Gazzetta Musicale di Milano, 1843/N. 44

Da Wikisource.
N. 44 - 29 ottobre 1843

../N. 43 ../N. 45 IncludiIntestazione 10 gennaio 2022 25% Da definire

N. 43 N. 45

[p. 185 modifica]— «85 GAZZETTA MUSICALE ANNO II. domenica N. 44. 29 Ottobre 1845. Si pubblica ogni domenica. — Nel corso deH’nnno si danno ai signori Associali dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio’ figurato si intitolerà AsDI MILANO:e.par des inflexions vives, accentuées, et, si dire, partantes, exprime toutes les pastint tous les tableaux, rend tous les objets, a nature entière à ses savantes imitations, ainsi jusqu’au coeur de l’homme des «enpropres à l’émouvoir. • J. J. Hovsskju. Il prezzo dell’associazione alla Gazzetta c M’Antologia classica musicale è dicfTetl. Aust. I,. 12 per semestre, ed cITctt. Aust. L. 14 affrancata di porlo fino ni confini della Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione annuale. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente c franca di porto ni diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto. — Le associazioni si ricevono in Milano presso I Ufiicio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Oincnoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Urtici postali. — Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto. S OH MARI O. I. Studi istorici. Jacopo Peri. II. Biografia. Giambattista Pcrgolesi.- III. La Luchkzia di PossahixiI teatro Re. - IV. Varikta’. - V. Notizie Diverse. - VI. Nuove Pubblicaziosi Musicali. STUDJ ISTORICI JACOPO PERI nquant’anni eran già scorsi da,che il gonfalone della repubblica ’più non era in Firenze il distintivo della suprema autorità. Ri. dotta in un sol principe la somma delle cose di quel governo, i cittadini vennero a perdere in parte quella importanza che iti faccia dello stato aveano avuto nei tre secoli anteriori in cui la repubblica sostenne una parte gloriosa nelle politiche vicissitudini d’Italia. Per tal cagione i costumi del popolo subirono in breve un notabile cambiamento. Le più cospicue famiglie, ó nei loro capi spente o impoverite per le confische, o per forzato o volontario esilio avean disertato la patria: quei rimasti delle classi più agiate invece di alimentar l’industria ed animare il commercio, per il più viveansi perduti nei piaceri della Corte granducale, o sivvero cuoprendo col manto delf ipocrisia i vizi a cui eransi dati in preda; l’adulazione adoperavano per ottenere dalla grazia del principe gli onori e le magistrature. Da questa corruzione fu dato scampare soltanto a quei pochi che aveano sortito dalla natura spirito tranquillo e pacifico, carattere disinteressato ed animo mesto e gentile, i quali per non invischiarsi in questa sozzura, e nel tempo istesso per potersi sottrarre ai sospetti della politica del tempo, dieronsi alla cultura delle lettere e delle belle arti, preferendo tra quest’ultime la musica, perchè che le altre stimata capace a rallevare lo spirito, e Giovanni Bardi dei onti di Yernio, Vincenzo Galilei, Ja;i e Ottavio Rinuccini sopra gli distinguevansi in si virtuose discipline: | ed incantati dalle peregrine bellezze dell’antica letteratura greca, ogni sforzo facevano per imitarne il gusto, adoprando l’italiana favella. Ma sopra tutto maravigliali dai prodigiosi effetti prodotti dalla musica in quelle antiche età, secondo che gli stessi greci scrittori ci narrano, oggetto di continue ricerche. e di profonde discussioni nelle loro dotte adunanze divenia lo interpretare ed il precisar le forme speciali delia musica di quei tempi, che certamente mal dagli scritti potevano esser desunte. Ciò che infine chiaro apparve ad ognuno si fu, che la più intima connessione allora regnar dovesse fra la poesia, il ritmo, ed il suono: cosicché per creare ad immagin di quella una nuova musica adatta al nostro linguaggio, il problema riduceasi a scuoprire e determinare i rapporti della natura posti tra il suono, la parola, ed il movimento, a seconda della passione o dell’affetto di colui che parla. Uno dei primi tentativi fatti in tal genere di composizione musicale, e che felicemente riuscisse, sembra essere stato quello di Vincenzo Galilei allorché pose in non più intesa foggia sulle note il Canto XXXIII dell’inferno di Dante. Sulle orme istesse altri si dierono a compor musica in questo nuovo stile, e particolarmente Giulio Caccini romano, eccellentissimo cantore stipendiato ai servigi della Corte medicea fin dall’anno 1564, il quale frequentando la casa del Bardi intervenia alle scientifiche adunanze che ivi teneansi, nelle quali ebbe egli dipoi a confessare aver più imparato che non in trentanni di studio del contrappunto.Secondo lo spirito delle nuove ricercherà monodia dovea principalmente richiamare la maggiore attenzione del compositore, lo che portava a trascurare l’artificiosa combinazione contemporanea di