Della architettura della pittura e della statua/Della architettura/Libro sesto – Cap. IX

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Libro sesto – Cap. IX

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Che le corteccie, che si danno di calcina alle mura, debbono esser tre. Di che cosa si debbino fare et a quel che ell’habbino a servire. Delli intonichi, et delle lor varie sorti, et come si hà a ordinare la calcina per farli: et delle statue di basso rilievo, et de le pitture con che s’adornano le mura.

cap. ix.


I
N tutte le corteccie bisogna almanco tre sorti di intonichi: il primo si chiama rinzaffare, et l’officio suo è di attaccarsi strettissimo a le mura, et reggere bene sopra di se poi gli altri duoi intonichi. Lo officio de lo ultimo intonico, è il pulimento, i colori, et i lineamenti che rendono l’opera gratiosa: l’officio de l’intonico di mezo, che hoggi dì si chiama arricciare, è di rimediare che nè il primo nè l’ultimo intonico non faccino difetto alcuno. I difetti son questi: se li duoi ultimi, cioè lo arricciato, et lo intonico, saranno acerbi et per modo di dire mordaci de le mura, si come si appartiene ad essere al rinzaffato, scopriranno per la crudezza loro nel rasciugarsi infinite fessure. Et se il rinzaffato sarà dolce, come s’appartiene di essere a lo intonico, non si attaccherà tanto che basti a le mura, ma se ne cadrà a pezzi: quante più coperte se li daranno, tanto meglio si puliranno, et contro a li accidenti de tempi saranno più durabili. Io ho veduto appresso le cose antiche, che e’ ne messono l’una su l’altra sino a nove. Le prime di queste bisogna che sieno aspre et di rena di fosse, et di matton pesti, ma non troppo; ma grossi come ghiande, o pezzi come dita, et in qualche lato come un palmo: per lo arricciato è migliore la rena del fiume, et manco si fende: questo arricciato ancora bisogna che sia ronchioso, percioche a le cose lisce non si attaccano sopra le cose, che vi si pongono. L’ultima di tutte sarà candidissima come marmo, cioè che in cambio di rena si tolga Pietra pesta candidissima, et è a bastanza che questa sia grossa un mezo dito, percioche facendosi grossa, mal volontieri si secca. Io ho veduti alcuni che per non spendere non la fanno più grossa che un suolo di scarpa. Lo arricciato, secondo che è più vicino o a quelle, o a questo secondo, si modera. Ne massi de le cave di Pietra si trovano certe vene molto simili a un trasparente alabastro, che non sono nè marmo, nè gesso, ma d’una certa natura mezzana infra l’uno et l’altro: Le quali son molto atte a disfarsi: queste si fatte vene peste et mescolate in cambio di rena mostrano certe scintille come di splendido marmo. In molti luoghi si veggono aguti messi per le mura acciò ritenghino gli intonichi, et il tempo ne ha insegnato, che e’ sono migliori di bronzo che di ferro. Piaccionmi assai coloro che in cambio di chiodi hanno messo fra l’una Pietra, et l’altra per le mura certi pezzuoli di lastruccie, che eschino fuori, ma con un martello di legno. Et il muro quanto sarà più fresco, et più ronchioso, tanto più forte riterrà il rinzaffato, l’arricciato, et l’intonico. Per il che se nel murare, et mentre che si fa l’opera, tu la rinzafferai, benché leggiermente, farai che lo arricciato et lo intonico vi si attaccheranno fortissimamente, et da non si spiccare mai, [p. 148 modifica]dopo che hanno tirato i venti Australi, sarà bene farti ognuna di qual tu voglia di queste cose; ma se quando tirano tramontani, et che e’ sono o gran freddi, o gran caldi; tu vorrai intonicare, l’intonico subito diventerà scabroso. Le ultime corteccie finalmente sono di due sorti: o elle sono appiastrate, et distese, o elle sono di cose aggiuntevi, et adattatevi. Distendesi il gesso, et la calcina, ma il gesso non è buono se non in luoghi asciuttissimi: a qual si voglia sorte di corteccie la scorrente humidità de le mura vecchie, è inimicissima: quelle che si commettono sono pietre, et vetri et simili. Le corteccie distese et appiastrate son queste: le bianche stiette, le di figure di stucchi, et le dipinte, ma quelle che si commettono sono gli intavolati, gli sfondati, et i tassellati. Tratteremo de le prime, per