Gazzetta Musicale di Milano, 1843/N. 16

Da Wikisource.
N. 16 - 16 aprile 1843

../N. 15 ../N. 17 IncludiIntestazione 10 gennaio 2022 25% Da definire

N. 15 N. 17

[p. 65 modifica]GAZZETTA MUSICALE ANNO II. LUNEDI N. 16.» Aprile 845. Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica c moderna, destinati a comporre un volume in 1." di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia CLASSICA MUSICALE. DI MILANO. La musique, par de» inflexions vives, accentuées, et, • pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas• lions,peint tous les tableaux, rend tous les objets,» loumef la nature entière à ses savantes imitations,» et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sen• timents propres à l’émouvoir. • J. J. Boussbjv. Il prezzo dell’associazione alla Gazzetta c M’Antologia classica musicale è dieffett. Aust. L. 12 per semestre, ed effett. Aust. L. 14 affrancata di porto fino ai confinidella Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione annuale. — I.a spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente c franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Bicordi, nel modo indicalo nel Manifesto. — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ulllcio della Gazzetta in casa Bicordi, contraila degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Urtici postali. — Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto. m oh xtnio. I. Ceitica Musicalb. Lezioni d’armonia scritte da Domenico Quadri, ecc. - II. Musica Sacra. Il Salmo Laudate a due cori reali, ecc. - III. Teatro Francese. I Burgravi di Vittor Ugo. - IV. Bibliogiiaeia Musicale. - V. Entusiasmo hi Beethoven. - VI. Notizie Musicali Diverse. - VII. Dizionario Musicale Critico-Umoristico. CRITICA MUSICALE. Lezioni il’Arnionia scritte da Doni:Mti> ijitiiRi vicentino, per facilitare lo Ktutllo del Contrappunto. Terza edizione. Konia dal tipi di Angelo invi. 1841.

  • W?er quanto spetta all’ordine nella

Viclassificazione delle materie, in

  • Ingenerale nell’opera del Quadri

«è osservato. Se non che la leK zione ottava, la più importante di tutte, è un continuo saltare di palo in frasca; è un manicaretto nel quale trovi un po’ di tutto: tuoni, contrappunto, modulazione, forma dei componimenti, salvo ciò che importerebbe, la modulazione ben isviluppata. D’altra parte, perchè separare la classe degli accordi consonanti da quella dei dissonanti, inframettendovi la teoria della modulazione? Forse che questa non si vale anco degli accordi dissonanti? Riguardata quest’opera in quanto alla logica che regna nella sua esposizione, mi è forza il dire che io non conosco la peggiore fra quante me ne capitarono fra fé mani in questo genere. Leggerezza di raziocinio, inconseguenze, contraddizioni, logomachie inutili, solismi e un continuo aflermare senza provare: ecco i principali caratteri dell’opera riguardata da questo lato. Perfino il di lei titolo non risponde pienamente al contenuto: quello annunzia Lezioni d’Armonia, e l’ultima di esse lezioni riguarda quasi al tutto la melodia; quello indica che lo scopo dell’opera è il facilitare lo studio del contrappunto, e nel corpo dell’opera medesima il contrappunto è qualificato come un leggiero iniziamento del sapere musicale. Resta a dire dell’elocuzione; e qui è forse il maggior pregio dell’opera. Il signor

Quadri espone le sue idee, distinte o conf

fuse, vere o false, succose o insignificanti, | consentanee o contraddittorie, con una diJ citura non affatto corretta, non affatto trascurata, e che partecipa del famigliare e del triviale, ma per lo più chiara, e molto adattata alla capacità della maggior parte di coloro che allo studio della musica si dedicano. Quindi io credo sia stata inferita la chiarezza tanto vantata dal cav. Quaranta, dalla Gazzetta Musicale di Vienna, dal professore Booth, e dal maestro Picchi; la quale, per non so quale fascino, pare abbia chiuso gli occhi di questi eruditi sugli errori onde va formicolando l’opera del Quadri: atlalchè essi giunsero a proclamarla concisa, breve, chiara, nuova, profondamente scientifica