Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 10

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Lettera 9 Lettera 11
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STANDO LA SANTA IN AVIGNONE.


I. Consiglia il papa a perseverare nel santo proponimento di tornare a Roma, ed a non voler condescendere a coloro, che col timore dei pericoli procurano dissuaderlo.
I. A. muover la guerra contra gl’infedeli, non lasciando però la cura de’ suoi veri figliuoli.

Lettera 10

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Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


I. Santissimo e reverendissimo dolce padre in Cristo, dolce Jesù, la vostra indegna e miserabile figliuola Catarina serva e schiava de’ servi di Jesù Cristo, scrive alla vostra santità nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi forte e perseverante nel buono e santo proponimento, sì e per sì fatto modo, che non sia veruno vento contrario che vi possa impedire, nè dimonia, nè creatura; li quali pare che vogliano venire, come dice il nostro Salvatore nel suo santo Evangelio, nel vestimento della pecora parendo agnelli, e essi sono lupi rapaci (Matt. 7.). Dice il nostro Salvatore, che noi ci dobbiamo guardare da costoro. Parmi, dolce padre, che già comincino a venire a voi con la scrittura1, ed oltra alla scrittura v’annunciano l’avvenimento suo, dicendo, che giungerà alla porta quando [p. 56 modifica]voi nol saprete: questo suona umile, dicendo, se mi sarà aperto io entrerò e ragioneremo insieme; ma egli si mette il vestimento dell’umiltà, acciocchè gli sia credulo bene. È gloriosa dunque questa virtù, con la quale la superbia s’ammantella. Costui ha fatto in questa lettera verso la vostra santità, secondo che io n’ho compreso, come fa il dimonio nell’anima, quando spesse volte, sotto colore di virtù e di compassione, gli gitta il veleno, e specialmente con servi di Dio usa questa arte; perocchè vede, che puramente col vizio egli non gli potrebbe ingannare: così mi pare che faccia questo dimonio incarnato, il quale ha scritto a voi con calore di compassione con forma santa; cioè parendo che ella venga da uomo santo e giusto, ed ella viene dagl’iniqui uomini e consiglieri del dimonio, stroppiatori del ben comune della congregazione cristiana e della riformazione della santa Chiesa, amatori d’amore proprio, cercando solamente i beni loro particolari; ma tosto padre ve ne potrete dischiarare se ella è venuta da quello giusto uomo, o no; e parmi secondo l’onore di Dio il dobbiate cercare: quanto io non reputo per quello che io ne possa vedere o comprendere, e non mi si rappresenta al suono delle parole suo servo di Dio, ma fittivamente mi pare fatta; ma a me non pare che sapesse bene l’arte colui che la fece. Dovevasi dunque ponere alla scuola, e parmi che egli abbia saputo meno che un bambolo: vedete dunque, santissimo padre, che egli v’ha posto innanzi quella parte che cognosco più debole nell’uomo, e singolarmente in coloro che sono molto teneri e compassionevoli d’amore carnale, e teneri del corpo loro, perocchè questi cotali tengono più cara la vita che tutti gli altri, e però ve l’ha posto per lo primo vocabolo; ma io spero per la bontà di Dio, che voi attenderete più all’onore suo ed alla salute delle vostre pecorelle, che a voi medesimo, siccome pastore buono che debba ponere la vita per le pecorelle sue. Parmi dunque, che questo velenoso uomo, da una parte commenda l’avvenimento vostro, dicendo [p. 57 modifica]che è buono e santo, e dall’altra parte dice che ’l veleno è apparecchiato (B); e parmi che vi consigli, che vi mandiate uomini confidenti che vadano innanzi a voi, e troveremo il veleno perle tavole, cioè, pare che dica per le botteghe, il quale s’apparecchia per darlo temperatamente, o per dì, o per mese, o per anno; onde bene gli confesso, che del veleno se ne trova così alle tavole di Vignone e dell’altre città, come a quelle di Roma, e così se ne trova temperatamente per lo mese e per l’anno, e largamente secondo piacesse al compratore, ed in ogni loco se ne troverà; e però gli parrebbe ben fatto, che voi mandaste e sostentaste in questo mezzo l’avvenimento vostro; e mostra che aspetti in questo mezzo venga il divino giudizio sopra questi iniqui uomini, li quali, secondo che dice, pare che cerchino la vostra morte; ma se egli fosse savio, egli s’aspetterebbe per sè medesimo, perocchè egli è seminatore del più pessimo veleno che fosse già gran tempo seminato nella Chiesa santa, in quanto che egli vuole impedire a voi quello che Dio vi richiede e che dovete fare: e sapete in che modo si seminerebbe questo veleno, che non andando voi, ma mandando secondo che vi consiglia il buono uomo, susciterebbe uno scandalo ed una ribellione temporale e spirituale, trovando in voi menzogna che tenete luogo di verità. Perocchè avendo voi annunciato e determinato l’avvenimento vostro, e trovando il contrario, cioè che egli non fosse, troppo sarebbe grande scandalo, turbazione ed errore nel li cuori loro. Sicchè egli dice bene il vero, egli ha la profezia di Caifas (Jo. 11), quando disse egli è di bisogno, che uno uomo moja, acciocchè il popolo non perisca: egli non sapeva quello che si diceva, ma il sapeva bene lo Spirito Santo, che diceva la verità per la bocca sua, ma il dimonio non gli faceva dire per quella intenzione, così costui vuol essere un altro Caifas: egli profeta, che, se voi mandate, troveranno il veleno; veramente egli è così, che se fossero tanti li vostri peccati, che [p. 58 modifica]voi rimaneste ed essi andassero, li vostri confidenti troveranno che si porrà il veleno per le botteghe dei cuori e delle bocche loro per lo modo detto; e non basterebbe pure uno dì, perchè n’andrebbe il mese e l’anno innanzi che fosse smaltito. Molto mi maraviglio delle parole di questo uomo, cioè, che commendi l’operazione buona e santa e spirituale, e poi vuole, che per timore corporale si lassi la santa operazione: non è costume de’ servi di Dio, che per veruno danno corporale o temporale, eziandio se la vita n’andasse, eglino vogliano mai abbandonare l’esercizio e l’operazione spirituale, perocchè, se avessero fatto così, niuno sarebbe giunto al termine suo, perocchè la perseveranzia del santo e buono desiderio con le buone operazioni è quella che è coronata e che merita gloria e non confusione; e però vi dissi, padre reverendo, che desideravo, di vedervi fermo e stabile nel vostro buono proponimento, perocchè dopo questo seguiterà, la pace de’vostri ribelli figliuoli (C) e la riformazione della santa Chiesa, ed anco d’adempire il desiderio de’ servi di Dio, il quale hanno di vedere rizzare il gonfalone della santissima croce sopra gl’infedeli. Allora potrete ministrare il sangue dell’agnello nelli tapinelli infedeli, perocchè voi sete il cellerajo di questo sangue, e che ne tenete le chiavi.