melodie varie, e per conseguenza veniva a spogliarsi di quei freddi calcoli e di quei ghiribizzi che la scienza del contrappunto in quella età assurdamente adoprava; ond’è che mentre questi primi saggi riceveaii 1 approvazione dei letterati, e favorevolmente venivano accolti da ogni persona di buon gusto, i musicisti i più attaccati alle invalse dottrine dell’arte se gli dichiaravano contro, e moveano aperta guerra a questo nuovo stile musicale da. loro considerato incolto ed abbietto.Fra i competitori con cui dovette combattere il Galilei vi si conta inclusivo il famoso Giuseppe Zarlino, il quale pretendesi che segretamente si adoprasse per tentar di trafugare il manoscritto del Dialogo sulla musica antica e moderna, ove il Galilei tra le altre cose dice esser la | musica moderna ( intendo quella, dei contrappuntisti di quell’epoca) degna soltanto della plebaglia, e non della gente illuminata. In tal maniera le cose musicali procedeano in Firenze, allorquando compariva a cantar le nuove musiche un giovinetto che giudicato esser polea sui tredici anni, dotato di una voce di soprano oltre ogni dire bellissima, la quale ei porgeva con maniere tanto espressive ed insinuanti, che chiunque lo udisse non potea a meno di non restarne incantato. À questo suo particolar talento ed alle sue doti naturali aggiungea anco quella della bellezza della persona e del volto, cui particolarmente risaltava per una folta ed inanellata capigliatura tra bionda e rossastra, che con grazia infantile ei lasciavasi cader sulle spalle. Egli era per questo, e per uria specie di mistero che adombrava 1 origine sua, che ognuno generalmente il chiamava Zazzerino, del qual soprannome compiacendosi per sempre gli rimase, nò famigliannente forse mai egli si udì chiamare altrimenti nel corso di sua vita. Il nome però con che ei si annunziava era Jacopo Peri, e dicea discendere dalla uobil famiglia fiorentina di tal cognome, ma casualmente esser nato in Roma da genitori, i di cui nomi a vero dire sembra che non fossero noti in Firenze. Frattanto il nostro Zazzerino alacremente progrediva negli studj musicali sotto la direzione di Cristoforo Malvezzi, uno dei valenti musici della Corte, tanto che, giunto agli anni della pubertà, produoea alcune composizioncelle nel nuovo genere di musica salito allora in molto favore presso l’universale. Per questi suoi primi saggi come compositore e per la sua bella maniera di canto, cui maggiormente perfezionava dopo il variar della voce, egli giunse ad essere ammesso alle dotte conversazioni del Bardi, ove per prontezza d’intelletto molta scienza si acquistava, e lo spirito di più in più coltivandosi, maggior stima di sé procuravasi da giungere in fino ad ottener la protezione e l’amicizia di varj illustri personaggi, e particolarmente quella di Jacopo Corsi gran mecenate degli artisti di musica. Quegli nomini generosi ed illuminati, che, come già dicemmo, per gli avvenimenti sociali eransi dati alla cultura della musica, con la loro attività, con le incessanti ed accurate ricerche pervennero a creare un I nuovo concetto musicale, che inteso ed ap- ’ prezzato dalle moltitudini per opera spe- ì cialmente del Galilei, del Caccini, del Peri ( [p. 186 modifica]— -186 e di varj altri, desiava ora un bisogno di maggiore sviluppa ni tìnto e di una più alta applicazione. Son questi di quei felici momenti in’cui Parte regolatrice dei suoni spiega la sua maggior potenza sul cuore e sulle passioni umane, giacché ella è chiamata a soddisfare un pressante bisogno} ma subito che, o per sazietà, o per altre cause questo bisogno si attenui o cessi, proporzionalmente si va raffreddando, e cessa l’azione e l’entusiasmo della musica, la quale non scuoprendo al momento altra via da tenere, nè polendosi arrestare nel suo corso, si ristringe a produrre degli effetti puramente materiali, e compie per sé stessa un periodo di perfezionamento di quella forma fino a tanto che ella possa, 0 che la non venga richiamata a soddisfare con nuove maniere e nuovi bisogni. E fra 1 periodi di questa sorta che si incontrano nell’istoria musicale sembra da annoverarsi anco quello che attualmente corre, il quale forse è precursore di un nuovo concetto artistico da molti indetinitamente già presentito, ma da niuno per anco discoperto o promosso. Da lungo tempo l’uso della musica si era già introdotto nei privati teatri dei principi e dei grandi, ne solenne occasione si avea di festeggiare un avvenimento pubblico o privato, senza che una commedia non venisse rappresentala su questi teatri, e la non fosse decorata da Cori e da Sinfonie che gli servian d’intermezzo. Di più fino dal -1440, Francesco Baveri ni aveva fatto rappresentare in Roma la Conversion di S. Paolo, specie di dramma che egli aveva posto j’n musica: il CardinalRiario, circa il 1480, con melodie comuni e popolari avea