e ragionata. Il voto di queste persone autorevoli mi obbliga a dire ancora alcuna cosa non solamente della chiarezza, che è il mio proposito, ma eziandio della concisione e della brevità delle Lezioni d’Armonia. Della novità, scienza e logica ch’esse racchiudono, mi pare di aver già detto quanto basta. Concisione, brevità, chiarezza: ecco tre qualità di un’opera didascalica, che inviterebbero a studiarla il più schivo. Elle sono le più ricercate al giorno d’oggi, come quelle che procurano risparmio di tempo e di fatica. Tutto il rimanente è riputato quasi un nulla: s’impari molto o poco; bene o male, non importa, purché s’impari presto e con poco studio. Questo pregiudizio, che pur troppo ha preso radice in molti, spiega il motivo per cui molte opere dettate con sapienza, comecché grande sia il profitto che da esse si può ricavare, tuttavia sono avute in non cale, rigettate, obbliate, perchè da chi vuole penetrarle, richiedono lunga e seria applicazione; laddove appena comparisce uri libro che ha in qualche modo una bella apparenza, e che promette d’insegnar l’arte nel corso di poche lezioni, come il metopo americano, la calligrafia, e subito, senza valutare l’utilità o il danno che indi può emergere, si leva a cielo, si proclama quasi il migliore di tutti i libri, se ne esauriscono le edizioni, si traduce in altre lingue, ecc. Non c’illudiamo: l’arte musica non è sì facile ad apprendersi come il pretende il sig. Quadri; ella ha, eziandio nella sua parte scibile, un lato arcano che non si penetra se non per forza d’istinto molto sviluppato, o di studio lungo e indefesso sopra opere che l’ingegno umano non potrà mai rendere di quella chiarezza che pur vorrebbe la moltitudine, perchè la natura della musica stessa noi comporta. Ma io m’avveggo di esser tratto fuori del mio proposito: mi si perdoni la digressione, e torniamo a noi. L’opera del Quadri ha ella infine le tre qualità sopraddette? Io ne dubito assai: imperciocché mi pare che da quanto abbiamo osservato finora debba conseguitare che il signor Quadri non è conciso, se non in quanto si fa astrazione da tutto ciò che ha di superfluo nel suo libro; e non è breve, se non in quanto vi ha lasciato immense lacune. Riguardo alla chiarezza poi, come può essere dove si sta in quasi perfetto divorzio con la buona logica? Io vo’ concedere che, considerale ad una ad una le proposizioni del Quadri, si trovino per la massima parte (cioè tutte quelle che m sè stesse non racchiudono contraddizione o insignificanza evidenti) chiare, anzi chiarissime: perocché in tal caso la chiarezza dell’esposto nasce da quella della dicitura. Ma al certo non sarà che pretesa dove si mettano in confronto diverse proposizioni, le quali, lontane dal sorreggersi, dallo spiegarsi scambievolmente, come dovrebbero, formano invece un discorso inconcludente, o sono tali che il senso dell’una distrugge ed annienta il senso dell’altra. Riandando gli articoli precedenti, si troverà più d’un esempio a - conferma di quanto dico. Ma dove pure si dovessero col nome di chiarezza decorare siffatte anomalie, a che servirebb’ella se non a far parere verità gli errori, e ad abbindolare gl’inesperti? La chiarezza del Quadri è seduzione; è l’orpello che scambia talvolta in pregi apparenti i difetti reali di un libro. Eccomi al termine della mia critica. Ma non prenderò commiato da’ miei lettori, se prima non mi rendo giustificato di un’accusa che taluno per avventura potrebbe muovermi; ed è che io abbia giudicato il libro del sig. Quadri con troppa severità. Io non so se il pane debba dirsi altrimenti che parie; ma, supposto anc#ra che io avessi dovuto talvolta raddolcire le mie espressioni più di quel che ho fatto, mi confido d’impetrare benignità quando si rifletta che di siffatta maniera ho proceduto: i. perchè il sig. Quadri non tralascia di censurare altrui dovunque gli si presenta occasione; 2. perchè ho esaminato l’opera di coscienza e senza pregiudizi; e che ciò sia, non ho azzardato una proposizione che non mi sia paruta evidente per sè stessa, od appoggiata con buone ragioni: salvo