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Fior di Sardegna/Capitolo XXXI

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Capitolo XXXI

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Capitolo XXX Capitolo XXXII
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XXXI.


— No, non sono pazzo! — risposagli pigliandole l’altra mano anche e stringendogliele entrambe fortemente. — Non sono pazzo. Lara, o se sono pazzo, sono pazzo di amore... Perchè ti amo, Lara, vedi, ti amo da più di un anno, dal giorno che mi accorsi che rassomigliavi perfettamente alla morta. Non so ciò che è accaduto in me d’allora in poi: qualche grande rivoluzione che mi riaccese il sangue nelle vene e ridonò il sorriso della vita alla mia mente e al mio cuore atrofizzati dal dolore.

«Più di una volta, nelle mie ore più cupe di disperazione e di sconforto, una voce misteriosa, la voce cara e adorata della morta, la tua voce, o Lara, mi confortò e mi disse: — Non piangere! Io ritornerò a te, alle tue braccia di fuoco, all’amor tuo! — E fidente in quella voce attesi, uno, due, sette anni! Nel mentre il mio cuore, il mio sangue dormivano, la passione ardente, pazza, che avevo nutrito per Lara, restava latente, assopita anch’essa in fondo alla mia anima, pronta però a risuscitare sempre grande e infuocata, insieme a Lara che dormiva e che non era morta, che non poteva esser morta... Essa è risuscitata da più di un anno, con lo stesso nome, la stessa età, lo stesso viso, la stessa voce. Sei tu, sei tu, tu sentimi, sei tu che finalmente ho ritrovato, che un momento fa ti vedevo andare e venire in questa camera, ove abbiamo trascorso tanti giorni felici, ti ricordi? ove ricomincerà la nostra felicità per non finire mai più! Lara. Sei sempre la stessa; bella, bianca, i grandi occhi pensosi e il vestito trasparente! Perchè hai tardato tanto a ritornare? Mi trovi un po’ vecchio, non è vero? Ma se tu sapessi come ho sofferto! Che... anni! che lunghi anni di [p. 149 modifica]angoscia e di tormento! Esser solo, sempre solo, dopo esserti vissuto vicino, solo, nella casa gelida e deserta ove ero stato così felice, presso il focolare spento e nelle stanze fatte oscure dal silenzio! Ma ora tutto svanirà! Tu sei tornata, mia diletta Lara! Tu sei risorta ed io non piangerò più, non starò più solo!...

E in un impeto di illusione e di amore, Marco strinse al suo seno la fanciulla, ma essa mandò un lieve grido e si svincolò dalle sue braccia. Allora il giovine si accorse che Lara piangeva a grosse lagrime e fu chiamato alla realtà!

— Perdonami! — disse con angoscia. — Tu hai ragione! Io sono pazzo! Ma non piangere, Lara, no, giù le mani dal volto e ascoltami bene. — Si appoggiò alla mensola di marmo, e intrecciando le mani sulla schiena, riprese, pallidissimo in volto, mentre Lara si asciugava le lagrime, pensando che in realtà il cugino conservava tutto il suo senno: — Nella mia vita non amai altri che tua cugina, ch’era perfettamente simile a te, come già ti dissi. L’amavo pazzamente, tanto che senza di lei la mia vita si rendeva impossibile. E la feci mia, nonostante gli ostacoli che si opponevano fra di noi e l’odio che la mia famiglia non cessò di prodigarmi anche dopo la sua morte. Con lei, che mi amava d’un amore eguale al mio, fui per qualche tempo il più felice fra i mortali, tanto felice, che la mia felicità mi spaventava, che mi chiedevo cosa mai avevo fatto di buono per meritarmela. Ma sul più bello, quando il mio amore per Lara era giunto al parossismo, alla venerazione, al delirio, la morte recise la sua giovine testa ed io rimasi solo, muto, desolato, davanti al cielo splendido che irrideva il mio dolore, fra i fiori che non mi servivano che per adornare una bara! — Marco tacque un istante, gli occhi socchiusi e le labbra tremanti al ricordo di quel giorno tremendo. Lara, che al suo solito credeva di sognare, vide una lagrima cadergli lungo la guancia di marmo, e non ci volle di meglio perchè anch’essa si rimettesse a piangere, pensando però al dolore che avrebbe sofferto lei stessa se Massimo fosse morto.

