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GAZZETTA MUSICALE
ANNO III. - N. 23.
DI MILANO
DOMENICA 9 Giugno 4 844.
©
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si
danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica
classica antica c moderna, destinati a comporre un volume
in -i.” di centocinquanta pagine circa, il quale in
apposito elegante frontespizio si intitolerà Antologia
classica musicale. — Per quei Signori Associati che
amassero invece altro genere di musica si distribuisce
un Catalogo di circa N. 2000 pezzi di musica, dal quale
possono far scelta di altrettanti pezzi corrispondenti a
N. 150 pagine, e questi vengono dati gratis all’atto che
si paga l’associazione annua; la metà, per la associazione
semestrale. Veggasi I’ avvertimento pubblicato nel
Foglio N. 50, anno 11, 1843.
• La musique, par des inflexions vives, accentuées, et,
• pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas■
sions, peint tous les tableaux, rend tous les objets,
• soumet la nature entière à ses savantes imitations
• et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sen»
timents propres à l’émouvoir. •
J. B O CSS EX X.
Il prezzo dell’associazione alla Gazzetta e alla Musica
è di efTellive Austriache L. 12 per semestre, ed effettive
Austriache L. li affrancata di porto fino ai confini della
Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione annuale.
— La spedizione dei pezzi di musica viene fatta
mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti
delio Studio Bicordi, nel modo indicato nel Manifesto.
— Le associazioni si ricevono in Milano presso E micio
della Gazzetta in casa Bicordi, contrada degli Dinenoni
N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti
di musica e presso gli mici postali. — Le lettere, i gruppi,
ec. vorranno essere mandati franchi di porto.
SOM MARIO
Critica melodrammatica. 1. Il signor Bruschino
all’l. R. Teatro alla Canobbiana. 2. Il Borgomastro
di Schiedam al Teatro Re. 5. Maria di Bohan
al Teatro Ducale di Parma. - II. Le sinfonie di
Beethoven. Sinfonia eroica. - III. Bouquet musical.
Raccolta di composizioni da Camera del Maestro
Ruggero.Manna. - IV. Attualità’. Di alcune composizioni,
di alcuni compositori e di alcuni suonatori.
- V. Gazzettino settimanale di Milano. VI.
Notizie. - VII. Nuove pubblicazioni musicali.
CRITICA KELODRAHKATISA
Il SIGXOR IIKI SC’IIIAO ossia zr z’i
gito per attardo, farsa di Fop|»a musicata
da O&ohhìhì, cd eseguila all’l. R. Teatro
alla Canobbiana dalla signora Viola e dai si- i
gnori Ilozetti, Galli e Catalano la sera!
del 2 corrente.
Per una lodevole delicatezza il nostro Gazzcttinista:
che nella scorsa Domenica raccontava una breve
conversazione tra Rossini c il suo Impresario all’oc- i
casione
trentun
astenne
dopo la
della prima rappresentazione di questa farsa
anno fa in Venezia, per delicatezza, dico, si
dal narrarvi cosa successe qualche giorno
spiritosa risposta di Rossini. Ve lo dirò io: Perciò
egli imaginé e scrisse quella famosa sinfonia, nella
quale (fatto già noto, ma che non sapevasi a quale
partizione del Pesarese spettasse) i violini intercalavano
le loro cantilene con frequenti colpi, che il compositore
aveva destinato doversi battere coll’arco sulla
coperta metallica de’ lumi dell’orchestra. Il pubblico
meravigliò c rise, in sulle prime; ma poco dopo ritenendosi
giocato monti» in tutte le furie. Rossini se ne
fuggì non veduto alla bell e meglio; si ruppero, si gettarono
all’aria gli scranni, si mandi» in pezzi il lampadario,
ed il teatro rimase Minio prima che s’intendesse
una sola nota del Signor Bruschino. Il piano
dunque di Rossini andò a meraviglia per quella volta
tanto. - Ma il giovane maestro d’allora mai più si sarebbe
dato per inteso che sei lustri più lardi si avesse
dovuto scavare dagli scaffali del signor Ricordi il povero
signor [truschino tulio impolverato, e si dovesse
nell’anno di grazia 1844 annunziare al nostro collo
pubblico un’opera di Rossini nuova per Milano; la
quale meglio d’altronde sarebbe stalo chiamare nuova
per lutto il mondo, perchè in nessun luogo rappresentala.
