Don Giovanni/Atto secondo
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ATTO SECONDO
scena prima.
Recinto d’antico castello come nell’atto primo.
Don Giovanni, con un mandolino in mano e Leporello.
Lep. No, no, padrone, non vo’ restar.
Gio. Sentimi, amico...
Lep. Vo’ andar, vi dico...
Gio. Ah, che ti ho fatto - che vuoi lasciarmi?
Lep. Oh, niente affatto! - quasi ammazzarmi.
Gio. Va che sei matto, - fu per burlar.
Lep. Ed io non burlo, - ma voglio andar.
Gio. Leporello.
Lep. Signore.
Gio. Vien qui, facciamo pace. Prendi...
Lep. Cosa?
Gio. Quattro doppie. (gli da del denaro)
Lep. Oh! sentite:
Per questa volta ancora
La cerimonia accetto;
Ma non vi ci avvezzate; non credete
Di sedurre i miei pari, (Prendendo la borsa)
Come le donne, a forza di danari.
Gio. Non parliam più di ciò. Ti basta l’animo
Di far quel ch’io ti dico?
Lep. Purché lasciam le donne,
Gio. Lasciar le donne? Sai ch’elle per me
Son necessarie più del pan che mangio,
Più dell’aria che spiro?
Lep. E avete core
D’ingannarle poi tutte?
Gio. È tutto amore.
Chi a una sola è fedele,
Verso l’altre è crudele.
Io che in me sento.
Sì esteso sentimento,
Vo’ bene a tutte quante.
Le donne poi, che calcolar non sanno,
il mio buon naturai chiaman inganno.
Lep. Non ho veduto mai
Naturale più vasto e più benigno.
Orsù, cosa vorreste?
Gio. Odi. Vedi tu la cameriera
Di donn’Elvira?
Lep. Io no
Gio. Non hai veduto
Qualche cosa di bello,
Vo’ tentar la mia sorte, ed ho pensato,
Giacchè siam verso sera.
Per aguzzarle meglio l’appetito
Di presentarmi a lei col tuo vestito.
Lep. E perché non potreste
Presentarvi col vostro?
Gio. Han poco credito
Con gente di tal rango
Gli abiti signorili. (si cava il mantello)
Sbrigati, via.
Lep. Signor, per più ragioni...
Gio. Finiscila, non soffro opposizioni.
(fanno cambio del mantello e del cappello)
scena ii.
Don Giovanni, Leporello e Donna Elvira alla finestra della locanda
Non palpitarmi in seno.
È un empio, un traditore
È colpa aver pietà.
Zitto... di donn’Elvira,
Signor, la voce io sento.
Cogliere io vo’ il nomento.(come sopra)
Tu fermati un po’ là..
Elvira, idolo mio!...
Elv. Non e costui l’ingrato?
Gio. Sì, vita mia, son io.(Gio. si mette dietro a
Lep. e parla ad Elv.)
E chieggo carità.
Elv. (Numi, che strano affetto
Mi si risveglia in petto!)
Lep. (State a veder la pazza,
Che ancor gli crederà!)
Gio. Discendi, gioia bella!
Vedrai che tu sei quella
Che adora l’alma mia:
Pentito io son già.
Elv. No, non ti credo, o barbaro.
Gio. O credemi, o m’uccido.
Lep. Se seguitate, io rido. (sottovoce)
Gio. Idolo mio! vien qua.
Elv. (Dei, che cimento è questo!
Non so s’io vado o resto....
Ah! proteggete, o numi,.
La mia credulità.)(entra)
Gio. (Spero che cada presto;
Che bel colpetto è questo!
Più fertile talento
Del mio, no, non si dà.)
Torna a sedur costei.
Deh! proteggete, o Dei,
La sua credulità.)
Gio. Amico, che ti par?
Lep. Mi par che abbiate
Un’anima di bronzo.
Gio. Va là che se’ il gran gonzo. - Ascolta bene:
Quando costei se’ viene,
Tu corri ad abbracciarla.
Falle quattro carezze,
Fingi la voce mia; poi con bell’arte,
Cerca teco condurla in altra parte,
Lep. Ma, signor...
