Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 133

Da Wikisource.
Lettera 132 Lettera 134

[p. 226 modifica]22 6 A FRATE FELICE DA MASSA dell’ordine di santo augustino FATTA IN ASTRAZIONE (A).

I. Desidera vederlo fondalo ih perfetta umiltà e carità, dimostrando come ad ottenere queste Tirili è necessario il lume della ’ fede, per mezzo di coi, specchiandoci nel crocifisso, Teniamo al vero conoscimento del nostro niente e della divina bontà in noi, onde ne concepiamo odio e disprezzo di noi medesimi, ed amore verso Dio, coll’altre virtù assieme.

II. Dell’ amore de’ prossimi, che nasce dell’amor di Dio e desiderio della loro salute; onde stimola il detto padre all’ acquisto delle sopraddette virtù.

153.

Al Nome di Jesii Cristo crocifisso e di Maria dolce.

T. ilarissimo figliuolo in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, serva e schiava de’ semi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fondato in vera e perfetta umilila, perocché colui che è umile si è paziente a portare ogni fa diga per amore della Verità; e perchè l’umilili» è balia e nutrice della carità non può essere umilità senza carità; e colui che arde nella fornace della carità non è negligente, anco ha perfetta solliciludine, perocché la carità non sta mai oziosa, ma sempre adopera; ma amore e umilila, che consuma la negligenzia e spegno [p. 227 modifica]I 227 la superbia, non si può avere senza il lume, e die 1’ occhio alluminato non abbia qualche obietto, in cui elli possa guardare, perocché perchè l’occhio vegga ed abbia lume in sè, ed elli non stia aperto, quello vedere non li farebbe alcuna utilità; l’occhio vero deH’anima nostra è lo intelletto, il quale ha il lume della santissima fede, colà, dove ì panno dell’amore proprio non l’avesse ricoperto; levato via l’amore proprio di noi medesimi, l’occhio rimane chiaro e vede, unde conviene che 1’ affetto si desti e voglia amare il suo benefattore; e però allora sentendo l’occhio dell’intelletto muoversi dall’affetto, subito s’apre e ponsi nell’ obietto suo Cristo crocifisso, in cui cognosce e massimamente nel sangue suo, l’abisso della sua inestimabile carità; rna dove il debba vedere e poner

questo obietto? nella casa del cognoscimento di sè, nel qual cognoscimento cognosce la miseria sua, perocché ha veduto coll occhio dell’intelletto i difetti suoi, e sè non essere; ed hallo veduto in verità: e quando l’uomo cognosce sè, e cognosce la bontà di Dio in sè, perocché se cognoscesse solamente sè e volesse cognoscere Dio senza sè, non sarebbe cognoscimento fondato nella verità, e non ne trarrebbe il frutto che si debbe trarre del cognoscimento di sè, ma più tosto ne perderebbe, che guadagnerebbe, perocché trarrebbe solo dal cognoscimento di sè tedio e confusione, unde diseccarebbe l’anima, e perseverandovi dentro senza altio rimedio giognerebbe alla disperazione: e se* volesse cognoscere Dio senza sè, ne trarrebbe fruito fetido di grande presunzione, la quale presunzione è nutricata dalia superbia, e l’una nolrica l’altra. Conviensi dunque, che il lume vegga e cognosca in verità, e condisca il cognoscimento di sè col cognoscimento di Dio, ed il cognoscimento di Dio col cognoscimento di sè.


II. Allora Tanima non viene uè a presunzione, nè a disperazione, ma dal cognoscimento Irae il frutto della vita, quando è l’uno coll’altro insieme, perocché dal cognoscimenlo di sè riceve il fruito della vera umi[p. 228 modifica]li là, nude germina odio e dispiacimento della colpa, e della legge perversa, che sempre è’ntla a impugnare contra allo spirilo, e dell’odio parlnrisce il figliuolo della pazienzia, la quale è il mirollo della carità; e dal cognoscimento della gran bontà di Dio, che trova ari sè, riceve il frutto dell’abisso dell’affocata carità di Dio e del prossimo suo, perocché col lume vede e cognosce, che dall’amore che elli porta al suo Creatore, non gli può fare utilità alcuna, e però subito quella 11 Lili Là che elli non può fare a lui, la fa al prossimo suo per amore di Dio, perocché ama la creatura, perchè vede che il Creatore sommamente l’ama, e condizione è dell’amore d’amare tutte quelle cose che sono amale dalla persona amata, Or con questo lume, carissimo figliuolo, acquistaremo la virtù dell’umilità e della carità, e con vera e santa pazienzia portaremo e sopportaremo i difetti del prossimo nostro, e consti* maremo la negligenzia con la perfetta solliciludine acquistata nel fuoco della divina carità, e spegnarassi la .superbia con l’acqua della vera umilila, e diventaremo affamati dell’onore di Dio, e gustatori e mangiatori dcll’animein su la mensa dell’umile ed immaculato Agnello!

altra via non ci ò. Unde considerando io, che ci conveniva tenere per questa via, e per questa strada della vera umilità, dissi, e dico, che io desideravo di vedervi fondato in vera e perfetta umilità, e così voglio che facciate senza pena e senza confusione di mente: ma ora di nuovo voglio che cominciate con fede viva, con speranza ferma e con obbedienzia pronta, e così voglio che ingrassiate ) anima vostra, e non si secchi per confusione, nè per tedio di niente, ma con una perfetta solliciludine vi destiate dal sonno della negligenzia, furando le virtù, quando le vedete ne’ vostri fratelli, conservandole nel pelto vostro;

sempre la verità vi diletti, c stia nella bocca vostra, ed annunciarla quando bisogna caritativamente in ogni persona, e siugularniente in quelle persone, che sono amate di singulare amore., ma con una piacevolezza, ponendo il difetto

[p. 229 modifica]22Q d’altrui a voi medesimo; e se non si fusse fatto per lo tempo passato, con quella cautela che bisogna, correggiarenci per i avvenire: e per questo non voglio che alcuna pena n’abbiate, e di me pensiero alcuno non vi date, ma realmente Tonde del mare tempestoso tutte si passino con vera umilità e cariti fraterna, e con santa pazienzia. Altro non dico. Permanete nella santa e* dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore.

S. Caterina. Opere. T. \. [p. 230 modifica]a3o Annotazione alla Lettera 133, * ’ f k, * 9 ‘ , (A) Fra Felice, cui stando fuori de’ sensi scrisse la santa questa lettera, era della nobile e chiara famiglia de’ Tancredi, che.tuttora 6orisce nella città di Siena. Dicesi da Massa;.*ì perchè traea questa l’origine da quella antica città dello Stato satiese; sì perchè questo religioso nacque in essa, tenendovi forse i suoi genitori il più del loro avere. Fu egli dei discepoli più familiari di santa Caterina, ed uno di quei che le tennero compagnia nella dimora d’Avignone.

Egli si rese illustre per bontà di ^ìta, onde il suo nome trovasi registrato nel catalogo trionfale de’ beali di Lecceto. Ne andò al cielo a’ 2.2 di settembre del 1388 al dire del Landucci, che d’esso favella come pure gli altri storici agostiniani e gli scrittori sanesi, che trattano de’santi c’hanno illustrata la patria. ,