- A Milano dunque questa farsa fu più che a
Venezia fortunata; poiché (pii ebbe l’onore di una intiera
rappresentazione: non peri», diciamolo subito,
per merito della musica, ma grazie al rispetto d un educatissimo
uditorio pel nome di Rossini, e forse più
ancora grazie all’indifferenza del pubblico per tulio
quello che in questa stagione si va offerendo in questo
alla Signora»: ed infine (piatirò o sei battute caratteristiche
in un quintetto o quartetto che sia, che bene
non mi rammento. V’ha un duetto che
(pianto l’ilarità degli ascoltanti: ed è il
definizione del matrimonio. Ecco in qual
Imi’ anno fa veniva definito questo santo
riti e le mogli ne saprai! dire se i tempi
duetto della
modo trennodo.
I rnasiensi
da alfora
in adesso cangiati. E il sig. Poppa, l’autore del liInetto,
che parla per bocca di
personaggi:
Gaudenzio, uno dei
E un bel nodo che
Siringe in tenero
due cori
diletto.
Che v’accende ognora il petto
Del più casto c dolce ardor.
Dalla (piale seducente descrizione tocca la giovinetta Sofìa
pupilla del sig. Gaudenzio esclama con tutta l’enfasi:
Ah! datemi lo sposo, e datemelo subito. E il buon
Gaudenzio la consola dicendole: S’ì sì te lo do subito.
Persuaso (pici buon uomo dell’impresario che Rossini
non avesse dello che per ischerzo essere la musica
del signor [truschino ancora mollo più cattiva del li-!
bretlo, non se ne diede la più piccola inquietudine. -.
Ma pur troppo per lui che Rossini l’aveva asserito in I
tutta buona fede. - Diffalti, all’avvicinarsi della prima I
rappresentazione, Rossini, che è pur uomo anch’egli, ।
cd allora, forse assai più di adesso, geloso della sua
fama, si trovò alquanto pentito dell’aver posta tanta
noncuranza in questo lavoro, e cominciò a temere, non ì
già per l’esito della musica, ch’egli stesso (fi tutto i
cuore sprezzava, ma pel danno che in un tale ino-:
mento una caduta poteva portare alla sua riputazione, ’
non ancora ben salda, e ad abbattere la (piale acca- j
m’ti nemici non lasciavano intentato qualunque sforzo. |
Comporre sullo slesso libretto una nuova musica era j
ornai cosa impossibile: trovinosi già troppo alle strette: ।
e’ si decise dunque di cercare un mezzo per spar- |
gore sulla sua composizione fino dal coniinciaineuto ii
delle prime ballulc tutto il maggior ridicolo che d
Ilo credulo rimontare all’epoca del nascimento di
questa musica, ed ai falli che. l’accompagnarono, per
poi domandare ali’ Impresa di questo I. IL Teatro:
Perehè l’avcle scella1!... Frattanto in attenzione d’una
risposta, che qualunque abbia ad essere, non appagherà
al certo nessuno, passiamo ad aggiungere altre
(piatirò parole.
Il libretto è veramente cattivo, (piale sembrava infalli
anche all’impresario di Venezia. Non crediate che
sta e risposta. Qui si rise; nel rimanente si sonnecchiò:
alla fine si mormorò. Nè l’indebitato signor Bruschino
da quella prima sera in poi ebbe più il coraggio di
lasciarsi vedere; perchè se potè nel dramma coH’ujuto
della borsa del suo signor padre avere qualche
quattrino per pagare il conto al locandiere, come racconta
l’autore della disgraziata farsa, non ne ebbe, però
abbastanza per scontare gli altri debiti, e, sono i più
grossi, che aveva imprudentemente contraili col Pubblico.
