Discorsi politici (Guicciardini)/XII. - Sulla proposta di alleanza fatta da Carlo V a Clemente VII

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XII. - Sulla proposta di alleanza fatta da Carlo V a Clemente VII

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XII. - Sulla proposta di alleanza fatta da Carlo V a Clemente VII
XI. - Sullo stesso argomento. In contrario XIII. - Ragioni che consigliano a Clemente VII di accordarsi con Carlo V

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XII

[Sulla proposta di alleanza fatta da Carlo V a Clemente VII.]


Debbono desiderare e’ principi, Beatissimo Padre, che le cose sue vadino tranquille e prospere in modo che sanza difficultá conservino la degnitá e grandezza loro; e se pure gli viene adosso qualche avversitá, che almanco la sia tale che abbino a provedervi piú presto con molestia che con pericolo. Nondimeno perché nessuno per grande che sia può promettersi queste felicitá, ed essere sicuro di non avere qualche volta in pericolo la autoritá e grado suo, e vengono molti accidenti che non gli provedendo sono pericolosi, e non si possono provedere sanza pericolo, bisogna che el principe abbia prudenzia e virilitá per potere usare l’una e l’altra nelle avversitá simili. La prudenzia bisogna, perché, poi che è in caso che è necessitato o incorrere nel pericolo o cacciarlo con pericolo, non solo per discernere el remedio, ma eziandio per considerare la natura de’ pericoli, e quale è minore e quale fa manco mali effetti, perché sarebbe pazzia per fuggire uno pericolo incerto, correre in uno pericolo certo, per fuggire uno pericolo di uno male, pigliare uno remedio che fussi equalmente pericoloso, ma di maggiore male; bisogna la virilitá, per non avere piú paura che si convenga de’ pericoli che tu vuoi cacciare, e perché quando siamo in caso che è bene usare uno rimedio pericoloso, che la timiditá non ti ritenga e faccia che o el rimedio che tu vuoi usare ti paia piú pericoloso che non è in veritá, o che per non entrare in uno pericolo [p. 154 modifica]presente, tu lasci piú tosto per differire venire lentamente addosso el male maggiore.

A te, Beatissimo Padre, la fortuna dette uno principio di pontificato molto turbulento, ed ha fatto poi o la voluntá di Dio o la disposizione de’ fati che le cose tue sono ridotte in grandissime difficultá; perché da uno canto ti è pericolosissimo lasciare crescere la grandezza dello imperadore, da altro canto ti è pericolosissimo tentare di opponertegli: sei adunche in termine che è pericolo a stare, pericolo a fare. Però volendo in tanto frangente governarti con la prudenzia e virilitá, le quali bisognano alla Santitá Tua tanto maggiore, quanto e’ pericoli che si propongono sono maggiori, è necessario esaminare maturamente se la Santitá Tua ha causa di temere dello imperadore, e che hai da temere; e di poi di che qualitá siano e’ pericoli ne’ quali si entrerrebbe volendo provedere, cioè quanto siano pericolosi e che mettino in pericolo. E discorso sottilmente tutti questi punti, calculare quello che sia piú pericoloso o lo stare o el provedere, e se è maggiore posta o quella che si mette in pericolo stando, o quella che si mette in pericolo provedendo; e misurato con queste regole quale pericolo sia piú da stimare ed in consequenzia che sia meglio, o opporsi a questa grandezza o no, non si ritirare da quella deliberazione che parrá manco pericolosa, per timiditá né per poco animo.

