Canti dell'ora/I. Fantasie/Grandi fatiche di gente piccina

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Grandi fatiche di gente piccina

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Grandi fatiche di gente piccina
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GRANDI FATICHE DI GENTE PICCINA


Gli gnomi cui dà noia il sol nascente
deliberaron di sbarrargli ’l passo
3per la spiccia, con novo espedïente.

Venner spiando raggricchiati al basso:
e lesti, al rotear del primo raggio,
6su tutti, in armi, con in mano un sasso,

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a cento, a mille. Uno stridìo selvaggio
di: - Ferma - dàgli - chiappalo - accorruomo, -
9un impeto di ciurme all’arrembaggio

dagli asili de’ topi a quei de l’uomo
tutt’empie, tutto scrolla, tutto quanto
12mette a soqquadro il cheto mondo gnomo.

— L’esercito crociato, che fu tanto
prode, ma un po’ stordito, a’ suoi castelli
15tornarsene dovè sbattuto, affranto.

Noi no! — dicono i cauti spiritelli;
e prevedendo l’occorrenza e ’l caso
18oltre l’armi han con sè chiovi e martelli,

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funi e scalèi. L’oste su ’l monte invaso
formicola. Ma che sorge in distanza?
21un bernoccolo in un cocuzzo raso?

No, l’è una barricata, e sopravanza
quasi d’un dito l’oriente. Or ecco
24a fronteggiar la luce che s’avanza,

springando le zanchette sue di becco
uno gnomin s’arrampica. D’in sulla
27gran mole e’ strizza un occhio ed apre il becco:

— Olà, quel solicello! o che gli frulla?
nascer da sè? sul nostro ben costrutto
30muraglion scavalcarci come nulla?

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O che sì che lo chiappo e giù lo butto!
E sbruffi pur quella sua luce sciocca:
33ciottoli abbìam da ciottolarlo tutto. —

Il fiero allarme a gli altri gnomi schiocca
con un fischio; e per più poter fischiando
36con le due dita stirasi la bocca.

Odono; e in mille le bocche stirando,
tutti a fischiare verso l’oriente
39che comincia a raggiar. Le blatte, quando

co’ stracci aspersi di petrolio ardente
s’appicca ’l fuoco a le lor buie sedi,
42sbucano a frotte, disperatamente

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fuggendo qua e là. Correr le vedi
come neri rigagnoli: a la caccia
45ride ’l fanciullo e le insegue e co’ piedi

le pesta ed una quantità ne schiaccia:
s’imbratta la parete, al pavimento
48di chiazze e di fetor resta la traccia:

tal co’ lor fischi a mezzo, in quel momento
che sorgea dardeggiando il novo lume,
51schiacciati stetter lì da lo spavento

palpandosi ’l nasin pieno d’acume
critico. Poi giù giù fra rovi e sassi
54a precipizio pullulò un nerume

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di nanerelli dai piccini passi;
fin che i raggi fermando alto lanciati,
57una cestaia di tassobarbassi

gli accolse, e brulicò come a’ mercati
fan le corbe de’ gamberi. Ma in questa
60ecco parlamentar tre potentati:

il re de’ gnomi con la buia vesta,
il re de’ silfi con quattr’occhi, il grave
63re de’ pigmei con tre corone in testa.

Dice il primo: — Pian piano io serro a chiave
la porta de le nuvole. Gaietto
66vi picchia ’l sol. Nessuno apre. Addio fave! —

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Dice il secondo: — Io stuzzico ’l folletto
che le nubi sbatacchia e il nembo aduna.
69Al novo astro ’l cammin si taglia netto. —

Dice il terzo: — Piccina è ben la luna,
pur s’ingegna. Lavora di straforo.
72Passa davanti al sole e lo rabbruna. —

Dissero; e tosto dan mano al lavoro.
Ma l’aria ormai di rose e di viole
75tutta quanta era un saettame d’oro.

Un frullo, un trillo s’alza: — Non si vuole,
grida una lodoletta, udite, amici,
78costaggiù non si vuol che nasca il sole! —

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E mentre rispondean: — Che è? che dici? —
con lungo cinguettìo via per le fratte,
81mattinando i lor nidi a le pendici

le cingallegre ridean come matte.