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De mulieribus claris/C

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Engeldruda, donzella fiorentina

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Giovanni Boccaccio - De mulieribus claris (1361)
Traduzione dal latino di Donato Albanzani (1397)
Engeldruda, donzella fiorentina
LXXXXIX CI
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CAPITOLO C.

Engeldruda, donzella fiorentina.

Engeldruda, donzella fiorentina, ebbe origine da una famiglia de’ Ravignani famosissima fra le famiglie della nostra città; la quale io ho giudicato porre fra le famose donne per la sua [p. 427 modifica]maravigliosa audacia a difendere la purità del suo animo innanzi allo imperadore de’ Romani. Questa essendo andata già nel tempio di Marte, il quale fu poi consagrato a Dio sotto vocabolo di S. Giovanni Batista, ad una festa con molte donne fiorentine avvenne che Ottone, quarto imperadore romano, il quale allora era tornato a Firenze, a fare bella festa e per accrescerla con la sua presenzia, entrasse nel tempio con gran compagnia di gentili uomini. Essendo in sul più alto luogo, e guardando sopra gli ornamenti del tempio, e intorno la moltitudine de’ cittadini, e le donne che sedevano d’intorno, avvenne che egli fermò gli occhi in Engeldruda, e maravigliandosi per alcuno spazio della bellezza di quella, e dell’abito distinto da niuna vanità, e dell’onestà e della fanciullesca gravità, lodando quella, convertì le parole verso Illizione, il quale era uno de’ cittadini, venerabile per età e per gentilezza, e forse allora per la milizia stando quello presso a lui, dicendogli: Chi è quella fanciulla la quale siede dirimpetto a noi, la quale, per mio giudizio, avanza d’onestà e di bellezza di volto tutte l’altre? Al quale Illizione ridendo, e con alcuna piacevolezza [p. 428 modifica]disse: Serenissimo imperadore, quale ch’ella si sia, s’io il comanderò, ella ti bacerà. Le quali parole come quella fanciulla udì, subito si sdegnò, portando molestamente che il padre mostrasse sì leggiera opinione di sua fermezza e di guardia di sua onestà, e non potè portare l’offesa per lungo spazio; ma non rispondendo ancora, levata in piede, e fatta rossa nella faccia, levando alquanto gli occhi contro al padre, poi abbassati, disse sicuramente con umili parole: Padre mio, taci e non favellare, perchè se tu non mi farai forza, niuno, salvo quello che tu mi darai per marito, potrà avere quello che tu profferi sì ampiamente. E veramente non dee cadere da animo di grande uomo quello detto. Lo ’mperadore stette alquanto con ammirazione; ma poi non contrastando asprezza tedesca, non conoscendo già quella fanciulla, per le parole giudicò lo santo casto proponimento del petto di quella vergine. E avendo lodato la indegnazione e lo detto di quella fanciulla con molte parole, fece chiamare uno nobile giovane chiamato Guido, acciocchè non mancasse alla fanciulla chi ella potesse baciare onestamente in presenza di suo padre; e ren[p. 429 modifica]dendogliene grazie, diè per moglie Engeldruda a Guido innanzi che egli si partisse, e dotò quella nobilemente; pensando quello che la fanciulla avea detto, il giusto ed il buono non solamente stare nel segreto di quella, ma essere proceduto per forza di giusta indignazione da ampio nutrimento di virtù; e per quello essere stato molto degna del dono dello Imperadore. Dunque così quella che era entrata vergine nel tempio, per la integrità dell’onestà tornò con somma allegrezza del padre e de’ suoi sposata in casa del padre e in processo di tempo partorendo molti figliuoli, morendo, lasciò ornata e famosa la casa del marito di nobile schiatta; e dura insino al presente la moltitudine dei suoi discendenti. E piacemi aver dette queste cose a vergogna delle fanciulle del nostro tempo, le quali sono di tanta leggierezza1, e di sì sfrenati costumi, che paiono piegarsi per guardi e per cenni alla volontà di ciascuno che le guarda.

Note

  1. Cod. Cass. bellezza. Test. Lat. animi levitas.