El libro dell'amore/Oratione IV/Capitolo III

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Oratione IV - Capitolo III

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Che lo huomo è essa anima e l’anima è immortale.

El corpo è composto di materia e di quantità, e alla materia s’apartiene ricevere, alla quantità s’appartiene essere divisa e distesa; e la receptione e divisione sono passioni. E però el corpo per sua natura è solamente a passione e corruptione subiecto; sì che se alcuna operatione pare si convenga al corpo, non adopera in quanto è corpo, ma in quanto è in lui una certa forza e qualità quasi incorporale. Come nella materia del fuoco è la calidità, nella materia dell’acqua la frigidità, nel corpo nostro la complexione; dalle quali qualità l’operationi de’ corpi nascono, perché el fuoco non riscalda perché egli sia lungo, largo e profondo, ma perché egli è caldo, e non riscalda più quel fuoco che è più sparto, ma quello che è più caldo. Con ciò sia adunque che per benefitio delle qualità s’adoperi, e le qualità non sieno composte di materia e di quantità, seguita ch’el patire s’apartiene al corpo, e ’l fare s’apartiene a cosa incorporale. Queste qualità sono instrumenti ad operare, ma elleno per sé ad operare non sono sufficienti perché non sono sufficienti essere per sé medesime; imperò che quello che giace in altri, e sé medesimo substentare non può, sanza dubio da altri depende.

E per questo adviene che le qualità, le quali sono necessariamente dal corpo sostenute, etiandio sieno facte e recte da qualche substantia superiore, la quale non è corpo né giace in corpo. Questa è l’anima, la quale essendo presente al corpo sostiene sé medesima e dà al corpo qualità e complexione, e per esse, come per instrumenti, nel corpo e pe ’l corpo varie operationi exercita. Di qui si dice che l’uomo genera, nutrica, cresce, corre, sta, siede, parla, fabrica l’opera dell’arti, sente, intende; e tutte queste cose fa l’anima. Adunque l’anima è lo huomo. E quando noi diciamo l’uomo generare, crescere e nutrire, allora l’anima come padre e artefice del corpo genera le parti corporali, nutrica e augmenta; e quando diciamo l’uomo stare, sedere, parlare, allora l’anima e membri del corpo sostiene, piega e rivolge; e quando diciamo l’uomo fabricare e correre, allora l’anima porge le mani e agita e piedi come a·llei piace. Se noi diciamo l’uomo sentire, l’anima per gl’instrumenti de’ sensi, quasi come per finestre, conosce e corpi di fuori; se diciamo l’uomo intendere, l’anima per sé medesima sanza instrumento di corpo la verità conseguita. Adunque l’anima fa tutte quelle cose che si dicono farsi dall’uomo, el corpo le patisce; il perché l’uomo solo è l’anima, el corpo è opera e instrumento dell’uomo, specialmente perché l’animo la sua operatione principale, che è lo ’ntendere, sanza instrumento di corpo exercita, con ciò sia che intenda cose incorporali, e pe ’l corpo non si possa altre cose che corporali conoscere. Per la qual cosa l’animo adoperando qualche cosa per sé medesimo, certamente per sé medesimo è e vive: vive, dico, sanza il corpo quello che sanza el corpo alcuna volta adopera. Se l’animo è per sé medesimo, meritamente si conviene a·llui uno certo essere non comune al corpo, e per questo può conseguitare nome d’uomo proprio a sé, non comune al corpo, el quale nome, perché è decto di qualunque di noi per tutta la vita, essendo ciascuno in qualunque età huomo chiamato, certamente pare che significhi qualche cosa stabile. Ma el corpo non è cosa stabile, perché crescendo e scemando, e per resolutione e alteratione continua, continuo si muta, e l’anima sta quella medesima sempre, secondo che c’insegna l’assidua inquisitione della verità e la volontà del bene perpetua e la ferma conservatione della memoria. Chi sarà adunque tanto stolto che l’appellatione dell’uomo, la quale è in noi fermissima, attribuisca al corpo che sempre corre, più tosto che all’anima che sta ferma? Di qui può essere manifesto che quando Aristofane nominò gli huomini, intese l’anime nostre secondo l’uso platonico.