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Certo è, che a sua gran pena

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Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Canzoni Letteratura Certo è, che a sua gran pena Intestazione 25 aprile 2023 75% Da definire

Se dell'Indegno acquisto Febo s'infiamma, e rimenando il giorno
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni eroiche di Gabriello Chiabrera


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XVIII

PER NICCOLA ORSINO

conte di pitigliano generale de'veneziani

Contro la Lega di Cambrai,

difese Padova dall'Imperadore


Certo è, che a sua gran pena
     L’uom naufragante, peregrin del Mondo,
     Spesso gira sua vita a vela piena
     Là’ve sirte d’error l’onde inarena.
     E spesso ove è di guai maggior profondo
     Gitta l’ancora al fondo.
Non va lunge dal vero
     Questo mio biasimo degli umani ingegni,
     Che su per Cirra, almo di Febo impero,
     Menzogna d'orme non segnò sentiero;
     E so ne fan con mille casi indegni
     E Regnatori, e Regni.
Dovea fronte lucente,
     Ma come ogni altra al fin preda di Motte,
     Argo far trista, cd 11 ione ardente.
     A qual piaggia d'april mieter la gente;
     Oh, non si piange ancora Ettorre il forte?
     Suo figlio? e sua consorte?
Se vii frutto non era,
     D’Assaraco la stirpe era beata.
     E di gioja maggior viveva altera
     Se meno era la Grecia allor guerriera;
     Ma premio pose a sè medesma armata
     Una chioma dorata.
Or se, come in foresta
     Arma lungo digiun belva africana,
     Muove orgoglio tra gli uomini tempesta;
     Sicché ferro la terra empio funesta;

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     Certo senza guerrier dir si può vana
     Ogni eccellenza umana.
O del Mondo Reina
     Italia, genitrice alma d’Eroi!
     Io col cor pronto, io colla monte inchiaa
     Alto sospiro alla pietà divina:
     Ella co' rai de’ benigni occhi suoi
     Sereni i giorni tuoi.
Non pianto, non dolore
     Stral per te tenda insidioso audace;
     Feconda il grembo d’immortal valore,
     Cerere bionda ogni tua messe indore;
     Nè per te basta mai pena fugace
     La bella amata Pace.
Ma se dall’ampie tombe
     Poggia por l'alto Ciel viperea l'ali,
     E gonfia Aletto mai tartaree trombo,
     Onde il Ciel d'armi e di furor rimbombe,
     Sorgano spirti a vendicar tuoi mali,
     Al Pitigliano eguali.
Così voce superba
     Non farà risonar barbaro Marie,
     Se non sembiante all'aspra etade acerba,
     Che l'ardir spense di Germania in erba;
     E fèr le fere sanguinosa ogni arte
     Sulle sue membra sparte.
Cinta allor di funesti
     Diluvj d'arme Austria a pugnar sen corse
     E dentro a' nembi di battaglia infesti
     Chiuse in metalli i fulmini celesti
     Non tanti in Fiegra, ove più orribil sorse,
     Giove mai ne contorse.
Ma, se a' ferri tonanti
     Scossersi d’Adria le campagne ondose,
     Anco sull’Istro un rimbombar di pianti
     Fece a i nostri sentir tuoni sembianti;
     Quante, o quante vecchiezze orbe dogliose,
     Quante vedove spose?
Certo, s’è sferza e sprone
     Gloria paterna alle virtù divine,
     Ei per l'Italia, onde fu sol Campione,
     Forte nell'armi in sì crudel tenzone,
     Ben rimembrossi, ben Parti Latine,
     E le corone Orsine.