ir IlOHGOff lSTIU) III SCIIII’DUl
(si pronuncia Scidam
il libretto) melodramma
poteva, acciocché I’ esecuzione della
farsa dovesse
venir troncala lino dal suo principio, e far sì «he
codesta sua disprezzata musica non
avesse a subire
l’udizione, il giudizio cd in conseguenza l’inevitabile
condanna del pubblico, dopo aver già ottenuta
quella coscienziosa e secreta del suo proprio autore.
sia peri» di gran
facevano lutti sul
l’anni fa, e che
soffribili di quelli
lunga inferiore a (pie’ tanti che si
medesimo stampo trenta e quaranin
tre atti musicato da Lauro IC<»mhì, cd esc
guito al Teatro Ile dalle signore llivtl-Gimiti
signori Aiitonelli
contultociò sono
ancora meno inche
si vanno raffazzonando a’ nostri
giorni. - Povera opera buffa dove mai sei tu andata
a precipitarti? - Eppure, le menti musicali che potrebbero
sostenere le (’adente non mancherebbero fors’anco
adesso! Ma come fare se non troviamo più nessun
librettista che sappia accozzare (piatirò parole, sparse
d’un po’ di sale, d’un po’ di frizzo, che t’inspirino la
gajezza della cantilena, elle tengano vivo il buon umore
del pubblico; il (piale per colmo di malore non trovasi
in oggi gran fatto proclive al riso.
Nella musica poi di questo signor Bruschino non
v ’ ha che accenni la penna di Rossini, se non un
duetto del Demetrio c Polibio netto nello (pii trascritto,
c che ha la disgrazia di cadere anche malissimo a
proposito; più un breve accompagnamento d’un altro
pezzo, accompagnamento che venne poi inserito nel
popolare duetto del Turco in Italia i» Per piacere
Giunti e NoarcM la sera dell’1 corrente.
Ecco un nuovo furto praticato al gran deposito di
mercanzie drammatiche e melodrammatiche d’oltremente.
Ma la merce rubala, traversando le Alpi, sofferse
alquanto questa volta, cd anzi ha perduto assai
del suo valore, intrinseco, la tinta ne rimase scolorata, la
1 impossibilità di saper fare da noi medesimi, ci troviamo
(ahi! dura, ma inevitabile confessione.!) costretti
ad attingere continuamente a fonti straniere: e per
giunta di avverso destino bene spesso c’imbattiamo
in alcune pièces francesi, che ci seducono, in leggeri O
lingua, del dialogo; ma nelle quali, se. Migliamo investigare
sino al fonilo, non troviamo che vuoto e
vuoto: c’non sono che piccoli nonnulla, che svestiti
50 =
■ [p. 92 modifica ] - 92 dell’elegante
c svelto apparecchio che li copre, non j
presentano più intrinseco ili sorta. |
H lìorgoniaslro di Schicdam è un libretto, il (piale ।
-Oj accusa forse più che qualunque altro questa inalali- i
gurata pecca. Il Borgomastro di Schicdam, attinto ad j
uno scherzoso ma leggero melodramma francese, ha
perduto adunque anch’egli nella traduzione tutte le sue
1 attrattive: poiché, come prima notai, non appoggiandosi
la pièce originale che sullo scherzo c sul piccante, e
non sulla forza delle cosi dette situazioni, è naturale,
che essendovi nella traduzione, levato (pianto v’ha di
piccante e scherzoso primitivo, non resti più nulla del ’
suo merito intrinseco; ed in conseguenza il mancamento
d’interesse e gli altri difetti, che non sono
scarsi, di codesto melodramma si facciano le dicci
volle maggiori.
