Gazzetta Musicale di Milano, 1872/N. 25

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N. 25 – 23 giugno 1872

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[p. 205 modifica]OGNI DOMENICA IL FAUST DI GOETHE E LE SUE TRADUZIONI MUSICALI VI. IL MEFÌSTOFELE DI ARRIGO BOITO ’ CONCLUSIONE. Sebbene il successo non abbia coronato la prova del giovine autore, il suo doppio ardimento di poeta e di compositore impressionò tanto vivamente il pubblico italiano e lo tenne così lungamente occupato, che non ei è possibile invocare la sua amicizia e la sua qualità di collaboratore della nostra Gazzetta, per farne pretesto al silenzio. Nè il silenzio sarebbe ingiusto verso l’autore soltanto, il quale ha mostrato, nella parte poetica del suo lavoro e in molti punti della parte musicale, d’intendere meglio di chicchessia la concezione profonda di Goethe, ma sarebbe anche un’infedeltà verso il nostro argomento e verso i lettori ai quali abbiamo promesso di dire brevemente di tutti i compositori che, a nostra notizia, attinsero l’ispirazione all’immortale poema alemanno. Non presentiamo a chi legge Arrigo Boito; tutti lo conoscono; chi non l’ha visto di persona, l’ha visto ne’ suoi scritti, chi non ha indagato il suo pensiero nei bagliori delle sue strofe indocili e nei suoi raccontini fantastici, lo ha indovinato nelle linee del suo volto. Noi non vedemmo mai in alcuna persona i caratteri dell’ingegno così fedelmente sposati ai caratteri del corpo. L’involucro ha preso tutte le angolosità del contenuto, fìnge di coprirle e le rivela; è un insieme di caratteri fìosognomici che farebbe l’entusiasmo o la disperazione di Lawater; non sappiamo se piuttosto l’uno che l’altra. Questa interezza della sua natura spirituale e corporea (facciamo i nostri comodi filosofici e accettiamo la distinzione) ne fa una specie di creatura doppia; egli è tutto nei suoi scritti, egli è tutto nelle sue forme. Ma lasciamo la forma paradossale così cara all’autore del Mefìstofele e veniamo al Mefìstofele. Questo titolo stesso che egli pose al suo lavoro ei. dà la chiave del suo ingegno. Può parere sulle prime che il solo amore di distinguersi dai compositori che lo precedettero nell’ardua fatica, o il desiderio di non far parere le sue intenzioni come una sfida aperta e diretta d’ogni confronto, abbiano consigliato il nuovo battesimo. Noi non pensiamo a questa maniera. Boito ha troppa audacia per venir meno all’idea di un confronto, e sapeva di aver osato troppo più di tutti quanti lo precedettero nel cimento, per sentire il bisogno di assicurarsi un’originalità a così buon mercato. Ma nella potente creazione di Goethe, l’occhio del poeta è penetrato bensì fino in fondo, ma si è per elezione fissato più attento alla faccia sinistramente misteriosa del multiforme problema. Faust dubita,, ma soffre; Faust dubita, ma ama, — perchè Faust è un uomo; Mefìstofele dubita, e ghigna, e beffa, e deride Famore e l’umanità e l’eterno — non è l’uomo, è il dubbio stesso. La natura fantastica dell’ingegno di Boito fu trattenuta da questo fascino — e il suo poema s’intitolò Mefìstofele. Ho detto il suo poema; sì, perchè dove altri si accontentò d’un libretto egli volle invece un poema — un poema bizzarro, sprezzante di regole, insofferente di ostacoli di tempo e di luogo, un poema che apparisce in sè stesso scucito e sconnesso, ma un poema tuttavia, se per poema intendiamo un vasto quadro a linee gigantesche, a pennellate grandiose, destinato ad essere guardato in distanza coll’occhio sintetico del filosofo. Certo molti che ebbero fra mani il libretto di Boito, non ei si raccapezzarono gran fatto e finirono forse col confessare a sè stessi di non averne capito nulla; ma costoro avevano in mano un libretto, peggio, il peggior libretto che sia uscito dai telai di cavatine, di duetti e di finali concertati. Ma per chi ha letto le due parti del poema di Goethe e si è provato a chiudere gli occhi e a ricostruire nella mente l’edilìzio del grande alemanno, ed ha potuto abbracciarne per un istante le linee, e sentirlo saldo sulle fondamenta, quel libretto è un lavoro d’arte, è la condensazione, non indegna dei lambicchi di Faust, d’una creazione gigantesca. E poi nella mente del Boito libretto e musica dovevano formare un solo tutto, l’armonia doveva riempire le lacune del verso., sopprimere gl’intervalli, legare i tempi, i luoghi, le passioni, e se la vena del compositore fu in [p. 206 modifica]208 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO quest’opera titanica costretta a manifestarsi molte volte