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Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 67

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Lettera 66 Lettera 68

[p. 158 modifica]158 ALL’ABBATE MARTINO DI PASSIGNANO 9 ’ % dell’ ordine di valle ombrosa (J) ). L’esorta ari essere buon governatore di sè medesimo e de’ snoi sudditi, sradicando dall’anima i vizj e piantando le virtù.

II. Cbe ciò non si può seguire senza prima spogliarsi dell* amor proprio, e concepire un’odio santo di sè con vera obedienza a Cristo ed all’Ordine.

III. Del cane della coscienza che deve guardare I anima; e del1* amore, umiltà e memoria del sangue di Gesù Cristo, con cui questa deve nutrirsi.

Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

I. ilarissimo padre in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, serva e schiava de* servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vero ortolano e governatore dell’orto dell’anima vostra e de’sudditi vostri. Noi siamo uno giardino,e veramente orto, del quale giardino cd orto n’ha fatto ortolano la prima Verità, la ragione col libero arbitrio, la quale ragione e libero arbitrio, coll’ajutorio della divina grazia ha a divellere le spine de’ vizj e piatitale Torbe odorifere delle virtù.

II. Ma non potrebbe piantare le virtù, se prima non [p. 159 modifica]rivoltasse la terra insieme colle spine, cioè la terra della propria volontà sensitiva, che non si diletta d’altro che di diletti terreni e transilorj, pieni di triboli, di spine, e di vizj e di peccati. Rivoltisi dunque questa terra, carissimo padre, per forza d’amore in questo punto del tempo che c’è rimasto, e si piantino le dolci e reali virtù, uno amore ineffabile tratto dello immaculato Agnello condito coli olio e dispiacimento di sè, con pazienzia vera, con fede viva e non morta, con vere operazioni, con uno dispiacimento del mondo, con una giustizia vera condita con misericordia verso i sudditi vostri, una obedienzia pronta a Cristo ed all'Ordine perseverante infino alla morte. All’Ordine dico d’essere osservatore dell’Ordine col santo e vero desiderio, con la vigilia e continua orazione, cioè che l’intelletto venghi sempre a raguardare e cognoscere sè non essere, e la bontà di Dio in sè, che è colui che è; unde a mano a mano seguita la continua orazione, che il continuo orare non è altroché uno santo desiderio ed affetto dolce d’amore, e l’affetto va dietro all’ intelletto; che fra le altre piante che gittano odore grandissimo in questo giardino, sono queste; e però io voglio che siate più sollecito, perchè qui trovarete la fame dell’onore di Dio e della salute dei sudditi vostri, e così adempirete la volontà sua ed il desiderio mio, che dissi che io desideravo di vedervi vero ortolano dell’anima vostra e de’sudditi vostri, perocché avendo fame della salute per onore di Dio, sarete sollicito di trargli di miseria e punire i difetti, ed esaltare coloro che sono virtuosi, e che vogliono vivere secondo l’Ordine.

III. Poiché ’l giardino è così ben fornito, voglio che alla guardia poniate il cane della coscienzia, e sia legato alla porta, sicché se i nemici venissero, e l’occhio dell’ intelletto dormisse, il cane abbai; poiché abbajando lo stimolo della coscienzia, l’occhio si desta, e fassi incontro a’nemici con l’odio e dispiacimento, .

subito ripara cd armasi con 1’arme dell’amore. Con[p. 160 modifica]i6o vienisi darli mangiare a questo cane, acciocché sia ben sollicito: il eibo suo non è altro che odio ed amore, portando nel vasello della vera umilità è tenuto con la mano della vera pazienzia; perocché fra 1’ odio e l’amore nasce 1 umiltà, e dolce e soave pazienzia; e quanto più cibo, più sollicitudine, e tanto diventa cauto questo cane, che eziandio passando li amici abbaja, perchè rintelletto si levi a vedere chi egli sono, e discernere se sono da Dio o no; e così non potrà essere ingannato l’ortolano, nè rubato il giardino, e non verrà il nemico a seminargli la zizzania dell’amor proprio, il quale amore proprio germina spine, ed affoga il seme delle virtù. Dateli bere, dateli bere a questo cane, cioè empite il vasello della memoria vostra del sangue di Cristo crocifìsso, e poneteglili innanzi continuamente, acciocché non muoja e perisca di sete.

Su, padre carissimo, diamo de’calci al mondo, con tutte le pompe, delizie e ricchezze sue, e poverello seguitate l’Agnello consumato e derelitto per noi in sul legno della santissima croce: non aspettiamo più tempo per T amor di Dio; perocché il tempo c’ è tolto fra le mani che Y uomo non se n’ avvede; e però non è senno dell’uomo d’aspettare quello che non ha, e perdere quello che egli ha. Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore. [p. 161 modifica]Annotazione alla Lettera 67.

(*) Il monistero di Passionano dell’Ordine di Vallombrosa, di coi era abbate qnesto doo Martino, è lungi da Siona diciotto miglia ed intorno a dodici di Firenze, nel territorio di questa citlii; ma nella diocesi di Fiesole fuori della strada, cbe d’ ordinario si tiene da chi da Siena ne va a Firenze. E qnesto monistero de’più antichi dell Ordine,

se non ebbe in sorte d’essere capo delti altri; essendo nna tal gloria del monistero di Vallombrosa, posto ancor esso in Toscana in una valle cinta d’altee folte selve d’abeti, onde trasse il nome i! Ombrosa, diciotlo miglia «la Firenze, ove s. Gio.


Gualberto die* principio al suo novello istituto, gode però questo di Passionano il secondo posto d’ onore; ed in oltre ha il vanto di conservare il corpo del santo fondatore, che Panno 1073 in qnesto monistero chiuse i suoi giorni carico d’nnni

più ancora di meriti.