Gio. Non più repliche.
Lep. Ma se poi mi conosce?
Gio. Non ti conoscerà, se tu non vuoi.
Zitto: ell’apre; giudizio. (va in disparte)
scena iii.
Donna Elvira, e detti.
Gio. (Veggiamo che farà.)
Lep. (Che bell’imbroglio)
Elv. Dunque creder potrò che i pianti miei
Abbian vinto quel cor? Dunque pentito,.
L’amato don Giovanni al suo dovere
E all’amor mio ritorna?
Lep. (alterando sempre la voce) Sì, carina!
Elv. Crudele! se sapeste
Quante lacrime e quanti
Sospir voi mi costaste!
Lep. Io? vita mia!
Elv. Voi.
Lep. Poverina, quanto mi dispiace!
Elv. Mi fuggirete più?
Lep. No, muso bello!
Elv. Sarete sempre mio!
Lep. Sempre.
Elv. Carissimo!
Lep. Carissima! (La burla mi dà gusto.)
Elv. Mio tesoro!
Lep. Mia Venere!
Elv. Son per voi tutta foco.
Lep. Io tutto cenere.
Gio. (Il birbo si riscalda.)
Elv. E non mi ingannerete?
Lep. No, sicuro.
Elv. Giuratelo.
Lep. Lo Giuro a questa mano.
Gio. (fingendo di uccidere qualcheduno)
Ah! eh! ih! ah! ih! ah! sei morto...
Elv. (fuggendo con Lep.) Oh Numi!
Gio. Ih! ah! Par che la sorto (ridendo)
Mi secondi. Veggiamo:
Le finestre son queste. Ora cantiamo. (canta,
accompagnandosi col mandolino)
Deh! vieni alla finestra, o mio tesoro,
Deh! vieni a consolar il pianto mio.
Se nieghi a me di dar qualche ristoro,
Davanti agli occhi tuoi morir vogl’io.
Tu che ai la bocca dolce più del miele
Tu che il zucchero porti in mezzo al core,
Non esser, gioia mia, con me crudele,
Lasciati almen veder, mio bell’amore!
V’è gente alla finestra. Forse è dessa...
Psi, psi...
scena. iv.
Masetto e Contadini armati di fucili e Bastoni; Don Giovanni.
Che trovarlo dobbiam.
Gio. (qualchuno parla)
Mas. Fermatevi: mi pare (ai contadini)
Che alcuno qui si muova.
Gio. (Se non fallo è Masetto.)
Mas. Chi va la?... Non risponde. (ai suoi)
Animo, schioppo al muso
Chi va là?
Gio. (Non è solo:
Ci vuol giudizio.) Amico, (cerca di imitare la voce
(Non mi voglio scoprir,) Sei tu Masetto? di Leporello)
Mas. Appunto quello. E tu? (in collera)
Gio. Non mi conosci? Il servo
Son io di don Giovanni.
Mas. Leporello!
Servo di quell’indegno cavaliere!
Gio. Certo di quel briccone
Mas. Di quell’uom senza onore! Ah dimmi un poco
Dove possinm trovarlo?
Lo cerco con costor per trucidarlo
Gio. (Bagattelle! Bravissimo Masetto!
Anch’io con voi m’unisco.
Per fargliela a quel birbo di padrone.
Ma udite un po’ qual è la mia intenzione.
Metà di voi qua vadano.
E gli altri vadan là.
E pian pianin lo cerchino,
Lontan non sta di qua.
Se un uom e una ragazza
Passeggian per la piazza
Se sotto a una finestra
Fare all’amor sentite,
Il mio padron sarà!
In testa ha un gran cappello
Con candidi pennacchi,
Addosso un gran mantello,
E spada al fianco egli ha
Andate fate presto! (al contad.)
Tu sol verrai con me (a Mas.)
Noi far dobbiamo il resto,
E già vedrai cos’è.
(partono i contadini da opposte vie)
scena v.
Don Giovanni e Masetto.
assicurato che i contadini sono già lontani)
Dunque dobbiam ucciderlo?