fatto cantar sulle scene una tragedia, e più e diversi tentativi di simil genere erano stati fatti da varj compositori} e specialmente da Alfonso Della Viola ferrarese e da Orazio Vecchi di Modena, allorquando Emilio Del Cavaliere nel 1590 fece rappresentare alla Corte medicea in occasion della nascita del principe ereditario due Favole pastorali di Laura Guidiccioni,da esso poste in musica, con nuovo metodo è vero, ma il di cui stile poco o nulla discostavasi dalle consuete forme anteriori a quelle delle cosi dette nuove musiche. Una più perfetta applicazione della musica agli spettacoli teatrali,ad imitazione delle antiche tragedie greche, secondo l’idea che se ne era concepita, sembrava richiedere un nuovo genere di poetiche composizioni, ed è ciò di che si accorse per il primo Ottavio Rinuccini, ond’ei tentava nuove forme poetiche nella sua Dafne, che per primo saggio volle produrre. Con unanime plauso veniva accolta la lettura che Rinuccini faceane in presenza dei suoi illustri colleghi, che nelle case del Corsi adunavansi, dappoiché il Bardi erasi trasferito a Roma, ed ivi ritenuto dall’ufTicio di maestro di camera di Clemente Vili. Il Corsi medesimo volle abbellire colle note musicali alcune di quelle arie, ma al Peri toccava in sorte di porla in musica per intiero, e di raggiugnere il desiderato scopo. La Dafne del Rinuccini con musica del Peri, che per la prima volta venne rappresentata sul teatro nel carnevale del 4594 in casa del Corsi alla presenza di Don Giovanni De Medici, e della primaria nobiltà fiorentina, produsse l’effetto il più! gradito ed il più maraviglioso. E quali si ’ fossero le meditazioni e gli argomenti che j lo condussero a ritrovare una forma di | canto che stesse di mezzo alla declamazione ed alla melodia, che poi fu detta recitativo, il Peri stesso lo lasciò scritto nella prefazione dell’Euridice, poema che posteriormente scrisse il Rinuccini, e che Io stesso Peri con perfezione maggiore pose in musica per eseguirsi nell’occasiprie delle grandiose feste che si celebrarono in Firenze sul còmi:: ci a re delfanno iOOGper il matrimonio di Maria De Medici con Enrico IV re di Francia. (Sarà continuato) Luigi Picchiarti BIOGRAFIA -PERGOLESI GIAMBATTISTA Or ritornando alla musica teatrale composta dal Pergolesi, scrisse per l’autunno dell’anno 4752 un’opera buffonesca in lingua napoli tana da rappresentarsi nel teatro de’Fiorentini, che aveva per titolo lo Frale mia morato, poesia di Gennaro Antonio Federico, che fu due altre volte replicata, cioè nel 4734 e nel 4748 dopo la morte dell’autore. Nel 4733 per lo teatro di S. Bartolomeo fece la musica d’un dramma intitolato 11 Prigioniero superbo, e fu replicato l’intermezzo della Se/va Padrona, il quale piacque tanto che portalo in Londra fu ivi magnificamente pubblicato con le stampe. Per lo stesso teatro di S. Bartolomeo compose pure nel 4734 e l’adattò al dramma Adriano in Siria, che fu rappresentato nel dì 25 ottobre dell’anno medesimo, ricorrendo il giorno degli anni della regina delle Spagne madre di Carlo Borbone re delle Due Sicilie, a cui fu quel dramma dedicato, nel quale fece anche rintermezzo Liviettd e Tracollo, ch’ebbe un uguale favorevole incontro della Serva Padrona. Finalmente nel 4755 la distese per altro dramma giocoso il Flaminio, poesia dello stesso Federico, che dopo la sua morte nell’inverno del 4749 fu rappresentato nel teatro nuovo. Oltre di tali sue armoniche composizioni molte altre ne fece, delle Spiali ignoro l’anno e l’occasione per cui urono scritte, ed il numero di alcune di esse sarà in fine da me ricordato. Fu tentato nell’anno 4755 di condursi in Roma per mettere in musica il dramma del Metastasio l’Olimpiade. Ma quella metropoli di sì difficile contentatura vituperò l’armonica composizione del giovane compositore, ed applaudì molto quella di altro napolitano per nome Egidio Duni che per lo teatro di Tordinona pose in musica altro dramma, il (Nerone. Il Duni non prese a comporre il suo dramma se non dopo di aver veduto lo stile ed il gusto del Pergolesi,- col quale avendo contratto amicizia, cercò alla meglio di confortarlo dicendogli, che nella produzione poco gradita vi erano delle bellezze singolari da essere ammirate in camera, ma die scomparivano in un gran teatro, e che di quella musica, ovunque essa sarebbe stata cantata, si sarebbe sempre gustato il vero bello. Retto giudizio, che fece conoscere non essere il Duni insuperbito degli applausi a lui dati e del poco conto che si fece della musica del nostro Pergolesi. Di fatti che bellezza non" si ravvisa in questa, e specialmente nell’Aria, Che non mi disse un dì, nel Duetto Ne’giorni tuoi felici, così vago per l’espressione1 nel Recitativo senza strumenti che precede l’Aria Se cerca, se dice, ecc., che non può ascoltarsi senza provare gran mozione di affetti, e la forza