II. Oimè, padre, io vi prego per l’amore di Cristo crocifisso, che a questo tosto diate la potenzia vostra, perocchè senza la potenzia vostra non si può fare (D); non vi consiglio però, dolce padre, che voi abbandoniate quelli che vi sono figliuoli naturali e che si pascono alle mammelle della sposa di Cristo, per gli figliuoli bastardi, che non sono ancora legittimati col santo battesimo; ma spero, per la bontà di Dio, che andando i figliuoli legittimi con la vostra autorità, e con la virtù divina del coltello della parola santa, e con la virtù e forza umana, essi torneranno alla madre della santa Chiesa, e voi gli legittimerete: questo pare che sia onore di Dio, utile a voi, onore ed esaltazione [p. 59 modifica]della dolce sposa di Cristo Jesù, più che seguitare il semplice consiglio di questo giusto uomo, che vi pone, che meglio vi sarebbe a voi e ad altri ministri della Chiesa di Dio abitare fra gl’infedeli Saraceni, che fra la gente di Roma o d Italia. A me piace la buona fame che egli ha della salute degl’infedeli, ma non mi piace che egli voglia togliere il padre alli figliuoli legittimi, ed il pastore alle pecorelle congregate nell’ovile; e mi pare che voglia fare di voi, come fa la madre del fanciullo quando li vuole togliere il latte di bocca, che si pone l’amaro in sul petto, acciocchè senta prima l’amaritudine che il latte; sicchè per timore dell’amaro abbandoni il dolce, perchè ’l fanciullo si inganna più coll’amaritudine che con altro; così vuole fare costui a voi, ponendovi innanzi l’amaritudine del veleno e della molta persecuzione per ingannare la fanciullezza dell’amore tenero sensitivo, acciocchè per paura lasciate il latte, il quale latte di grazia seguita dopo il dolce avvenimento vostro. Ed io vi prego da parte di Cristo crocifisso, che voi non siate fanciullo timoroso, ma virile: aprite la bocca ed inghiottite l’amaro per lo dolce. Non si converrebbe alla vostra santità d’abbandonare il latte per l’amaritudine. Spero per la infinita ed inestimabile bontà di Dio, che, se vorrete, vi farà grazia a noi ed a voi, e che voi sarete uomo fermo e stabile, e non vi muoverete per veruno vento, nè illusione di dimonio, nè per consiglio di dimonio incarnato, ma seguiterete la volontà di Dio, ed il vostro buono desiderio, ed il consiglio de’ servi di Jesù Cristo crocifisso. Non dico più; concludo, che la lettera mandata a voi non esca da quello servo di Dio nominato a voi, nè che ella fosse scritta molto dalla lunga; ma credo che ella venga ben di presso, e da servi del dimonio che poco temono Dio, che in quanto io credessi che ella uscisse da lui, non il reputerei servo di Dio, se altro non ne vedesse. Perdonate a me, padre, il favellare troppo presontuosamente: umilemente v’addimando che mi perdoniate e doniate la vostra benedizione. Perdonate nella santa e [p. 60 modifica]dolce dilezione di Dio: prego la infinita sua bontà che mi dia grazia, che tosto per lo suo onore vi veda mettere il pie’ fuora dell’uscio (E) con pace, riposo e quiete dell’anima e del corpo: pregovi, dolce padre, che quando piace alla vostra santità che mi diate audienzia, perocchè mi vorrei trovare dinanzi a voi prima che io mi partissi: il tempo è breve (F): sicchè, dove piacesse a voi, vorrei che fosse tosto. Jesù dolce, Jesù amore. [p. 61 modifica]