Egli é ben poco simpatico (piesto Borgomastro, pc- j
santello filosofo che s ubbriaca, che ama la sua ambiziosa
c poco delicata cameriera, che fa la parte ora
del Rodomonte, ora del padre nobile. Egli è un carat- |
1ère che, a mio modo di vedere, male si addice ai i
nostri buffi italiani. Escluso ora il Soares che lo ha
sostenuto con decoro, con intelligenza, (il Soares è
i ancora per buona fortuna una specie di transizione i
dal basso-serio-cantaiilc al buffo-parlante), e qualche
altro rarissimo artista, che ora non saprei neppur
farmi venire in mente, dove troverà, domando io,
il signor Rossi un altro bu/fo-comico che possa rendergli
quella parte com’egli 1 ha ideala? Quella, lo
ripeto, non è parte pei buffi del nostro genere, gc।
nere che sarà ed è anzi condannabile, ma che però
esiste: ed anzi, disgraziatamente per l’arte, non esiste
in giornata che (piesto solo. Bisognerebbe assolutamente
che quella parte fosse scritta per un basso-cantante,
altrimenti non so vedere (piale altro potrebbe
essere l’artista al giorno d’oggi capace di sostenerla,
senza correre il rischio, anzi dico la certezza, di renderla
triviale, scurrile, e di farne nel terzo atto in
special modo una vera parodia. Meno condannabile
per mi cotale colorilo scenico ed assai più facile ad
interpretarsi èquella di Giannetta la cameriera. E d’una
I impronta sufficientemente comica, benché il carattere
1 individuale di questo personaggio, carattere caricato,
Il villano e venale, riesca, anzi che no, mancante di
‘| simpatia, e perciò d’interesse. Questi sono i due
I soli personaggi sui quali poggia il libretto; poiché
gli altri due o tre, quelli di Adalberto cioè, di Rinaldo
e di Margherita sono sì nulli, o almeno tanto
’ comuni, che nulla offrono a dire sul loro conio. Si aggiunga
clic il traduttore o parafrasatoli del libretto non
va ricco di facilità di linguaggio veramente comico.
Quantunque vi si riscontrino (pia c colà de’buoni
versi e un dialogizzare sufficientemente spontaneo ed
ordinalo, tuttavia (pici certo che di frizzo comico, che
vuoisi nell’opera buffa c che di questa é forse precipuo
fondamento, (pii manca interamente, in modo tale che il j
riso non vi é una sola volta, in lutto il corso del lungo I
melodramma, promosso da nessun lazzo; gravissimo i
danno in libretti di questo genere. La dicitura insomma
é troppo accarezzata, troppo elevata; sarei per dire
che alcune volle raggiunge l’epico. In prova mi basti
citare questi pochi versi, che nell’introduzione vengono
recitali dai Borghesi di Schicdam:
I A’on staili forse progenie d’Adamo
Come lutti del mondo gli eroi?
Della rupe chi il seno non fenda
Aera l’oro c le gemme che cela?
Aon sarà che scintilla risplcnda
Se la selce percossa non è.
Sembrami che si veda chiaro che questo non può
in verità essere linguaggio di sempliciotti galantuomini
borghesi, né meno ancora quello che l’opera buffa
richiede ed esige.
E il linguaggio vuol dir tanto! - Non é valutabile
l’influenza ch’egli esercita sulla musica destinata a
j vestirlo.
0
Come volete mai su versi pressoché epici, come i precedenti,
creare delle melodie popolari, famigliaci, semplici,
non ricercate? E d’altronde la qualità del melodramma,
dell’azione, il carattere dei personaggi le
domanda, le vuole queste melodie correnti, sciolte,
|O
leggere, non elevate. Dunque o il maestro seconderà
l’epicisino del poeta, ed il carattere locale della musica
diverrà grottesco e travisalo: ovvero il compositore
si terrà allo stile gentile c fluido dell’opera
leggera, e vi avrà rozzamente manifesto c disaggradevole
tra poesia e musica, danno sensibilissimo all’immaginato
e voluto effetto.
