Discorsi politici (Guicciardini)/IV. - Sulle mutazioni seguite dopo la battaglia di Ravenna

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IV. - Sulle mutazioni seguite dopo la battaglia di Ravenna

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IV. - Sulle mutazioni seguite dopo la battaglia di Ravenna
III. - Delle condizioni d'Italia dopo la giornata di Ravenna V. - Se 'l Gran Capitano debbe accettare la impresa di Italia
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[Sulle mutazioni seguite dopo da battaglia di Ravenna.]


Se bene el desiderio di sapere le cose future, massime quando sono di molta importanzia, è tanto naturale a tutti li omini, che continuamente li sprona andarle investigando e cercando di conietturarle, da altro canto le vanno sí variando fuori della opinione di tutti, che li è piú tosto da maravigliarsi di quelli che mossi dallo appetito della natura le vanno curiosamente ricercando, che di coloro che per desperazione di poterle aggiugnere ne levano ogni pensiero. Di questo, se cosa alcuna ne fa fede, mi pare che sopra tutte le altre la faccia el considerare quanto sieno state spesse, grande e mirabile le variazione dallo aprile proxime passato insino al presente mese di gennaio, dove non è, né in Italia né fuori, rimasto piú cosa alcuna che si ricognosca.

Trovavasi in quel tempo el re di Francia vittorioso in Italia collo stato di Milano e di Genova; aderivali Bologna e Ferrara; Romagna sotto nome del concilio pisano era sua, ed avendo vinta la giornata di Ravenna con tanta fuga delli spagnoli, non si vedeva pure dove fussi uno cavallo da poterli resistere, e si giudicava che quello solo non avessi ad essere suo, dove e’ non voltassi le gente. Mutossi in uno subito la fortuna, e si trovò cacciato di Italia tutta, a tempo che [p. 90 modifica] si credeva fussi ogni giorno per correre insino a Roma e Napoli; né perdé solo Milano e Genova, cose guadagnate nuovamente, ma ancora Asti suo avito ed antico patrimonio. El medesimo re era in dubio e pericolo grande delle cose di qua, per la lega fatta tra el re di Aragona e di Inghilterra, e per lo scendere delli inghilesi nel ducato di Ghianna, dove si stimava che congiunti colle gente spagnole avessino a fare qualche processo grande; la quale opinione fu tanto discosto dal vero che non solo li inghilesi non veddono el terreno suo, ma si partirono bruttamente, e venuti in diffidenzia tra loro e questa maestá; ed el re di Francia, in cambio di avere a difendere el suo, ha avuto animo e forze da offendere altri, e mandato uno poderoso esercito nel regno di Navarra.

Non potrebbono ancora da quel tempo in qua essere piú variate le cose del re don Ferrando: dubitava avere perduto Napoli, quando ebbe la nuova della rebellione di Milano; acquistò nel medesimo tempo sanza arme e colla reputazione solo delli inghilesi el regno di Navarra, di che salí in tanta autoritá, che pareva, oltre al giudicarsi securissimo, che da lui dependessi el governo di tutta la cristianitá. Partironsi in uno tratto li inghilesi, e lui che aveva disegnato avere a fare la guerra co’ franzesi, accompagnato dalle forze di tutta Italia ed Inghilterra, si trovò solo ed imparato avere addosso le arme di tutta Francia; dalle quale se bene si defendessi, e piú tosto per la stagione del tempo e per la ignoranzia delli avversari suoi che per altro respetto, non è però che al presente non si trovi in grande laberinto, vedendosi inimicato con Francia, non sapendo quanto possi disegnare di Inghilterra, trovandosi in poco amore e diffidenzia col papa e viniziani, e congiunto con uno imperadore el quale lui non è atto a mantenere, né può sanza periculo alienarlo da sé.