quelle che riesciranno quasi indifferenti al mio proposito, o mi avrebbero tratto a soverchia prolissità: chè molto mi resterebbe a dire volessi sciorinare apertamente altrui le magagne ai tale oper [p. 66 modifica]guisa che si parano davanti a’miei} A. perchè gli oltramontani stanno continuo con gli occhi spalancati a vedere se mai trovano occasione di ridersi de’ fatti nostri: onde ho creduto minor male che il librò del Quadri (posto che sia quale io Io reputo) venga prima da noi che da essi giudicato} 5. perchè, se non v’ha chi possa ragionevolmente dire la sua opinione infallibilmente conforme al vero, tanto meno io credo di potermi arrogare tale infallibilità: e perciò non dubito che il sig. Quadri risponderà con buone ragioni alle mie censure, affinchè il pubblico possa rettamente decidere sul mento della di lui opera} e in tal caso gli auguro, per vantaggio dell’arte, ch’egli mi dimostri ciò che per ora non so vedere, cioè che il suo libro sia buono. Luigi Rossi. MUSICA SACRA Il Salmo Tumulale a due cori reali con accompagnamento di Organo e di Contralilmsgo, Scritto dal celebre maestro Francesco Basily per la Sacra Santa Basilica di S. Pietro in Roma, ed eseguito il giorno 18 ge.nnajo 1845. ( Vedi il N. 15 di questa Gazzetta.) Superiormente ad ogni encomio sono trattate le parole Quis sicut Dominus Deus nosler? nelle quali il carattere dell’interrogativo è così ben pronunciato che non si potrebbe certamente desiderare di meglio. A tal uopo l’autore fa incominciare in concerto il primo coro colla sola parola Quis modulando con vaghissima armonia di terzo rivolto da tono di la a quello di re. Nella battuta successiva risponde il secondo coro Quis ed il primo prosiegue la frase quis sicut Dominus cui tien dietro il secondo coro con la replica identifica delle stesse parole, non più in re ma in si: dopo ciò continua il primo coro con il rimanente della frase Deus nosler. ripetendosi sulla quinta del tono primitivo,dopo di che i due cori si rispóndono alternativamente sulla tonale quis sicut Dominus per poi soffermarsi sulla quinta. L’effetto di queste parole è immenso. Che non dovrò dire della successiva frase: Qui in altis habitus? Procurerò di porre sotto l’occhio del lettore l’ingegnoso artifizio del sommo maestro. Ma mi si permetta in prima una breve digressione. Quando l’ignoranza o la malignità vuole perseguitare un nobile ingegno, gli uomini non isdegnauo ■ punto lo incolpare altrui nella più insulsa guisa. Fu detto del Basily, poiché la sua celebrità non era più da revocarsi in dubbio, essere egli un autore difficile. Questo è l’addiettivo che simili saccentuzzi vanno susurrando all’orecchio dei dilettanti e delle donne. Ma di grazia che intendono dire perciò?che cosa è difficoltà in fatto di musica? può un maestro veramente dotto essere difficile? Tali inchieste faccio, non a questi accusatori, ma a me stesso. La mia logica che si aspetta alla logica dei benevoli lettori mi risponde, che un maestro veramente dotto non può essere difficile che per coloro i quali non conoscono gli elementi per saperlo leggerle, e vorrebbero aggravare altrui del peso della propria ignoranza. La difficoltà di un autore nasce dalla imperizia, difetto che, come ognun vede, si oppone diametralmente alla dottrina} e questa è la causa che produce la difficoltà nelle opere dei principianti. Questa imperizia nel giovine autore che non è del tutto addentro ai misteri dell’arte, è causa che le parti non siano disposte in guisa da rendersi facile e sicura l’intonazione. In questo caso soltanto la musica sarà veramente difficile perchè sovente in contrasto colle leggi fisiche ed immutabili dell’organo della voce. Ma ciò potrà aver luogo nella musica del nostro autore?, Se, come parmi aver dimostrato, la difficoltà è figlia dell’imperizia, la musica del Basily dovrà esser facile anzi che no, e seppure evvi esempio, che gli esecutori vi si accingessero titubanti, egli è d’accagionarne la mala impressione in loro nata per la suddetta accusa, e più ancora per essere la di lui musica originale e per nulla plagiaria. La musica