impotente, l’audacia sola dell’intento basta a giustificarlo. Non intendiamo far l’analisi della tessitura, delle bellezze e dei difetti di questo strano melodramma; fu a suo tempo fatto molto acutamente e con qualche diffusione nelle pagine della nostra stessa Gazzetta; basti a darne in qualche modo un’idea il dire che Boito. volle fuse in una le due parti del Faust. Il compositore ebbe così due protagoniste: Margherita ed Elena, la poesia del cuore e la poesia della bellezza estetica; poteva cantare due affetti^ l’uno più che terreno, l’altro poco men celeste. Ma non lo fece assai di buona voglia, nè in versi nè in note; al contrario si compiacque di insistere in tutte le situazioni immaginose, accarezzò i fantasmi più impalpabili; angeli, fuochi fatui, folletti, sirene, serafini., streghe sono i veri protagonisti del suo lavoro, in cui abbondano le intenzioni descrittive. Gli è appunto che, forse per lunga viziatura, è così fatta l’impronta del suo ingegno che mentre si acconcia mirabilmente alle creazioni fantastiche, e sa dar contorni puri alle più matte eccentricità, si ribella agli affetti. Tutte le sue scritture presentano un concetto vero e una veste fantastica; poeta, narratore, musicista, ma pHma di tutto sè stesso; quest’originalità estrema è qualche volta a danno dell’evidenza; le immagini e gli affetti perdono di efficacia e Hi naturalezza non trovandosi mai essere nemmeno per caso le immagini e gli affetti di chi legge. Egli dimentica che il segreto dei trionfi più sicuri non è l’abbagliare., ma il convincere, non è il commuovere, ma l’intenerire, — è il far ritrovare al lettore o all’uditore parte di sè stesso nelle cose che legge o che ascolta. Questa dote manca quasi sempre al Boito; i suoi personaggi sono sempre creature che hanno idee molto bizzarre nel cervello, e affetti molto prepotenti nel cuore, e modi di manifestazione che rasentano lo stravagante quando non ei si tuffano dentro addirittura. Egli non fa parlare l’amore, ma si accontenta di farlo sognare; lo si direbbe sordo al sentimento per non ascoltare che il presentimento, insensibile alla luce del sole per inseguire il raggio fuggitivo d’una stella che si perde nello spazio. Così è nel Mefistofele; l’amore di Margherita è un breve episodio al confronto delle grandi scene descrittive, l’idillio d’Elena un bagliore. Musicalmente queste parti contengono per altro le maggiori bellezze, e ciò proverebbe forse che questa tendenza del suo talento non è in gran parte se non effetto dell’educazione intellettuale. Del resto grandi e vere bellezze si trovano pure in molte parti dell’opera. Però se fu accolto con modi poco lusinghieri dal pubblico della Scala, non è a dire che agli occhi della critica paresse proprio un peccato mortale. Tacciamo degli entusiasti che trassero argomento del capitombolo per sollevare a perdita di vista il caduto, ciò che è riputato anche dai benevoli un’esagerazione di pessimo gusto, ma perfino i più ostili alle nuove idee professate audacemente dal Boito, furono concordi nel vedere in quest’opera molta dottrina, frequenti lampi d’ispirazione, e audacie fortunate. E se disgraziatamente l’arte non ei ha guadagnato nulla, non è almeno impossibile che T autore possa con un’altra creatura aggiungerle quel decoro che le ha promesso col Mefistofele. A compiere questa, rapida rassegna di tutti gl’ingegni musicali che si sono misurati coll’opera letteraria del grande intelletto alemanno, rimane a dire, che (oltre Meyerbeer) Rossini e Beethoven avevano in mente di scendere «alla prova. Quest’ultimo anzi vagheggiò durante tutta la vita l’idea di porre in musica il poema di Goethe; di questa intenzione non rimane che una canzone della Pulce, improvvisata in un momento di buon umore, verso il 1807; altre fatiche lo distolsero. APPENDICE LA SORELLA DI VELAZQUEZ LEGGENDA STORICA MARIA DEL FILAR SINUÉS DE MARCO VERSIONE DALLO SPAGNUOLO DI I. LA VEGLIA DI SAN GIOVANNI Bella e serena era la notte del 24 giugno 1629. Il bosco di pioppi, che anche oggidì si stende sulle rive del tranquillo Manzanares, era in allora più folto e si chiamava il Bosco del fiume. Colà nelle notti d’estate avvenivano i misteriosi convegni dei galanti cavalieri della Corte di Filippo IV con le loro belle, tutte nascoste in ampii pepli, quantunque per verità non si comprendesse la ragione di tanta segretezza, attesa la licenza nei costumi di quella corte. Nella notte, onde sto per parlare, il concorso era assai maggiore dell’usato; il bosco, illuminato da un’infinità di lampionini a colori, aveva