Che Tua Santitá abbia da temere, ci sono le ragione pronte; perché s’ha a credere che Cesare desideri accrescere la potenzia sua, come fanno gli altri príncipi e ciascuno nel grado suo, e che in tanta occasione aspiri al dominio di Italia, a che ha la via facilissima; nella quale provincia tenendo la Chiesa apostolica tanto stato quanto tiene, ed a te essendo aggiunto lo stato di Firenze, è troppa parte questa da essere disprezzata da uno che aspiri al tutto; ed in termini pari aresti da temere da ogni principe che avessi tanta opportunitá, ma molto piú dallo imperadore, el quale non solo in Roma, e nelle altre terre che tiene la Chiesa, ed in Firenze, pretende titolo e ragione, ma sa ancora che lo [p. 155 modifica]imperadore ha una certa connessitá con la Chiesa, che in uno certo modo gli appartiene pensare alla reformazione e buoni ordini di quella; e si ricorda solere essere tanta la autoritá degli imperadori, che non valeva la elezione di uno pontefice se non confermato da loro. Però se vorrá riducere lo imperio in quella degnitá e potenzia che era, non gli parrá occupare quello di altri, non spogliare persona, ma recuperare el suo e reintegrarsi di quello che giá gli antecessori suoi hanno posseduto. La quale opinione di iustizia non solo sará abbracciata da uno principe ambizioso per colore del suo procedere, ma ará ancora forza di persuasione in uno principe buono, perché è facile darsi a credere le cose che fanno per sé, e massime quando quelli che sono intorno persuadono e stimolano al medesimo.

Non ti difende adunche da questo pericolo la bontá dello imperadore, o vera o simulata che la sia; non la amicizia che tu abbia in lui o la fede che lui possa avere in te, perché quando tra voi non si fussi mai proceduto se non sinceramente e sanza simulazione, il che Tua Santitá sa piú che non so io, non può tra príncipi essere amore o confidenzia quando e’ fini non solo sono diversi, ma quello che è utile all’uno nuoce allo altro. Né ti difende che la potenzia tua sia sí poca che non abbia da tenerne conto, e però non ha a pensare di deprimerla; perché insino che lui non ha rovinato e’ viniziani, non ha battuto e’ franzesi in Francia, la potenzia di ogni papa, e la tua massime che hai lo stato della Chiesa grandissimo e quello di Firenze, è formidabile. Però dal canto suo né dal tuo non è ragione che ti assicuri, se giá non fussi chi dicessi che tu sia giá venuto in concetto di essere sí da poco e sí ignaro, che per questo rispetto non abbia a essere temuto, ma sprezzato; cosa che non è vera, né voglio che per questa opinione tu ti confidi o tu ti avvilisca. Hai adunche da temere di Cesare perché è certo che non si provedendo sará in potestá sua el farti male; ed è quasi certo che te ne fará.

Resta ora considerare di che qualitá sará questo male di che tu debbi temere; in che io non so cognoscere che non [p. 156 modifica]s’abbia a temere di mali grandissimi, perché se ti vorrá abbassare o per ambizione o per assicurarsi, bisogna ti abbassi assai, perché togliendoti poco non satisfarebbe né all’uno né all’altro fine: però s’ha a credere che principalmente ti leverá lo stato di Firenze, il che può fare con grande iustificazione, non sendo cosa ecclesiastica, e doppo questo procederá piú oltre, perché, lasciandoti tutto lo stato ecclesiastico, non resterebbe assicurato di te abastanza, e come ará cominciato a offenderti, gli parrá essere necessitato a andare piú innanzi, e ridurti in termine che non abbia per conto nessuno piú da temerti, il che non potrá fare se non ti toglie buona parte dello stato che tiene la Chiesa. E forse, perché la autoritá di uno pontefice, se non si mutano ordini nella Chiesa è grande, e potrebbono venire accidenti che etiam cosí smembrato saresti di importanza, penserá piú oltre, o a volere uno pontefice di chi si possa confidare, e cosí deporti per via di uno concilio, o pure con uno concilio limitare di sorte la autoritá de’ pontefici, che tu abbia a restare piú presto vescovo di Roma che papa. La facilitá che ha di farlo è grande, perché oltre alle provincie che lui comanda, sai che per el malo concetto in che è el clero apresso a’ laici, la Germania non desidera altro, e la Italia vi sará pronta; e questo modo, oltre a che può parere iustificato, perché si fará con colore di ragione, può anche parere iusto allo imperadore, presupponendosi lui la reformazione del clero la quale poi seguiterebbe o no, secondo che Dio volessi.