Mas. Sicuro.
Gio. E non ti basterà rompergli l'ossa,
Fracassarli le spalle?
Mas. No, no; voglio ammazzarlo,
Vo farlo in cento brani,
Gio. Hai buon’arme?
Mas. Cospetto,
Ho pria questo moschetto,
E poi questa pistola.
Gio. (disarmandolo) E poi?
Mas. Non basta?
Gio. Oh! basta, certo. Or prendi: (bastonandolo)
Questa, per la pistola;
Questa, per il moschetto...
Mas. Ahi! ahi!.... la testa mia!...
Gio. Taci, o t’uccido...
Questa, per ammazzarlo,
Questa, per farlo in brani,
Villano! mascalzon! ceffo da cani! (Masetto cade, e
Gio. parte)
scena vi.
Masetto, indi Zerlina con lanterna.
Ahi! ahi! le spalle e il petto.!
Zer. Mi par sentir la voce di Masetto.
Mas. Oh Dio! Zerlina... oh Dio!
Zerlina mia, soccorso.
Zer. Cosa è stato?
Mas. L’iniquo, il scellerato
Mi ruppe l'ossa e i nervi.
Zer. Oh poveretta me! chi?
Mas. Leporello.
O qualche diavol che somiglia a lui.
Zer. Crudel! non te ’l diss’io.
Che con questa tua pazza gelosia
Ti ridurresti a qualche brutto passo?
Dove ti duole?
Mas. Qui.
Mas. Qui ancora.
Zer. E poi non ti duole altro?
Mas. Duolmi un poco
Questo pie, questo braccio, e questa mano.
Zer. Via, via, non è gran mal, se il resto è sano
Vientene meco a casa:
Purché tu mi prometta
D’essere men geloso,
Io, ti guarirò, caro il mio sposo.
Vedrai, carino,
Se sei tuonino,
Che bel rimedio
Ti voglio dar.
E naturale,
Non da disgusto,
E lo speziale
Non lo sa far.
E un certo balsamo,
Che porto addosso,
Dare te ’l posso
Se ’l vuoi provar.
Saper vorresti
Dove mi sta:
Sentilo battere,
Toccami qua.
(gli fa toccare il cuore, poi partono)
scena vii.
Atrio come nell’atto primo.
Donna Elvira e Leporello.
S’avvicina, o mio ben, stiamo qui un poco
Finché da noi si scosta.
Elv. Ma che temi
Adorato mio sposo?
Lep. Ah! non lasciarmi.
Certi riguardi... lo vo’ veder se il lume
È già lontano. (Come
Da costei liberarmi?)
Rimani, anima mia...
Elv. Ah! non lasciarmi.
Sola, sola, in buio loco,
Palpitare il cor mi sento,
E m’assale un tal spavento
Che mi sembra di morir
Lep. (Più che cerco, men ritrovo (andando a
Questa porta sciagurata tentone)
Piano, piano, l’ho trovata:
Ecco il tempo di fuggir.) (sbaglia l’uscita)
scena viii.
Donn’Anna, Duca Ottavio, Servi con lumi e Detti.
in un’altro)
Ott. Tergi il ciglio, o vita mia.
E dà calma al tuo dolore.
L’ombra omai del genitore
Più non vuole il tuo martir.
Questo piccolo ristoro.
Sol la morte, o mio tesoro,
Il mio pianto può finir!
Elv. (Ah! dovè lo sposo mio?) (senza esser vista)
Lep. (Se mi trovan son perduto.)
Elv. e Lep. Ma la porta là vegg’io.
Chet chet io vo’ partir.
(Lep. nell’uscir s’incontra con Mas. e Zer.
scena ix.
Masetto con bastone Zerlina e Detti
Ecco il fellone... la faccia)
Anna. Ott. Com’era qua!
Ah! mora il perfido che m’ha tradito.
Elv. È mio marito... Pietà! pietà!..
Anna, Zer., Ott. e Mas.
Appena il credo... No no, morrà.
Lep. Perdon, perdono - signori miei;
Quello non sono - sbaglia costei...
Viver lasciatemi per carità?