del Basily è un linguaggio robusto, espressivo, melodico ed armonico ad un tempo, coll’impronta della più sana filosofia, e per conseguenza d’originalità. E ben mi torna caro potere per l’appunto con un novello esempio pratico del suo portentoso ingegno venire opportunamente in soccorso del mio dire. Le parole qui in altis habitus richiedono che l’animo dell’uditore venga scosso quasi da mano celeste che a lui ricordi lo supreme sfere sulle quali siede l’Onnipotente. Nulla di più opportuno di un ardito passaggio bensì, ma che non offenda l’orecchio, e questo passaggio, per non scemare di effetto, è d’uopo si operi rapidamente. Ecco come l’egregio autore si accinge ad effettuare un passaggio armonico repentino il quale, se per la natura dei toni che non mancano di qualche relazione fra loro, non è arduo, lo sarebbe ciò non pertanto, attesa l’esecuzione delle voci col solo accompagnamento d’organo e contrabbassi, se dal nostro difficile maestro non si operasse colla massima facilità per gli esecutori. Fermatasi come dissi la modulazione in mi, quinta del tono principale, l’autore fa incominciare il soprano ed il contralto del primo coro tenendo ambedue il mi quinta del tono di la che stanno per abbandonare. L’organo e di contrabbassi danno le stesse note unisone, e mantenendosi per due battute la nota mi si cantano le parole qui in altis ed alla replica delle parole cadendo sulla terza battuta, le parti estreme d’ambo i cori passano ad un fa naturale mentre le medie danno le relative armonie di terza e quinta, che nella successiva battuta cangiansi in quarta e sesta, ed eccoci per tal guisa dal tono di la tre diesis, in quello SS. fa naturale di bemolle. Per singolare gentilezza ed umanità dell’eccelentiss. Mons. Riario Sforza, Prefetto della Cappella Giulia al Vaticano, ho sott’occhio la partitura di questo Laudate ed oso affermare che anche un principiante di solfeggio non potrebbe incontrare difficoltà alcuna dal lato dell’intonazione nell’eseguire la parte affidatagli, tanta è la naturalezza, la sagacità e la grand’arte che appunto si manifesta nella ammirabile facilità di questo sommo compositore nel vergare queste magnifiche note. 11 dire che l’effetto raggiunto da questo passo non fu dissimile a scossa elettrica, sembrerà concetto esagerato o meno che vero a coloro i quali, profani a questa bell’arte, non sanno che questo grandioso genere di musica, eccheggiando sotto le vòlte di S. Pietro e sotto l’influenza ancora di nostra augusta Religione, ha tal possanza da rapirci, da entusiasmarci, e trasportarci fuori di noi medesimi. Nelle parole successive et humilia incominciano parimente i soprani, e tenori del primo coro con la sola nota la accompagnata come sopra dall’organo coll’unisono, e nella successiva battuta i bassi danno il fa naturale per portarsi nella battola susseguente sul mi con quarta e sesta minore come quinta di la minore} il secondo coro ripete et humilia, parimenti con l’accordo di quarta e sesta minore col dare però al basso, che nella seconda battuta scende sul re diesis, l’accordo di settima diminuita col quale la modulazione viene a fermarsi sulla quinta di la con terza maggiore e quinta. Le parole respicit in coelo et in terra sono soggetto di proposte e risposte modulanti sul la minore e sua quinta. Suscitans a terra inope/n dà luogo ad alcune imitazioni canoniche che si uniscono in pieno concerto del primo coro rispondendogli ad intervalli il secondo coro a terra suscitans. Questo tratto si aggira su i toni di fi diesis, di si minore e di re con mirabile concatenazione di accordi. Le parole et de stèrcore erigens pauperem ut collocet eum cum principibus danno luogo in ambo i cori a piacevoli imitazioni, a bellissimi artifizi a melodiosi concerti a due, tre, e quattro. Le parole Qui habitare facit sterilem in domo sono trattate con un magnifico concerto di ambo i cori sopra un pedale di ottimo effetto. Questo bellissimo pieno è seguito da nuove vaghezze di contrapmnto, e di melodie a svariati a solo del’uno, e dell’altro coro. Nelle parole matrem f lionati lactantem. è