Di che stupido t'ammiri

Da Wikisource.
Bernardo Morando

XVII secolo Indice:AA. VV. - Lirici marinisti.djvu Sonetti Letteratura XVIII. Per monacazione Intestazione 10 agosto 2022 100% Da definire

Dai tenebrosi orrori
Questo testo fa parte della raccolta Bernardo Morando
[p. 298 modifica]

XIX

IL NANO DI NOME «AMICO»

     Di che stupido t’ammiri,
tu che miri
la mia picciola statura?
Non fu avara, come credi:
se ben vedi,
mi fu prodiga natura.
     Nel mio breve corpicello
il modello
ella fe’ d’un gran colosso:
novo Encelado compose
e mi pose
su le spalle un monte addosso.
     Quando nacqui, influssi rei
ai dí miei
non promise astro nemico;
ma in compendio il ciel cortese
farmi intese
un grand’uomo e grande amico.
     S’al di fuori altrui son scherno,
ne l’interno
non la cedo al magno Atlante:
picciol son ne la sembianza,
ma in sostanza
corpo nano ha cor gigante.

[p. 299 modifica]

     Non mi dir ch’io sia pigmeo,
che non feo
guerra mai che con le gru.
Vieni in prova, se t’aggrada,
con la spada,
s’anch’Orlando fossi tu.
     Ben è ver che corto ho il braccio,
ch’al mostaccio
arrivarti non potrò.
Ma se in alto piú non saglio,
io di taglio
sul tallon ti ferirò.
     Poco son ma tutto core,
e timore
non alberga nel cor mio;
temo sol quando m’assale
col suo strale
picciol nano qual son io.
     Questo è Amor, che, pargoletto,
al mio petto
guerra fa con forze estreme:
ei mi fere e strugge in duolo,
m’arde, e solo
tal nemico amico teme.