Cenni statistico-storici della Valle Vigezzo/Parte 1/IX. Considerazioni e Corollari del Capitolo precedente

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IX. Considerazioni e Corollari del Capitolo precedente

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IX. Considerazioni e Corollari del Capitolo precedente
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IX.

Continuazione, e Corollari del Capitolo precedente.

Le cose dette nel Capitolo precedente ci portano alle seguenti riflessioni. La valle Vigezzo ha novecento novantatre mila, e quattrocento spazza di terreno coltivate a campo, ossiano settecento novantaquattro mila settecento venti spazza coltivato a segale, ed a grano saraceno, e cento novantotto mila seicento ottanta spazza a pomi di terra, canapa, ed altro. Ora il valore medio in comune commercio d’ogni spazza di terreno a campo può valutarsi a lire una, e centesimi trenta, e così il totale dei campi a grano ad un millione, trentatre mila cento trentasei lire. Questi campi, giusta le tavole XI, XII danno un annuo prodotto di staia tremila quattrocento settantadue di segale, e staia duemila cento tredici di grano saraceno, ossia valutata la prima a lire cinque, il secondo a lire tre per ogni staio, l’annuo prodotto di lire ventitre mila seicento novantanove. Da questa devesi dedurre la parte colonica valutabile alla metà e così il prodotto netto si riduce a lire undicimila ottocento quarantanove, e centesimi cinquanta. Ne viene da questa calcolo, che i terreni a grano della valle Vigezzo il cui valore è, come si disse, di L. 1,033,136, danno un annua reddito di lire una e centesimi quattordici per ogni cento lire di valore, ossia il proprietario Vigezzino impiega i suo capitali all’uno, ed un ottavo per cento all’anno. [p. 42 modifica]Le sovra notate cifre del terreno coltivato a grano, e dell’annuo prodotto paragonate colla popolazione Vigezzina di anime 5377 ci fanno conoscere, che ogni persona ha cento ventinove spazza di terreno a grano, e che dai medesimi raccoglie poco più di uno staio di grano all’anno. Dato poi che una contadina di Vigezzo possa coltivare dieci volte tanto l’indicata somma di terreno a campo vale a dire spazza 1290, ne verrà che essa otterrà un prodotto corrispondente a dieci staia di grano all’anno, e per essa, ossia per la parte colonica, staia cinque. Or dunque comprende sin d’ora il lettore, che la più laboriosa contadina della Valle non ricava il proprio vitto che per cinque mesi dell’anno, essendochè una persona adulta non può vivere con una minore quantità di grano di quella corrispondente ad uno staia per ciascun mese, ossiano staia dodici all’anno.

Il quinto dei terreni a campo si disse coltivato a pomi di terra, canape, ed altro. Quattro parti di questo quinto, ossiano spazza 158944 si possono assegnare al primo articolo, e da queste si ricavano giusta la tavola XIII gerli n° 9533, ossiano libbre grosse 476650 di patate. Ne viene che ogni persona ha libbre ottant’otto, ed oncie venti di pomi di terra; che ogni spazza di terreno ne dà tre libbre, e che calcolate le dette libbre 476650 a centesimi tre per ciascuna danno il prodotto di lire 14298. Detratta da queste la parte colonica nella metà, si ha il prodotto netto corrispondente alla somma di lire 7149. Ora quando si rifletta che le spazza 158944 hanno il valore in comune commercio di lire 206627, 20 si ritroverà che i terreni coltivati a pomi di terra rendono il tre e mezzo per cento circa. Queste cifre paragonate con quelle ottenute pei terreni coltivati a grano non hanno bisogno di chiosa, e non si sa comprendere il perchè tutti i campicelli Vigezzini non sieno a quest’ora coltivati a pomi di terra. Chè allora [p. 43 modifica]in primo luogo non avrebbe bisogno la Valle di una così straordinaria importazione di granaglie, e potrebbe in secondo luogo far fronte alle spese delle medesime coll’esportazione delle patate sovrabbondanti. E di fatto se i quattro quinti dei terreni a campo fossero seminati con pomi di terra se ne ricaverebbero due millioni trecento ottantaquattro mila cento sessanta libbre. Suppongasi che un millione di libbre venga consumato dagli abitanti, e che equivalendo a cento ottanta sei libbre per ciascuno, fossero bastanti al loro alimento per tre mesi. Le restanti libbre esportate e calcolate al sovra indicato prezzo darebbero un prodotto alla Valle di lire quarant’un mila cinquecento ventiquattro, e centesimi ottanta, il quale servirebbe all’acquisto di circa otto mila staia di grano, calcolato questo a lire cinque per caduno staia. Il perchè col cambiamento dei generi di coltura in Vigezzo verrebbero gli abitanti a ricavare dalle loro terre a campo con che vivere per cinque mesi, tre cioè con pomi di terra, e due colle granaglie acquistate, mentre col sistema attuale non ricavano il vitto che per due mesi, e dicianove giorni, un mese cioè col grano raccolto, ed il restante tempo coi pomi di terra. Si aggiunge ancora che dal presente calcolo resta escluso il quinto dei terreni, il quale coltivato a grano, a meliga, a legumi potrebbe ancora somministrare alimenti bastanti per un altro mese, e così in totale per sei mesi.