da osservarsi la vivacità del movimento del basso. Al termine della suddetta frase l’autore pone la modulazione in mi maggiore, e nella successiva battuta, tocco dai bassi il re naturale, considerato come terzo rivolto di mi egli si riconduce rapidamente al tono principale sul quale egli si posa nella seconda battuta del gloria annunciato dal primo basso del primo coro. Sembrerà per avventura a taluni che questo salmo dovesse terminarsi coll’indispensabile gloria fugato, forse perchè i più hanno tenuto tal metodo} il nostro autore però, per la sola eccellente ragione che così non gli ha garbato, non trattò il gloria a fuga propriamente detta, ma bensì nello stile su esposto innestandolo di quanti fiori e grazie di melodia e di severi artifici di contrappunto può suggerire l’arte a’ suoi più fedeli divoti. L’effetto ne è sempre vivo e mirabilmente crescente sino al termine di questa stupenda composizione, poiché le imitazioni, l’entrate, le risposte, le frasi a due, a tre, a quattro, vanno sifattamente aumentando, stringendosi ed incalzandosi, come appunto si potrebbe desiderare nella più elaborata stretta di tema fugato, e parmi, se non erro, anche con più verità, novità ed eleganza. La durata di soli dodici minuti è al parer mio l’unico difetto che ho rinvenuto in questa classica creazione. II bello su questa nostra terra è così raro che dai pochi, ai quali è dato di produrlo, si vorrebbe che ce ne venisse prolungata la durata. Se questo capo-lavoro potesse essere fatto di pubblica ragione, io mi sarei astenuto dal parlarne, poiché vengono meno le parole a tante bellezze, non diversamente che male mi avviserei di parlare di un quadro, cui fosse dato a tutti d’ammirare coi propri occhi. Ma essendo proprietà esclu [p. 67 modifica]siva dell"’archivio di S. Pietro, ho creduto non far cosa discara ai colti lettori di questo foglio musicale lenendo loro discorso di un pezzo cotanto sublime, affinché meco si rallegrino oguor più che un Basily grandeggi alla testa del ristretto drappello dei nostri valorosi maestri da Chiesa, ed a freno ancora di certe inesatte ed inurbane invettive, giunga l’avviso agli stranieri, che in questa classica terra delle arti, vivono tuttora de’ nobili ingegni i quali, benché per la tristizia dei tempi e per la scellerata invidia non vadano lieti di tutta quella onoranza, che pur dovrebbono, sono tali però da ricordare all’Italia le passate glorie mercè le presenti opere loro promettitrici benanco di propizio avvenire. Roma il... 1845 A. Carcano TEATRO FRANCESE I BURGB1VI DI VITTOR i(;o Ad onta delle insinuazioni di alcuni giornali, clic cercano di attribuire il successo del nuovo dramma di Ilugo alla benevola indulgenza dello spirito di partilo c di setta, sembra certo per altro che i Burgravi sicno stati accolti dal pubblico parigino con una quasi unanimità di entusiasmo, c che gli stessi più sistematici oppositori del grande romantico, abbiano dovuto chinare il capo dinanzi alla prepotente magia d’un genio, che sa colorire persino le stranezze più spinte colle brillanti tinte d’una ricca poesia. Tutto ciò clic v’è di debole, di contorto, di esagerato nei fatti c nelle situazioni; la centenaria energia dei suoi eroi; le vendette covate nel silenzio, nel mistero per molti anni c clic brillano sempre vivaci ed ardenti come l’eterna c mitologica fiamma di Vesta; i colloqui nei sotterranei, dinanzi alle tombe degli avi, fra il lezzo della distruzione umana, c fra scheletri che si innalzano a ricordare il tradimento ed il fratricidio; i fanciulli rapiti c conservati al parricidio; l’amore puro c santo di due angeli convcrtito in arma di seduzione che trascina al più terribile delitto; uno dc’pcrsonaggi più storici del mondo, Federico Barbarossa, fatto risorgere dopo quarantanni dalla sua tomba d’Oricnte per presentarlo come ministro di giustizia e di castigo a questi uomini dalle vesti c dal cuore di ferro c che finisce eoi farsi sensale di matrimonii, tutti questi e i mille altri arcostatismi del cervello drammatico di Viltor Hugo scomparvero quasi dinanzi agli splendidi