Le sembrava che Marco parlasse ad altri e che lei fosse semplice spettatrice; anzi, da un momento all’altro, pensava di gettarglisi al collo per confortarlo e carezzarlo come faceva da bambina. Ne sentiva una grande pietà, [p. 150 modifica]ma il suo cuore non palpitava nell’udirlo parlare di amore, e nello stesso tempo la vanità faceva capolino in fondo in fondo e le faceva chiedere perchè mai tanti uomini, belli, istruiti, moralmente grandi, infine, secondo il suo parere, si innamoravano così di lei. Ferragna riprese: — Ecco che ricominci, Lara! Finiscila e sentimi con attenzione. Non è un fanciullo che ti parla, è un uomo, «uomo», bada bene, un uomo serio che ti ha vista bambina e che ora ti ama giovinetta. Più volte ti dissi ch’ero vecchio, ma ciò non è: sono ancora giovane, molto giovane, Lara, non ostante i miei anni; però non sono più giovinetto che fa una dichiarazione d’amore così per passatempo, senza saperne quasi il perchè. Sono nell’età cui realmente si ama, in cui non si può tornare indietro, nè andare in avanti se per caso il mio amore venisse destinato all’infelicità eterna.... — Tu mi comprendi, Lara: tu che sei intelligente, che hai lo sguardo stesso, quindi lo stesso ingegno dell’altra....