Hai adunche da temere o di essere ridotto a piccolo papa, o venire a quegli estremi mali che a te non si possono considerare maggiori, e questo al piú lungo a una venuta sua in Italia, o a uno accordo che facessi con franzesi a suo modo; e forse potrebbe cominciare di presente, perché avendo e’ viniziani inimici, e non essendo sicuro che e’ franzesi non si risolvino a passare in Italia, ha piú da temere di te ora, che non ará quando le cose fussino ridotte a uno de’ dua casi. E però io non dico quanto a concili e deposizione, perché queste non può tentare se non ne’ termini sopra detti, [p. 157 modifica]ma quanto a mutare lo stato di Firenze, a che, per essere tu disarmato ed a discrezione, ha grandissima facilitá, io non mi maraviglierei che lo facessino di presente, perché questo sarebbe uno grande smembrarti, e forse a travagliarti le cose di Roma con le arme de’ Colonnesi, e’ quali vedendo la occasione ti piglierebbono cosí sicuramente come fece Sciarra Colonna a Bonifazio. Pure quanto al tempo, Tua Santitá che ha notizia di infiniti particulari che non so io, lo può giudicare meglio che nessuno. Ma quomodocunque sit, nessuno non negherá che se non si fa opposizione a questa grandezza, tu hai a temere grandissima ruina, cioè o quella estrema o vicina, perché ti riduci a discrezione sua, el quale ha molte cause e quasi necessitá di fare questo effetto.

E se tu ti lasciassi pure ingannare dalla professione che lui fa di bontá, e massime che andando le cose sue prospere e tanto piú accordando con Francia, ará manco necessitá di fare questi effetti, non si può almanco negare che la grandezza sua, etiam non ti mutilando niente del tuo stato, ti toglie tutta la autoritá, tutta la degnitá, tutta la maiestá di principe; perché sará sí grande che arai a ubidire a’ cenni suoi e fare ogni diligenzia ed usare ogni servitú perché non si alteri la sua buona disposizione, ed in effetto t’arai a raccomandare a lui ed a’ suoi, che è quello grado che e’ savi dicono che uno principe debbe fuggire quanto la morte, perché quando è condotto qui, è principe in nome, ma in fatto è ogni altra cosa che principe; ed a chi è uso a dominare el mondo ed essere stimato ed ambito da grandissimi príncipi, e quello che è solito a dare el moto alle cose, come eri tu a tempo di Lione, e come da uno tempo in qua sono stati gli antecessori tuoi, io non so quanto sia minore male che la morte e la perdita degli stati, el ridursi in condizione tale. Adunche quello male che tra tutti è el minore e che non si può fuggire, è grandissimo, e quegli estremi se non sono sí certi sono molto verisimili.

Consideriamo ora, volendo tentare e’ rimedi, che pericolo e’ portino, e quanto sia certo el pericolo che hanno seco. E’ [p. 158 modifica]non è dubio che faccendo impresa contro alla grandezza di Cesare e succumbendo, che sarebbe la ruina totale di Tua Santitá, e gli ultimi mali che tu potessi avere da lui, perché per tutti rispetti ti tratterebbe totalmente da inimico; e però quando e’ rimedi fussino pericolosi quanto el non provedere, meglio sarebbe starsi, perché in questo caso non s’ha certezza di avere gli ultimi mali, ma tentando le provisione e succumbendo, s’hanno a mettere al certo. Ma quando e’ rimedi fussino manco pericolosi che el non provedere, non si debbono pretermettere, ancora che la ruina in questo caso fussi maggiore, perché chi teme di uno male gravissimo e vede che vi è qualche provisione, benché pericolosa, non debbe pretermetterla per dire: se la non riesce io sarò rovinato totalmente; altrimenti nessuno arebbe a pigliare la guerra, o a mettersi a altro pericolo per difendersi da’ pericoli, perché communemente el fine di queste cose è che chi succumbe ha e’ mali estremi, e patisce molto piú che non arebbe fatto se avessi ceduto.