Quanto anche da quello tempo in qua sieno alterate le cose di Italia, per la mutazione di signore in Milano e Genova, uno stato nuovo in Firenze, una agitazione grande sopra Ferrara, lo essere tutta Lombardia ita in preda de’ svizzeri, e la lega, la quale stando unita volgeva a suo modo Italia, essere [p. 91 modifica] cominciata a disunirsi, è facile a discernere; in modo che ritornando a’ primi princípi, el passato è ito tanto variando che con grandissima difficultá si può fare giudicio del futuro; e nondimeno la voglia del sapere, lo interesse che l’uomo ha in questi movimenti è tanto, che non si può astenersi dal farne qualche discorso, considerato ancora che trovandomi in molto ozio in questa mia legazione al Catolico re, questo esercizio non può passare se non con utile e piacere.

Le cose di Italia si possono male giudicare da per sé, sí perché le sono in sé molto mutabile, e si vede che in pochi mesi variano assai, sí perché le dependono in grandissima parte da quello che fará lo imperadore, el re Catolico, Inghilterra ed e’ svizzeri. Vedesi el re Cristianissimo tanto danaroso e potente e presto a fare le sue provisioni, che non è dubio che quando e’ si trovi sicuro dalle bande di qua, e’ possa facilmente ritornare nel ducato di Milano, sendo quello stato debole ed Italia tutta conquassata, in modo che sanza la unione di tutti sarebbe impossibile defenderlo. E la unione si vede rotta, se e’ viniziani non abracciono questo accordo concluso ultimamente in Roma tra el papa e Gurgensis, perché se si troverranno esclusi dalla confederazione delli altri, pare verisimile che abbino a fare nuova coniunzione con Francia, la quale se si facessi, io non so che remedio si avessino le cose di Italia; e quando pure li entrino in questo accordo, non si vede quanto frutto o fortezza possi arrecare questa unione, se el re di Francia mandassi eserciti nuovi in Italia, perché in ogni caso la sará una unione adentellata, sendosi scoperta tanta diffidenzia tra questi potentati, papa, Catolico e viniziani; in modo che quando si aranno a ristrignere a una impresa, pare da temere2 si abbi a fare debole e con freddezza.

Trovonsi e’ viniziani con non molte gente d’arme; dello imperadore non è in Italia altro che el nome; el papa si presuppone oramai stracco dal lungo spendere; l’esercito del re [p. 92 modifica] Catolico non si può mantenere sanza e’ danari de’ collegati, ed avendosi a fare nuova contribuzione a questo effetto, sará diffícile per e' sospetti che si sono avuti delli spagnoli, e’ quali si è dubitato che non abbino voluto convertire in utilitá propria la vittoria acquistata co’ danari e fatiche di altri. Lo stato di Milano, quando venga nel figliolo del Moro, è da per sé sí debole, sendo quello signore giovane, nuovo, sanza arme, sanza danari, el ducato esausto e taglieggiato, e trovandosi co’ franzesi messer Gian Iacopo da Triulci, che ragionevolmente debbe avere in Milano amici e credito. Valersi de’ svizzeri ha difficultá, perché a muoverli bisogna danari assai, e trovandosi el re di Francia con piú attitudine allo spendere, e loro sendo uomini mutabili e sanza fede, è da dubitare non piglino qualche partito con Francia; e massime che a proposito loro non è che le cose si fermino, anzi si aprofitteranno sempre di ogni mutazione, di che hanno gustato el frutto, avendo la state passata taglieggiata e predata, si può dire, tutta Lombardia; ed in questo caso quando e’ fussino con Francia, lui sanza dubio recuperrebbe lo stato di Milano; e massime che li spagnoli sono oggi in Italia con sí poca grazia di tutti e’ populi, che hanno da pensare come si possino ritirare salvi nel reame. Puossi adunche conchiudere, che se el re di Francia fussi espedito a potere attendere in Italia, che quelle cose portino pericolo, perché o e’ viniziani o e’ svizzeri che sieno con lui, la vittoria è sua certa; quando e’ non si ristringhi seco alcuno di questi, non mancherá che fare, perché se la lega non si ristrigne di nuovo non vi ará contradizione, ed al ristrignersi sono le difficultá dette di sopra; in modo che si può risolvere questa conclusione, che le cose di Italia dependino per questo anno in gran parte da quello che si tratterá o fará per questi príncipi oltramontani.

