Così parlò Zarathustra/Parte seconda/Dei compassionevoli

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Dei compassionevoli

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Friedrich Nietzsche - Così parlò Zarathustra (1885)
Traduzione dal tedesco di Renato Giani (1915)
Dei compassionevoli
Parte seconda - Nelle isole beate Parte seconda - Dei Preti
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Dei compassionevoli.

«Miei amici, sapete come fu schernito il vostro amico?: «Guardate un po’ Zarathustra!» — dissero — «Non passa egli tra noi, come se fosse in mezzo a bruti?».

Ma è meglio dire così: «il sapiente passa tra gli uomini, perchè son bruti».

Ma l’uomo stesso è per il saggio l’animale dalle guancie rosse. Perchè? Forse perchè dovette assai spesso arrossir di vergogna? [p. 83 modifica]

O amici miei! Così parla il sapiente: Pudore, pudore, pudore, ecco la storia dell’uomo!

Per ciò l’uomo nobile impone a sè stesso di non umiliare gli altri: egli si fa una norma del pudore dinanzi a tutto ciò che soffre.

In verità io fastidisco i pietosi cui l’esercizio della compassione è gioja: troppo scarso pudore essi hanno.

Se devo essere compassionevole, non voglio mi si dica tale; e quando sarò pietoso veramente, voglio almeno essere tale di lontano.

Ben volentieri io mi velo il capo e fuggo prima d’esser ravvisato: e fate ancor voi così, o miei amici!

Possa la mia sorte non addurre sul mio cammino che esseri senza dolori, al pari di voi: tali con cui mi sia concesso aver in comune la speranza e il pane e il miele!

In verità, io ho fatto qualche cosa per i sofferenti; ma ho pensato sempre di fare miglior cosa con l’apprendere a goder meglio io stesso.

Dacchè esiste, l’uomo ha troppo scarsamente goduto: ecco, fratelli miei, il nostro peccato originale!

E quando avremo appreso a goder meglio, ci saremo con ciò disavvezzati dal far del male agli altri o del meditare cattive azioni.

Per ciò io mi lavo la mano che ha soccorso l’infelice, e in pari tempo anche l’anima.

Giacchè vedendo soffrire l’infelice io mi vergognai della sua vergogna; e quando l’aiutai l’offesi certo nel suo orgoglio.

I grandi beneficii non, ispirano la gratitudine, bensì il desiderio di vendetta; i piccoli, se non vengono dimenticati, si mutano col tempo in vermi roditori.

Siate difficile nell’accettare! Date una prova di dignità in quest’atto. Ciò io consiglio a coloro che nulla hanno da donare.

Ma io sono di quelli che donano: dono volentieri come l’amico usa cogli amici. Gli stranieri ed i miseri colgano essi stessi il frutto del mio albero: così sentiranno minor vergogna.

Ma i mendicanti dovrebbero esser soppressi! In verità si prova dispetto nel donare ad essi, e dispetto ancora nel negare.

Lo stesso è de’ peccatori e delle cattive coscienze: credetemi, amici i morsi della coscienza insegnano a mordere. [p. 84 modifica]

Ma nulla è peggiore del gretto pensiero. Meglio, in verità, agir male, che pensare grettamente.

Voi mi direte: il piacere che ci viene dalle piccole malignità ci risparmia molte cattive azioni! Se non che qui non si dovrebbe cercar di risparmiare.

Simile a un’ulcera è la trista azione: essa prude e irrita e lacera la pelle; essa parla sinceramente.

«Vedi, io sono una malattia» — così dice la cattiva azione nella sua sincerità.

Ma simile al fungo è il pensiero de’ gretti: si nasconde e non vuol apparire in nessun luogo — sino a tanto che tutto il corpo non sia divenuto fracido e brulicante d’innumerevoli piccoli funghi.

Ma a colui che è ossesso dal demonio, io dirò in un orecchio queste parole: «è meglio che cresca sempre più grande in te stesso il tuo demonio! Così anche per te ci sarà una via alla grandezza!».

Ah, miei fratelli! Sul conto di ognuno si sa qualche cosa di troppo! E più d’uno diviene trasparente pei nostri occhi, ma non ancor tanto che possiamo vedere attraverso il suo corpo.

È difficile convivere con gli uomini, perchè è difficile tacere.

E non contro colui che avversiamo siamo maggiormente ingiusti, bensì contro colui che ci è indifferente.

Ma se un amico soffre, tu sii per i suoi dolori non luogo di riposo, ma una specie di duro letto: un letto da campo; così gli gioverai meglio che in ogni altro modo.

E se un amico ti fa del male, tu devi dire: «Io ti perdono ciò che hai fatto: ma che tu l’abbia fatto a me — come mai potrei perdonare ciò!?».

Così parla il grande amore: il quale vince anche il perdono e la compassione.

Bisogna tener saldo il proprio cuore; perchè se egli ci abbandona, la testa lo segue.

Ahimè! le peggiori follìe non furono forse sempre quelle dei pietosi? E che cosa ha recato tanto danno al mondo quanto le pazzie dei pietosi?

Guai a coloro che amano e non sanno elevarsi oltre la loro compassione. [p. 85 modifica]

Una volta il demonio mi disse: «anche Dio ha il suo inferno: che è il suo amore per gli uomini».

E di recente lo intesi soggiungere queste parole: «Dio è morto per la sua compassione verso gli uomini».

Sicchè state in guardia contro la pietà; da quella parte sovrasta agli uomini una grande minaccia simile a gravida nube! E — voi sapete — io conosco i segni della tempesta.

Ma tenete a mente questa sentenza: Ogni grande amore è sempre superiore alla propria pietà: giacchè ciò che ama, esso vuol prima crearlo!

«Sacrifico me stesso al mio amore, e con me anche il mio prossimo» — così devono dire tutti coloro che creano.

Ma tutti coloro che creano sono crudeli».

Così parlò Zarathustra.