le quali la calcina si ordinerà in questa maniera: Spengasi la calcina con acqua chiara in uno truogolo coperto, et con tanta acqua, che di gran lunga gliene avanzi; dipoi con la marra si rimenerà assai, asciandola, et piallandola, come si fa a legni; et che ella sia bene spenta et macera, ne darà segno se la marra non sarà offesa da alcuno sassolino, o pietruzza: non credono che ella sia matura a bastanza, innanzi a tre mesi. Bisogna che sia molto morbida, et molto viscosa, quella che è da lodare; percioche se il ferro n’uscirà asciutto, è segno che ella non ha havuta tanta acqua, che sia stata a bastanza a spegnerli la sete: quando tu la rimenerai con la rena, o con alcuna cosa pesta, rimenala di nuovo, et da capo di gran vantaggio, et rimenala tanto che quasi faccia la stiuma. Gli Antichi usavano pestare nel mortaio quella, che e’ volevano adoperare per gli intonachi, et temperavano questa mistura in maniera, che mentre la davano, non si attaccasse al ferro. Sopra la già posta corteccia, mentre che ella è cosi soppassa et fresca, si metta l’altra, et avvertiscasi che in un medesimo instante venghino a rasciugarsi insieme tutte queste corteccie: pulisconsi et serransi insieme con appianatoie, con pialletti, et con cose simili, mentre che le sono soppasse. L’ultima pelle di bianco stietto, se ella sarà stropicciata diligentemente, rilucerà come uno specchio. Et se la medesima poi che sarà quasi asciutta, tu la ugnerai con un poco di cera, et mastico liquefatti con un poco poco d’olio, et cosi se le mura cosi unte scalderai con uno scaldaletto di carboni accesi, o con un caldano, di modo che ella si succi quello untume, vincerà di bianchezza il marmo. Io ho fatto esperienza che simili intonichi non scoppiano mai, se nel farli subito che si veggono apparire que’ fessolini, e’ saranno maneggiati con certi falcetti di vergette di malvavischio, o di ginestra salvatica. Ma se a un bisogno tu harai a intonicare nel sollione, o in luoghi caldissimi, pesta et taglia minutamente funi vecchie, et mescolale con lo intriso. Oltra di questo si pulirà dilicatissimamente se tu vi gitterai sopra un poco di sapon bianco, disfatto con alquanto d’acqua tiepida, et essendo troppo unto, diventa pallido. Le figurette di stucco espeditissimamente si caveranno da cavi, et i cavi si formeranno da rilievi gittandovi sopra gesso liquido, et quando elle saranno rasciutte, se le saranno unte con quello untume che io ho detto, faranno una pelle come un marmo. Queste figurette sono di due sorti, una di tutto rilievo, et l’altra di basso rilievo: in un muro diritto stanno bene quelle di tutto rilievo, ma in un cielo d’una volta stanno meglio i bassi rilievi, perche quelle di gran rilievo per il peso loro havendo a stare spenzoloni, si staccano, et cascano facilmente, et sono pericolose di dare in testa a chi vi si truova sotto. Bene avvertiscono che dove ha da essere assai polvere, non vi si metta adornamenti di cavo, o di molto rilievo, ma bassi, et di poco rilievo, acciò si nettino più facilmente. Gli intonachi dipinti, altri si fanno in fresco, et altri si lavorano asciutti: a quelli, che si fanno in fresco, si confa ogni colore naturale, che procede da la terra, da le miniere, o simili, ma i colori alterati et massimo tutti quelli, che messi a fuoco fanno mutatione, defiderano cose asciuttissime, et hanno in odio la calcina, la Luna, et i venti Australi. Hanno trovato nuovamente che tutti i colori si [p. 149 modifica]mescolano con olio di lino, et durano eterni, contro le offese de l’aria, et del Cielo, pur che il muro, dove si mettono, sia asciuttissimo, senza punto di humidità: ancora che io trovo che i pittori antichi usarono nel dipignere le Poppe de le Navi in cambio di colla, cera liquida. Et se io mi ricordo bene, io ho visto ne le opere de li Antichi, colori di gemme appiccati ne le mura con cera o forse con stucco bianco, diventati per il tempo tanto duri, che nè con fuoco, nè con acqua se ne possono spiccare. Dirai che sia vetro abbruciato: et ho veduto che alcuni con il candido fiore de la calcina, hanno attaccati colori a le mura, et massimo vetrini mentre erano ancora fresche. Ma di loro sia detto a bastanza.