Annotazioni alla Lettera 10.

(A) Con la scrittura. L’ultima arte usata dagli oppositori, fu di sparger voce che in Italia si era preparato il veleno pel pontefice; e per vieppiù accreditare questa favola, finsero una lettera di non so qual uomo santo che di ciò rassicurava.
Oltre alla scrittura, ecc. Oltrechè vi citano la scrittura per dissuadervi, vi assicurano che il Signore sta per venire, cioè che presto morrete, e quando meno il crederete.
Questo suona umile dicendo, ec. Costui parla umilmente per insinuarci e trovar modo di persuadervi; ma egli si mette, ec.

(B) Dice che ’l veleno è apparecchiato. Che o quell’età con orribile sceleratezza s’intentasse la morte de’ principi più eccelsi coll’opera de’ veleni, ce ne fanno fede gli storici, che ne registrarono gli avvenimenti2. Così Lodovico di Baviera fu morto di veleno dalla moglie Margherita contessa del Tirolo, da cui sì il figliuolo Mainardo fu tolto di vita colle arti medesime. Pietro, re di Castiglia, col veleno fece morire la moglie Bianca di Borbone nel 1361. Carlo il Malvagio, re di Navara, diè morte col veleno a Guido cardinale di Porto3. e volle darla al re Carlo V di Francia; il quale ne contrasse tal debolezza, che in ultimo l’uccise indi a parecchi anni. Urbano V, predecessore di Gregorio, per quanto ne disse la fama, perì di veleno datogli, perchè lavorava in animo il disegno di tornare in Italia. Urbano VI, successore a Gregorio, volle essere avvelenato ne’ primi anni del suo pontificato dai Romani, ed iu ultimo fu tolto di vita cou questo occulto strumento di morte4. La sorte stessa corse Bornabò Visconti signore di Milano, e l’ebbe ad incontrare Luigi primo duca d’Angiò, quegli per fraude del nipote, questi dell’emulo5; e l’antipapa Benedetto fu ancora egli messo a morte indi ad alquanti anni colla stessa frode6. Vedesi da ciò che, se l’Italia avea de’ maestri di comporre veleni, non erane scarsa la Francia, come bene avverte qui santa Caterina7.