riflessi di scene piene d’interesse e d’effetto, c svolte con un magico talento e con incredibile lusso di fanNoi cercheremo di dare un rapido schizzo dell’argomento di questo singolare lavoro. Diremo però prima di tutto che Vitlor Ilugo si è stancato di chiamar parli le divisioni dei- suoi drammi; egli sollevò la sua ambizione ad un epiteto greco, c gli affissi del teatro comparvero colla parola trilogia; ma questo grano d’incenso abbruciato sotto il naso della musa classica, ebbe la sfortuna di spandere i suoi profumi mal a proposio, giacche la trilogia dovrebbe indicare tre azioni separate, distinte, rappresentanti tre epoche diverse di un avvenimento qualunque, c non già i tre atti d’un dramma, ligio alla fedeltà aristotelica delle ventiquattro ore, e clic non ha che una sola catastrofe. Ciascuna sezione di questa trilogia ha il suo titolo; la prima fu battezzata VAicul, lè Mcndiant la seconda, ed in fine la terza le Caveau perdu. ’ (ìuanumhara, scssanfanni prima del principio dell’azione non ne avea che venti; essa allora si chiamava Ginevra, ed amava da vera c bollente italiana, ed era amata come si può esserlo quando il cuore ed il resto sono scaldati dalle inebbrianli illusioni c dal vigore della giovanezza. Ma l’amante della bella Còrsa è ucciso dal fratello, l’infelice superstite è venduta, e passa da padrone a padrone come una schiava, c se sopravvive alle angoscio ed all’ignominia, si è perchè nella sua anima s agita la più terribile c la più còrsa delle passioni, la vendetta! Una vendetta maturata per scssant’anni in un’epoca in cui non v’erano compagnie d’assicurazione sulla vita dell’uomo, non è certo una vendetta comune, c meritava quindi d’avere una catastrofe sufficientemente spaventosa. Ginevra di fatti medita niente di meno d’un piccolo parricidio..Mille perdoni se non può darvi di più! Vi sono due giovani creature, Regina, deliziosa orfana c pupilla del Burgravio Job, cd Otbcrlo, uno di quegli croi dei drammi clic hanno il privilegio di non conoscere ne padre, nè madre, c queste due creature si amano, come Ginevra amava ed era amata a vent’annihe scene a cui dà luogo quest’amore giovane, fresco grazioso, pudico, che veste di rosa le guancie c che fa battere due cuori pieni di vita e di speranza, sono, a quanto ne dicono i critici francesi, le migliori della trilogia. Sono i soli momenti in cui non si vedano occhi cavernosi, capelli bianchi, fronti rugate, membra cadenti, voci rauche, fiocchc, sepolcrali; c la natura vivace, ardente, briosa, ricca di semplicità c di poesia clic getta i suoi profumi per un istante fra tutto questo ammasso di ossa sfuggite per accidente alla falce della morte. E inutile che io sveli l’arcano; Otbcrto co’ suoi vent’anni è figlio di Job clic ne ha per lo meno cento; paternità d’eccezione, che si può ammettere piuttosto per una supposizione, drammatica clic per una dimostrazione medica. A questo proposito uno dei critici francesi narra il seguente aneddoto. Napoleone chiese un giorno al celebre Corvisart se un uomo di cinquantanni potesse aver figli - Raramente, rispose il dottore - Ed un uomo di sessanta? aggiunse Napoleone Giammai, disse. Corvisart. - Ed uno di settanta? - Sempre - Napoleone sorrise. Or bene, voi vedete chiaramente l’intenzione del poeta c di Ginevra; Otbcrto ucciderà Job, il padre sarà sacrificato dal figlio. Per giungere a questo scopo, Ginevra si approfitta d’una malattia di languore, clic minaccia di troncare 1 giorni di Regina; l’atroce vecchia promette ad Otbcrto di salvare la sua innamorata, purché egli si compiaccia di pugnalare un uomo, che gli verrà accennalo. Otbcrto promette, Regina è risanata, c la vendetta s’incammina superbamente. Trattanlo mentre Job vive nella solitudine, in preda ai rimorsi del fratricidio, i giocondi suoi nipoti cantano canzoni d’amore e vuotano lietamente delle bottiglie. Ma le ebbrezze dell’orgia sono interrotte da colpi reiterali battuti alla porta del castello; un mendicante domanda un’ospitalità che vien rifiutata; allora Job compare nella sala del festino, c comanda clic il mendicante sia