Donne illustri/Donne illustri/Carlotta Corday

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Carlotta Corday

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CCecco l’angelo dell’assassinio, la giovane che uccise Marat il 13 luglio 1793.

Carlotta Corday era nata a Saint-Saturnin (Orne) nel 1768 della nobile famiglia dei Corday d’Armans e discendente del gran tragico Corneille. Commossa dalle scelleraggini e dagli eccessi dei terroristi, ella deliberò trarne vendetta. Andò a Parigi nel 1793, e al suo pugnale elesse il più feroce di tutti: Marat.

Marat era svizzero. Nato nel 1744, chi dice a Ginevra, chi a Boudry presso Neufchàtel. — Era medico. Passato a Parigi, fu addetto alle scuderie o alla cura delle guardie del corpo del conte d’Artois, e salì in qualche credito con [p. 194 modifica] alcuni scritti intorno alle scienze naturali. Egli combattè le teorie di Newton sulla luce. Voltaire scrisse un articolo sopra un suo libro. Venuta la rivoluzione, si avventò con furore a propagarla e a farla trionfare. Subito dopo la riunione dei tre ordini in Assemblea Nazionale, prese a pubblicare un giornale che durò fino al 14 luglio 1793, e si chiamò prima Il Pubblicista Parigino, poi L’Amico del Popolo, e finalmente Giornale della Repubblica e Il Pubblicista della Repubblica francese. Eccitava all’anarchia e a dar nel sangue. Il popolo ne folleggiò. Egli s’intromise nel Comitato di Salute pubblica sebbene non vi avesse che fare, e fu precipuo autore delle stragi del 2 e 3 settembre 1792.

Era insaziabile di sangue. Chiedeva 270,000 teste. Egli spinse furiosamente alla condanna di Luigi XVI. Chiese che fosse giudicato per appello nominale, e che lo specchio dei votanti venisse affisso perchè il popolo conoscesse i traditori che erano nella Convenzione. Eletto alla Convenzione da un collegio degli elettori di Parigi, capitanò la Montagna o i terroristi più indiavolati. Fece egli creare il Tribunale rivoluzionario e il Comitato di Sicurezza generale, deputato specialmente ad arrestare i sospetti; assalì con estrema rabbia i girondini, e ne fece proscrivere ventidue il 2 giugno 1792. Il giorno innanzi avea provocato apertamente il popolo ad insorgere; onde la stessa Convenzione l’avea per ciò dato in mano al Tribunale rivoluzionario. Ma fu assoluto, e il popolaccio sollevato lo riportò in trionfo nell’aula dell’Assemblea.

Un mese dopo Carlotta Corday, sotto pretesto di avere a [p. 195 modifica] rivelargli gravi segreti, riesce a penetrare da Marat. Egli era infermo, nel bagno, securo, senza sospetto, incapace di difendersi. Le due vecchie che lo assistevano, avendo per suo cenno fatto passar Carlotta, s’erano ritirate.

Cominciò a parlarsi del Calvado e del deputato e dell’amministratore di Caen, onde ella gli avea scritto ch’era giunta di fresco. Marat ne chiese i nomi, giurando che li farebbe subito ghigliottinare a Parigi. Questo scoppio di ferocia raffermò l’animo titubante di Carlotta, che trasse il pugnale e l’uccise.

Accorre gente; è arrestata; maledetta. Ella si mette le mani al volto, quasi per raccogliersi e assicurarsi della giustizia dell’assassinio; francheggiata dalla sua coscienza, non bada più al furore della plebe.

Fu tratta innanzi al Tribunale rivoluzionario. Chaveau Lagarde ebbe il carico di difenderla.

«L’accusata (egli disse) confessa freddamente l’orrendo misfatto ch’ella ha commesso; confessa freddamente di averlo lungamente premeditato; confessa le più orribili circostanze dell’assassinio; brevemente: ella confessa tutto, e non cerca neppure di giustificarsi. Ecco, o cittadini giurati, tutta la sua difesa. Questa sua calma imperturbabile e questa intera abnegazione di sè dimostrano ch’ella non sente alcun rimorso, e, a dir così, a fronte della stessa morte, questa, calma e questa abnegazione, sublimi per un certo canto, non sono naturali, e non possono spiegarsi che per l’esaltazione del fanatismo politico che le ha messo in mano il pugnale. Ora sta a voi, cittadini giurati, il giudicare di qual momento debba essere questo riflesso morale nella bilancia della giustizia; io me ne rimetto alla vostra saviezza.» [p. 196 modifica]

I giurati la condannarono a morte. Carlotta udì la condanna senza turbarsi, e volta al suo avvocato gli disse: «Voi mi avete difesa delicatamente e generosamente: unico modo che potesse piacermi. Ve ne ringrazio. Io ho preso pertanto a stimarvi, e voglio darvene una prova. Questi signori (mostrando i giudici) mi dicono che i miei beni sono confiscati; io ho un po’ di debito con la prigione. V’incarico di pagarlo.

Carlotta fu condotta al patibolo il 17 luglio 1793; vi salì con coraggio. Il carnefice prese la testa troncata, la schiaffeggiò e la mostrò al popolo. Ne uscì un grido d’orrore, perchè a quel codardo oltraggio il viso sì tranquillo della giovane s’era scosso con indignazione.

La morte di Marat fu pei terroristi pretesto a nuove stragi. Gli fecero splendide esequie e una specie d’apoteosi. Corse una preghiera:


Cœur de Jésus, cœur de Marat;

Sacré cœur de Jésus, sacré cœur de Marat.


Il suo corpo, in luogo di quello di Mirabeau, fu deposto al Pantheon, con decreto del 14 novembre 1793. Ma un anno dopo ne fu ritolto e gettato in una cloaca. Il cranio di Marat somiglia perfettamente a quello dell’assassino Cartouche arrotato nel 1791, a quel che dicono gli anti-marattiani.

Curioso è che, secondo alcuni, essendosi dopo la morte di lui scoperto un suo schema di costituzione monarchica, tratteggiato nei principii della rivoluzione, fu dal popolo rimaledetto come di spiriti regi, e dichiarato decaduto dalla dignità di Dio.