Quel che si possa sperare de’ svizzeri è detto abastanza, perché se bene per loro faccia da uno canto piú, che in Milano sia uno duca particulare che uno re di Francia, conciosiaché quanto el signore di quello stato sará piú debole, piú lo potranno maneggiare, pure da altro canto pare che sia molto [p. 93 modifica] a loro proposito el fare ogni dí mutazione e rivolte, ed inoltre a volerli levare bisognerá danari, e ragionevolmente saranno con chi ne dará loro maggiore somma. Lo imperadore anche è in poca considerazione da per sé, per essere povero e disordinato, e mancarli tanto el modo ad eseguire, quanto li abonda la invenzione a disegnare; né è da sperare che la voglia del recuperare el ducato di Borgogna muova lo stato di Fiandra a sovvenirlo perché e’ facci quell’impresa, essendo per la poca etá di quel signore e disordini di quello stato, necessario el consenso de’ populi, e’ quali vivono assai di industria e mercantie, e si intende essere al tutto vòlti a stare in pace; e però volendo che lo imperadore facessi movimento, bisognerebbe che el re di Inghilterra lo suvvenissi di danari come si ragionò la state passata; il che ancora non farebbe frutto certo, rispetto a’ disordini e prodigalitá sua, se non si li dessino molto ordinatamente, verbigrazia ponendo in campo chi pagassi a’ tempi le gente, sanza lasciare a lui facultá di porre le mani in su’ danari, cose piú facile a dire che fare. Rimane adunche lo imperadore quanto a sé inutile e forse piú tosto di danno, per essere consueto el re di Francia a pascerlo; il che non si faccendo da questi altri, potrebbe la natura ed e’ bisogni sua farlo forse ritornare in amicizia co’ franzesi, e forse aderire al concilio pisano.

Veduto adunche quanto poco si possi fare fondamento in sullo imperadore e svizzeri, resta considerare di questi dua re, Catolico ed Inghilterra; e per cominciare da Inghilterra, lo essere costui giovane, inimico naturale de’ franzesi, e trovarsi con grandissima copia di danari, lo intendersi ogni giorno che e’ fa molti apparati ed è volto tutto alle arme, fanno credere che lui abbi in ogni modo a tempo nuovo a fare la guerra potentemente con Francia. Il che quando segua, pare di grande momento, perché ne’ tempi antichi è stato molto odio fra quelle due nazione: hanno li inghilesi corso piú volte in Francia, preso Parigi, debellato quasi tutto el regno, in modo che gli è certo essere temuti da’ franzesi, nondimeno e’ termini di oggi sono assai diversi da quelli tempi. Allora teneva el re di [p. 94 modifica] Inghilterra la Ghianna e Normandia; nelle guerre che e’ faceva con Francia era aiutato da’ duchi di Brettagna e di Borgogna. Ora la Normandia e Ghianna è in mano del re di Francia; tiene per conto della dota di sua moglie la Brettagna; usurpò doppo la morte del duca Carlo la Borgogna; morto el re Rinieri gli venne in mano la Provenza; in forma che avendo lui, si può dire, duplicata la potenzia, ed Inghilterra diminuita, bisogna in su questo caso fare giudicio con altra coniettura che delle cose passate.

La guerra per la piú naturale e commoda via che possino fare li inghilesi a Francia, è per Calese o, ponendo, in Brettagna; dalla quale banda pare verisimile che el re di Francia si possi defendere con poche forze, perché li inghilesi sono sanza alcuno cavallo e combattono tutti a piede; hanno, per quello si intende, mancamento di artiglierie ed altri instrumenti per la guerra; sono stati lungamente in pace, e però poco esercitati alle arme; sono naturalmente uomini bestiali e precipitosi e da disordinarsi facilmente; ed avendo a espugnare terre forte, trovando al rincontro qualche numero di lance franzese, pare che possino piú tosto infestare Francia col correre, che col pigliarvi piede, perché non si vede vi possino venire con forze superiori a loro, e la riputazione non doverrebbe essere tanta quanta soleva essere, considerate le ragione sopradette. Ed inoltre lo avere veduto lo anno passato li inghilesi venire a Fonterabia collegati con tutta Spagna, esservi stati piú di quattro mesi sanza fare uno minimo movimento, doverrebbe ragionevolmente avere in qualche parte riassicurati li animi de’ franzesi.