l’aspetto de’ più allegri, animato com’era dalle grida dei venditori di ciambelle, zuccherini odorosi e bibite dolci; qua e là vedevansi dei padiglioni nascosti fra i cespugli, nel cui fondo cenavano coppie d’amanti o allegre brigate, fra le quali non mancava qualche poeta, dei molti che fiorirono durante il regno di Filippo IV. La foresta era gremita di gente d’ambo i sessi: quando le dame passavano vicino alla luce delle lanterne, i broccati delle loro vesti, le gemme che ornavano le loro capigliature e la bellezza dei loro neri e grandi occhi, brillavano malgrado il misterioso e seducente ammanto che le copriva. Da tutte parti udivansi parole tronche, sospiri amorosi o circospetti avvertimenti, formando il tutto un cosi confuso rumorìo, che invano anche uno dei molti osservatori più destri che colà trovavansi, avrebbe potuto farne la descrizione. — Vicino al pioppo grande segnato da una croce, diceva una dama, che passava appoggiata al braccio di altra, all’orecchio di un cavaliere che rimaneva ritto e immobile come chi bada ad altro. ■ — Mio marito è qui! susurrava un’altra volgendosi al galante che la seguiva. — Quanto ti amo. Leonora mia! esclamava sospirando un azzimato marchese avvicinando la bocca al manto della bionda e velata duchessa, la quale si appoggiava al suo braccio con provocante abbandono. E le parole, i sospiri ed i sommessi colloquii andavano perdendosi fra le aure profumate di quella splendida notte d’estate. In uno dei chioschi illuminati dai palloncini, e formato da verdi rami, cenavano due uomini. Quella parte era la più animata e la più popolata del parco: una delle molte musiche, con cui i galanti cavalieri facevano omaggio alle loro belle, man [p. 207 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 209 Nella Vita di Beethoven di Schindler si riferiscono queste parole pronunziate da lui tristamente dinanzi all’amico Bihler: «io non scrivo sempre quello che voglio, io lavoro pel danaro! Ma quando il cattivo tempo sarà passato, scriverò ciò che più mi piacerà, per l’arte sola, e sarà probabilmente il Faust.» «Il cattivo tempo non passò, aggiunge il signor Jullien, e alcuni anni anni dopo, quando il suo amico, il letterato Rochlitz, gli propose per parte della casa Hàrtel di Lipsia di comporre della musica per Faust, come aveva fatto per Egmont, Beethoven, allora tutto alla concezione della nona sinfonia, gli rispose; «ho già tre altre grandi opere da qualche tempo; sono in parte schiuse nel mio cervello e vorrei sbarazzarmene, cioè: due grandi sinfonie e un oratorio. Ciò sarà lungo, perchè, vedete, da un certo tempo, io non ho più la stessa facilità di scrivere.» Era in giugno 1822: delle opere annunziate, nessuna vide la luce, fuorché la sinfonia con cori.» Lo stesso Rossini ebbe lungamente l’idea di scrivere un’opera sul Faust; le parole dovevano esser fornite da Alessandro Dumas. Erano due che sapevano fare le cose bene, ed è un peccato che il proposito non sia stato mantenuto. Anche Wagner, durante il suo soggiorno a Parigi (dal 1839 al 1842) scrisse una ouverture sul Faust, che fu eseguita in marzo 1870, ai concerti popolari; e nel 1847 un compositore francese poco noto, Enrico Cohen, fece eseguire nella sala del Conservatorio a Parigi, un poema lirico: Margherita e Fausto, di cui fu specialmente applaudita una gran scena: Il trionfo di Mefistofele. Codesto Cohen fu due volte in Italia; dove tentò senza gran frutto la fortuna teatrale, e divenne più tardi direttore del Conservatorio di Lilla. Aveva appreso T armonia da Reicha, il canto da Laïs e da Pellegrini. Infine sono appena pochi mesi che a Rostock fu eseguita con successo lieto un’opera Faust del maestro F. De Roda. Fra quanti sfideranno il colosso nell’avvenire, a chi toccherà il vanto di seppellire il passato? ALLA RINFUSA Il Guide Musical ei fa sapere che Wagner ha condotto a fine la sua nuova opera II Crepuscolo degli Dei; non manca che l’istrumentazione. ¥ A Schanenstein morì testé un maestro di musica assai originale; il suo testamento è scritto in musica. Non è detto se l’esecutore testamentario debba essere.... un tenore od una prima donna. Il principe Umberto, prima della sua partenza da Berlino, fregiò di ordini l’intendente generale dei teatri, ciambellano von Hiilsen, il coreografo Taglioni ed il maestro di cappella Eckert, e al direttore di musica militare Voigt a Potsdam regalò una preziosa spilla. E in vendita presso l’ufficio della Revue et Gazette Musicale di Parigi un magnifico violino di Stradivarius (vernice rossa) del 1708, al prezzo di 8000 lire.

