Della eccellenza e dignità delle donne/Adduce le ragioni perché la femina sia da manco che l'uomo

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Adduce le ragioni perché la femina sia da manco che l'uomo

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Adduce le ragioni perché la femina sia da manco che l'uomo
De la cagione che ha mosso molti a dir male de le donne Della carità de la donna, speranza e fede


Dicono adunque questi tali primieramente la femina non altrimenti desiderare l’uomo che ne le cose naturali la materia desideri la forma de la quale non può stare priva mai, come vedemo dil legno, quale tosto che per la virtù dil foco ha perduta la sua prima forma, prende quella di l’acceso carbone. Se adunque la femina similmente desidera l’uomo, a chi è dubbio che l’uomo in nobiltà non avanzi? E da qui procede che l’uomo naturalmente ha in odio quella a cui prima si congiunse, sì come colei alla quale copulandosi perse molto de la sua perfezione. In contrario la femina ama l’uomo col quale conobbe quanto dolci e soavi siano li venerei congiungimenti e donde eziandio divenne più perfetta che prima.

Dicono la femina ancora quanto al luoco esser men degna, perciò che ella è sottoposta e l’uomo sta sopra, se forse alcuna per essere di picciola statura non montasse a cavallo secondo il precetto d’Ovidio, quale afferma questo di Andromache col suo marito Ettore. La donna ultra questo patisce, l’uomo è solo agente, per il che procede che l’uomo in dignità ed eccellenza superi la femina.

Quello ancora chiaramente dimostra quanto li uomini siano più nobili, che alle femine sono li offici e civili e divini interdetti e le leggi proibiscano non siano procuratrici, testamentarie e molte altre cose, quali tutte agli uomini solamente si riserbano, imperò che della sufficienza delle donne molto se diffidano.

Oltra ciò l’uomo fu creato alla similitudine de Dio, ad effetto che le sedie dil cielo se riempiessero per la superbia de Lucifero e dei suoi seguaci erano restate vote, e di tanta transcuragine anzi temerità fu la donna che non temette divorare il vietato pomo; pel cui peccato ne seguì la dannazione universale de tutte le genti, tal che fu bisogno che il figliuolo d’Iddio, ricomperandoci col proprio sangue, alla morte se offeresse e per farci conoscere la differenza di l’uno sesso a l’altro, volse nascere uomo e non femina.

Ma se tu vuoi ancora più dirittamente riguardare non solo quanto in nobiltà l’uomo superi la donna, ma quanto ella sia brutto animale e fedo, considera nel parlare latino la denominazione de l’uno e l’altro e vederai che l’uomo è detto da la virtù, la femina da la fedità e brutteza.

Né lasciaremo da canto l’autorità de’ poeti e de tutti gli altri autori che dicono in mille luochi la femina esser cosa varia e mutabile e finalmente tutti li mali che al mondo sono accaduti trovano da le donne aver avuta origine.

Ma pur quando queste cose, che gravissime sono, niente fussero, li menstrui e le altre brutteze e immundizie che da’ loro corpi escono, sono tante e tali che ogni gran bontà, ogni eccellenza che in loro fusse, avrebbeno forza di guastare.

Queste cose adunque in mille lochi scritte e da più raccontate, e quasi da ciascuna persona conosciute e viste, hanno sì universalmente a tutti persuaso le femine esser men degne degli uomini e, quello che più, al paragon vilissime, che paia non solo cosa nova e non udita più ora volere il contrario affermare, ma quasi eziandio impossibile.

Non per tanto avendo le ragioni chiarissime de dimonstrarlo, cercarò di istirpare sì falsa e sciocca oppenione da le umane menti, sperando di questo aver grazia, e dalle donne che per me conosceranno la nobiltà loro, e dagli uomini che, intendendo la eccellenza dil femineo sesso, si reputaranno a gloria esser uniti da sì nobili vincitrici, persuadendomi ancora trovare iscusazione appo ambidua, se con quella eleganza e altezza di stile che desiderarìa la dottrina e ingegno de alcuni, così uomini como femine, non scriverò questo mio libretto, imperò ch’io spero giudicaranno questa materia non comportare quella sonorità de le clausule e quelle sentenze egregie che forse vorrebono. Ma se compensaranno la novità de la cosa con la bassezza del stile, non dubito che o in tutto o almeno in gran parte non restino sodisfatti.

E per potere più chiaramente questo dichiararvi, farò come sogliono i buoni geometre che innanzi vengano alla demostrazione de li angoli e figure loro, vogliono prima alcune cose chiarissime gli siano concesse, per le quali abbiano a provare le consequenti.

Non mi debbe adunque da veruna persona esser disdetto che la produzione d’uno più perfetto effetto non dimonstri perfezione maggiore, come in essempio: la purpura tinge il panno di colore rosso e parimente la laca, ma la purpura tinge in perfezione di otto e la laca solamente di quatro, la purpura adunque sarà più perfetta. Oltra ciò voglio che una cosa che per accidente proibisca alcuno bono effetto non toglia la perfezione de la cosa impedita, sì come diremo d’uno ferro ben temperato il quale, per esser rugginoso, non tagliarà sì a ponto quanto uno altro di men bontà ma polito e netto, non per tanto quello ferro pien di ruggine non perderà la sua perfezione. Non inconvenevole ancora è che la denominazione si faccia da le cose più degne, ma sopra il tutto che la dignità ed eccellenza in una cosa più che in un’altra sia, perché posseda più de beni o de l’animo o del corpo o de la fortuna o de tutti insieme.

E per puotere questo più chiaramente mostrare, devesi sapere che la vera nobiltà consiste nel possedere dei beni de l’animo, del corpo e de la fortuna, ma quanto è l’animo dil corpo e di la fortuna più degno, tanto più sono i beni che indi vengono.

Questi beni de l’animo, sì come dicono i filosofanti, parte consistono ne l’opre esteriori, parte ne l’intelletto. Ne l’opre sono prudenza, iustizia, fortezza e temperanza. Li beni de l’intelletto alcuni dividono in pratico e in speculativo; nel pratico mettono la magnanimità e dilezione o vero amore, imperò che il desiderio de far cose grandi e l’amare da pratica e consuetudine procede; nel speculativo dicono esservi la dottrina. Li teologi solamente tre virtù, cioè carità, speranza e fede. Ma conciosia cosa che niente importi quale di queste partizioni sia più vera, scrivendo a donne amorose specialmente, non a filosofanti questa materia, procederemo per tutte le annoverate virtù, perciò che ad alcun non è dubio che virtù non siano e concludendo in quelle le donne essere degli uomini più eccellenti, sarà la intenzione nostra fermata.