Della imitazione di Cristo (Cesari)/Libro IV/CAPO III

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III. Come sia utile lo spesso comunicarsi.

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Tommaso da Kempis - Della imitazione di Cristo (XIV secolo)
Traduzione dal latino di Antonio Cesari (1815)
III. Come sia utile lo spesso comunicarsi.
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CAPO III.


Come sia utile lo spesso comunicarsi.


PAROLE DEL DISCEPOLO.


1. Eccomi, io vengo a te, o Signore, per giovarmi di questo tuo dono, ed essere rallegrato nel tuo santo convito, che tu, o Signore, nella tua dolcezza apparecchiasti al mendico. Ecco, in te è riposto tutto ciò, che io mi sappia, e convengami desiderare; tu sei salute e redenzion mia, tu mia speranza e fortezza, tu sei mio decoro e mia gloria. Consola oggi adunque l’anima del tuo servo, poichè a te, Signor Gesù mio, ho sollevato il mio cuore. Io desidero di riceverti adesso con pietà e riverenza; bramo di metterti in casa mia, s’io meritassi per avventura d’esser da te, come Zacheo, [p. 292 modifica]benedetto, e annoverato tra i figliuoli d’Abramo. L’anima mia è avida del tuo corpo, il mio cuore trangoscia d’unirsi a te.

2. Dammi te stesso, e mi basta: conciossiachè fuori di te non ci ha consolazione che vaglia. Io non posso star senza te, e senza la visita tua non m’è possibil di vivere. e però mi bisogna accostarmi a te di frequente, e in acconcio di mia salute riceverti; che forse non ne mancassi tra via, e il celeste alimento mi fosse defraudato. Essendochè tu pure, o Gesù pietosissimo, quando predicavi alla gente, e di varie infermità gli curavi, dicesti già: Io non voglio lasciargli tornare alle case loro digiuni, ch’eglino non venissero meno per via. Adopera adunque di questa guisa con me, giacchè a consolazion de’ fedeli, ci hai lasciato te stesso nel Sacramento. Imperocchè tu sei soave rifezione dell’anima; e quegli che degnamente ti mangerà, sarà partecipe, ed entrerà alla eredità della gloria immortale. Ora a me, il quale sì di leggieri sdrucciolo e pecco, sì presto annighittisco, e vengo mancando, fa pur di bisogno, che per [p. 293 modifica]mezzo di orazioni, e confessioni frequenti, e per la sacra comunion del tuo corpo, io mi rinnovi, mi purghi ed accenda; acciocchè per soverchio astenermene, io non venissi meno al santo proponimento.

3. Conciossiachè le passioni dell’uomo sono dalla sua giovinezza inchinevoli al male; e se egli di celeste soccorso non sia ajutato, immantinente sdrucciola in peggio. La santa comunione adunque ritrae dal male, e al bene dà forze. Imperciocchè, se adesso io sono assai volte sì negligente e sì tepido, mentre pur mi comunico, o celebro Messa, or che dovrebb’essere, s’io non prendessi la medicina, nè sì grande ajuto mi procacciassi? E quantunque ciascun giorno io non sia bene acconcio, nè a celebrar preparato, darò opera nondimeno, ch’io possa a’ proprj tempi ricevere i divini misteri, e di tanta grazia partecipare: poichè questo è la sola principale consolazione dell’anima fedele, mentre che sbandita da te vive nel corpo mortale, che ella, quanto più spesso può, si ricordi del suo Signore, e ’l suo amato con cuor divoto riceva. [p. 294 modifica]

4. Oh! ammirabile degnazione della tua grazia verso di noi; che tu, Signore Iddio, creatore e vivificatore di tutti gli spiriti, alla poverella anima degni venire, e con tutta la divinità e umanità tua empiere la sua fame. Oh felice la mente, e beata quell’anima, a cui è dato di ricevere divotamente te, Signore e Dio suo, e in ricevendoti rimaner piena di spirituale allegrezza. Oh! quanto gran Signore riceve, quanto caro ospite alberga, quanto amabil compagno ricovera, qual fido amico ricetta, quanto grazioso e nobile sposo abbraccia, in fra tutti gli amanti, e sopra tutte le desiderevoli cose da amare. Si tacciano davanti a te, dolcissimo mio diletto, e cielo e terra ed ogni loro ornamento; poichè quanto essi hanno di onore e di pregio, tutto il tengono dalla degnazione della tua cortesia; nè alla bellezza non aggiungeranno mai del tuo nome, la cui sapienza non ha misura.