Gli altri Dei! Leporello!... Che inganno è questo?
Stupid resto! - che mai sarà?
Lep. (Mille torbidi pensieri
Mi s’aggiran per la testa...
Se mi salvo in tal tempesta
E un prodigio in verità.)
Gli altri (Mille torbidi pensieri
Mi s’aggiran per la testa..
Che giornata, ho cielo, e questa!
Che impensata novità!) (Anna parte)
Zer. Dunque quello sei tu che il mio Masetto (a Lep. con
Poco fa crudelmente maltrattasti? furia)
Elv. Dunque tu m’ingannasti, o scellerato,
Spacciandoti con me per don Giovanni?
Ott. Dunque tu in questi panni
Venisti qui per qualche tradimento!
Elv. A me tocca punirti.
Zer. Anzi a me.
Ott. Tocca a me.
Mas. Accoppatelo meco tutti tre.
Lep. Ah! pietà, signori miei
Do ragione a voi.., a lei...
Ma il delitto mio non è.
Del padron la prepotenza
L’innocenza mi rubò
Donna Elvira! compatite,
Voi capite come andò.
Di Masetto non so nulla,
Vel dirà questa fanciulla.
È un’oretta incirca incirca
Che con lei girando vo.
Certo timore... certo accidente...
Di fuori chiaro... di dentro oscuro...
Non e’ è riparo... la porta, il muro...
Io me ne vado verso quel lato...
Poi qui celato, l’affar si sa...,
Ma, s’io sapeva, fuggia per qua!...
(fugge disperatamente)
scena x
Duca Ottavio, Donna Elvira, Zerlina e Masetto
Mas. Il birbo ha l’ali a’ piedi...
Zer. Con qual arte
Si sottrasse l’iniquo!
Ott. Amici miei!
Dopo eccessi sì enormi,
Dubitar non possiam che Don Giovanni
Non sia l’empio uccisore
Del padre di donn’Anna. In questa casa
Per poche ore fermatevi: un ricorso
Vo’ far a chi si deve, e in pochi istanti
Vendicarvi prometto;
Così vuole il dover, pietade e affetto.
Il mio tesoro intanto
Andate a consolar
E dal bel ciglio il pianto
Cercate d’asciugar.
Ditele che i suoi torti
A vendicar io vado;
Che sol di stragi e morti
Nunzio vogl’io tornar, (part.)
scena xi
Zerlina nel partire s’incontra in Leporello.
Lep. Per carità, Zerlina.
Zer. Eh! non c’è carità pei pari tuoi!
Lep. Dunque cavar mi vuoi?,..
Zer. I capelli, la testa, il core e gli occhi!
Lep. Senti, carina mia.!
Zer. Guai se mi tocchi!
Vedrai, schiuma de’ birbi,
Qual premio n’ha chi le ragazze ingiuria,
Lep. (Liberatemi, o Dei, da questa furia!)
Zer. Masetto, olà, Masetto! (chiama verso la scena)
Dove diavolo è ito... servi, gente.
Nessun vien.... nessun sente.
Lep. Fa piano per pietà, non strascinarmi
A coda di cavallo.
Zer. Vedrai, vedrai, come finisce il ballo!
Presto quà quella sedia.
Lep. Eccola!
Zer. Siedi
Lep. Stanco non son.
Siedi, o con queste mani
Ti strappo il cor, e poi lo getto ai cani.
Lep. Siedo, ma tu di grazia
Metti giù quel rasoio:
Mi vuoi forse sbarbar?
Zer. Sì, mascalzone,
Io ti vo’senza sapone.
Lep. Eterni Dei!
Zer. Dammi la man! (Lep. esita
La mano.
L’altra. (minacciandolo)
Lep. Ma che vuoi farmi?
Zer. Voglio far... voglio far quello che parmi!
Lep. Per queste tue manine
Candide e tenerelle,
Per questa fresca pelle,
Abbi pietà di me!
Zer. Non v’è pietà briccone,
Son una tigre irata,
Un aspide, un leone,
No, no, non v’è pietá.
Lep. Ah! di fuggir si provi...