dell’aria condotta con la massima espressione, che non è stata superata da’ più eccellenti maestri dopo di lui? E ciò basti aver detto delle composizioni teatrali del nostro autore. Ora farò parola della produzione che ha Venduto il nome del Pergolesi’immortale, cioè la musica dello Stabat Mater. Esisteva nella demolita chiesa di S. Luigi di Palazzo dei PP. Minimi una congrega di cavalieri sotto il titolo della Vergine de’Dolori, ed ivi in tutti i venerdì di marzo’ si esponeva il SS. con molta edificante pompa, e vi si cantava lo Stabat Mater composto dallo Scarlatti a due voci, Canto, ed Alto con due violini. Non volendo i Fratelli sentir replicare sempre la stessa musica, ed essendosi fatta lòr nota la rinomanza del Pergolesi, lo pregarono di comporne un’altra egualmente per due voci con due violini. Accettò egli l’incarico, e gli furon dati ducati dieci, tanto in quei tempi eran meschine le ricompense che davansi per simili opere. Obbligato a partir per Roma, pel sopraddetto motivo, non più pensò alla parola già data di comporre la musica dello Stabat. Ma avendo fatto ritorno in Napoli, e ricevendo reiterate premure da quei confratelli per l’adempimento di ciò che promesso aveva, cominciò a distendere la chiesta composizione assai deteriorato nella salute, afflitto da lunghe febbri, che lo condussero finalmente ad esser vittima di una tisi polmonare. Vani riuscirono i soccorsi dell’arte salutare, finché gli venne prescritto di condursi a respirare l’aria di Pozzuoli, (e non della Torre del Greco come si dice all’articolo Pergolesi nella Biografia antica e moderna, Venezia 4818, voi. 43, soggiugnendosi che ivi fu condotto dal duca di Mondragone) ultimo rifugio a cui per simili mali ricorrono i seguaci d’Ippocrate. Peggiorando di giorno in giorno, in tale stato di estenuazione di forze prosegui il cominciato lavoro} ed essendosi portato a visitarlo Francesco di Feo rinomato maestro di musica che lo amava teneramente, e veduto che giacendo in letto si occupava a terminare la composizione dello Stabat, fortemente rimproverollo dicendogli, che le circostanze in cui ritrovavasi non eran tali da pensare a porre insieme verun musicale componimento. Ma l’esinanito giovane a stento potè rispondergli, ch’era tiell’obhligo di compor quella musica per la congregazione de’ cavalieri di S. Luigi di Palazzo, per la quale fin dall’anno precedente aveva ricevuto ducati dieci, e che forse non sarebbe valuta dieci baiocchi, tanto sentivasi debole e sfinito, e non sapendo se Iddio permettesse di vederla terminata. Tornò in Pozzuoli dopo alcuni giorni il Feo per rivedere l’infermo amico, e lo ritrovò peggiorato a segno, che a stento dalle moribonde labbra potè sapere di aver terminato lo Stabat. ed averlo inviato al suo destino. E potè veramente dirsi, esser questo il canto del Cigno} poiché pochi giorni dòpo fini di vivere, lo che accadde nel dì 46 marzo 4736, essendo stato interrato il dì seguente nella cattedrale di Pozzuoli, come rilevasi dalla seguente fede estratta dal libro de’ defunti ivi esistente. A’ 47 marzo 4736 Gio. Battista Pergolesi della città di Jesa (così) sepolto nel vescovato, per essere forestiere ha pagato ducati undici, e si sono divisi metà a.1 vescovo, e metà al capitolo pagati e divisi. Falco assistente. E su la breve vita di questo sventurato giovine meditando, non posso a meno di confessare che troppo fallaci sono le umane speranze} poiché venuto costui da [p. 187 modifica]P lontano paese, privo di comodi e di conoscenze, avendo un’indole sì inchinevole e volta alla musica, è ammesso in quel C011W servatorio, che portava il nome de’poveri. ) ed ivi nulla risparmiando per aprirsi una strada da vivere, ne ottiene l’intento, dando fuori in poco tempo molti armonici saggi di vario genere e tutti portati al colmo della perfezione; e quando poteva cogliere il frutto de’ suoi sparsi sudori, viene nel più bel liore degli anni da cruda morte rapito! Ma se la sua,vita fu cosi presto troncata, il suo nome rimarrà immortale pe’ sublimi armoniosi lavori che ha lasciati, e specialmente per lo Stabat Mater, del quale non potè gustare nè meno il prodigioso effetto, che tuttavia ascoltasi con commovimento, malgrado il gusto tutto diverso, non so se migliore, che nella musica si è introdotto. Poiché la prima strofa del medesimo prepara l’animo dell’uditore alla tenerezza ed alle lagrime con un patetico pieno d’arte, che richiama insieme l’attenzione e la compassione. Tutta la musica è divisa in sei duetti, de’quali due in terza maggiore, e quattro in terza minore, una Fuga a due in mezzo alla composizione in terza minore, che col suo molo serve a ristorare gli animi stanchi dal troppo patetico, ed impegnarli a nuova attenzione; e per ultimo il duetto. Quando corpus moliciur corrisponde al principio ed i attacca subito Vomeri con un ricercare a due, che quantunque scritto sul piagnente tuòno dalPef-fa-ut terza minore, pure ricrea l’animo dell’uditore, e risveglia una certa allegria non da teatro nè da ballo, ma nobile e divota. 