Queste difficultá sendo conosciute, hanno forse fatto che Inghilterra e Francia sieno stati in pace lungamente, e sanza dubio furono causa che questo nuovo re, con tutto che volonteroso, non si movessi alle arme se non colla lega di Spagna, e che disegnandosi lo anno passato per quale via si avessi a rompere la guerra, fussi resoluto in Inghilterra di mandare gente a Fonterabia a unirsi collo esercito del re Catolico, disegnando che el fondamento della guerra avessi ad essere da [p. 95 modifica] questa banda e con queste forze, e servirsi per Cales e Brettagna piú tosto per infestare Francia e darli diversione, che perché quivi avessi ad essere el luogo principale della guerra. E però a volere che la offesa di Inghilterra fussi potente e percotessi nel vivo, bisognerebbe andare drieto a questo primo disegno, in che sarebbe necessario el consenso di questo re ed el coniungere le forze sue; cosa che non può essere non abbi e dall’una banda e dall’altra di molte difficultá, perché el sito di Ghianna è lontano da Inghilterra, e la distanzia del luogo getta tante incommoditá, che da loro medesimi non la possono fare sí gagliardamente come per Cales. E però è necessario, riducendosi a farla di qua, che e’ si assicurino che el re Catolico procedi con la massima caldezza, in che io non so come e’ sieno per prestare fede alle parole e promesse, rispetto a’ processi della state passata; dove avendo quello re mandati a Fonterabia nove o diecimila uomini con grande speranza e prontezza e buone provisione di danari, la consumorono sanza fare faziona alcuna. Veddono questa maestá attendere per sé propria allo acquisto di Navarra, e si persuasono che la non volessi procedere piú oltre contro a Francia, e si partirono molto male contenti e con grandissima suspizione.

La cosa considerata da sé medesima, e le relazione che veri similmente ará fatte chi fu di qua, potrebbono essere causa che quella maestá non si resolvessi facilmente a mandare di nuovo gente in Spagna; e quando pure in lei potessino piú le giustificazione ed astute parole di questo re, lo odio suo naturale contro a Francia, la giovanezza e la accesa voluntá di questa guerra, io non so come el Catolico re sia per acconsentire che di nuovo tornino gente inghilese a Fonterabia. Toccossi con mano la state passata che le dilazione sua a muovere le gente, el tenerle di poi piú tempo in Navarra che non era di bisogno allo acquisto di quello regno, e tutto el procedere suo fu per consumare la state sanza avere a rompere guerra al re di Francia; ed in effetto parse che lui usassi tutti e’ termini possibili perché li inghilesi cominciassino a fare [p. 96 modifica] pensiero di partire, se bene in sul fatto poi, vedendo voltare tutta la guerra adosso a sé, io credo che gli arebbe desiderato che e’ non fussino partiti. La causa potrebbe essere perché lui, come si dirá di sotto, non volessi la guerra di qua; ed inoltre quando bene la volessi, che e’ pensi che di questa coniunzione tra spagnoli ed inghilesi in uno esercito medesimo non si possi trarre molto frutto.

