Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio (1824)/Libro primo/Capitolo 17

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CAPITOLO XVII


Un Popolo corrotto, venuto in libertà, si può con difficultà grandissima mantenere libero.


Io giudico che gli era necessario, o che i Re si estinguessero in Roma, o che Roma in brevissimo tempo divenisse debole, e di nessuno valore; perchè considerando a quanta corruzione erano venuti quelli Re, se fussero seguitate così due o tre successioni, e che quella corruzione, che era in loro si fusse cominciata a distendere per le membra, come le membra fussero state corrotte, era impossibile mai più riformarla. Ma perdendo il capo, quando il busto era intero, poterono facilmente ridursi a vivere liberi e ordinati. E debbesi presupporre per cosa verissima, che una città corrotta che vive sotto un Principe, ancora che quel Principe con tutta la sua stirpe si spenga, mai non si può ridurre libera, anzi conviene che l’un Principe spenga l’altro; e senza creazione di un nuovo [p. 81 modifica]Signore non si posa mai, se già la bontà d’uno insieme con la virtù non la tenesse libera; ma durerà tanto quella libertà, quanto durerà la vita di quello; come intervenne a Siracusa di Dione e di Timoleone, la virtù de’ quali in diversi tempi, mentre vissero, tenne libera quella città; morti che furono, si ritornò nell’antica tirannide. Ma non si vede il più forte esempio che quello di Roma, la quale, cacciati i Tarquinj, potette subito prendere e mantenere quella libertà; ma morto Cesare, morto Caligola, morto Nerone, spenta tutta la stirpe Cesarea, non potette mai, non solamente mantenere, ma pure dare principio alla libertà. Nè tanta diversità di evento in una medesima Città nacque da altro, se non da non essere ne’ tempi de’ Tarquinj il Popolo romano ancora corrotto, e in questi ultimi tempi essere corrottissimo. Perchè allora a mantenerlo saldo, e disposto a fuggire i Re, bastò solo farlo giurare che non consentirebbe mai che a Roma alcuno regnasse; e negli altri tempi non bastò l’autorità e severità di Bruto con tutte le legioni Orientali a tenerlo disposto a volere mantenersi quella libertà, che esso a similitudine del primo Bruto gli aveva renduta. Il che nacque da quella corruzione, che le parti Mariane avevano messa nel Popolo, delle quali essendo Capo Cesare, potette accecare quella moltitudine, ch’ella non conobbe il giogo che da sè medesima si metteva in sul collo. E benchè questo esempio di Roma sia da preporre a qualunque altro esempio, [p. 82 modifica]nondimeno voglio a questo proposito addurre innanzi Popoli conosciuti nei nostri tempi. Pertanto dico, che nessuno accidente benchè grave e violento, potrebbe ridurre mai Milano o Napoli libere, per essere quelle membra tutte corrotte. Il che si vide dopo la morte di Filippo Visconti, che volendosi ridurre Milano alla libertà, non potette e non seppe mantenerla. Però fu felicità grande quella di Roma, che questi Re diventassero corrotti presto, acciò ne fussero cacciati, e innanzi che la loro corruzione fusse passata nelle viscere di quella Città; la quale incorruzione fu cagione che gl’infiniti tumulti, che furono in Roma, avendo gli uomini il fine buono, non nuocerono, anzi giovarono alla Repubblica. E si può fare questa conclusione, che dove la materia non è corrotta, i tumulti ed altri scandali non nuocono; dove ella è corrotta, le leggi bene ordinate non giovano, se già le non son mosse da uno che con una estrema forza le faccia osservare tantochè la materia diventi buona; il che non so se sì è mai intervenuto, o se fusse possibile che egli intervenisse; perchè e’ si vede, come poco di sopra dissi, ch’una città venuta in declinazione per corruzione di materia, se mai occorre che la si levi, occorre per la virtù di un uomo ch’è vivo allora, non per la virtù dell’universale che sostenga gli ordini buoni; e subito che quel tale è morto la si ritorna nel suo pristino abito; come intervenne a Tebe, la quale per la virtù di Epaminonda, mentre lui visse, potette tenere forma di [p. 83 modifica]Repubblica, e d’Imperio, ma morto quello, la si ritornò ne’ primi disordini suoi: la cagione è, che e’ non può essere un uomo di tanta vita, che il tempo basti ad avvezzare bene una Città lungo tempo male avvezza. E s’uno d’una lunghissima vita, o due successioni virtuose continue non la dispongono, come una manca di loro, come di sopra è detto, subito rovina, se già con molti pericoli e molto sangue e’ non la facesse rinascere. Perchè tale corruzione e poca attitudine alla vita libera, nasce da una inegualità che è in quella Città; e volendola ridurre eguale, è necessario usare grandissimi straordinarj, i quali pochi sanno o vogliono usare, come in altro luogo più particolarmente si dirà.