Certo è, che a sua gran pena
Questo testo è completo, ma ancora da rileggere. |
◄ | Se dell'Indegno acquisto | Febo s'infiamma, e rimenando il giorno | ► |
XVIII
PER NICCOLA ORSINO
conte di pitigliano generale de'veneziani
Contro la Lega di Cambrai,
difese Padova dall'Imperadore
Certo è, che a sua gran pena
L’uom naufragante, peregrin del Mondo,
Spesso gira sua vita a vela piena
Là’ve sirte d’error l’onde inarena.
E spesso ove è di guai maggior profondo
Gitta l’ancora al fondo.
Non va lunge dal vero
Questo mio biasimo degli umani ingegni,
Che su per Cirra, almo di Febo impero,
Menzogna d'orme non segnò sentiero;
E so ne fan con mille casi indegni
E Regnatori, e Regni.
Dovea fronte lucente,
Ma come ogni altra al fin preda di Motte,
Argo far trista, cd 11 ione ardente.
A qual piaggia d'april mieter la gente;
Oh, non si piange ancora Ettorre il forte?
Suo figlio? e sua consorte?
Se vii frutto non era,
D’Assaraco la stirpe era beata.
E di gioja maggior viveva altera
Se meno era la Grecia allor guerriera;
Ma premio pose a sè medesma armata
Una chioma dorata.
Or se, come in foresta
Arma lungo digiun belva africana,
Muove orgoglio tra gli uomini tempesta;
Sicché ferro la terra empio funesta;
Certo senza guerrier dir si può vana
Ogni eccellenza umana.
O del Mondo Reina
Italia, genitrice alma d’Eroi!
Io col cor pronto, io colla monte inchiaa
Alto sospiro alla pietà divina:
Ella co' rai de’ benigni occhi suoi
Sereni i giorni tuoi.
Non pianto, non dolore
Stral per te tenda insidioso audace;
Feconda il grembo d’immortal valore,
Cerere bionda ogni tua messe indore;
Nè per te basta mai pena fugace
La bella amata Pace.
Ma se dall’ampie tombe
Poggia por l'alto Ciel viperea l'ali,
E gonfia Aletto mai tartaree trombo,
Onde il Ciel d'armi e di furor rimbombe,
Sorgano spirti a vendicar tuoi mali,
Al Pitigliano eguali.
Così voce superba
Non farà risonar barbaro Marie,
Se non sembiante all'aspra etade acerba,
Che l'ardir spense di Germania in erba;
E fèr le fere sanguinosa ogni arte
Sulle sue membra sparte.
Cinta allor di funesti
Diluvj d'arme Austria a pugnar sen corse
E dentro a' nembi di battaglia infesti
Chiuse in metalli i fulmini celesti
Non tanti in Fiegra, ove più orribil sorse,
Giove mai ne contorse.
Ma, se a' ferri tonanti
Scossersi d’Adria le campagne ondose,
Anco sull’Istro un rimbombar di pianti
Fece a i nostri sentir tuoni sembianti;
Quante, o quante vecchiezze orbe dogliose,
Quante vedove spose?
Certo, s’è sferza e sprone
Gloria paterna alle virtù divine,
Ei per l'Italia, onde fu sol Campione,
Forte nell'armi in sì crudel tenzone,
Ben rimembrossi, ben Parti Latine,
E le corone Orsine.