— Dunque essa mi fu rapita! Fui per impazzire... non pensai al suicidio, perchè ciò è una viltà ed io non sono un vile: ma se avessi potuto morire senza cooperare neanche indirettamente alla mia morte, oh, come sarei stato contento! Vissi! Solo, in questa casa piena di memorie e di amore, trascinai la mia esistenza col sorriso sul labbro davanti alla folla che odia chi soffre, ma con le lagrime della solitudine amara di questa camera fredda e deserta, felice davanti agli uomini, ma col tarlo dello sconforto rinchiuso nel cuore. Oh, come ho sofferto, Lara! Come invocai la morte e l’oblio, quante notti di febbre trascorsi qui, qui, qui! E quante volte la sua dolce immagine, così vestita di bianco, così sottile e bella come sei tu, non sorse negli angoli oscuri di questa camera e mi disse: — Non piangere! Io devo ritornare! — Era una speranza stolta, un’illusione che calmava nella notte il mio spasimo, ma che mi faceva sorridere amaramente alla luce del giorno. Gli anni passavano: a poco a poco, sotto il mantello del tempo e della lontananza, il mio dolore sfumò: mi rimase una profonda melanconia e la sola speranza della morte che si avvicinava. Finii con credermi vecchio, ma un giorno sentii il mio cuore palpitare nuovamente, il sangue riscaldarsi nelle vene, e rividi la visione di Lara, la rividi però reale, vera, palpabile. [p. 151 modifica]tu! Ti ricordi? Eri malata, e io, consigliandoti di andare ai bagni, ti diedi un bacio.... Tu ti alterasti... io pensai che non eri più bambina e ti guardai e rividi in te Lara... Lara che da quel giorno ricominciai ad amare, che credetti fermamente risorta! Da quel giorno ho pensato sempre a te, ma attendevo che tu fossi un po’ più grande per spiegarti il mio segreto. Non lo avevi ancora indovinato? Io credevo di sì, perchè non ritornasti più qui, come da bambina, perchè ti vedevo sempre triste e riservata con me! Ho sperato sempre! Non è possibile che tu non mi ami! Sono convinto che l’anima di Lara si è trasmessa in te... quindi devi amarmi. Sì, devi amarmi, Lara! Poco importa che io abbia tanti anni più di te. Sento che la tua anima è grande più che non debba essere... e poi, Lara, tu sei istruita, sei intelligente, e nessuno potrebbe capirti quanto me, che ti vidi crescere e che t’ho sempre amato. O almeno son certo che non ami nessuno. Sei triste, perchè ti manca qualcosa necessaria alla tua anima come l’aria ai fiori. E’ l’amore! Lara, io t’offro il più grande amore che si possa desiderare... accettalo e sarai felice! Ecco che sorridi! Ah, mia diletta Lara, ho indovinato! Tu mi ami, o almeno mi amerai, non è vero? Oh, perchè non mi sono spiegato prima d’ora anticipando la nostra felicità? Come sarà contento tuo padre! Sai, diventerai la più ricca e felice dama di X***. Come saremo felici! Mi amerai, non è vero? Ma che dico? Mi ami già... mi hai sempre amato! Eri triste, perchè credevi che io non ti amassi... Invece!... Sorridi alfine, Lara mia, per sempre mia, e perdonami se non mi sono spiegato prima! Come ti amo! Ma tu pure mi ami, non è vero che mi ami?... — Dicendo così, Marco erasi avvicinato a Lara, tanto che le ultime parole gliele susurrò all’orecchio. Il silenzio e il rossore di Lara confermavano le sue speranze: essa non sapeva che dire, non trovava parole e si sbalordiva vedendo la strana illusione del cugino, verso cui essa non aveva assolutamente nutrito altro affetto che di parente, e che, come si è detto, considerava per non più giovane. La sua ardente loquela, che avrebbe commosso un masso non tanto per le parole ma per l’accento affannoso e appassionato e per la pronunzia affascinante, non riusciva che a farla più intensamente pensare a Massimo, a meditare sul dolore che avrebbe provato se lui [p. 152 modifica]fosse morto o avesse cessato di amarla. E sentiva meraviglia, spasimo, pietà. Che doveva fare? Rispondendo no, avrebbe recato un colpo doloroso al cugino, forse destato sospetto in lui, che l’avrebbe costretta a confessare il terribile segreto del suo amore. Rispondere che l’amava, poi, era impossibile, una menzogna che le ripugnava e la atterriva. Che fare, che fare? Marco intanto continuava eloquentemente il suo discorso, promettendole un paradiso d’amore e di felicità; ma lei non lo ascoltava più, gli occhi vaganti in cerca di un’idea, di un mezzo qualsiasi per sottrarsi diplomaticamente da quel pericolo tanto più compromettente perchè impreveduto, l’anima in cerca di Massimo per chiedergli un consiglio e un aiuto. — Se fosse stata libera di sè, o senza la paura di venire scoperto il suo amore, Lara forse avrebbe accettato il cuore di Marco e avrebbe consacrato a lui la stessa passione che consacrava a Massimo, o avrebbe risposto recisamente no; ma Marco era giunto troppo tardi, giunto in un momento in cui Lara non poteva più amarlo nè respingerlo francamente per non destare i suoi sospetti e forse anche la sua vendetta. Che fare, che fare? La povera fanciulla restava immobile sempre nel medesimo sito, le braccia tremanti, martoriando con le manina inguantate i nastri del suo vestito: giù dalla sala da ballo salivano le ultime note della quadriglia e il vociare confuso dei convitati, che nell’allegria ardente del divertimento non avevano posto mente alla lunga assenza del padrone di casa con la sua piccola dama; le candele continuavano a consumarsi con un acre profumo di fiori secchi, e già la luce cilestrina dell’alba, penetrando attraverso le cortine bianche, disegnava un circolo glauco, cinereo in fondo alla camera immersa in una strana tinta rossa smorzata. Non si può spiegare il motivo, ma è certo che spesso basta un riflesso, una nota, un’ombra, per dettare un’idea. Lara guardò il fondersi delle due luci, quella dell’alta e quella dei lumi spegnentisi, e un raggio le brillò negli occhi umidi di pianto. Ascoltò le ultime frasi di Marco, che la scongiurava a non aver vergogna nel dirgli francamente che l’amava, e gli rispose:

— Non posso risponderti ora, Marco, ma ti chiedo otto giorni, otto soli giorni. Te ne supplico, otto giorni [p. 153 modifica]soltanto!... — Questa strana risposta fu un getto di ghiaccio sull’entusiasmo e la speranza del cugino.

— Otto giorni! — disse chinando la testa con delusione. — E sieno! Ricordati però che si tratta della mia vita o della mia morte.

— Lo ricorderò! — rispose Lara con una leggera smorfia di incredulità.

E ridiscesero nella sala da ballo, mentre finiva la lunga quadriglia comandata dal re della festa.