11 dippiù consiste in cinque soli, due del canto e tre dell’alto-, quattro di questi sono in terza minore, e 1 altro in terza maggiore tutti flebili adattati alla espressione delle parole con due soli violini e viola, lo che forma il più ammirabile di questa armonica composizione. E basti il dir finalmente per somma lode del nostro autore, che una musica, la quale dura per ben tre quarti d’ora cou due sole voci, e due violini, senza cori, senza clarinetti, senza trombe, fagotti, corni inglesi, ecc., tuLta patetica, tutta grave, ha la forza d’intrattenere l’uditore a segno, che quando termina si vorrebbe che di nuovo cominciasse. E qual musica scritta da assai anni avrebbe potuto reggere agli urti della corruttela di quella che oggi è in moda, se non fosse al sommo grado eccellente? E qui rimanermi non posso dal dire come negli ultimi anni del viver suo il nostro rinomato Giovanni Paisiello con poca prudenza, per non dir altro, credette di aggiugner fama alla rinomanza che meritamente si avea acquistata, mettendo mano alla musica dello Stabat del Pergolesi, cambiando l’accompagnamento di molte strofe, e sostituendovi gli stromenti da fiato a solo. Taluni cui si fa notte innanzi sera sen compiacquero e lodarono a cielo l’innovazione Paisielliana, senza capire che tal maniera di composizione non vuol chiasso, ma un semplice accompagnamento flebile, e commovente. (Sarà continuato) (Dalla Biografia degli illustri Italiani) SA SWE021A M JPflBSAM AL TEATRO RE Io salterò a piè pari sulle rappresentazioni della irsa settimana, formate polla più gran parte da riduzioni,- c non parlerò che della Lucrezia, della tragedia che fu salutata in Francia come la precorritrice quasi d’un’cpoca novella letteraria e drammatica, come il capolavoro che dovea salvar l’arte dall’abisso, sul cui orlo era stata strascinata dalle esagerazioni c dalle follie d’una nuova c giovine scuola. L’argomento c abbastanza interessante, perchè possa meritare d’essere svolto con qualche ditfusionc. Il concetto fondamentale artistico che ha guidalo, od anclie se volete ispirato, l’autore della Lucrezia, non appartiene esclusivamente a nessuna Ideile due scuole, colle quali gli adoratori entusiasti deH’antico c quelli del contemporaneo, pretesero di dividere il rampo della lei telatura. Nè il classicismo, nè il romanticismo possono aspirare ad un’assoluta paternità su questo lavoro, che è piuttosto un prodotto della fusione delle due maniere, c che ha tentato di associare la tendenza alle pai’ticolarila storiche, l’amore al colorito locale, la minuziosa riverenza all’esattezza delle tradizioni del dramma moderno, alla semplicità grave ed appassionala dell’antica tragedia. Il sig. Ponsard ha preso il bronzo dal classicismo, c dal romanticismo la forma entro cui ha fatto colare il bollente metallo. Or bene come ha usato il signor Ponsard di questo doppio elemento, qual partilo ha saputo trarre dall’unione delle due muse? A giudicarne dall’entusiasmo del pubblico parigino, dagli articoli festosi d’uu giornalismo esultante., parrebbe che i risultati dei tentativi del Ponsard dovessero considerarsi come meravigliosi, e clic la Lurcczia fosse una di quelle grandi conquiste del genio, che preludiano splendidamente all’aurora d’una rivoluzione letteraria. - Per parte mia protesterei contro l’importanza attaccata alla Lucrezia e contro un’opinione che le attribuisce un pregio troppo supcriore al reale; ma prima di esporre le mie riflessioni a questo riguardo darò un rapido sunto della tragedia. All’alzarsi della tela Lucrezia è nel gineceo seduta frallc sue schiave filando la lana c parlando con Laodice delle virtù che debbono esser proprie della donna, virtù miti c tranquille, clic ardono sacre, modeste, intemerate, inaccessibili agli sguardi profani, nella calma tranquilla dei lari domestici come la flamma di Vesta nelle tenebre solitarie del sotterraneo. Dopo una discussione filosofica che non manca di semplicità c di grandezza, la tenda del gineceo si solleva, e cinque guerrieri penetrano nel pudico santuario della nobile romana. Sono questi Collatino, sposo di Lucrezia, Giunio Bruto, Sesto Tarquinio ed i suoi due fratelli. La causa di questa visita improvvisa ed inaspettata è singolare. La mattina i cinque guerrieri, clic sono collegati dalla parentela, ed in apparenza anche dall’amicizia, si trovavano sotto le mura di Ardca, che subiva un lento assedio dalle armi romane. Colà nell’ozio dell’accampamento, nella noja d’una guerra inattiva, senza pericoli c senza combattimenti, essi affrettavano lo scorrere dei giorni tracannando nappi colmi di vino, tentando la sorte dei dadi, ed evocando le più care