(C) Dopo questo seguiterà la pace de’ vostri ribelli figliuoli. La venuta di Gregorio in Italia non ricondusse di vero tutte le città ribellate al loro dovere; avvegnachè alcune d’esse, e singolarmente [p. 62 modifica]quella di Bologna si riducesse entro a’ segni, ond’era trascorsa8; nè la repubblica di Firenze volle tosto rimettersi ne’ termini del diritto con abbracciare la pace. Non per tuttociò può dirsi, che la santa con false rivelazioni traesse in inganno il pontefice; sì perchè nè qui favella, come di cosa scoperta a lei dal cielo, e solamente ne accenna la speranza, che a buon diritto poteasi concepire; come perchè in tutto non egli si attenne alle esortazioni e richieste di questa santa vergine con dare di subito mano alla riforma di santa Chiesa, col provvederla singolarmente di buoni ministri, e col porre alcun freno alla dissoluta licenza degli ecclesiastici, di che ella in altre sue lettere fe’ di poi più volte querela.

(D) Senza la potenzia vostra non si può fare. Niuna delle Crociate, come altrove si avvertirà, fu bandita e messa in effetto, senza l’autorità del vicario di Cristo9.

(E) Che tosto per lo suo onore vi veda mettere il piè fuora dell’uscio. I desiderj della santa non andarono vuoti d’effetto, poichè indi a poco il pontefice, nulla ostante le premurose istanze fattegli incontrario dai re di Francia e di Castiglia, da più cardinali, dai congiunti e dallo stesso genitore10, che tuttora viveva (non già dalla madre, come ha scritto l’autore della vita di Gregorio, che già molto prima era morta ) senza por mente a’ pericoli, di cui facevansi tante minacce, s’attenne al consiglio di santa Caterina11; e ripose la sedia apostolica nel luogo dovutole, ch’è la città di Roma. L’autore citato il tutto rapporta in queste parole: Sæpius enim per collegium, parentes, et regem Franciæ dissuasum est ei, diversis, et arduis impedimentis objectis. Que omnia forti animo superavit, adeo ut matri prostrata (forse dee leggersi patri prostrato) ad limen aula, quando recessit, nudo pectore, cum maximo ululatu dicenti: Fili, quo pergis? nunquam ulterius te videbo: corpore tamen trans passum non calcato diceret, scriptum esse, super aspidem, et basiliscum ambulabis12. 11 più degli autori, che per opera ha scritto de’ fatti di quel secolo13, o per incidenza abbia favellato di questo avvenimento, reca la gloria di questo ritorno all’industria ed efficacia di santa Caterina14; nè fà di mestieri allegarli tutti, essendo il fatto assai conto, e da queste lettere è facile il divisarlo15. Tra pochi che ne recherò, sia il primo ua francese, che viveva a quei tempi, cioè Giovanni Froissard nella sua istoria, che degli affari di Francia dall’anno 1326 conduce in fino al 1400. Questi dunqne, secondo che contasi dal Ciaccone, asserisce non avervi avuta macchina più efficace a smuovere il pon- [p. 63 modifica]tefice d’Avignone delle lettere di Caterina da Siena16; e potea dire ancora della voce e dello spirito profetico, con cui gli palesò il voto, che di venire in Italia fatto aveva di qualche tempo. Che il pontefice si fosse con voto obbligato a Dio di venirsene a stare a Roma, n’accerta l’allegato scrittore della sua vita in queste parole. Hic ante suam electionem vovit, sede vacante, quod si eligeretur in papam, veniret ad propriam sedem17. Accennasi lo scoprimento del voto da Pio II nella bolla della canonizzazione in questi termini: Cui, cioè a Gregorio, votum suum de petenda urbe Roma in occulto factum, et soli sibi, et Deo notum, sese divinitus cognovisse monstravit. Più a disteso vien riferito questo fatto da Fra Bartolomeo di Domenico, che le fu compagno nella dimora d’Avignone, e sapportasi nel processo di questa maniera: Tempore autem, quo ipsa erat in Avenione, missa illuc a Florentinis ad sanctæ memorive papam Gregorius XI ut reduceret eum ad faciendam pacem cum eis, ipse Gregorium, qui sanctam opinionem habebat de ea, cum jam parare fecisset plures Galeas, ut cum tota sua curia iret Romam, et pene omnes cardinales et curiales ac etiam rex Francia contenderet ei; interrogavit eam, utrum videretur sibi bonum, quod prosequeretur iter. quod jam sic agere disposuerat, præsertim cum tot, ac lales haberet contradictores; ipsa vero se humiliter excusante, et dicente, quod non decebat unam mulierculam dare consilium summo pontifici, ipse respondit, non peto, ut consulas, sed ut mihi circa hoc pandas voluntatem Dei; ipsa vero se humiliante, mandavit eidem per obedientiam, ut sibi manifestaret si quid nosceret circa materiam istam de voluntate Dei. Tunc ipsa capile humiliter inclinato, dixit: Quis melius novit hoc, quam sanctitas vestra, qui Deo vovisti hoc vos facturum. Ipse, hoc audito, nimis stupefactus, quia, ut dixit, nemo vivorum corpore præter se hoc sciebat, ex tunc deliberavit iter arripere, quod et fecit18. E che tale pure ne corresse per tutta Italia la fama, ce l’avverte Fra Tomaso Caffarini nello stesso processo, in occasione di rispondere alle querele di quelli che davano biasimo non leggiere alla santa, per essere stata la potissima cagione della venuta di Gregorio, onde erane di poi surto lo scisma. Imperocchè dopo avere rapportato il fatto di sopra pur ora detto, si risponde in primo luogo all’altrui mormorare. Et sic ex hoc non habetur, quod Virgo suaserit de dicto accessu, sed quod solum votum secretum summi pontificis revelaverit. Verum quia post collationem praefatam cum virgine habitam statim discedere de Avenione cum tota curia disposuit, existimatum fuit ab omnibus, quod praefatus pontifer suasu virginis, ad Urbem veniret; quod et ego tunc in civitate Urbevetana existens a domino cardinale Nucerino (questi era Loca Bedulfucci, o de’ Gentili da Camerino, e che fu fatto cardinale indi [p. 64 modifica]a due anni da Urbano VI19, essendo a quell’ora vescovo di Nocera e non di Lucera, come ha scritto il Ciaccone e vicario generale dell’Umbria) qui tunc ibidem pro ecclesia residebat, habui oraculo vive vocis, ipso cum stupore mihi narrante, quod sentiebat, quod Gregorius XI qui tunc cun magna anxietate in partibus illis expectabatur, veniebat omnino, et æstimabatur quod mediante quadam Catharina de Senis hoc fiebat20. Prosegue di poi a mostrare di niun peso essere le accuse mosse contro la santa a titolo dello scisma nato non tanto pel ritorno del pontefice, quanto dal male animo de’ cardinali francesi e dal tumulto de’ Romani. Ma se pel semplice scoprimento del voto fatto, non volle il Caffarini recare questo vanto a santa Caterina d’aver ella tratto il pontefice a Roma, certamente non può negarlesi a cagione delle sue lettere, le quali di sicuro non ebbe egli in vista, quando ciò scrisse. Leggansi le prime dieci scritte a Gregorio, ed in ciascuna d’esse vedrassi, che la santa su questo punto del viaggio d’Italia non mai si resta di tornare colla penna, stimolando continuo con ragioni potentissime a vincere tutte l’opposizioni per quanto gagliarde si fossero. In più di queste favella essa a dir vero del proponimento già fattone da Gregorio, e della promessa già fattane a più signori; ma ciò non monta nulla, dacchè le speranze avutesi si rimaneano nel paro fiore, disperandosene oramai il frutto; onde, se non ella gli pose in mente il pensiero di venirne, glielo fe’ porre dopo le molte in effetto colla venuta. Il Maimbourg per altro, a dir poco, non de ’più favorevoli alla nostra santa, confessa questa verità, favellando di questa mossa in questi termini. Et sur tous les pressantes, et continuelles sollicitations de sainte Catherine de Sienne se resolut enfin de la restablir a Rome21. Odasi in ultimo l’abbate Ughelli, le cui parole meritano bene di essere qui rapportate a gloria della santa, e sono le seguenti favellando di Gregorio: Cujus quidem in Italiam pontificis reditum maxima pars laudis in Catharinam Senensem redundat, quæ ingenti ausu iens, rediensque pontificem impulit tandem, ut rediret, suoque adventu et mala discuteret, que ex pontificum abscessu fedissime totam Italiam occupaverant; ut jam minus mirandum fit, eos, qui recte seribunt, et sapiunt dixisse Catharinam Senensem virginem Deo votam apostolicam sedem suis humeris iterum reportasse22. A memoria perpetua di tanta impresa condotta per essa a felicissimo fine nella sala del palazzo apostolico, vedesi effigiata col pennello questa vergine, nel rappresentarvisi il ben avventurato ritorno di Gregorio: e per gratitudine del beneficio fatto a Roma si fece esprimere collo scarpello dal popolo romano la sembianza di santa Caterina in marido, come in atto d’accogliere il pontefice nell’ingresso solenne, che fe’ in quella città, allorchè indi a parecchi anni innalzò a Gregorio un sepolcro magnifico nella [p. 65 modifica]chiesa di santa Maria nuova de’padri Olivetani, detta oggi più d’ordinario di santa Francesca Romana; non che ella vi fosse di senza colla persona, stando a quell’ora in Toscana; ma affine solo d’eternare ne’ posteri la memoria di quel tanto per essa operatosi colla penna, e colla voce a rendere ed all’Italia ed a Roma il vicario di Cristo. Veggasi l’Oldoino all’aggiunta che fa al Ciaccone, ove dà impressi colla stampa gl’intagli di que’marmi che formano superbo sepolcro a Gregorio XI23.