introdotto. Tulli si chinano innanzi alla volontà di ferro dell’antico Burgravio, cd il mendicante c ricevuto con gran pompa, quasi fosse lo stesso imperatore. Questa scena fu giudicata sublime, c produsse un indescrivibile effetto. lo debbo omettere tulli gli cpisodii, per attenermi crudamente ai fatti principali. Il mendicante è inflitti l’imperatore, clic dopo quarunt’anni, consumati chi sa dove e come, torna fra queste generazioni clic offrono tulle le gradazioni degli sladii della vita umana dalla gioventù alla decrepitezza, eccitando la più ragionevole meraviglia, giacche tutti, compresa la storia, credevano in buona fede che I’cderioo fosse morto per essersi bagnato ncll’acquc del Cidno. Tutti i dubbj c le incertezze cadono per altro innanzi alla più evidente delle prove; Job, combattendo un giorno contro l’imperatore, lo aveva ferito in una mano; la cicatrice v’è ancora, dunque il mendicante è l’imperatore. Sicto mollo difficili se trovale qualche cosa da dire su tale argomento. Tutti cadono ai piedi dell’imperatore; lo stesso Job obblia le sue antiche lagnanze, c chiede a Federico in che possa servirlo, c Federico gl’imponc di recarsi al caveau perdu; Job obbedisce. In questo caveau perdu successe sessant’anni prima il fratricidio; fu là che Job, pazzo di rabbia c di gelosia uccise l’amante di Ginevra, c ne fece gettare il cadavere nel Reno; cd è in questo luogo tenebroso che Job viene tutte le sere a piangere una colpa, la cui crudele rimembranza non fu distrutta da tanto volgere d’anni. Mentre Job sta dunque li ad aspettare gli ordini di Federico, Ginevra compare. Essa si svela a questo Caino, gli rimprovera l’infame suo delitto c gliene annunzia la punizione. Imi essa che rapì Otbcrto, fu essa che mise nelle sue mani un pugnale, fu essa che preparò l’esecranda catastrofe in cui il padre sentirà nelle sue viscere il freddo tocco del ferro del figlio. Il cuore di Job non può reggere a questa orrenda rivelazione, ma Ginevra è implacabile. Se Job non si lascia uccidere tranquillamente, essa e la, armata d’un formidabile potere, cd il figlio pagherà la pena sfuggita dal padre. Otbcrto compare, e qui succede la scena più straziante; il genio potente di Ilugo si compiacque nel colorire magnificamente l’orribile straordinaria situazione d’un padre, che deve permettere che un figlio, un figlio perduto e pianto da tanto tempo, si bagni nel sangue clic gli deve esser più sacro, c ciò per salvargli la vita. Per un momento la voce della natura grida nell’animo di Job, egli chiama Olbcrto suo figlio, vorrebbe stringerlo al seno, ma quando pensa a Ginevra clic è là, clic vede lutto, clic ascolta tutto, preso da terrore c da raccapriccio egli esclama - No, non sono tuo padre, uccidimi - c s’inginocchia ai piedi di suo figlio per implorare un colpo di pugnale!- Ma in quell’istante, se Dio vuole! arriva Barbarossa, che per un incredibile aumento di paradossi, dice di essere fratello di Job, c l’imperatore perdona a Job, perdona a tutti, cd unisce Regina cd Olherto in legale c legittimo matrimonio. Ginevra che aveva aspettala sessantanni la vendetta, c che ad onta di tanta pazienza’se la vede sfuggire, non ha più il coraggio di ricominciare da capo; essa pensa clic sarebbe forse un burlarsi della natura attendere ancora per un altro mezzo secolo; ma ligia però alia sua smania di ammazzar qualche cosa, tanto per non perdere il suo tempo, si avvelena, c si Ai trasportare sul cataletto elle dovca servire pel cadavere di Job. La povera creatura! essa s’era data tanti affanni, avea maturato quel tal parricidio per tanto tempo per un ingrato di nuova Stampa; credete voi che Federico, l’amante clic essa voleva vendicare tanto luminosamente, si sia data la pena di dirle un ti ringraziar Neppure per sogno; il piccolo scrcanzato non si è nemmeno compiaccialo di ricordarsi clic Ginevra era stala un giorno, ma un giorno! la sua bella cd adorata regina. Queste sono le fila più eminenti della tela su cui Vittor Hugo ha gettati gli splendidi c caldi colori della sua poesia; fu svolgendo un tale argomento clic Vittor