De mulieribus claris/XXVIII

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Capitolo XXVIII. Manto, figliuola di Tiresia

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Giovanni Boccaccio - De mulieribus claris (1361)
Traduzione dal latino di Donato Albanzani (1397)
Capitolo XXVIII. Manto, figliuola di Tiresia
XXVII XXIX


MANTO, figliuola di Tiresia, somma in divinazione a Tebe, fu famosa al tempo di Edipo re, e de’ figliuoli. Questa, sotto magistero di suo padre, fu di pronto e di sì grande ingegno, che ella imparò nobilmente Piromanzia, trovata prima dai Caldei, e secondo alcuni da Nembrotto, intanto che al suo tempo niuno conosceva meglio lo movimento delle fiamme1, lo calore e il mormorare delle quali dicono che sono dimostrazioni nelle cose future: non so per che diabolica opera ancora che conobbe con sottile guardare le vene delle pecore, le interiora di ciascuno animale. Secondo che fu creduto ispessissime volte con sua arte convocò i spiriti maligni, e le anime dello Inferno, dare voce e rispondere a quelli che domandavano. E certo essendo già morti nelle battaglie i re2 dei Greci, che assediavano Tebe, e avendo Creonte presa la signoria della terra, questa, secondo che piace ad alcuni, si partì, e andò in Asia, fuggendo lo nuovo re. In quel tempo e luogo edificò lo nuovo tempio, famoso per augurj del Clarico Apollo, e partorì Mosso, glorioso astrologo al suo tempo, benchè gli antichi non ne scuopron di chi ella lo generasse. Ma alcuni hanno detto altrimenti, e dicono, che dopo la guerra di Tebe ella con molti dei suoi andò per lungo spazio errando, e finalmente arrivò in Italia; e che in quella generò e partorì d’uno chiamato Tiberino uno figliuolo, lo quale fu chiamato Citeone, altri dissono Bianore. E dappoi pervenne in Gallia Cisalpina, dove trovando luoghi paludosi, forti per sua natura al lago Benaco, acciocchè ella potesse vacare più liberamente ai suoi maleficj, ovvero condurre lo resto di sua vita con più sicurtà nel mezzo della palude, pose sua sedia in la terra levata dall’acqua; e dopo, alcuno tempo in quel luogo morì e fu seppellita. Alcuni dicono che suo figliuolo edificò una città, e per nome di sua madre la chiamò Mantova. Alcuni pensano, che ella infino alla morte con fermo proposito conservò verginità. E era certamente famosa e santissima opera, e sommamente laudabile, se ella non l’avesse bruttata con le sue scellerate arti, e se ella l’avesse salvata al vero Iddio, al quale si dee conservare la verginità.


Note

  1. Cod. femine. Test Lat. flammarum.
  2. Test. Lat. Argivi Reges.