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Biografie dei consiglieri comunali di Roma/Achille Gori Mazzoleni

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Achille Gori Mazzoleni

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Vincenzo Galletti Augusto Lorenzini

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ACHILLE GORI MAZZOLENI


Consigliere Municipale





LL
a modestia del nome racchiude sovente grandezza di virtù cittadine e uomini degni di lode distinta per i pregi chiarissimi della mente e del cuore. Ma come raggio di sole fa apparire più bella e più scintillante una gemma in solitario luogo riposta, così rifulgon meglio coloro, che non nella superbia di un nome, ma nella altezza delle opere ogni loro più cara soddisfazione ripongono.

Sorge non lungi dal Teverone una città denominata Subiaco, ed è celebre per i resti del palazzo di Nerone, per il ricco convento di S. Benedetto, la di cui chiesa è stata adornata dai lavori dei più valenti artisti, e per la stampa quivi eseguitasi dei classici più rari e della prima edizione di Lattanzio capolavoro della tipografia del Secolo XV.

In questa città nel 28 Gennaio 1824 nasceva Achille Gori-Mazzoleni, del quale in queste brevi pagine narriamo la vita.

Vincenzo suo padre fu uomo di costumi integro, di onestà modello, e come gli altri suoi antenati liberale sincero, onde nel 1821 le persecuzioni della polizia papale patì e in grave sospetto lo ebbe, chè la libertà del pensiero e l’amore della patria furon sempre delitti atrocissimi per i governi tiranni, onde la ghigliottina e la forca, i più spietati supplizi e le fucilazioni adoperarono i despoti della terra per puntellare i loro troni con i corpi delle vittime, e di catene caricarono il popolo, perchè il suo braccio onnipotente non li strappasse dal soglio e non li schiacciasse e disperdesse nella giustizia dell’ira.

Vincenzo Gori-Mazzoleni comprese le sante parole di quel Grande di Genova, che assai meditò sopra Italia — Amate la patria — La [p. 124 modifica]patria è la terra ove dormono i vostri parenti, ove si parla la favella, nella quale la donna del vostro core vi mormorava arrossendo la prima parola d’amore, è la casa che Dio v’ha data, è il vostro nome, la vostra gloria, il vostro segno fra i popoli. — Date il pensiero, il consiglio, il sangue per essa. — Edificatela bella e grande come i nostri sommi la presentivano.

Conobbe il Mazzoleni che nella generazione crescente era riposta la salute e la felicità della patria, epperò il proprio figlio educò nell’affetto all’Italia, negli studi lo istrusse, e sin dall’infanzia lo fece amantissimo dell’agricoltura, chè ben s’avvisava il progresso di questa segnare il progresso dei tempi, essendoché dalla medesima scaturiscano i fonti della nazionale ricchezza, e le industrie e i commerci si avvantaggino, e la prosperità pubblica e privata ne derivi, e il benessere quindi e la felicità del popolo.

E Achille crebbe nella materia agricola peritissimo, e nell’amministrazione delle proprie fortune saggio ed esperto. — E se oggi egli si vede in possesso di un patrimonio cospicuo, se le sue terre son fatte ubertose, se la ricchezza lo va ogni dì più. accarezzando, è alla istancabile sua operosità, è alla sua faticosa sollecitudine, è alle cognizioni agrarie che lo debbo.

E qui cade in acconcio tributargli particolare la lode, come quegli che ha pur dato la iniziativa al progresso dell’agricoltura nell’Agro Romano, nel che perdura con amore incessante, con diuturne fatiche, e malgrado il pericolo che corse della vita nell’ottobre 1873 quando reduce della campagna fu da scellerati malfattori tentato l’assassinio di lui, cui potò sfuggire e per il coraggio prontissimo, e per aver spronati alla corsa i cavalli, che lo traevano in legno.

Dice Machiavelli che la sicurezza pubblica e la protezione sono il nervo dell’agricoltura e del commercio: perciò deve il principe animare i sudditi a potere quietamente esercitare gli esercizi loro e nella mercanzia, e nell’agricoltura e in ogni altro esercizio degli uomini.

Ma pur troppo corrono oggi diversamente le cose, chè i nostri governanti di gabelle supremamente s’interessano, e trascurano la sicurezza pubblica nelle campagne, negano la protezione all’agricoltura, causa di emigrazione di tanti campagnuoli per le Colonie Americane, e chiudono quindi la via allo sviluppo e prosperità commerciale. E ben qui giova riferire una massima del Quesnay, che dice: — Il Sovrano e la nazione non dimentichino che la terra è unico fonte delle ricchezze, e l’agricoltura le moltiplica. L’aumento delle ricchezze assicura quello della popolazione, uomini e ricchezze fanno prosperare l’agricoltura, estendono il commercio, animano l’industria, accrescono e perpetuano le ricchezze.