Zer. Sei morto se ti muovi.
Lep. Barbari ingiusti dei!
In mano di costei
Chi capitar mi fè!
Zer. Barbaro traditore! (lo lega con una corda sulla sedia)
Del tuo padrone il core
Avessi qui con te.
L. Deh! non mi stringer tanto,
L’anima mia sen va.
Z. Sen vada o resti, intanto
Non partirai di qua!
L. Che strette, o Dei,che botte!
È giorno ovver è notte?
Che scosse di tremuoto!
Che buia oscurità!
Zer. Di gioia e di diletto
Sento brillarmi il petto,
Così, così, cogli uomini,
Così, così si fa. (parte)
scena xii.
leporello seduto e legato.
(ad un contadino che passa in fondo della scena)
O ch’io mi moro! Guarda come stretto
Mi legò l’assassina!
Se mi potessi liberar coi denti...
Venga il diavolo a disfar questi gruppi!
Io vo’ veder di rompere la corda...
Come è forte! Paura della morte,
E tu Mercurio, protettor de’ladri,
Proteggi un galantuom.
Coraggio! (fa sforzi per sciogliersi, ma non vi riesce
Bravo! Pria che costei ritorni del tutto)
Bisogna dar di sprone alle calcagna,
E strascinar se occorre una montagna.
(corre via trascinando seco la sedia)
scena xiii.
Donna Elvira e Zerlina
Ha concio il scellerato.
Zer. Stelle! in qual modo si salvò il briccone?
Elv. L’avrà sottratto l’empio suo padrone.
Zer. Fu desso senza fallo: anche di questo
Informiam don Ottavio: a lui si aspetta
Fa per noi tutti, o domandar vendetta. (partono)
scena xiv
Recinto con statua del Commendatore, Don Giovanni poi Leporello.
Or lasciala cercar. Che bella notte!
È più chiara del giorno; sembra fatta
Per gire a zonzo a caccia di ragazze.
È tardi. Oh! ancor non sono (guarda l’orologio)
Due della notte. Avrei
Voglia un po’ di saper com’è finito
L’affar tra Leporello e donn’Elvira.
S’egli ha avuto giudizio...
Lep. Alfin vuole ch’io faccia un precipizio.
(È desso.) Leporello!
Lep. Chi mi chiama?
Gio. Non conosci il padrone?
Lep. Così no ’l conoscessi!
Gio. Come, birbo?
Lep. Ah ! siete voi scusate.
Gio. Cos’è stato?
Per cagion vostra io fui quasi accoppato.
Gio. Ebben non era questo
Un onore per te?
Lep. Signor, ve ’l dono.
Gio. Via, via, vien qua. Che bella
Cosa ti deggio dire!
Lep. Ma cosa fate qui?
Gio. Vieni, e 11 saprai,
Di tante storielle.
Che accadute mi son da che partisti,
Ti dirò un’altra volta: or la più bella
Ti vo’ solo narrar.
Lep. Donnesca al certo.
(rende il cappello ed il mantello al padrone e riprende
quelli che aveva seco cambiato)
Gio. C’è dubbio? una fanciulla
Bella, giovin, galante
Per la strada incontrai; le vado appresso,
La prendo per la man; fuggir mi vuole,
Dico poche parole: ella mi piglia
Sai per chi?
Lep. Non lo so.
Gio. Per Leporello.
Lep. Per me?
Lep. Va bene,
Gio. Per la mano
Essa allora mi prende.
Lep. Ancora meglio
Gio. M’accarezza, m’abbraccia.
Caro il mio Leporello!
Leporello mio caro!... Allor m’accorsi
Ch’era qualche tua bella.
Lep. (Oh maledetto!)
Gio. Dell’inganno approfitto; non so come
Mi riconosce: grida; sento gente,
A fuggire mi metto, e, pronto pronto,
Per quel muretto in questo loco io monto
Lep. E mi dite la cosa
Con tale indifferenza?’
Gio. Perchè no?
Lep. Ma se fosse
Costei stata mia moglie?
Gio. (ridendo forte) Meglio ancora!
Com. Di rider finirai pria dell’aurora.