Sono le nature molto diverse: li spagnoli omini temperati e maturi e pazientissimi di ogni disagio; li inghilesi bestiali, disordinati, non atti a durare lungamente fatica, e consumatori di molte vettovaglie. Se ne venissi poco numero non sarebbono di molto utile; gli assai, è da credere che uniti con questi altri genererebbono disordine e confusione; lo essere cominciato a nascere diffidenzia e sospetto, farebbe che ogni piccolo accidente li disunirebbe. Li inghilesi, giudicando la impresa essere loro propria, con difficultá si partirebbono per consiglio delli spagnoli dalle loro sfrenate voluntá, né questa maestá vorrebbe a posta di uomini temerari e bestiali precipitare e mettere in pericolo lo stato suo; e tanto piú che avendo guadagnato el regno di Navarra, tutte le vittorie ed acquisti che si avessino ora, sarieno delli inghilesi, le ruine e perdite tornerebbono adosso a lui. Per queste ragione si può facilmente credere che questa maestá abbi male volentieri a acconsentire che li inghilesi tornino di qua; se giá el vedere che el re di Francia sia per fare assolutamente a tempo nuovo la impresa di Navarra, non lo movessi, per trovarsi qua alla difesa con piú gente e piú potente, a avere caro che e’ venissino. Ma in ogni caso io credo che e’ non si abbi a contentare di uno numero grande, e quando e’ venissino grossi, che e’ non se n’abbi a valere molto.

Sarebbeci uno altro modo di offendere Francia, e questo è che el re di Inghilterra rompessi per via di Cales o di Brettagna, dove e’ può per la vicinitá percuotere con piú forze e maggiore commoditá, ed el Catolico re colle gente sue rompessi la guerra in questo ducato di Ghianna; e cosí pare che insino a non molti giorni fa si trattassi, e che questa maestá [p. 97 modifica] ne confortassi el re di Inghilterra, el quale non so come sia per resolvervisi, ma sará facile cosa se ne accordi. La difficultá è come questa maestá lo mettessi poi in atto, perché presupponendo, come è detto di sopra, che el re di Francia con una grossa armata di mare e con non molte forze per terra si possa facilmente defendere da quella banda, verrebbe tutto el pondo della guerra a voltarsi dalla parte di questo re, il che non pare verisimile che lui voglia in modo alcuno e tirarsi la guerra adosso; e che tale abbi ad essere la voluntá sua lo persuade la esperienzia e la ragione. La esperienzia, perché a’ tempi passati, vivente etiam la regina duenna Elisabel, si vedde che mai volsono rompere guerra con Francia di qua, e se bene alcuna volta la mostrassino, non mai la feciono. Veddesi quando el re Carlo passò in Italia, che se bene si collegassino allora con lo imperadore, papa, viniziani e Milano per cavarlo di Napoli, respetto al dubio aveano della grandezza sua, ed avessinne dato intenzione alla lega che li confortava, nondimeno non lo feciono mai. Veddesi nella guerra che gli ebbono col presente Luigi re di Francia a Napoli, che contenti di avere difesa Sals, non vollono seguire piú oltre, con tutto che e’ franzesi fussino attriti in modo da sperare qualche successo, anzi cupidamente abracciorono uno accordo con lui particulare per le cose di qua da’ monti. Èssi veduto molto piú chiaramente in questa maestá, la quale avendo chiamati li inghilesi, sperando forse che questa paura conducessi el re di Francia a qualche concordia sanza avere a usare le arme, come e’ furono venuti, e si intese che el re di Francia uscito di Italia voltava tutte le sue forze nel ducato di Ghianna, il che lui non avea creduto da principio, andò raffreddando, né volle dare occasione alcuna che el fuoco avessi a essere vicino a questi regni.