Lauro Rossi, questo bello ed ingegnoso talento, e ‘
per dura ed inesplicabile ingiustizia non ancora (pianto il
meriterebbe conosciuto ed apprezzato, vestì di noie (piesto
libretto, in modo che meglio, parmi, non polevasi. - Lo
stile generale piano, ma (piasi sempre originale, sempre
coerente a sé stesso, correggente anzi per (pianto
si poteva il difetto notato testé di troppa elevatezza
delle parole; le forme dei pezzi non ischio ve di inveterale
convenzioni, ma libere sempre, ma sempre
creale dalla faillira e forma poetica dei pezzi
rispettivi nel libretto, per cui se questo le presenta!
talfiata nuove, la musica le impronta nuovissime; i
canti tessuti con non stentata larghezza di periodi; i
parlanti facili, chiari, maestrevolmente combinali coi
sottoposti eleganti movimenti d’orchestra; lo strumentale
ingegnoso mai sempre, sicuro, non iscarso di nuovi
effetti; tutti questi pregi fanno sì che io collochi il
signor Rossi nel numero de’ migliori sostenitori delI
Opera Buda italiana. Né sono lontano dal ritenerlo
valentissimo anche nel genere serio, ma in questo per
anco nulla ancora conosco di suo. Sì: lo ripeterò sempre:
E un talento quello del signor Rossi che si merita
un posto nell arte assai più distinto di quello che
fortuna finora si è degnata accordargli.
Volendo notare i pezzi di questo spartito che mi
appagarono maggiormente, e fra i (piali alcuni anzi interamente,
scorrendoli in ordine di libretto, incontro
in primo luogo la Cavatina di Barione. In questa il
movimento de’violini nel primo parlante, così largamente
fraseggiato, é elegante cd originale, quantunque
il maestro abbia qui dovuto lottare contro il metro
poco parlante delle parole. Que’ dondoli unt i Decasillabi
che i poeti sembrano prediligere tanto, restano
in musica sempre zoppi, senza energia c nobiltà: nei
pai lauti poi in modo particolare.
La Cavatina di Giannetta non può essere meglio
ideata. Quella bella melodia che intona P orchestra c
che cammina per tutto (pici tratto di tempo, in cui la cu- |
riosa cameriera trac la piccola cassetta, leva la catenella
d’oro e legge la volontà testamentaria dell’estinto Borgo- ■
mastro, é lavoro di mano maestra c di talento finito.
Si potrebbero accusare come leggermente condannabili
certi slanci pretenziosi, che la Giunti rende più tragici
ancora coll’ampollosità del suo fraseggiare neU’interpretarli.
Ma nella cantante il vivo desiderio di far pompa dei
suoi magnifici acuti, nel maestro la certezza d’un applauso
di quella non iscarsa parte di pubblico che ama
le grida, rendono, se. non da approvarsi, almeno perdonabile
questo difetto, che però non é lieve, c che
riproducasi pur troppo più volte nel corso dello spartito.
Il pezzo migliore dcll’Opera é il Finale dell’alto pii- i
ino. Novità intera di forme nc è il primo pregio: pregio
tanto più stimabile in Italia, dove si usa, e adesso
più che mai, lavorare qualsiasi musica, come dicesi, a
macchina. Ogni singolo brano di questo Finale é trattalo
eolia più avveduta filosofia: non v’ha colorito strumentale,
non v’ha un piano od un forte che non sieno i
richiesti dallo spirito della situazione. Nulla di in-!
coerente: nulla di convenzionale. Peccato che le masse,
le vocali in ispecic, nella loro esecuzione coin- t
prendano ben poco le fine intenzioni del compositore.
Per non parlare di altre mancanze, accenneremo
soltanto del modo pesante cd affatto mancante di piano,
di secco e staccalo, col quale se ne eseguisce la stretta;
pezzo che esigerebbe ogni finitezza di esecuzione,
ogni scrupolosa per non dire ogni sofistica osservanza
dei chiaroscuri. Tutto l’effetto ideato dal compositore
in (piesto pezzo é basato su questi: (radili una velia,
resta perduta interamente tutta la filosofia del concetto.