(F) Prima ch’io mi partissi: il tempo è breve. Da queste ultime parole mi sono indotto a credere esser questa l’ultima delle lettere, che la santa d’Avignone scrivesse al pontefice. [p. 66 modifica]06 A GREGORIO XI.

ESSENDO A CORNETO (J).

I. Della pazienzia e fortezza d’ animo, virtù necessarie ad ogni cristiano per acquistare la perfezione, e molto più a chi governa la Chiesa, per superare le avversità che s’ incontrano.

II.

Lo prega a procurar la pace co’figliuoli ribelli, e già disposti a tornare all’ obbedienzia del loro padre, e raccomanda in particolare la città di Siena pregando sua santità a scusare alcuni falli commessi da’ suoi cittadini.

Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

I. tantissimo e reverendissimo padre in Cristo, dolce Jesù, la vostra indegna e miserabile figliuola Catarina, vi si raccomanda nel prezioso sangue suo con desiderio di vedere il cuore vostro fermo, e stabile, e fortifidato in vera e perfetta pazienzia, considerando che ’l cuore debile, volubile e senza pazienzia, non potrebbe venire a fare li grandi fatti di Dio.

Ogni creatura ragionevole, se vuole servire a Dio ed essere vestita delle virtù, convitine avere questa co

  1. [p. 99 modifica]Con la scrittura. L’ultima arte usata dagli oppositori, fu di sparger voce che in Italia si era preparato il veleno pel pontefice; e per vieppiù accreditare questa favola, finsero una lettera di non so qual uomo santo che di ciò rassicurava.
    Oltre alla scrittura, ecc. Oltrechè vi citano la scrittura per dissuadervi, vi assicurano che il Signore sta per venire, cioè che presto morrete, e quando meno il crederete.
    Questo suona umile dicendo, ec. Costui parla umilmente per insinuarci e trovar modo di persuadervi; ma egli si mette, ec.
  2. Briet. Annal. ad an. 1347.
  3. Rin. ad ann. 1373, n. 24. Briet. ad hunc ann.
  4. Maimb. Hist. du grand Sch. l. 1, pag. 157. S. Anton. part. 3, tit. 22, c. 2. Maimb. l. 3, pag. 358. Bonins. Hist. l. 4.
  5. Coiro Ist. di Mil. par. 3. pag. 259.
  6. Mainb. l. 2, pag. 228.
  7. Maimb. l. 6, pag. 451.
  8. Ammir. I. 13, pag. 707.
  9. Annot. alla lett. 314.
  10. Rin. ad aun. 1375, D. 21, e 22.
  11. Auct. vit. 4. Gregor. XI, apud Baluz.
  12. Apud Baluz. Vit. Pap. Aven. T. 1.
  13. Ammir. I. 13, pag. 711.
  14. Ezov. Rin. ad Ann. 1376.
  15. Briet. Aun. 13;6.
  16. In Vit. Greg. XI, col. 949.
  17. Apud Baluz. loc. cit.
  18. Ful. 201, 202.
  19. Ughel. It. Sacr. T. 1, col. 1122.
  20. In Vit. Urb. VI. Col. 979
  21. Hist. du grand Schis. d’Occid. 1. 1, pag. 11.
  22. Ital. Sacr. Tom. 1, col. 45.
  23. T. 2, pag. 599.