Caccia e Rime (Boccaccio)/La caccia di Diana/Canto XIII

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Canto XIII.

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Canto XIII.


Ella non dubitò, ma l’arco aperse
     E quel ne’ fianchi ferì sì profondo,
     Che le sue forze tutte li disperse;
E allo primo stral giunto il secondo,
     Che dandoli nel petto toccò il core,5
     Onde morì: e li can, cerchio tondo
Facto gli avean1, faccendo romore
     Li s’apressaro e preser, con costei
     Oltre correndo, mostrando valore.
Ma Biancola Carafa inanzi a llei,10
     Coronata di fior, tanto piacente
     Quanto alcun’altra che fosse con lei,
Giva correndo sì velocemente
     Dietro ad un daino ch’avanti li giva,
     Che parea che volasse veramente;15
E con lei insieme alcun can lo seguiva,
     Ma non per ciò che giunger se potesse,
     Tanto era presto que’ che ssi fuggiva.
O che lui ramo o altro ritenesse,
     Non so, ma ella il giunse e lui ferio20
     D’un dardo nella gola, d’onde spesse
Guizzate diede e poi pur si morio
     Davanti a llei, che altro non parea
     Ch’ella attendesse con tutto ’l disio.
Alto nel bosco al mio parer vedea25
     Due leggiadre e belle giovinette,
     Le qua’ ciascuna assai ben conoscea,

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Inghirlandate di due ghirlandette
     Di rose rosse, tanto relucenti,
     Che a veder parean due fiammette;30
Vestite strette2, sì belle e piacenti,
     Che facean ridere tututto quel loco,
     D’ond’elle andavan con li passi lenti.
Le quali, andando sì a poco a poco,
     D’archi e di saette bene armate,35
     Fra sé cantando e faccendosi gioco,
Vider discender della stremitate
     Del monte una pantera; onde Cubella3
     Embriaca sonò molte fiate
Il corno, e ’l somigliante fe’ Tanzella,40
     Chiamando i cani, li qua’, po’4 venuti
     Fur, si drizzaro ver la fiera snella.
Covella corse avanti, e con tre aguti
     Istrali ferì quella nella fronte,
     E sì v’entrar, ch’a pena eran veduti45
Fuor che lle penne; là onde le pronte
     Gambe della pantera non potero
     Portarne lei, ma cadde a piè del monte.
Diece can, credo, o più ve l’asagliero,
     E a Covella, che llà già giunta era,50
     In terra morta e vinta la rendero.
Ma a Tanzella più usata fiera
     Aparve avante, andando per atare
     Iacopella nel loco dov’ell’era:

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Ch’un piccol fosso volendo passare,55
     Si traversò un furioso toro,
     Rompendole la via nel suo andare;
Ond’ella fe’ per quel quivi dimoro.


Note

  1. Questa proposizione è retta da un che sottinteso, con ellissi frequente e non irregolare nella sintassi tre e quattrocentesca.
  2. «Succinte». Allo stesso modo vestita vide il massimo Guido la sua Mandetta: ‘e’ mi ricorda che ’n Tolosa Donna m’apparve accordellata istretta’ (ball. Era in penser).
  3. Lo stesso che Covella, come suona il nome ai vv. 43 e 50. Ambedue sono forme abbreviate di Giacopella (X, 17) o Iacopella (XIII, 54).
  4. «Poiché.»