memorie di Roma. Frammezzo al fermento dei discorsi più disparati, si solleva un terribile, un delicato argomento, si discute cioè sulla virtù delle mogli. Sesto la nega, Collatino la sostiene; la disputa si avviva, c per iseiorla coll’evidenza d’un fatto si sale a cavallo, si vola a Roma c si giunge inattesi alle proprie case. La moglie di Sesto, c Tullia, la moglie di Bruto, vengono còlte nell’ebbrezza, e nello splendore pieno di voluttà dei festini; la sola Lucrezia resiste alla prova; essa sola è ritirala, nel suo gineceo, occupata a filare la lana ed a preparare una bianca e leggiera veste per quando lo sposo tornerà affaticato dal peso dcll’armi dai campi d’Ardca. Sesto, giovane dissoluto c libertino, che abusa del prestigio c del potere attaccato alla sua posizione di figlio del re, per isfogarc, tutti i capricci, tutte le sue inclinazioni più colpevoli e più infami, è stato il seduttore di Tullia, e non contento di aver gettato il disonore sul nome dei Giunio, perseguita di epigrammi c di frizzi lo sposo tradito, che nasconde sotto le apparenze dell’imbecillità, un tremendo desiderio di vendetta. Pure lo spettacolo della virtù c della bellezza di Lucrezia esercitano su Sesto una potente influenza; egli ammira questa donna avvenente e pudica, c l’ama. - L’amore in Sesto è inseparabile dall’idea del possedimento; il pensiero di far una vittima di quea sposa pura ed intemerata non può arrestarlo a momento; innanzi al suo capriccio d’amore tutto deve cadere, coi mando del re sue degli alti papaveri. Dominato dalla: con freddezza c c< alla passione di i padre cadevano troncate le teste nuova passione, Sesto ascolta isprczzo i rimproveri di Tullia, che raccoglie il fruì lo. abituale cd amaro delle colpe amorose, l’abbandono. L’oltraggio fatto a Tullia è tanto più orribile, in quanto clic essa è costretta a subirlo alla presenza di suo marito, che dimettendo per un istante la sua vernice d’imbecillità, fa risonare all’orecchio della colpevole delle tremende parole, piene di sprezzo, di ironia, c rivelanti con una selvaggia grandezza che peli’infamia v’è una sola, un’unica riparazione, la morte. Frattanto Sesto medita nella solitudine della sua casa i mezzi pei- afferrare la sua preda; invano la Sibilla, gli appare dinanzi annunziando un sinistro avvenire a lui cd alla sua schiatta; lo spensierato deride la malaugurata profetessa, non vuole comprare i papiri che gli vengono da lei offerti nei quali sta scritto il destino di Roma, e se ne parte sorridendo sdegnosamente, e lasciando la Sibilla con Bruto, che accetta con entusiasmo il presagio con cui la fatidica creatura Io proclama, per anticipazione, primo console di Roma. Sesto intanto s’è recato con un pretesto nel gineceo ili Lucrezia, c giunto colà ci declama la sua dichiarazione d’amore. Le belle parole del seduttore non eccitano che lo sdegno della nobile dama, clic si allontana fieramente dàlia presenza di Sesto, dopo però d’avcrgli fatta nna buona ed eccellente predica morale-politica, che non giunge ad estinguere la fiamma del desiderio che arde nel sangue di Sesto, il quale vedendo sventata la seduzione, cerca di arrivare al suo scopo con qualche altro espediente. Mediante il soccorso d’un suo confidente egli penetra di notte nella stanza nuziale di Lucrezia, c colà minacciandola dell’infamia trionfa della virtù della sposa di Collatino. La povera cd involontaria disonorata raduna nella sua casa il padre, il marito, Bruto c Valerio; o là dinanzi a quegli attoniti fa la sua confessione genera|C, c raccomanda a ciascheduno parzialmente ed a tutti collettivamente di vendicar lei e Roma; fatto questo s’uccide. Bruto allora afferra il pugnale fumante di quel nobile c casto sangue e pronuncia il più terribile giuramento contro i Tarquinii; gli altri, ciascuno alla sua volta, dicono c fanno lo stesso, c cosi s’abbassa la tela. (Sarà continuato) Il sig.. Fuchs, membro dcll’l. R. Cappella di Corte di Vienna, zelante raccoglitore di notizie biografiche musicali-, rettificò nel N. 125 dalla Gazzella Musicale di Vienna più inesattezze occorse nell’elenco della durala della vita di maestri più o mcn rinomati, che essa copiò dalla Gazzetta Musicale Universale di Lipsia, dalla quale venne pur trascritto nell’ultimo numero della nostra. Senza esternare una specie di stupore come quel foglio musicale lipsiano cotanto illustre, di quasi mezzo secolo di esistenza, abbia prestato tanta fede all’articolo del signor SchifTucr, stampandolo senza previo esame, ci affrettiamo di riportar qui le mederettificazioni del sig. Fuchs. Laonde morirono in i di anni: 51 invece di 55 Schuhert Francesco. 69 49 Haydn Michele. 60 70.tornelli Nicolò. 65 «70 Preindl Giuseppe. 74.. 71 o 72 Lotti Antonio. 71 «74 Roinbcrg Bernardo. 81 75 I’ux Giovanni Giuseppe. 64 a 75 Bertoni Ferdinando. 67.. 78 Scarlatti Alessandro. 75.