Gio. Chi ha parlato? (a Lep.)
Lep. (estremamente impaurito) Ah! qualche anima
Sarà dall’altro mondo.
Che vi conosce a fondo.
Gio. Taci, sciocco!
Chi va là? chi va la? (mette mano alla spada)
Com. Ribaldo audace
Lascia a’ morti la pace.
Lep. (tremando) Ve l’ho detto?...
Gio. Sarà qualcun di fuori,.
Che si burla di noi...
Ehi? del Commendatore
Non è questa la statua? Leggi un poco
Quella iscrizion.
Lep. Scusate...
Non ho imparato a leggere
A’ raggi della luna.
Gio. Leggi, dico.
Lep. Dell’empio, che mi trasse (leggendo)
Al duro Passo estremo
Qui Attendo la vendetta.... Udiste?... Io tremo:
Gio. Oh, vecchio buffonissimo!
Digli che questa sera
L’attendo a cena meco.
Lep. Che pazzia! Ma vi par... Oh Dei! mirate
Che terribili occhiate egli ci da....
Par vivo... par che senta...
E che voglia parlar...
Gio. Orsù, va là.
Lep. Piano... piano... signore... ora ubbidisco.
O statua gentilissima
Del gran Commendatore...
Padron... mi trema il core,,.
Non pos....so... ter...mi...nar...
Gio. Finiscila, o nel petto
Ti metto - quest’acciar.
(Che gusto! che spassetto!
Lo voglio far tremar.)
Lep. Che impiccio! - che capriccio!
Io sentomi gelar!
O statua gentilissima.
Benchè di marmo siate...
Ah! padron mio... mirate...
Che seguita... a guardar... ’
Gio. Morì...
Lep. No, no... attendete...
Signor, il padron mio...
Badate ben... non io...
Vorria con voi cenar...
Ahi! ahi! che scena e questa!...
Oh ciel!... chinò la testa...
Gio. Va la che sei un baffone...
Lep. Guardate ancor, padrone...
Gio. E che degg’io guardar?
Lep. Colla marmorea testa
Ei fa... così.... così...
Gio. (Colla marmorea testa
Ei fa così... così...)
Parlate, se potete: (verso la statua)
Verrete a cena?
Com. Sì
Lep. Mover... mi... posso appena...
Mi manca, oh Dio!., la lena...
Per carità... partiamo...
Andiamo - via di qua.
Gio. Bizzarra è inver la scena!
Verrà il buon vecchio a cena!
A prepararla andiamo:
Partiamo - via di qua. (partono)
scena xv.
Appartamenti in casa di donn’Anna
Duca Ottavio e Donn’Anna
Vedrera Puniti in breve i grandi eccessi:
Vendicati sarem.
Anna Ma il padre, oh Dio!
Ott. Convien chinare il ciglio
Di tua perdita amara
Fia domani, se vuoi, dolce compenso
Questo cor, questa mano.
Che il mio tenero amor...
Anna Oh Dei! che dite?
In sì tristi momenti..
Ott. E che! vorresti,
Con indugi novelli.
Accrescer le mie pene?
Ah! crudele!
Anna Crudele?
Ah no! giammai, mio ben! troppo mi spiace
Allontanarti un ben che lungamente
La nostr’alma desia... Ma il mondo, ho Dio!..
Non sedur la costanza
Del sensibil mio core:
Abbastanza per te mi parla amore.
Non mi dir, bell’idol mio.
Che son io crudel con te!
Tu ben sai - quant’io t’amai,
Tu conosci la mia fè.
Calma, calma il tuo tormento.
Se di duol non vuoi ch’io mora:
Forse un giorno il cielo ancora
Sentirà pietà di me. (parte)
Ott. Si seguono i suoi passi: io vo’ con lei
Dividere i martiri.
Saranno meno gravi i suoi sospiri. (parte)
scena xvi.
Sala in, casa di Don Giovanni.
Don Giovanni e Leporello, Servi alcuni Suonatori
una mensa imbandita.
Voi suonate, amici cari.
Già che spendo i miei danari.