Il che se si è fatto pel passato, pare che molto piú si debbi fare ora, avendo questa maestá al presente piú difficultá a defendersi, respetto a questo regno di Navarra acquistato nuovamente, e dove e’ franzesi aranno sempre a posta loro, come si vedde lo ottobre passato, la entrata aperta o per Maia o [p. 98 modifica] per Roncisvalle o per Val di Roncales, e dove venendo per rimettere el re don Giovanni e la reina Caterina regina naturale, hanno la inclinazione ed el favore della piú parte de’ populi. Aggiugnesi che questa maestá non è re di Castiglia, ma governatore; e se bene comanda insino a oggi questi regni assolutamente, per non ci essere troppi di questi grandi che abbino molto reputazione e seguito, e non avere subietto a chi si possino volgere rispetto alla pazzia della reina duenna Giovanna e la poca etá del principe don Carlo, ed inoltre perché el governo suo viene giustamente e si aparteneva a lui proprio per essere el piú coniunto, per esserne tanti anni stato vero re e per essere governo savio ed ordinato e di qualitá che è di grandissimo beneficio a queste provincie, non è però che questa ragione non lo abbi a fare procedere piú freddo alla guerra. Perché avendosi nella guerra a valere, come di sotto si dirá, delli aiuti e sussidi del regno, pare conveniente che li abbi a maneggiare con piú respetto che se e’ fussi re. È da considerare ancora che e’ pensi che quando lui avessi qualche cattivo successo, che e’ potrebbe seguire maggiore disordine, perché questi grandi non vivono molto contenti di lui, mossi non tanto dal bene publico de’ regni, quanto forse dalli appetiti loro privati; e quando si trovassi in declinazione, ogni alterazione o disubidienzia che nascessi di alcuno di loro, metterebbe questa sua governazione in grave pericolo; e tanto piú che a’ castigliani non piace la guerra con Francia, né hanno inimicizia naturalmente con franzesi, e massime parendo loro che la guerra non sia presa a beneficio o per causa di Castiglia, ma per conto di Napoli e delli interessi sua particolari.

La esperienzia adunche del tempo passato, corroborata colli argumenti detti di sopra, mostra che se questo re potrá scusarsi dal rompere con Francia di qua, lo abbi a fare volentieri, ma e’ non ci sono le ragioni meno vive. È el re di Francia tanto poderoso per molti respetti, che e’ non si può disegnare la guerra avere ad essere facile, ma che e’ bisogni farla con uno potente esercito e con sforzo grande, el quale [p. 99 modifica] ordinare e congregare non è di molta facilitá a questo re; perché se bene Castiglia abbi nome di avere gente assai atta alle arme a piè ed a cavallo, la difficultá del danaio ci si intende essere tanta che el provedere uno esercito grosso intero colla borsa sola del re sarebbe assai, e però è el costume loro, avendo guerra di qua, che oltre a quelli che el re chiama delle ordinanze ed accostamenti sua, e quelli che conduce lui proprio, richiedere molte communitá le quali a spese loro lo servono di alcuno numero di fanterie; richiedere e’ grandi, e’ quali tenendo communemente accostamenti, lo servono di qualche numero di cavalli e di fanterie, conducendole ordinariamente a spese loro insino in campo, benché alcuno di piú qualitá li paghi per qualche mese, di che si vale el re rispiarmando el tempo che corre al condursi in campo; ed inoltre a’ cavalli non paga di suo la provisione intera, ma sbattene quello che gli hanno di accostamento; ed inoltre quando non li pagassi cosí bene ed a tempo, questi grandi, presupponendo che sia lo onore loro el conservarsi la sua gente, non mancono di porgervi la mano.

Questo modo di fare esercito si vedde che el re tenne non solo quando li inghilesi vennono, ma ancora quando e’ franzesi entrorono in Navarra; nel quale tempo trovandosi in pericolo grande e dello onore e dello stato, è da credere che li usassi tutte quelle provisioni che e’ poteva piú vive. Lo avere adunche a fare gran parte dello esercito colle forze de’ signori e de’ populi, li dá difficultá, perché li bisogna richiedere, inclinarsi ed obligarsi ad altri, e questo straccarli non può fare effetti buoni; e mi ha detto messer Gian Baduero oratore viniziano, che ci fu anche a tempo della reina per simularli a rompere guerra al re di Francia, che lei un giorno li disse non la volere fare, allegando che mentre stavano in pace erano signori di ognuno, durante la guerra stavano con tutti e’ signori del regno; la quale ragione debbe piú militare ora, che non faceva allora che gli erano re. Fatto lo esercito, è molto maggiore difficultá a conservarlo respetto alla difficultá del danaio, per il che si vede che a lungo andare non può [p. 100 modifica] reggere tanta spesa; e se bene l’ordinario de’ pagamenti loro sia scarso, pure in uno esercito grosso multiplica molto; ed anche e’ pagamenti stretti fanno effetti mali, perché assai si fuggono, li altri servono male volentieri. Né ci è speranza che la guerra abbi a essere breve, avendo a fare con uno re tanto potente, e col quale confina per lunghissimo spazio di paese; e tanto piú che se quel re vorrá ire temporeggiando e ridursi a una guerra guerriabile, consumerá sanza dubio costoro collo spendere, il che a lui per essere ricchissimo non dá noia. Né si può sperare avere a terminarla con una giornata, perché li eventi delle battaglie sono dubii e pericolosi; ed inoltre quando venghino tutt’a dua grossi alla campagna, si vede piú tosto el re di Francia avere vantaggio, presupponendo che si vaglia di qualche migliaio di fanti alamanni.

