Breve trattato delle cause che possono far abbondare li regni d'oro e d'argento dove non sono miniere/Parte prima/Capitolo X

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Capitolo X

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CAPITOLO X

Come, non ostante le condizioni predette, Venezia abbonda
d'oro e argento, e perchè.

Le condizioni della cittá di Venezia, come si è detto, tutte importano quasi esito, e all’incontro quelle di Napoli introito; per lo che quella povera e questa ricca dovrebbe essere di monete: nientedimeno gli effetti sono contrari, ché quella ricca e questa è povera. Bisogna dunque ritrovar la causa donde nasca questo contrario effetto. E, per incominciar da Venezia, poiché di necessitá l’esito presuppone l’introito (ché altrimenti saria impossibile), la difficultá sará ritrovare l’introito tale, che non solo sia bastante per l’esito, ma lo superi di modo che produca l’abbondanzia che vi è di moneta; quale ritrovato, cessará la maraviglia e contrarietá predetta. E senza dubbio alcuno, ritrovandosi in detta cittá li tre accidenti communi in perfezione, cioè quantitá d’artefíci, trafico grande e provisione di colui che governa, si ha da concludere che dalli predetti accidenti sia causato introito tale, che comporti non solo l’esito predetto, ma faccia l’abbondanzia che vi è.

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Che l’accidenti predetti vi siano, per li primi doi non m’occorre fatigare di provarli, per essere noti a chi vi è stato e a chi non vi è stato; e il terzo deve esser noto dall’effetto, poiché, come si è detto, la provisione di chi governa è come causa agente che move, può causare e conserva gli altri accidenti, ed è quella che regge l’ordine, senza il quale non può stare bene cosa alcuna nel mondo, come la confusione, contraria all’ordine, produce ogni cosa mala ed è una delle miserie che si trovano nell’inferno. E di modo stan ben disposti detti accidenti in detta cittá, che somministrano introito tale, che, levatone l’esito predetto, la rendono abbondante piú di qualsivoglia altra cittá, non solo d’Italia, ma d’altri luochi dove sono miniere d’oro e argento. E la disposizione è tale, che l’uno giova e migliora l’altro: poiché il trafico grande aiuta e migliora l’accidente dell’artifíci, quelli moltiplicando; e la multiplicazione e miglioranza dell’artifíci aiuta e migliora il trafico. E cosí la provisione di coloro che governano mantiene e regge in loro bene essere questi accidenti, togliendo l’impedimenti che per l’occorrenze possono succedere, e similmente dando occasione ognora che gli artéfici e mercatanti, che vi sono, continuino li loro artifíci e mercanzie, e ancora dall’altra parte ve ne concorrano, col somministrare loro ogni commoditá, disponendo diverse cose a rispetto cosí dell’uno come dell’altro, con altre provisioni, che possono causare altre e diverse occasioni, secondo le diverse occorrenze.

Se bene, circa l’accidente del trafico e provisione di chi governa, detta cittá tiene alcune specialitá piú degli altri luochi dove si volessero introdurre detti accidenti, avendo, a rispetto del trafico, il sito, come si è detto di sopra, e, a rispetto della provisione de chi governa, vi è questa specialitá: che sempre si può dire il medesimo governo. Lo che non è stato mai in altre signorie e republiche, dove potria succedere questa continuazione: ché nelli regni non può durare un governo medesimo piú d’anni cinquanta incirca, quando vi risiede il prencipe, e che da principio insin al fine fusse stato del medesimo sapere e giudizio e conosciute le medesime esperienzie; ma, dove non [p. 168 modifica]risiede il prencipe, tanto dura quanto dura il tempo dell’officio del viceré, come è noto. Poiché tanto può durare in un regno il governo d’un medesimo modo, in quanto vive il re che lo governa: dopo, morendo, o che il successore sia il figlio o altri, il governo che succede non sará il medesimo come quel di prima; e perciò è in proverbio: "Novo re nova legge": mentre non si conforma in tutto nell’opinione col predecessore, né meno può sapere che cosa il predecessore giudicava per disordine del suo regno, né che provisione avea da fare, né quelle che averá fatte per rimedio delli disordini passati, ché dalle esperienze passate si possa risolvere per li medesimi o novi disordini che succedono; ma, incomminciando a provare a suo modo, non vi è cosí certezza che debbano riuscire. Per la qual cosa li sudditi di Santa Chiesa, per la continua mutazione, non consequiscono quel governo bono, che potriano consequire se il governo fusse stabile.

