Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 2
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A GREGORIO XI. 1
Lettera 2.
Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.
I. Santissimo e reverendissimo padre in Cristo, dolce Jesù; la vostra indegna figliuola Catarina, serva e schiava de’ servi di Jesù Cristo, scrive alla vostra santitate nel prezioso sangue suo. con desiderio di vedervi giunto alla pace2, pacificato voi e li figliuoli con voi, la quale pace Dio vi richiede e vuole che ne facciate ciò che potete. Oimè, non pare che voglia che noi attendiamo tanto alla signoria e distanzia temporale, che non si vegga quanta è la destruzione dell’anime ed il vituperio di Dio, il quale seguita per la guerra; ma pare che voglia che apriate l’occhio dell’intelletto sopra la bellezza dell’anima e sopra il sangue del figliuolo suo, del qual sangue lavò la faccia dell’anima nostra; e voi ne sete ministro. Invitavi dunque alla fame del cibo dell’anime, perocchè colui che ha fame dell’onore di Dio e della salute delle pecorelle per ricoverarle e trarle dalle mani delle demonia, egli lassa andare la vita sua corporale, e non tanto la sustanzia: benchè potreste dire, santo padre, per coscienzia io sono tenuto di conservare e racquistare quello della santa Chiesa. Oimè, io confesso bene che egli è la verità, ma parmi che quella cosa che è più cara si debba meglio guardare. Il tesoro della Chiesa è il sangue di Cristo dato in prezzo per l’anima, perocchè il tesoro del sangue non è pagato per la sustanzia temporale, ma per salute dell’umana generazione. Sì che poniamo, che siate tenuto di conquistare e conservare il tesoro e la signoria delle città, la quale la Chiesa ha perduto, molto maggiormente sete tenuta di racquistare tante pecorelle, che sono uno tesoro nella Chiesa, e troppo ne impoverisce, quando ella le perde; non che impoverisca in sè, poichè il sangue di Cristo non può diminuire, ma perde uno adornamento di gloria, il quale riceve dalli virtuosi ed obbedienti e sudditi a lei. Meglio c’è dunque lassar andare l’oro delle cose temporali, che l’oro delle spirituali: fate dunque quello che si può, e fatto il potere, scusato sete dinanzi a Dio ed agli uomini del mondo: voi li batterete più col bastone delle benignità dell’amore e della pace, che col bastone della guerra, e verravvi riavuto il vostro spiritualmente e temporalmente. Restringendosi l’anima mia fra sè e Dio con grande fame della salute nostra e della riformazione della santa Chiesa e del bene di tutto quanto il mondo, non pare che Dio manifesti altro rimedio, nè io veggo altro in lui che quello della pace. Pace, pace dunque per l’amor di Cristo crocifisso, e non ragguardate all’ignoranzia, cecità e superbia de’ figliuoli vostri. Con la pace trarrete la guerra ed il rancore del cuore e la divisione, e unireteli. Con la virtù dunque caccerete il dimonio. Aprite, aprite bene l’occhio dell’intelletto con fame e desiderio della salute dell’anime a ragguardare due mali, cioè il male della grandezza, signoria e sostanzia temporale, la quale vi par essere tenuto di racquistare, ed il male di veder perdere la grazia l’anime e l’obbedienzia, la quale debbono avere alta santità vostra, e così vedrete che molto maggiormente sete tenuto di racquistare l’anime. Poi dunque che l’occhio dell’intelletto ha veduto e discerne quale è il meno male, voi dunque, santissimo padre, che sete in mezzo di questi due così grandi mali, dovete eleggere il minore, ed eleggendo il minore per fuggire il maggiore, perderete l’uno male e l’altro, ed ambedui torneranno in bene, cioè che averete in pace riacquistati i figliuoli, ed averete il debito vostro: mia colpa, che io non dico questo poco per insegnarvi, ma son costretta dalla prima dolce verità, dal desiderio che io ho, babbo mio dolce, di vedervi pacificato ed in quiete l’anima ed il corpo, perocchè con queste guerre e malaventura 3 non veggo che possiate avere una ora di bene: distruggesi quello delli poverelli ne’ soldati, e quali sono mangiatori della carne e degli uomini; e veggo che impedisce il santo vostro desiderio, il quale avete della riformazione della sposa vostra: riformarla, dico, di buoni pastori e rettori, e voi sapete che con la guerra malagevolmente il potete fare, che parendovi aver bisogno di principi e di signori, la necessità vi parrà che vi stringa di fare e pastori a modo loro e non a modo vostro; benchè ella è pessima ragione, che per alcun bisogno che si vegga si metta però pastori o altri che si