Che vvita da cani!

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Giuseppe Gioachino Belli

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Er discorzo de l'agostiggnano Le visite der Cardinale
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

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CHE VVITA DA CANI!

     L’ho, ddio sagrato, co’ cquer zor Cornejjo1
Der padrone, che Cristo sce2 lo guardi.
Nun j’abbasta neppuro3 che mme svejjo
Antilùsce:4 ggnornò,5 ffo ssempre tardi.

     Nu ne vojj’antro.6 Aspetto che mme sardi7
Le liste, eppoi le case io me le sscejjo.8
Manco er riposo?! E cche! ssemo bbastardi?!
Padroni a Rroma? accidentacci ar mejjo.

     Annallo9 a rrippijjà ddrent’ar parchetto,
Portallo a ccasa, còsceje da scena,10
Dajje in tavola, e ppoi scallajje er letto,

     E ppoi spojjallo, e ppoi, quann’è de vena,
Sciarlà11 un’ora co’ llui... sia mmaledetto,
Che sse dorme?12 Un par d’ora ammalappena.13

22 gennaio 1835

Note

  1. Cornelio: cornuto.
  2. Ce.
  3. Neppure.
  4. Ante lucem.
  5. Signor no.
  6. Non ne voglio altro.
  7. Mi saldi.
  8. Me le scelgo.
  9. Andarlo.
  10. Cuocergli da cena.
  11. Ciarlare.
  12. Quanto si dorme?
  13. Un paio d’ore appena.