<dc:title> Come andò a finire il Pulcino </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Ida Baccini</dc:creator><dc:date>1902</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Baccini - Memorie di un pulcino, Bemporad & Figlio, Firenze, 1918.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Come_and%C3%B2_a_finire_il_Pulcino/La_signorina_Emichetta&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20180304173442</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Come_and%C3%B2_a_finire_il_Pulcino/La_signorina_Emichetta&oldid=-20180304173442
Come andò a finire il Pulcino - La signorina Emichetta Ida BacciniBaccini - Memorie di un pulcino, Bemporad & Figlio, Firenze, 1918.djvu
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All! si è un bell’esser polli, ma i genitori
sono sempre genitori.
miei figliuoli!
E a due passi intorno alla tavola scintillante tutti ridevano come matti!
La signorina E-nricHetta,
Verso gli ultimi di settembre la pioggia
cominciò così ostinata e dirotta, che il giardino divenne un vero pantano; tanto che i
padroni giudicarono di accomodarmi insieme
con la mia famiglia in una stanzetta abbar
Fumino scossi
dal nostro doloroso
torpore da un rumore sordo e quasi
rabbioso molto vicino a noi.
Era Medoro che
rodeva le ossa dei
XI.
— 21 [p. 219modifica]9 —
stanza ariosa, separata dalla bella cucina soltanto da una cancellata di legno. Per cui io,
anche senza esser curioso, potevo vedere e udire
quanto avveniva intorno a me.
E ne vedevo, e ne udivo.delle belle!
La serva e l’Aurora (una giovane cameriera entrata in casa di fresco) non facevano
che sparlare sul conto della signorina Enrichetta.
— Dacché è entrata in casa quella gestrosa,
— diceva la serva — mi si è raddoppiato il
servizio. Con la scusa che ha da studiare, bisogna vedere in che stato lascia la camera, la
mattina ! Il letto che pare un caos, con le coperte
ciondoloni da una parte e il lenzuolo ricascante
dall’altra! Le catinelle piene d’acqua sporca,
i pèttini carichi di capelli, una sottana di qua,
una vita di là; Tino stivaletto sul comodino,
l’altro sulla toelette e non ti so dire se a mettere un po’ d’ordine in quell’arruffìo, del tempo
ce ne vuole!
— E io — diceva alla sua volta la cameriera — credi che ci abbia da far pochino?
Bisogna vedere in che stato mi lascia i vestiti ! [p. 220modifica]— 220 —
Credimi, clie solamente^ spolverarli e a spil-
laccherarli, mi ci va ima mattinata! Eppoi,
sempre scuciti e sfilacciati da piedi, che è una
compassione a vederli!
— È vero che la signorina studia e girandola per casa e pel giardino sempre col libro
in mano.... — osservò la Geltrude. Ma l’Aurora
pronta :
— O che non si può studiare e esser persone precise? Vedo che il signorino (ed è un
uomo!) ripara a tutto. Lui discorre in greco e
in latino e si lustra le scarpe e si spolvera i
pantaloni da sè; parla di certi paesi dove gli
abitanti stanno senza sole anche sei mesi per
volta, con la sicurezza di chi c’è stato: lui sa i
nomi delle stelle, di tutte le bestie, di tutte le
piante, sa appuntino la storia di tutti i regnanti
e di tutti i popoli, e questo non gl’impedisce
di aiutar sua madre a mettere in ordine il
salotto da ricevere, a tenere in ordine il libro
delle spese, e all’occorrenza di aiutar noialtra
povera gente di servizio a sbrigar più presto
e meglio qualche faccenda faticosa. Giorni
sono mi sentivo maluccio e stentavo a rivoltar [p. 221modifica]_ 221 —
da me sola i sacconi elastici del letto della
signora. Passa di lì il signorino e mi vede
grondante di sudore. Ohe cosa fa! Posò su
una seggiola i suoi bei libri turchini, si levò
la giacchetta e in men che si dice, panf, ponf,
il letto era rivoltato, rim ballinato
e liscio come un biliardo. Quelli
sono giovinotti! Ma la signorina
Enrichetta....