Ma nel governo di Venezia, essendosi atteso dal principio della sua propagazione a governar bene, avendo per oggetto il beneficio publico, hanno instituito piú e diversi ordini, con farne d’ognora novi, migliorando o togliendo li passati secondo è parso espediente, particolarmente sopra la creazione di magistrati e regimento di quella, che s’è mai ritrovato in altre signorie e republiche simil modo di crear magistrati. E, come l’esperienzia ha dimostrato, non vi è stato dominio o republica al mondo che abbia tanto durato quanto ha durato e dura Venezia, che ancora è vergine, e sono circa mille e ducento anni che è edificata dopo del flagello di Attila. Dico dunque che, essendo l’ordine di creare li magistrati, e in tanta perfezione che è impossibile che alcuno vi si possa creare o per subornazione o compiacenza, come è noto a chi lo sa, né ascende a grado supremo persona che non sia esperimentata, né gli infimi e mediocri, e che in nisciuno di quelli abbia fatto malamente; ed essendo il Conseglio detto de "pregai" il supremo de tutti, come anticamente il senato in Roma, quale ha potestá di fare e disfare legge, guerre e pace (nel quale Conseglio sempre vi sarranno da circa centocinquanta senatori e piú, quali in effetto [p. 169 modifica]sono come in vita, e di loro s’è fatta esperienza per li passati magistrati, né vi è magistrato che per un minimo tempo abbia potestá soprema senza il consenso del Conseglio de "pregai": stando cosí dunque ordinato questo governo, di necessitá séguita che sempre sará un medesimo. Poiché, essendo li senatori di tanto numero e standovi in effetto in vita, non può mai succedere che per morte possano mancare tutti o la maggior parte, sí che quelli che vi entrano, non sapendo quello che li primi teneano per disordine o per rimedio del loro stato, o sapendolo, si vogliano difformare dalla loro opinione. Ma quelli che succedeno sempre ritrovano maggior numero di vecchi senza comparazione, da’ quali intendono li disordini passati e presenti e li possibili futuri con li loro remedi; né, volendosi difformare dalla loro opinione, possono fare altra provisione, mentre bisogna che siano in uno concordi, o la maggior parte vinca. E cosí va succedendo da mano in mano; sí che per detta causa sempre si può dire il medesimo governo: lo che importa molto. Come (stando nella comparazione del medico con colui che governa, come si disse di sopra) di piú certa esperienza sará il medico e di migliore riuscita saranno le sue provisioni, quando, avendo governato piú e piú volte un ammalato e conosca la complessione e qualitá di quello, se gli occorrerá governarlo di nuovo; che non sará quel medico che è nuovo circa il governo dell’ammalato, che per coniettura può argomentare la sua complessione e non per esperienza o per la riuscita delli remedi: cosí mi pare che vi sia differenza fra le provisioni che averá da fare uno che governa ed è nuovo nel governo per alcun disordine o nuovo ordine del suo Stato, da quelli che faria uno che è vecchio nel medesimo governo e ha conosciuto li disordini passati e rimedi fatti con gli altri accidenti del suo regno. Sí che, essendosi dechiarato donde procede questo introito e vistosi gli effetti grandi che fa, sará per argomento efficace che non mi sia ingannato doversi preferire questo accidente commune della quantitá degli artifici all’accidente proprio della superabbondanzia della robba. Resta da discorrere sopra l’effetto delle condizioni di Napoli.