Ai presenti calcoli, che ci sembrano irrefragabili, non si potrebbero, a nostro senso, opporre che le difficoltà dello smercio, e quella dei trasporti. Ma a quest’ultimo si è ormai riparato colla sistemazione della strada carrettiera Vigezzina, la cui mercè con due centesimi per libbra si possono i pomi di terra far trasportare a Domodossola. Nella sistemazione dei prezzi si ebbe per noi di mira una tale spesa, essendo che valutammo le patate soli centesimi tre, quando sul mercato di Domodossola non furono giammai vendute ad un [p. 44 modifica]prezzo minore, e spesso maggiore di cent.i cinque per libbra. In quanto allo smercio noi crediamo, che sarebbe esso facilissimo attesa le accennate qualità dei pomi di terra di Vigezzo, di gran lunga superiori a quelle di tutti gli altri luoghi. A quest’ora le patate di Vigezzo sono ricercatissime, e le poche, che si portano a Domodossola sono vendute al momento. Forse dei depositi di simile derrata nelle grandi città del regno, e dell’estero potrebbero essere un articolo di lucrosa speculazione, massime avuto riguardo alla tenuità delle spese di trasporto, che potrebbe effettuarsi dai carri, che portano il grano a Domodossola, e che ritornano vuoti alle terre del Novarese. Si aggiunge che i pomi di terra sono un eccellente foraggio pei cavalli, e per le bovine, e che in ogni peggior evento potrebbero servire a quest’uso pure importantissimo. Le bovine alimentate con simil radice prosperano mirabilmente, e danno un doppio prodotto in latte.

Per rapporto ai terreni a prato, dalle cose dette nell’articolo precedente, e dalle tavole X e XIII risulta che due milioni seicento undeci mila duecento venticinque spazza di terreno danno centinaia di libbre 25122 di fieno, il che corrisponde a libbre una di fieno per ogni spazzo di terreno. Calcolando il valore medio del fieno a lire quattro per ogni centinaio, ossia a quattro centesimi per ogni libbra, ne viene che i terreni a prato danno il prodotto annuo di centesimi quattro, e detratta la parte colonica di centesimi due per ogni spazza. I prati hanno presso a poco in Vigezzo, ed in comune commercio il valore medio di lire una per ogni spazza e così rendono il due per cento del capitale impiegato.

L’anzidetto prodotto dei prati, giusta la tavola XIV oltre alle bestie da soma serve ad alimentare n° 2156 bovine, n° 3956 capre, e n° 1160 pecore, il cui prodotto in burro, e formaggio è appena bastante agli usi degli abitanti. Si stupirà il lettore come in valle Vigezzo, luogo molto elevato, e [p. 45 modifica]circondato ovunque da numerose catene di monti, non sia più prospera la pastorizia, e più conseguente il prodotto delle bestie a corna. Ma ciò deriva in primo luogo dai lunghi, e rigidi inverni, per causa dei quali le bovine devonsi mantenere per otto mesi dell'anno chiuse nelle stalle. Deriva in secondo luogo dall'aridezza dei prati, i quali sono sempre assai poco produttivi, e spesso all'atto sterili, quando nei mesi di estate, frequenti, e copiose non sieno le pioggie. Non è infrequente vedere nel cuor dell'estate i prati di Vigezzo arsi, e secchi come se vi fosse passato sopra un ferro rovente, e ciò non per istraordinarie, ma per siccità appena sensibili in altri luoghi. Nei due terzi dei prati Vigezzini il fieno si taglia una volta sola, e nell'altro terzo la seconda ricolta è incerta, e sempre assai tenue. Tuttavia il reddito dei prati in confronto del valore dei medesimi in comune commercio è maggiore di quello dei campi a grano come risulta dal sopra detto.