Hugo trovo degli ammirabili versi, delle brillanti ispirazioni, delle situazioni scintillanti di passione c di grandezza. La critica analizzò con severità l’insieme di questo grande lavoro c lo trovò imperfetto; ma scendendo ai dettagli essa ammirò questa fantasia inessicabile, qucst’imaginazionc fervida, che si compiace dello strano, dell’assurdo e dell’incredibile, ma che tocca le più arcane fibre del cuore, che vi seduce coll’abbagliante prestigio della sua parola, clic fa parlare alle passioni un grande e sublime linguaggio. La mise en scene e l’esecuzione «li questo dramma furono corrispondenti all’importanza del lavoro; tutto le decorazioni erano splendide, c gli artisti fecero pompa di zelo c di talento nell’interpretare la creazione di Viltor Ilugo. Madama Mclinguc, sostenne superbamente la parte di Giiannmhara, e Janin assicura che, questa giovane, e bella donna fu l’anima del dramma: essa è stata attiva, intelligente, abile, appassionata, crudele, tale insomma quale lo esigeva lo spirito della sua parte. La Maxime, a cui era stata ritirata la parte da Vitlor Ilugo, e che aveva perciò ricorso ai tribunali, fu cosi condannata due volle in un giorno. Essa perde la sua causa innanzi ai giudici cd innanzi al pubblico. BIBLIOGRAFIA|MUSICALE GoiuiEUt, Album «Due inelmlie]vnriate - c Divertimento sopra motivi del Guglielmo Teli. Il Golinclli, allievo da prima del maestro Donclli, quindi coadiuvato dagli eccellenti consigli di un Corticelli c sopra tutto di un Hiller, 11011 può annoverarsi fra que’ pianisti compositori più ansiosi di rintracciare il difficile clic il bello, nè tampoco, come abbiamo già osservato, fra quelli clic per insufficienza di idee proprie continuamente usurpano altrui motivi, i quali dalla voce venendo trasportati sul pianoforte, c adattati alle esigenze che la vigente moda per questo universale stromenlo prescrive, il più delle volte vengono snaturati. Golinclli avanti ogni cosa, mira dilettare chi eseguisce od ascolta le sue opere, c ncll’istcsso tempo meritarsi delle giuste lodi; perciò solo qualche volta, quasi in via di transazione fra il proprio convincimento ed il gusto predominante, lasciasi indurre a pubblicare pezzi trascendentali per difficoltà, o servili all’abuso, ora applaudito, di far proprj i pensieri altrui. Nel complesso delle sue composizioni domina il buon gusto, anche nell’immaginare motivi aggradcvoli cd affettuosi. ’L’album in proposito viene all’appoggio delle qui espresse riflessioni. Di esso il N.° t (Preludio) ad arpeggi di biscrome a sestine fra le duo mani incavalcalo serve ad cspcrimcntarc la finezza c facilità del tocco; la Marcia funebre in sol minore mano mano si avanza acquista più energica espressione ed una tinta più penetrante; la Toccala sebbene non conservi ognora una certa quale unità di movimenti o di figure coinè sembrerebbe richiedersi dalla denominazione del pezzo e si divaghi in frasi che potrebbero dirsi episodiche, è però da tenersi per la più appassionata c in un brillante clic da qualche tempo siasi composta da’ pianisti italiani, i quali nello scrivere componimenti di questa specie si acquistarono non volgare vanto, cominciando da Frcscobaldi, che ne inventò il tipo, passando a Clementi, poi ad Asioli c Pollini, egregio autore per adozione italiano. - I due Notturni al N.° 4, hanno i pregi e i difetti della settima opera del Golinclli, di cui già si fece menzione in questo giornale; nessuno però potrà interpretarli senza rimanerne commossi. Lo Scherzo, giustifica il suo titolo eziandio per certe quinte assai ripetute, cd è quasi un esercizio dcll’appoggiatura, o meglio acciaccatura giusta la distinzione segnata nel nuovo Metodo del Novella. L’album compicsi con tre Pensieri diversi, forse immaginati per assecondare le inchieste di qualche signora clic amò abbellire il proprio lieepsake di un autografo del valente pianista bolognese. Alla melodia variata de’ Puritani può assegnarsi un posto distinto fra le produzioni per pianoforte destinale [p. 68 modifica]"«UH* S-SS5T*** 3 3 §.3 r*»süSM9Hm?! STiS.-i.iffigie* III 111!!* -og«