Io mi voglio divertir. (siede a mensa)
Leporello, presto in tavola.
Lep. Son prontissimo a servire. (si suona)
Bravi! Bravi! Cosa rara
(alludendo ad un pezzo di musica dell’opera (La Cosa rara)
Gio. Che ti par del bel concerto?
Lep. E conforme al vostro merto.
Gio. Oh che piatto saporito!
Lep. (Oh che barbaro appetito! (mangia di nascosto)
Che bocconi da gigante!
Mi par proprio di svenir.)
Gio. Piatto.
Lep. Servo (muta il piatto)
Fra i due Litiganti.
(alludendo ad altr’opera di questo titolo)
Lep. (Eccellente marzimino? (bevendo e mangiando
Questo pezzo di fagiano di nascosto)
Piano, piano vo’ inghiottir,)
Gio. (Sta mangiando quel marrano,
Fingerò di non capir.)
Lep. Questa poi ben la conosco. (ai suonatori, che
Gio. Leporello! di nuovo cangiano motivo)
Lep. Padron mio.) (col boccone in gola)
Gio. Parla schietto, o mascalzone.
Lep. Non mi lascia una flussione
Le parole proferir
Gio. Mentre io mangio, fischia un poco.
Lep. Non so far.
Gio. Cos’è?
Lep. Scusate. (mangiando)
Sì eccellente è il vostro cuoco.
Che lo volli anch’io provar.
Gio. (Sì eccellente è il cuoco mio,
Che lo volle anch’ei provar.)
scena xvii.
Donna Elvira, e detti.
Dell’amor mio
Ancor vogl’io
Fare con te.
Più non rammento
Gl’inganni tuoi;
Pietade io sento (s inginocchia)
Gio. Lep. Cos’e? cos’è?
Elv. Da te non chiede
Quest’alma oppressa
Della sua fede
Qualche mercè
Gio. mi meraviglio!
Cosa volete? (per beffarla s’inginocchia)
Se non sorgete,
Non resto in piè.
Elv. Ah! non deridere
Gli affanni miei.
Lep. (Quasi da piangere
Mi fa costei.)
Gio. Io te deridere! (alzandosi)
Cielo! e perchè?
Che vuoi, mio bene? (con affettata tenerezza)
Elv. Che vita cangi.
Gio. Brava!(beffandola)
Elv. Cor perfido!
Gio. Lascia ch’io mangi;
E, se ti piace,
Mangia con me.
Elv. Restati, barbaro!
Nel lezzo immondo,
Esempio orribile
D’iniquità. (parte)
Lep. (Se non si muove
Al suo dolore.
Di sasso ha il core,
O cor non ha.)
Gio. Vivan le femmine!
Viva il buon vino!
Sostegno e gloria
D’umanità.
Elv. Ah! (di dentro: poi traversando la scena fuggendo
Gio. Lep. Che grido è questo mai!esce da un’altra parte)
Gio. Va a veder che cos’è stato.
Lep. Ah! (di dentro, e tornando impaurito)
Leporello, che cos’è? (i suonatori partono in fretta)
Lep. Ah!... signor... per carità.,.
Non an...da...te fuor... di qua...
L’uom... di... sasso... l’uomo... bianco...
Ah padron... io gelo... io... manco...
Se vedeste... che... figura...
Se... sentiste... come... fa...
Ta ta tà ta ta ta ta. (imitando i passi del Com.)
Gio. Non capisco niente affatto;
Tu sei matto in verità (si batte alla porta)
Lep. Ahi sentite?
Gio. Qualcun batte.
Apri.
Lep. Io tremo...
Gio. Apri, ti dico.
Lep. Ah!
Gio. Per togliermi d’intrico
Ad aprire io stesso andrò, (prende il lume e la
spada sguainata, e va ad aprire)
Lep. (Non vo’ più veder l’amico:
Pian pianin m’asconderò (si cela sotto la tavola)
scena xviii.
Il Commendatore e detti.
M’invitasti, e son venuto.
Gio. Non l’avrei giammai creduto
Ma farò quel che potrò.