A deliberare adunche se si debbe pigliare impresa per opporsi a uno grave pericolo, non s’ha a considerare quale sia maggiore, o el male che aresti opponendoti e perdendo, o el male che sei per avere non ti opponendo, ma si debbe considerare quale sia piú certo; e quando tu vedi che non ti opponendo arai al certo male grande, ed opponendoti potrá essere che ti liberrai dal male, ma non ti liberando arai maggiore male che se non ti fussi opposto, io dico che in questo caso hai a opporti ed a volere piú presto correre el pericolo di maggiore male per la speranza di poterti liberare, che aspettare el male minore sanza speranza alcuna di poterlo fuggire; presupponendo però che etiam in questo caso el male che tu aspetti sia grande, perché se fussi uno piccolo male, è articolo che ricerca altre considerazione, nelle quali io non entro perché non è necessario a’ termini nostri.

Discorriamo adunche la natura de’ rimedi: el primo rimedio e migliore che ci possi essere, è che e’ franzesi voglino concorrere alla impresa di Italia con papa, viniziani, svizzeri [p. 159 modifica]e gli altri che ci restano; el quale ha dua pericoli: l’uno, che è commune a tutte le guerre, e’ fini delle quale sono incerti, né si può farne giudicio ne’ princípi, ancora che si vegga piú gagliarda una parte che l’altra; ed in questo non bisogna fermarsi, perché el male è sí grande ed è ridotto in luogo, che uno rimedio che non ha altro dubio che questi generali, non si può recusare. L’altro pericolo che ha questa unione, è che, cominciata che sará la guerra, non séguiti accordo tra questi re, per el quale non solo ci manchi lo aiuto de’ franzesi, ma ancora abbiamo contro le forze dell’uno e dell’altro; e questo pericolo è maggiore che non era a tempo delle pratiche de’ mesi passati, perché ora gli imperiali sono sí ingrossati di gente e fatti padroni delle terre di Lombardia, che non si possono cacciare sanza difficultá e dilazione di tempo come si poteva allora, e però ci sará tanta piú commoditá a fare accordo o a introducere nuove pratiche che raffreddino e’ franzesi.

Questo caso non si può negare che non sia pericolosissimo e la chiave del giuoco, con la quale gli imperiali hanno doppo la cattura del re condotto le cose loro; nondimanco a chi è in termine quasi disperato come è Tua Santitá, non debbe fare paura el pigliare questo pericolo, perché ha pure seco speranza assai di salvarsi. Lo accordo è ora difficile come si vede per esperienzia, ma sanza comparazione sará molto piú difficile se di nuovo si viene tra loro alle arme, perché si turberá ogni pratica e ragionevolmente non sará accettato accordo da’ franzesi, se non ha seco immediate la liberazione del re; la quale quando sia la prima esecuzione che si faccia, e’ mali che si temono da quello accordo diventano molto minori, non sendo da credere che el re libero, e liberato piú per necessitá che per umanitá, persista nella ruina sua per osservare le promesse violente; però se ci fussi facultá di avere questo rimedio, non ci è in contrario nessuna ragione probabile.