sia nella Chiesa che non sia virtuoso, e persona che cerchi sè per sè, ma cerchi sè per Dio, cercando la gloria e la loda del nome suo, e non debba essere enfiato per superbia, nè porco per immundizia, nè foglia che si volge al vento delle proprie ricchezze e vanità del mondo. Oimè, non così per l’amore di Jesù Cristo e per la salute dell'anima vostra. Tollete dunque via la cagione della guerra quanto è possibile a voi, acciocchè non veniate in questo inconveniente di fargli secondo la volontà degli uomini e non secondo la volontà di Dio e desiderio vostro. Voi avete bisogno dell’adiutorio di Cristo crocifisso: in lui ponete dunque l’affetto ed il desiderio, e non in uomo ed in ajutorio umano, ma in Cristo dolce Jesù, la cui vece voi tenete, cue pare che voglia che la Chiesa torni al primo dolce stato suo. O quanto sarà beata l’anima vostra e mia, che io vegga voi essere cominciatore di tanto bene, che alle vostre mani quello che Dio permette per forza, si facci per amore. Questo sarà il modo a farlo con pace e con pastori veri e virtuosi ed umili servi di Dio, che ne troverete, se piacerà alla santità vostra di cercarli; che sono due cose, perchè la Chiesa perde, ed ha perduto i beni temporali, cioè per la guerra e per lo mancamento delle virtù: che colà, dove non è virtù, sempre è guerra col suo creatore, sicchè la guerra n’è cagione. Ora dico, che a volere racquistare quello che è perduto, non ci è altro rimedio se non col contrario di quello con che è perduto, cioè riacquistare con pace e con virtù, come detto è. A questo modo adempirete l’altro desiderio santo vostro e de’ servi di Dio, e di me misera miserabile: cioè di riacquistare le tapinelle anime degl’infedeli 4, che non partecipano il Sangue dello svenato e consumato agnello. Or vedete, santissimo padre, quanto è il bene che se n’impedisce e quanto è il male che seguita, e che se ne fa. Spero nella bontà di Dio e nella santità vostra, che giusta al vostro potere, v’ingegnerete di ponere il rimedio detto della santa pace. Questa è la volontà di Dio, e dicovi da parte del dolce Jesù, che di questo e dell’altre cose che avete a fare voi, pigliate consiglio da’ veri servi di Dio; perocchè vi consiglieranno in verità, e di loro vi dilettate, che ne avete bisogno. E però sarà bene e di grande necessità, che voi li teniate allato da voi, mettendoli per colonne nel corpo mistico della santa Chiesa. Credo che F. J. da P. 5 portatore di questa lettera, sia uno vero e dolce servo di Dio, il quale vi raccomando; e pregovi, che piaccia alla santità vostra, che lui e gli altri sempre vi vogliate vedere appresso. Altro non dico: permanete nella santa e dolce dilezione di Dio: perdonate alla mia presunzione: umilemente v’addimando la vostra benedizione. Jesù dolce. Jesù amore.
Annotazioni alla Lettera 2.
- ↑ [p. 58 modifica](A) Questa lettera e la due seguenti sembrano scritte prima del maggio del 1376, non accennandosi in essa al carico affidatole in quel mese di tornare i Fiorentini in grazia della Chiesa.
- ↑ [p. 58 modifica](B) Alla pace. Esorta il pontefice alla pace; non si creda però che egli non la bramasse; imperocchè sin dal principio dell’anno aveva già mandato a’ Fiorentini Nicolò Spinello e Bartolomeo Giacobbi, proponendo condizioni assai moderate, che erano state rigettate da quei magistrati avidi di guerreggiare. (Ammirato, lib. 13.)
- ↑ [p. 58 modifica](C) Malaventura. Questa parola malaventura prendesi dagli autori del buon secolo in significato ancora di discordia e dissenzione.
- ↑ [p. 58 modifica](D) Anime degl’infedeli che non partecipano il sangue. Col dire, che gl’infedeli non partecipano il sangue di Cristo Signor nostro, non già intende negare essersi da esso sparto il sangue divino per tutti gli uomini, o sieno fedeli, e nel grembo di santa Chiesa, o infedeli e fuor d’esso, essendo il negarlo manifesto errore; giacchè è di verità tutta cattolica, che Cristo Signor nostro morì e die’ per lutti il suo sangue prezioso. La santa medesima in altre sue lettere chiaro palesa il suo sentimento, e singolarmente nella lettera decimanona, in cui dice: Le anime degl’infedeli sono ricomprate dal sangue di Cristo come noi; e nella vigesima quarta, favellando di Cristo Signor nostro, si dice: Come sapienzia del padre eterno vedeva coloro che partecipavano il sangue suo, e quelle che noi partecipavano per le colpe loro. Lo stesso sentimento il ripete nella lettera trentesima settima.
- ↑ [p. 58 modifica](E) Credo che F. J. da P. Non si è potuto sapere chi fosse.