Leporello, un’altra cena
Fa che subito si porti
Lep. Ah! padron.. Siam tutti morti... (facendo capolino di
sotto alla tavola)
Gio. Vanne dico. (tirandolo fuori)
Com. Ferma un po’, (a Lep. ch’è in atto di partire)
Non si pasce di cibo mortale
Chi si pasce di cibo celeste
Altre cure più gravi di queste,
Altra brama quaggiù mi guidò
Lep. (La terzana d’avere mi sembra...
E le membra - fermar più non so.)
Gio. Parla dunque: che chiedi? che vuoi?
Com. Parlo, ascolta più tempo non ho.
Gio. Parla, parla: ascoltando ti sto.
Com. Tu m’invitasti a cena:
Il tuo dovere or sai
Rispondimi: verrai
Tu a cenar meco?.
Lep. Oibò!
Tempo non ha.. scusate
(da lontano sempre tremando)
Gio. A torto di viltate
Tacciato mai sarò.
Com. Risolvi.
Gio. Ho già risolto.
Com. Verrai?
Lep. Dite di no.
Non ho timor, verrò.
Com. Dammi la mano in pegno.
Gio. Eccola... Ohimè!...
Com. Cos’hai?
Gio. Che gelo è questo mai!
Com. Pentiti, cangia vita:
È l’ultimo momento.
Gio. No, no, ch’io non mi pento...
(vuole sciogliersi, ma invano.
Vanne lontan da me.
Com. Pentiti, scellerato.
Gio. No, vecchio infatuato.
Com. Pentiti.
Gio. No.
Com. e Lep. Sì.
Gio. No.
Com. Ah! tempo più non v’è.
(fuoco da diverse parti; il Comm. sparisce, e s’apre
una voragine)
Gio. Da quel tremore insolito:..
Sento... assalir gli spiriti!...
D’onde escono que vortici
Di foco... Ohimè; che orror!...
Coro. Tutto a tue colpe è poco: (sotto terra)
Vieni; c’è mal peggior.
Gio. Chi l’anima mi lacera!...
Chi m’agitale viscere!...
Che strazio! ohimè! che smania!
Che inferno! che terrori...
Lep. (Che ceffo disperato!...
Che gesti da dannato!...
Che grida! che lamenti!
Come mi fa terror!...)
Coro. Tutto a tue colpe è poco:
Vieni! C’è un mal peggior
(cresce il fuoco, compariscono diverse furie,
s’impossessano di Giovanni, e seco lui sprofondano)
scena ultima
Donna Elvira, Donn’Anna, Zerlina, Duca Ottavio, Masetto entrano in scena; e Leporello spaventato.
Ah! dov’è il perfido?
Dov’è l’indegno?
Tutto il mio sdegno
Sfogar io vo..
Anna Solo mirandolo
Stretto in catene,
Alle mie pene
Calma darò.
Lep. Più non sperate
Di ritrovarlo...
Più non cercate...
Lontano andò.
Tutti Cos’è? favella. Via presto sbrigati!
Tra fumo e foco... – badate un poco...
L’uomo di sasso... – fermate il passo...
Giusto là sotto., – diede il gran botto.!.
Giusto là il diavolo - sel trangugiò.
Tutti Stelle che sento!
Lep. Vero è l’evento.
Tutti Di certo è l’ombra - che m’incontrò.
Ott. Or che tutti, o mio tesoro!
Vendicati siam dal cielo,
Porgi, porgi a me un ristoro.
Non mi far languire ancor.
Anna Lascia, o caro, un anno ancora
Allo sfogo del mio cor.
Al desio di chi t’adora
Ceder deve un fido amor
Elv. Io men vado in un ritiro
A finir la vita mia.
Zer. e Mas. Noi, a casa andiamo)
A cenar in compagnia.
Lep. Ed io vado all’osteria
A trovar padron miglior.
Zer. Mas. e Lep. Resti dunque quel birbone,
Con Proserpina e Pluton.
E noi tutti, buona gente
Ripetiam allegramente
L’antichissima canzon:
Tutti Questo è il fin di chi fa mal!
E de’ perfidi la morte
Alla vita è sempre ugual.
— fine—