— Zitto, eccola qui. Al solito
ha il libro in mano! —
Misi il capo fuori dello stecconato e potei veder benissimo la
fanciulla. Quantunque fossero già
le otto e le mancasse poco più di
mezz’ora ad andare a scuola, era
ancora in pantofole, col viso sudicio e i capelli arruffati.
— Scaldatemi presto il latte, — disse alla
Geltrude — e voi, Aurora, spolveratemi subito
gli stivaletti. Ho fatto tardi stamani e debbo
ripassare ancora un capitolo di storia. —
E aprendo il libro, cominciò a borbottare:
« Dopo aver formato, colle provincie di [p. 222modifica]Bo-
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« logna, Ferrara e della Romagna e del Mo-
« denese, la Repubblica Cispadana, Napoleone
«continuò la guerra contro l’Austria; e nella
« pace di Campoformio.... »
— Oh Enrichetta! — esclamò la signora Carolina entrando proprio in quel punto in cucina — ma ti par proprio questo il momento
di ripassar le tue lezioni?
— Ho fatto tardi.... — borbottò la giovinetta
arrossendo.
— E perchè hai fatto • tardi ? — ribadì la
signora Carolina. — A che ora ti sei alzata ?
— Sarà un quarto d’ora.... Avevo tanto
sonno !
— Ah! — riprese la mia buona padrona,
mentre le due donne di servizio, a un cenno
di lei, erano uscite di cucina — ah! ti pare
una bella ragione l’invocare ogni mattina il
sonno a scusa della tua pigrizia? Credi che
non abbiano sonno gli operai che vanno a
logorarsi occhi e salute nelle officine, i muratori che mettono continuamente a cimento
la loro vita? Credi che non abbiano sonn [p. 223modifica]o gli
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studiosi, i maestri, i medici i sacerdoti, tutti
coloro, in una parola, la cui operosità reca
vantaggi inestimabili a tutti ? Bppoi, — aggiunse guardandola — ti par codesto il modo
di star vestita? Una bambina, appena si è levata, deve ravviar la sua cameretta nel modo
che le è possibile, quindi deve attendere subito alla nettezza della sua persona. Non si
esce di camera col viso sporco e i capelli arruffati.
— Dovevo studiar la storia! — singhiozzò
l’Enrichetta.
— Tutto va fatto a suo tempo. La sera,
quando vai a letto, le lezioni scritte come
quelle a voce debbono esser fatte e studiate.
Se la mattina ci sono cinque minuti disponibili, si possono impiegare nel dare una ripassatina ai versi o a qualche definizione
grammaticale. Ma lo studio vero, obbligatorio,
assegnato dalla maestra, si fa la sera. Siamo
intese.... Non mi obbligare a scrivere a tua
madre. —
Le due signore si allontanarono e un nuovo
personaggio entrò in cucina: Medoro. [p. 224modifica]— 224 —
Io non ho avuto mai alcuna antipatia pei
cani, nei quali riconosco molte nobili qualità,
Si affezionano al padrone, lo difendono dai ladri, accompagnano i ragazzi a scuola, ecc. ecc.
Ma è anche vero che ci sono i cani che
sbranano i bambini, che rubano, che mordono
e quando sono presi dalla rabbia, inoculano
negli animali da loro morsi quella terribile
malattia che si chiama Vidrofobia....
Medoro era un cane da caccia, ma a quanto
avevo sentito dire in casa, non aveva mai
avuto occasione di dar prove della sua abilità.
Con me se la diceva fino a un certo punto:
buon giorno, buona sera e lì; ma con chi dimostrava addirittura un’avversione spiccata,
era verso i miei figliuoli. Poche volte essi avevano avuto occasione di trovarsi con lui nel
giardino; ma nonostante egli aveva già tentato di slanciarsi su di loro e d’impaurirli
con i suoi latrati da orco. Fortuna, che tanto
io che mia moglie stavamo con tanto d’occhi
spalancati.
Egli venne verso di me,, mi salutò e mi
disse :
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