Non possono costoro in modo alcuno essere pari di uomini d’arme a’ franzesi, ogni volta che loro abbino una banda di mille lance, perché in Spagna è pochi uomini d’arme, sonvi male assueti ed hanno cavalli malissimi; in modo che sempre mille cavalli franzesi urteranno millecinquecento di questi o piú, per la qualitá de’ cavalli e per non saperli costoro maneggiare. Aggiugnesi che costoro vanno in campo sanza cavalli da carriaggi, né hanno per uomo di arme altro che uno cavallo, del quale avendo a servirsi in ogni fazione di qualunque sorte, si vengono a consumare e straccare; guastali lo stare lungamente alla campagna, non avendo tende ed essendo el paese di qua voto di case, in modo che bisogna el fare alloggi allo scoperto. Saranno sempre costoro ancora inferiori di gran lunga di artiglierie, perché non hanno molte, né hanno la destrezza e la attitudine del maneggiarle come e’ franzesi, il che confessono ancora loro medesimi, ed io ho udito el re don Fernando commendarli molto di gente d’arme e di artiglierie.

Sono questi dua membri grandi per una giornata; succedono le fanterie che sono di somma importanza, in che costoro pretendono essere benissimo forniti; e veramente questi loro fanti sono molto atti alla guerra, per avervi communemente [p. 101 modifica] una applicazione ed inclinazione naturale, avervi accommodata la agilitá del corpo, ed essere al pari di ogni altra nazione pazienti di qualunque disagio. Nondimeno oggidí in Spagna sono pochissimi fanti veterani ed esercitati alle arme: quegli che ci erano buoni o sono morti in Italia, o vi militano oggidí; assai ne perderono alle Gelbe sotto don Garzia figliolo del duca di Alva, e Petro Navarro; quegli pochi che ci erano pratichi, della compagnia di Villalba, si consumorono in gran parte lo ottobre passato in Navarra, e massime quando fu morto el capitano Baldese. Oltre a questo, e’ fanti che ci sono hanno insino a ora pochissime arme, e la maggiore parte, anzi quasi tutti, non portano altro che una picca e la spada; e però quando nel campo franzese sia una ordinanza di cinque o seimila alamanni, la quale facci spalle e sostenga la fanteria piccarda e guascone, è da credere che e’ possino respondere alle fanterie di costoro. E massime che questi alamanni hanno qui reputazione, che si vede per il parlare che se ne faceva lo anno passato, e perché costoro si ingegnano imitarli in queste ordinanze, e vanno cercando di capitani e di fanti alamanni. Quanta superioritá abbino costoro si è ne’ cavalli leggieri, de’ quali ci è grandissima copia: hanno buoni cavalli e sono assueti a questa spezie di milizia. El quale vantaggio non è in una fazione stretta di molto momento; danno piú tosto, nel continuarsi la guerra, impedimento al venire le vettovaglie, a disturbare una levata del campo, straccare ed infestare li inimici ogni dí insino in sullo alloggiamento, che e’ faccino frutto grande in una giornata; in modo che esaminato tutto, si può conchiudere che questo re abbi con grande fatica a mettere insieme uno esercito grosso, con grandissima a conservarlo, né sia per alcuno modo da essere tale che e’ sia superiore alla campagna co’ franzesi.