Ma se e’ franzesi stanno irresoluti, el secondo rimedio che ci sia, presupponendo potere avere svizzeri, unirsi con [p. 160 modifica]viniziani, non per assaltare gli imperiali nello stato di Milano, che sarebbe troppa impresa, ma per essere armato e provedere che costoro non faccino maggiori progressi insino che si vegga lo esito delle pratiche di Spagna, ed anche per soccorrere el duca di Milano, se si vedessi qualche occasione; questo rimedio ha el pericolo dello accordo de’ re, maggiore che non ha el primo, perché vi si troverrá modo piú facile ogni volta che lo imperadore vi si disponga, innanzi che le pratiche che ora sono in piede si rompino, ed innanzi che tra franzesi e lui nasca nuova rottura. Ha ancora el pericolo del fine ordinario della guerra, molto maggiore che non ha el primo, mancandoci le forze e danari de’ franzesi, perché costoro hanno buoni capitani e buono esercito, ed e’ nostri sono della sorte che sono; e sarebbe el pericolo tanto maggiore, se costoro avessino via di potere, a dispetto de’ viniziani, fare venire nuovi lanzichenech, perché avendosi a ingrossare tanto di gente sarebbe difficultá che el papa e viniziani soli sostenessino tanta spesa, e massime mancandoci ora el duca di Ferrara, el quale alienare e desperare in questi tempi che agitur de summa rei, è stata estrema pazzia.

Ora in questo io non so risolvermi, perché non so che possiamo sperare de’ svizzeri sanza fomento de’ franzesi; non so a che gente si obligherebbono e’ viniziani, né quello che possa fare la borsa del papa, al quale tocca a pensarci piú che a altri, perché el primo percosso sarebbe lo stato suo e de’ fiorentini, per non essere forte come quello de’ viniziani. Ma dico bene che se lui potessi sperare di conducere le cose in difficultá, che sarebbe pure meglio di avere qualche spezie di sicurtá, che stare a discrezione di costoro, massime se gli è in grado con costoro, che dubita di non essere offeso di presente, perché in tale caso la necessitá lo strigne a gittarsi a ogni rimedio etiam precipitoso; ma quando gli paressi che e’ pericoli suoi avessino tempo, non sarebbe da tentare uno rimedio che avessi poca speranza, insino non si vedessi dove si riduce questa speranza dello accordo che tiene sospesi e’ franzesi. Ricordo bene che quando el dubio del capitare male [p. 161 modifica]sia pari e provedendo e non provedendo, che è meglio provedere, perché aspettare la morte sanza provisione in contrario è una somma ignavia e da lasciare di sé una memoria infame; sanza che, a chi non si aiuta né Dio suole, né la fortuna può aiutare, ma a chi si aiuta Dio ha compassione, e la fortuna amore, e spesso a chi audacemente si getta ne’ pericoli, fa succedere, contro a ogni ragione ed ogni speranza, effetti felicissimi. Sarebbe bene in ogni evento necessario, che la Santitá Tua risolvessi in quale caso e se la vuole o può fare rimedi, perché el procedere irresoluto non può se non nuocere incomparabilmente.

Se la fine ha a essere che tu abbia a aspettare la discrezione di Cesare sanza tentare remedi, quanto piú presto ne sei resoluto, meglio è, perché stando sospeso e non si lasciando intendere, lo insospettisci e lo irriti tuttavia piú, dove el bisogno tuo sarebbe cercare di assicurarlo e mitigarlo; ma se la fine ha a essere che tu abbia a gettarti a’ rimedi tali quali saranno, la dilazione del resolverti è perniziosissima, perché con la irresoluzione tua si va tuttavia consumando di quelli remedi che ci sono. El duca di Ferrara è alienato, el quale se tu fussi stato resoluto di pigliare le arme, aresti intrattenuto; Milano è perduto, che si poteva confortare e non lasciare perire; perseverando tu in irresoluzione, ti sará forse mutato sotto lo stato di Firenze; forse e’ viniziani per differire e’ loro travagli si accorderanno; e cosí le resoluzione che tu volessi poi fare non sarebbono a tempo. Confesso bene che se tu sei determinato non volere pigliare le arme sanza la lega de’ franzesi, che tu sei necessitato aspettare la resoluzione loro; ma vorrei che almeno tu avessi tante arme, che costoro non potessino, mentre che e’ franzesi stanno sospesi, mutarti lo stato di Firenze, o metterti in qualche altro disordine. Ma se tu sei in grado che la necessitá ti sforzi a pigliare le arme etiam sanza e’ franzesi, quanto piú differisce Tua Santitá, tanto piú accresce le sue difficultá e pericoli.