[p. 125 modifica]L’imposta non sia distruttiva o sproporzionata al cumulo delle entrate della nazione, aumenti a proporzione dì queste, e sia stabilita sul prodotto netto dei fondi, e non sul salario degli uomini e sulle derrate, ove moltiplicherebbe la spesa di percezione, pregiudicherebbe al commercio, e annualmente distruggerebbe una parte delle ricchezze della Nazione. — Neppur si prenda sopra le ricchezze de’ fittaiuoli, poiché le anticipazioni dell’agricoltura d’un regno debbono considerarsi come un immobile da conservare preziosamente, acciocché produca l’imposta, l’entrata, la sussistenza di tutte le classi dei cittadini, altrimenti l’imposta degenera in spogliamento, e cagiona decadenza rovinosa allo Stato.

Meditino sopra queste parole i nostri grandi nomini, che ci governano.

Di sopprassello con dolore veggiamo la giustizia essere inetta a snidare i tristi, nè valse ancora a raggiungere lo scoprimento degli assassini, che congiurarono la morte del Gori-Mazzoleni.

Noi facciamo voto perchè i rappresentanti della Nazione provvedano una volta, affinchè le cause siano rimosse, che la buona amministrazione, il retto ordinamento della cosa pubblica, e la sapienza delle leggi contrariano, onde il malcontento si genera e giù per la china dello Stato minaccia di correre a immanchevole rovina la patria.

Ma ripigliando a parlare del Gori-Mazzoleni diremo coni’ egli in mezzo alla trattazione de’propri affari, in mezzo alle cure agricole, in mezzo alle gravissime occupazioni amministrative, non omise di compiere i doveri di liberale italiano, chè pur egli desiderò vedere Italia una, libera, indipendente, ed al coronamento di questa opera concorse con tutti i mezzi, che per lui furon possibili, onde si meritò, tostochè Roma fu fatta capitale d’Italia, essere eletto Membro della Giunta di Governo.

Ed è così d’amore e di stima universalmente circondato, che alle prime elezioni fu nominato Consigliere in Campidoglio, nella quale carica uomini tutti com’egli, distinti per intelligenza, e nell’amministrazione valentissimi, sarebbero stati necessari, chè di certo allora non si vedrebbe la cosa comunale tanto a ritroso procedere.

Splendidamente sostenne l’ufficio di Consigliere Provinciale, dal quale ritiratosi veniva poi rieletto con oltre 5000 voti, testimonianza bellissima della grande estimazione, in che egli è riguardato.

Fu pur prescelto Deputato alla Camera Commerciale, ed anche a questo ufficio adempì con rara abilità e zelo.

Il Circolo Bernini poi, composto della più eletta società della Borghesia Romana, lo volle suo Presidente, e in tale carica perdurò dal 1871 al 1873, [p. 126 modifica]con la più grata soddisfazione di tutti, e volontariamente dimettendosi per la moltiplicità degli affari, tanta fu la stima, tanto il desiderio lasciato di se, che s’ebbe reiterate preghiere, insistenti sollecitudini, ripetuti eccitamenti, affinchè alla Presidenza del Circolo ritornasse.

E per verità basta conoscerlo una volta per giudicare dalle sue maniere piene di gentilezza e di cortesia, dalla sua franca parola, dalla schiettezza dell’animo suo essere egli uomo che le più. elette virtù della mente e del cuore possiede, che alberga nel petto un’anima ardente di amore patrio, che desidera sopratutto il bene del popolo, perciocchè conviene pur egli con i sapienti nomini, che scontentate le masse popolari non può non andare incontro a funesti mali la Società, epperò altro rimedio non esservi che un più ordinato modo di amministrare nel Governo, una migliore provvidenza di leggi, e principalmente lo avere uomini che sappiano condurre il timone dello Stato e non siano di quelli a dirla con Dante, a mal più che a ben usi.

Cittadino integerrimo, padre e marito affettuoso, intelligenza elettissima, della patria amante sincero, onesto e valente amministratore, che al progresso dell’agricoltura intende come supremo fonte di ricchezza, come primo elemento di vita commerciale, come cagione di guadagni cospicui all’operaio della campagna — ecco chi è Achille Gori-Mazzoleni — e questo basta perchè il suo nome risplenda di pubblica luce, perchè sia proclamato esempio ad altrui, e additato siccome uno degli uomini, che molto potrà giovare all’amministrazione comunale, al bene della patria, nel che ci auguriamo che egli con tutte le sue forze cooperi.





Tip. Tiberina Piazza Borghese.