< 80 Vàlotti Francesco Antonio. 75» 80 Albrcchlsbcrger G. 75.. 87 Gluck Cristoforo [p. 188 modifica]/ sica nuova espressamente composta dal maestro Mcndelssohn fu qui data in presenza della Corte, dell’arciduca Alberto d’Austria e di molti altri alti personaggi, ed eccitò un vero piacere. — Carlotta Fink, rinomata pianista, e figlia del già redattore della Gazzetta Musicale Universale, c morta il primo d’ottobre nel fiore de’ suoi anni. (Gazz. Mas. Unir.) — Augusta, 22 ottobre. - Liszt ci rallegrerà domani concerto. Già nel primo egli potè convincersi quanta viva qui sia rimasta la rimembranza del tempo ch’egli passò qui come ragazzo, c quanto interesse eccitò in quelli che già in allora profetizzavano cose straordinarie in lui. D’allora in poi lo vediamo abbellito di un diploma di dottore di una Università, dell’ordine prussiano pour le merite, di una preziosa sciabola appesagli fra acclamazioni esultanti dagli Ungaresi suoi compatriotli, del diritto di cittadinanza di varie città; vediamo come le ricchezze clic piovono sopra di lui ovunque volge il passo, le distribuisce con piene laddove trattasi d’instituti filantropici, di beneficenze private, di paesi colpiti di sciagure, di erezioni di monumenti, di fabbricare chiese; basta rimembrare l’est, Cotogna c Beethoven. Crediamo di dover rivelare tali cose nel nostro foglio, come organo della pubblica vita politica, quanto che sono cosi rare ne’ tempi nostri in misura tale nella vita di un artista; sicché non devono mai e in niun luogo venire in dimenticanza, mentre lo rilasciamo ad un competente giudice di parlare sulle prestazioni dell’artista, del chi per verità non ne abbisogna più, massime di una piccola città come è la nostra. {Gazz. Univ.) — Il principe della Moskowa, Niedcrmayer e Panofka furono nominati quali soci stranieri dell’Accademia di S. Cecilia di Roma. — M. Ernst è partito pell’Annover, dove è scritturato come maestro dei concerti del re, c colla condizione di risiedervi almeno due mesi per anno. Verso il mese di dicembre questo celebre artista conta di recarsi a Pietroburgo ed a Mosca. — Giacomo Franco-Mendés, il celebre violoncellista ricevette da S. M. il re de’ Belgi una grande medaglia d’oro, accompagnata dalla lettera più lusinghiera, c ciò in attestato dell’alta sua soddisfazione petto sparlilo di un’ouverture a grande orchestra di cui S. M. si compiacque d’accettare la dedica. — I torchi francesi hanno stampato nei nove primi mesi dell’anno corrente duecento e quarantadue opere musicali. — Il Re di Prussia offrì ultimamente al principe Al. berlo marito della Regina d’Inghilterra, la grande collezione delle inarcic militari dell’annata prussiana, pubblicala a Berlino presso Schlesingcr. — Ecco quanto dice un giornale di Lisbona sull’assieme della compagnia d’opera italiana. Il tenore signor Puig ha un bell’aspettó, ma manca di voce; la prima donna signora Olivier è una cantante incapace di esercitare la più leggera influenza sul Pubblico; il basso è un vecchio i cui sforzi eccitano la compassione, e la cui voce nei passi d’agilità potrebbe confondersi coi suoni d’un trombone fesso. Se la cosa è vera fa terrore il riflettere al supplizio acustico a cui sono condannali i dilettanti della capitale del Portogallo. — La /levue et Gazetle des J’hédtres, che è il foglio officiale dei teatri della Francia continua, in opposizione a varii giornali, a dichiarare, che Meverbeer ha dato all’Opera lo spartito da tanto tempo promesso c che porta per titolo te Prophete, e che fra poco ne cominceranno le prove. Noi desideriamo che questa importante notizia non manchi di fondamento. JUOVB PUBBLICHI! MUSICALI DELI.’ I. a. STABILIMENTO NAZIONALE PRIVILEG.” Di CIOVAfrfr’I RICORDI «<’»«*«parole PER PIANOFORTE COMPOSTE DA C. Ab GAMBI&X 14927 Op. 44. Fr. 3 50 j. Dall’I. R. Stabilimento fr azionale Privilegiato di Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di «IOVAfrfrl RICORDI Cantrada degli Omentni S. 172*. m 66 >r 89 Caldara Antonio. H 68 n 80 Miillcr Vcnccslao. sj? 73 ii 83 Schenk Giovanni. «78 n 100 Hoffcimer Paolo (n.U36,m. 1837). NOTIZIE DIVERSE — Annunciamo con vero piacere l’arrivo in Milano delle celebri sorelle Milanollo, di cui avevamo fatto parola in un numero antecedente. - È da sperarsi che fra non molti giorni avremo da esse un concerto. Questa notizia, ne siamo sicuri, sarà accolta generalmente con una decisa soddisfazione. — Il giorno 15 del corrente nella chiesa di Santa Eufemia di Novara solennizzavasi dal Consorzio dei Capo-mastri muratori la festa di San Serafino, che viene onorato qual toro protettore. Il signor Cavaliere Alessandro Nini, maestro di cappella della basilica di S. Gaudenzio, scrisse per tale occasione una messa, che ad onta dell’eccessiva rapidità con cui fu composta, non avendo avuto il maestro che soli selle giorni a sua disposizione, eccitò