Degli edifizii/Libro quarto/Capo VI
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Traduzione dal greco di Giuseppe Compagnoni (1828)
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CAPO VI.
Giustiniano fortifica la riva del Danubio
dalla città di Viminacio sino in Tracia.
Chi dalla città di Viminacio va oltre, s’incontra in tre luoghi fortificati sulla sponda dell’Istro, e sono Picno, Cupo, e Nova, la cui fabbrica e il nome per l’addietro consistevano in una sola torre. Ma ora Giustiniano Augusto tanti e sì forti edifizii e ripari aggiunse a que’ luoghi, che possono degnamente dirsi altrettante città. All’ incontro di Nova sull’opposto continente stava una torre, già da tempo abbandonata, detta Literata, e Lederata la dicevano gli antichi. Di essa l’Imperador nostro fece un grande e validissimo castello. Dopo Nova v’hanno altri castelli, Cantabazate, Smorne, Campse, Tanata, Zerne e Duceprato; e sulla riva ulteriore ve n’ha molti altri, ch’egli edificò di pianta. Siegue poi quello che chiamasi Capobue, opera di Traiano Augusto: indi il vecchio Zane: i quali tutti l’Imperador nostro fortificò in modo che li rendè propugnacoli dell’Impero inespugnabili. Non lungi da Zane v’è un castello chiamato Ponte. Ivi il fiume diramandosi circonda piccola parte della riva, con un braccio; poscia mette questo nell’alveo maggiore, non per proprio fatto, ma bensì forzatovi per opera dell’umano ingegno. Perchè poi quel sito chiamisi Ponte, e come per forza l’Istro ritorni nell’alveo maggiore, vengo a dire.
Mostrandosi l’imperadore Traiano, principe di gran mente, e sommamente operoso, insofferente che l’Impero ivi non avesse termine, ma fosse finito per fatto dell’Istro, pensò di congiungere le due sponde mediante un ponte, onde liberamente passare quante volte volesse assalire i Barbari stanzianti di là. Come poi costruisse quel ponte io non mi affaticherò a dirlo: tocca a descriverlo ad Apollodoro damasceno, che fu l’architetto di tanta opera. Ma niun conforto ne provenne poi ai Romani, perchè e per la forza dell’Istro, e per quella del tempo, quel ponte cadde. Traiano intanto avea piantati due castelli sopra entrambe le rive: quello che era sulla riva opposta fu chiamato di Teodora; e l’altro posto nella Dacia, con nome latino fu detto Ponte. E perchè pei rottami, e i fondamenti del ponte il fiume soffre impedimento da rendersi affatto innavigabile, vien costretto a mutar corso; indi a ritornare nel suo alveo, e a sostenervi le navi. Per antichità ed opera de’ Barbari ruinati i due castelli, Giustiniano Augusto con nuova e robustissima fabbrica rifece quello chiamato il Ponte posto sulla sponda destra; e mise da quella parte in sicuro gl’Illirii. Quello poi di Teodora, che era sulla sponda sinistra, trascurò, come quello che era esposto ai Barbari colà stanziati. Dopo questo castello di Ponte così ristaurato, altri luoghi forti nuovi ivi da lui eretti sono, Mareburgo, Susiana, Armata, Timena, Teodoropoli, Stiliburgo, ed Alicaniburgo.
È ivi presso una città detta Alle-Acque, una cui modica parte rovinata l’Imperadore rialzò. Poscia Borgonovore, Laccoburgo, e il castello di Dortico, dal tempo diroccato, ristaurò, e ne fece una fortissima rocca; ed una torre detta il Giudeo, di forma tanto e d’ogni maniera accrebbe, che merita di essere detta, ed è in sostanza veramente un egregio castello. Così Borgo alto, dianzi abbandonato, e affatto vuoto di gente, e Combe parimente, cinse di mura; e riedificò la rocca di Crispa da lungo tempo tutta guasta, e Longiniana, e Pauteserio, ove fece fare eccellenti opere; e ristaurò pure le torri, e i merli rovinati di Bononia, e di Novo; e tutte le cadenti fortificazioni della città di Raziaria; ed altri molti luoghi od ampliò se erano troppo piccoli, se troppo grandi ristrinse, conforme le circostanze, e l’uso che se ne volea fare, chiedessero: onde nè la piccolezza insufficiente nè l’ampiezza soverchia dessero adito a’nemici. Per questo di Mocagiana, che in addietro consisteva in una sola torre, fece un castello, che oggi è opera compiutissima; ed Almo, dianzi troppo vasto, ridusse a stretto giro, senza pericolo che i nemici possano espugnarlo. In molti altri luoghi parimente trovato avendo non esservi a difesa che una sola torre, debole tanto da non dare alcuna fatica a chi volesse impadronirsene, egli fece costruire un castello fortissimo, siccome fece a Tricesa, e a Putedina. Meravigliosamente poi tutte le fortificazioni di Cebro, cadute in rovina, rinnovò; e in Bigrana edificò un nuovo castello, ed un altro in Ono, ove prima non v’era che una torre; e come non molto lungi da quel luogo rimanevano i soli vestigii di una città, statavi prima, tutta intera per benefizio di Giustiniano Augusto risorse nuova, e ben popolata, ritenendo l’omai dimenticato suo antico nome, che è quello di Augusta. In simil modo le rovine riparò della rocca di Edabe; e la città di Variante rilevò dalle sue rovine; e cinse Valeriana di mura, essendo dianzi nuda di ogni difesa.
Quindi pose cura a’luoghi non giacenti sul fiume, ma da esso remoti, e da lungo tempo rovinosi, di forti mura cingendoli, come fece a Castrammarte, a Zetnocorto e ad Isco. Presso il fiume poi al castello detto degli Unni, oltre molte altre provvigioni fattevi, aggiunse diligentissima attenzione a quanto potevano richiedere le mura. Poco lungi dal castello degli Unni l’Istro era stato fortificato con due presidii, Palagiolo detto quello che era nell’Illirio, e Sicibida l’altro che v’era in faccia, e Giustiniano li rifece entrambi, avendoli trovati per vetustà in rovina: con che represse da quella parte le incursioni de’ Barbari. Lo stesso fece dell’antico castello di Erima; e lo stesso fece ancora di Lapidaria sull’estremo confine dell’Illirio; ove alla sola torre che v’era, detta Lucernariaburgo, diede l’ampiezza di un bello e forte castello. Queste sono le opere da Giustiniano Augusto fatte nell’Illirio, provincia, la quale egli non solamente fortificò con edifizii, ma eziandio con presidii militari in tutti i posti forti collocati; e con ciò respinse le forze de’ Barbari.