Finalmente dai calcoli, e dalle considerazioni per noi fatti nei precedenti capitoli fummo guidati alla compilazione della tavola decimasesta. Le cifre nella medesima esposte sono la conseguenza di lunghe, e pazienti osservazioni, e speriamo, che almeno approssimativamente saranno consentanee al vero. Abbiamo giù detto, che il metodo di coltura attuale non somministra il vitto agli abitanti di Vigezzo che per due mesi, e diciannove giorni. Si raddopii questo tempo in causa dei bambini, e degli assenti. Si aggiungano al medesimo un mese, e ventidue giorni in contemplazione dei legumi, delle castagne, e d’ogni altro prodotto, e due mesi in contemplazione dei latticinii, e delle carni, ed avremo la cifra di mesi nove, durante i quali i Vigezzini possono alimentarsi coi prodotti della Valle. Per gli altri tre mesi sono essi assolutamente obbligati di ricorrere al di fuori, e di importare, giusta i calcoli fatti, non meno di dodici mila staia di grano all'anno, che calcolato a [p. 46 modifica]lire cinque per cadun staia dà la somma per noi esposta nella tavola, di lire sessanta mila.

Per rapporto al vino, ed ai liquori spiritosi, mancandone del tutto la Valle, deve per intiero trarli dal di fuori. Informazioni, ed annotazioni diligentemente prese, ed esaminate ci persuasero consumarsi in Vigezzo non meno di tre mila brente di vino, e dugento brente d'acquavite all'anno. I due terzi del vino si ricavano dai possedimenti che i Vigezzini hanno nell'Ossola, l'altro terzo, e cosi l'acquavite, si acquistano e dagli Ossolani, e dai mercanti del Novarese. Pei generi coloniali, di lusso, e di vestiario noi non abbiamo cosa da aggiungere, solo osservando che le somme esposte nella tav. XVI sortono dai più moderati calcoli, ed osservando pure che grande si è la consumazione che si fa nella Valle dei generi coloniali, e specialmente del caffè, e dello zucchero. Per rapporto al prodotto dei legnami venduti nei boschi comuni, questo, giusta la tavola decimaquinta, ascenderebbe a L. 258419 pel novennio, e cosi a L. 28713 per ogni anno. Noi però non abbiamo esposto che la somma di L. 15000, essendochè i boschi sono ora quasi del tutto cousumati, e per un centinaio d'anni deve il loro reddito limitarsi a molto minor somma.

Dalla più volte menzionata tavola risulta dunque che le importazioni annue nella valle Vigezzo ascendono alla somma totale di lire cento quaranta mila, e le esportazioni a quello di lire cinquantanove mila seicento. L’uscita supera l'entrata di ottanta mila quattrocento lire. Una cosi enorme deficienza a fronte d’un cielo bellissimo, e di una posizione incantevole, avrebbe senza dubbio impedito che questa Valle si popolasse, se il genio degli abitanti, renduto più intraprendente dalla loro stessa povertà, non vi avesse supplito, e non avesse cosi provato, che le situazioni più povere per gli indigeni prodotti, diventare possono le più ricche, mercè dell'industria e dell'attività. Difatti poche regioni possono vantare tante persone [p. 47 modifica] facoltose quanto la valle di Vigezzo; pochi paesi hanno, come questa, l’aspetto di una civiltà, e di una dovizie cittadinesca. La causa di tale apparente paradosso risulta da quanto dirassi nel Capitolo che segue.