giocosa [sic] per musica da rappresentarsi nel Nuovo Teatro dell’Opera -pantomima di Bronsevico [1750?] (v. Sonnek, Catalogue ecc., vol. I, p. 218).

BERTOLDO, BERTOLDINO E CACASENNO, Dramma Giocoso per musica da recitarsi nel Teatro del Pubblico l’Estate dell’Anno 1751, dedicato agl’Ul.mi ed Ecc.mi Signori Confaloniero di Giustizia ed Anziani [p. 297 modifica]Consoli ecc. - In Bologna, per gli Eredi di Costantino Pisarri, e Giacomo Filippo Primodi, pp. 58, in-12 (v. Biblioteca del Liceo Musicale di Bologna).

BERTOLDO, Dramma Comico per musica da rappresentarsi nel Teatro Nuovo di Argentina. - Argentina, Giovanni Enrico Heitz, 1751, pp. 46 (v. Sonneck cit., p. 218).

OPERE DRAMMATICHE GIOCOSE di Polisseno Fegejo, Pastor Arcade, t. I. - Venezia, appresso Giovanni TevernFonte/commento: ecin, MDCCLIII: BERTOLDO ecc., pp. 155-206.

BERTOLDO IN CORTE, Dramma Giocoso per musica da rappresentarsi in Pesaro nel Carnovale dell’anno 1755, dopo essere stato fatto nel 1753 in Parigi. - In Pesaro, nella Stamp. Gavelliana, pp. 32, in-12 (v. Liceo Musicale di Bologna).

BERTOLDO IN CORTE. Dramma Giocoso per Musica da rappresentarsi nel Teatro Bonacossi da S. Stefano il Carnovale dell’Anno 1755, dedicato all’Ul.mo e Rev.mo Monsignor Nicolò Colonna, Vicelegato di Ferrara. In Ferrara, per Giuseppe Rinaldi, pp. 48, in-12 (v. Liceo Musicale di Bologna).

OPERE DRAMMATICHE GIOCOSE c. s.. Torino. MDCCLVII, a spese di Agostino Olzati, t. I.

BERTOLDO, BERTOLDINO E CACASENNO, Dramma Giocoso per Musica, da rappresentarsi nel Regio-Ducal Teatro di Piacenza nella Pimavera del corrente anno 1758. - Presso Andrea Bellici, Impressore della Ferma Generale di S. A. R., pp. 48, in-12 (v. Liceo Musicale di Bologna).

OPERE DRAMMATICHE GIOCOSE c, s., Venezia, MDCCLXX, presso Agostino Savioli, t. I.

Delle OPERE DRAMMATICHE GIOCOSE di Carlo Goldoni, Avvocato Veneto, t. IV. - Torino, MDCCLXXVII, appresso Guibert e Orgeas.

BERTOLDO ecc., da rappresentarsi nel nobile Teatro Onigo in Treviso, l’autunno dell’anno 1791. - Venezia 1791, pp. 43, in-12 (v. Spinelli, Bibliografia cit. p. 177).

DRAMMI GIOCOSI per Musica del Sig. Carlo Goldoni, t. V. Venezia, dalle Stampe di Antonio Zatta e Figli, MDCCXCIV.