Nell’alto secondo fra gli altri pezzi brilla di maggior
luce un Duello tra la cameriera c il Borgomastro, bello, |
originale, ed assai bene eseguilo dalla signora RivaGiunti, c dal signor Soares. Ingegnosissimo e con
grande artifizio sviluppalo e di effetto popolare é il quartellino
che segue. Il largo del secondo finale si apre 1
pure con un’idea nuova c rimarchevole. •
Nel terzo alto va notalo per felice accompagnamento
strumentale il primo tempo de’ due bassi, che è benissimo
sostenuto dal Giunti e dal Soares. La Cabaletta
mi sembrò tuttavia alquanto tormentata dall’orchestra ETy.
e poco spontanea. Sono vivaci le ultime variazioni
della Riva-Giunti. y
I Corisli furono nell’esecuzione di questo spartito
intonali c sicuri: mancarono perii, come mancano
sempre, di secco. In questa musica, che tanto ne richiede,
più sensibile appalesasi tale difetto; difetto che j
acquistasi ìrrinie.diabilmeulc sopra le troppo ampie
scene della Scala; cd il corpo ile’Corisli del Re é:
per lo appunto una parte di quello della Scala. I
L’orchestra riguardata in (piesto ramo d’esecuzione
ha diritto invece a qualche elogio. Ila d’altronde vigore,
fraseggia c colorisce bene; ed in quest’Opera
anzi meglio assai che d’ordinario. Il signor Ardili,
clic ne é direttore, é un giovane pieno di sentire
musicale c di foga giovanile: foga, che però in alcuni;
rari casi dovrebbe qualche poco domare, pcr non correre
il rischio per esempio di dare ai tempi l’impulso j
di movimenti troppo stretti; il che riesce in primo luogo
dannoso all interpretazione giusta della musica, e poi
ancora all’esecuzione decantanti, i (piali, poverini, in
certi punti trovansi nell’impossibilità di tener dietro
all orchestra. Siane esempio il Duetto del secondo alto, |
nel (piale il signor Soares, benché dotalo di non comune
scorrevolezza di lingua, non giunge in tempo
di poter articolare le ultime misure della sua Cabaletta.
L’Ardili va pure distintamente lodalo (piale eccellente,
suonatore di Violino, e bene avvisò il Maestro ad affidargli
(pici breve ma succoso a solo nella sinfonia,
che trac ogni sera gli ascoltanti a largo applauso.
L’Ardili é degno allievo del Ferrara, c decoro del
nostro Conservatorio.
L’Impresa, mi pare, fu poco generosa nel tentativo
di cooperare al buon successo di questa musica. Di
sette tele, che il libretto richiedeva, non nc regalò
che una o due di nuove. Lauro Rossi, però aveva
a proprio sostegno il valore della sua squisita composizione,
cd un uditorio colto che seppe apprezzarla
come meritava.
Alberto Mazzucato.
in.
MARIA IH KO1IAN di G. Donizetti
(rappresentala la stagione corrente al Teatro Ducale
di Parma) (I).
Parma è stata prima fra le città d Italia,
per quanto io mi sappia, a ripetere uno
degli ultimi componimenti musicali del celebre
Donizetti. vo’ dire, l’Opera Maria di
Hohan, la quale lungo il Maggio di quest
anno destò per parecchie sere nel pubblico
parmigiano un’ammirazione crescente.
Non è mio intendimento tener qui discorso
degli egregi artisti che la cantarono, dei
quali bau parlato già a dilungo tutti i giornali
teatrali} nè del modo con cui fu squisitamente
suonata dall orchestra Ducale,
sotto la direzione del sig. Nicola De Giovanni,
interprete felicissimo de! concetti
del Donizetti. Passerò bensì in disamina
alcune fra le molte bellezze di quel lavoro
musicale, senza tacere di qualche parte in
cui parve a me che fautore non si mantenesse
alla medesima elevazione.
La Sinfonia è uno fra i migliori pezzi
dell’opera. Sviluppando concetti di melodia
che tutti si risentono del far proporzionato
e simonetrico per cui tanto distinguons! i
compositori italiani. Donizetti seppe gialli)
Siamo lieti di poter presentare ai nostri lettori
codesto primo articolo d’un nuovo nostro collaboraSEGUE
IL SUPPLEMENTO.
is
La lì.
tore. Gli scritti del signor Maestro Torrigiani, uomo
colto, e chiarissimo nell arte musicali*, Sono un nuovo
c ricco acquisto che fa la nostra Gazzetta, c di cui i
nostri associati, speriamo, vorranno saper apprezzare
valore.