gli elogi del numeroso uditorio. La novità dei pensieri, la profondità dell’istrumentazione, il talento con cui era conservato il severo carattere opportuno a tal genere di componimenti senza che ne venisse a soffrire l’elegante andamento delle frasi, furono pregi, che lutti dovettero riconoscere nella nuova fatica del sig. Nini. Fra i pezzi più notabili noi citeremo il Kyrie, il Credo, ed il Mottetto, che dopo aver meritati concordi e sinceri applausi alla prova, furono generalmente ammirati il giorno della esecuzione. Il Tantum ergo al dopo pranzo ebbe pure lo stesso successo. Lode adunque, c la più viva al giovane maestro, che sa trattare con eguale distinzione la musica da teatro e quella da chiesa, e che sa piegare il suo ingegno alla doppia espressione e del sentimento terrestre e della sacra c religiosa ispirazione. L. S. — Il noto maestro Commendatore Sarmicnlo ha dato testé un’altra prova della sua scienza musicale. Correndo la festività nella chiesa di S. Antonio a Tarsia di S. Alfonso, festività magnifica per apparali, musiche, luminarie, ecc., ha scritto appositamente una messa e vespro in cui rifulgevano grande dottrina c filosofia musicale. Si distinsero molto i signori Coletti, Fraschini, Chiaramente, ecc. — Il 15 agosto ricorrendo la festività dell’Assunzione, nella Congregazione di Maria assunta in cielo (Congregazione fondala da S. Francesco de Geronimo e riordinata per cura de’ RR. Padri della Compagnia di Gesù) si dette una messa cantata con pregevole musica del maestro Camillo Paturzi. Presero parte nell’esecuzione della messa Fraschini, Tamtierlick, Beneventano e Massard, ed a quella del Vespro, con musica del maestro Tarallo, il citato maestro Paturzi con suo fratello, ed il dilettante Martincz, e sì gli uni come gli altri nulla lasciarono a desiderare nell’armonia c nella precisione. — Grand-Opéra di Parigi. - li Don Sebastiano di Donizclti è all ordine del giorno; i due primi alti furono già ripetuti a grande orchestra alcuni giorni fa, e dicesi che varii pezzi abbiano prodotta la più viva impressione sugli artisti esecutori. Indipendentemente dal merito vocale e drammatico clic il compositore procurò di spargere nella sua opera, egli vuole altresì produrre degli effetti d’istrumentazione ancora sconosciuti. Per raggiungere questo scopo i clarinetti bassi, le trombe a cilindro, e gli altri istroinenli d’invenzione del signor Sax saranno posti a contribuzione dall’autore del Don Sebastiano. Si parla ancora d’un magnifico pezzo nel nuovo spartito, il di cui unico accompagnamento si effettuerebbe nella maniera più felice e più originale, vale a dire da due corni inglesi e da due corni armonici. Mentre così la musica si prepara a riuscire nuova, piccante, piena d’interesse, i pittori ed i decoratori non risparmiano nulla per completare alla toro volta l’assieme del grandioso spettacolo, che verrà prodotto al più tardi nella prima metà del vicino mese di novembre. — Monaco, 19 ottobre. - Francesco Liszt diede jeri il suo primo concerto, che fu onorato della presenza delle LL. MM. L’illustre artista superò anche in questa Capitale l’aspettazione avutane, e la sua prestazione eccitò stupore. Ognuno de’ sei pezzi da lui eseguiti ebbe applauso giubilante e interminabile, tenendosi però ognora ne’ limiti della ragionevole moderazione, nè scoppiò quella febbre lisztiana che dominava l’anno scorso iu una città del Nord, ove l’artista si produceva. Il secondo concerto dato dall’artista fu parimenti onorato dalla presenza delle LL. MM. (Gazz. Univ.). — Burlino, 10 ottobre. - Il sogno di una notte d’estate, di Shakspeare, ridotta iu tre soli atti, con muM(D1J)(Ù IPMVMQ PII FLfrOT© Eiir.ico solissimi DIVISO IN QUATTRO PARTI Op. 53. 14705 Parte I. Cognizioni preliminari c regole diverse Fr. 4 — 14704 Parte II. Quattro Duetti progressivi per esercitarsi a suonare a due n 6 — 44705 Parte III. Diversi Stutlj progressivi «6 — 12770 Parte IV. Studj giornalieri di perfezionamento 8 — Il Metodo completo..» 18 — GRANDE SCÈNE DRAMATIQUE poser Violon avec accosnpagnetnessl ile Piano 44948 Op. 38. Fr. 3 60 50 RICREAZIONI PER I GIOVANI PIANISTI Scelta <11 gradite Melodie ridotte e digitate Hello stile facile mmméikiksta 15361-62 Fascicolo I e II. cad. Fr. 2 75 THE ARIETTE TEE SOPRANO 0 TENORE (IN CHIAVE DI SOL) CON ACCOMPAGNAMENTO DI PIANOFORTE 4L 16499 N. 1. Il Lamento il’una Prigioniera. Parole di Crossi.. Fr. 2 — 45500 a 2. L’Or fanello. Parole del conte Momiani n 2 — 45501 a 5. Voga. Parole di Adele Curii h 2 — Le tre Ariette unite» 5 — • GrKj&HDE VALSE m m&wmm POUR LE VI01.0 avec accompagnement de Piano se* S&&S» £3> lA. 15496 Op. 40. Fr. 2 50 filli ¥MIi pour la flûte seule avec seconûe flûte ad libitum 14803 Op. 89. Fr. 2 — .4804 Le même pour la ITùte avec accompagnement de Piano... n 5 75 GIOVAVA! RICORDI § SDITORE-PBOPRIETABIO. (i