Considerato adunque tutto questo discorso, pare da fermare el punto che questa maestá, quando non sia necessitata ad avere la guerra a’ confini sua di qua, non sia per volerla in alcuno modo. Anzi discorrendo piú oltre, io credo generalmente che lo essere in guerra con Francia, da qualunque banda, [p. 102 modifica] li pesi assai e lo tenga in gravissimi pensieri, perché lui solo non può né co’ danari né colle forze reggere tanto peso; la guerra di qua lo tiene aviluppato non sanza pericolo di questo suo governo di Castiglia, e lo essere impegnato di qua lo tiene in gran suspizione del regno di Napoli dove ha quelle forze e benivolenzia che ogni uomo sa. Trovasi collegato e ristretto collo imperadore, uomo el quale a volerlo tenere bene contento bisogna pascerlo continuamente con danari e grosse somme, di che lui non li può dare, ed in ogni maggiore unione che li abbi seco non ne trae frutto alcuno. E quando lo imperadore si alienassi da lui, non li potrebbe se non nuocere, perché el re di Francia ne accrescerebbe riputazione, e forse sendo congiunti li farebbono qualche disegno adosso in su questa governazione di Castiglia, in che lo imperadore potrebbe operare assai, e basterebbe solo el disporre lo stato di Fiandra valendosi massime della riputazione e forze di Francia. Della lega di Italia credo speri poco, conoscendo la natura del papa e la sua mala contentezza, la diffidenzia che sará ragionevolmente venuta tra’ viniziani e lui, e considerando che ogni dí possa nascervi nuove divisione, di qualitá che el re di Francia vi ritorni facilmente. Non può sanza e’ danari di altri nutrire lo esercito che vi si trova al presente, e risolvendolo vi viene a rimanere, si può dire, a discrezione, ed in ogni caso vede che è in potestá de’ svizzeri soli rimettere el re di Francia nel ducato di Milano, e credo li paia strano avere a essere sottoposto alla poca fede e mala natura loro. Conosce che se el re di Francia persevera inimico suo, che gli è necessario o che non torni in Milano, o che lui esca di Napoli, perché el re di Francia non fermerá a Milano, ma vorrá per sua securtá cavare costui interamente di Italia.

Sono questi frangenti grandi e da farlo misurare bene e’ casi sua; ne’ quali el piú pronto e maggiore sussidio che e’ possa avere è quello di Inghilterra, che nondimeno per quello che è detto di sopra, non manca di molte difficultá, ed è di assai considerazione; in forma che, esaminato tutto bene, io sono di opinione che quando questo re trovassi pace con [p. 103 modifica] Francia, nella quale fussi la conservazione del regno di Navarra e qualche sicurtá sua, che egli, sanza avere respetto a alcuna altra cosa, la accetterebbe volentieri. Non intendo giá come e’ possi avere questa sicurtá, perché con Francia non ha modo di pace se non lasciandolo rientrare nello stato di Milano, e quando recuperi Milano, non so come si possa fidare che non lo cavi di Napoli, perché oramai fra loro si sono tante volte rotte le capitulazione, li accordi ed e’ parentadi, che le parole e promesse sole non bastano. Potendo adunche avere la pace massime per le cose di qua, io sono di opinione che la piglierebbe; non la potendo avere, bisogna fare altri disegni, ed el periculo del regno di Navarra, e che el re di Francia non torni potente in Italia, pare che lo sforzi a strignersi colli inghilesi e fare potentemente la guerra da queste bande, se giá e’ non disegnassi, quasi alla similitudine dello anno passato, chiamare li inghilesi, e col tôrre loro co’ modi indiretti tempo, e colle preparazione sole e mostrare la guerra, assicurarsi che e’ franzesi non lo offendino di qua, e tenerli anche sospesi e divertiti da non potere attendere alle cose di Italia.

  1. Prima del testo si legge, di mano dell’autore e d’altro inchiostro: In Spagna l’anno 1512.
  2. La parola temere è scarabocchiata e perciò di non certa lettura; si potrebbe anche proporre la lezione tenere.