  • Ecco un’altra statistica dei teatri d’Europa, ma non la garantiamo più

esatta delle altre che appariscono ogni tanto nélle colonne dei giornali. «L’Italia ha 348 teatri, la Francia 337, la Spagna 168, l’Inghilterra 150, l’Austria, 152, l’Alemagna 191, la Russia 44, il Belgio 34, l’Olanda 23, la Svizzera 20, la Svezia 10, la Norvegia 8, il Portogallo 16, la Danimarca 10, la Grecia 4, la Turchia 4, la Rumenia 3, l’Egitto 3, la Servia 1.» v Il signor Isidoro Lotto, (premiato al Conservatorio di Parigi) ottenne al concorso il posto di professore di violino al Conservatorio di Strasburgo. Nell’Esposizione Universale di Vienna sarà probabilmente collocato il pianoforte che Erard regalò a Beethoven, e che porta la data del 1803. Questo prezioso stiunento si trova ora a Linz, nell’Alta Austria. La Pesti memzeti dalhor (a Pest) mette al concorso un premio di dieci ducati per un «quartetto musicale in stile ungherese e con testo ungherese». I giornali tedeschi assicurano che nella prossima stagione di primavera avremo alla Scala Tannhauser e Lohengrin; che Riccardo Wagner fu invitato a dirigere le opere ed a radunarne il necessario personale; che egli aderisce a questo invito ed è già in trattativa con varii artisti, tra’ quali la signora Maria Lehmann, che prese parte al concerto di Bayreuth; che il famoso maestro in una lettera a questa cantante manifesta la sua idea di fare un giro con una compagnia, da lui stesso radunata, di veri cantanti-Wagner, e di far rappresentare le sue opere secondo i suoi intendimenti e sotto la sua direzione. Il maestro Petrella è stato nominato commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia. dava dal fondo del chiosco suoni armoniosi, e il vocio e le risate che udivansi all’ingiro vi penetravano come se volessero tenere allegri quei due uomini, il cui aspetto, sebbene nulla avesse di melanconico, era estremamente grave. La tavola mostravasi imbandita con un lusso pellegrino, e sfarzosamente illuminata: i manicaretti che la coprivano erano squisiti e abbondanti. Quello di maggiore età dei due cavalieri dimostrava trentott’anni; era alto e di forme atletiche; i suoi capegli, d’un biondo scuro, scendevano inanellati attorno al volto sino a poggiare sugli omeri; gli occhi azzurri, grandi ed espressivi, erano coperti da folte sopracciglia nere, dandogli siffatta qualità un seducente aspetto. Portava una ricchissima veste di velluto azzurro ricamata d’oro: un giustacuore di velluto marrone gli stringeva il petto, e il suo cappello, ornato di una bella piuma bianca, vedevasi appeso alle sue spalle. Quel cavaliere era don Giovanni Hurtado de Mendoza, duca dellTnfantado, e primo maggiordomo di S. M. il Re Filippo IV. Quegli che gli era seduto di fronte dimostrava una trentina d’anni; aveva statura media, ma piena di vigore; la sua tinta bruna, i suoi neri e brillanti occhi, i suoi capegli scuri, lucidi e ricciuti, lo indicavano come un figlio del mezzogiorno della Spagna; avea la bocca d’un’ammirabile bellezza, accresciuta da baffi neri e attorcigliati; il naso profilato e stretto faceva capo a un ampia fronte, sulla quale vedevasi brillare un sublime ingegno. Il suo abbigliamento era assai più modesto di quello del suo compagno e riducevasi ad una veste di velluto violetto senza ornamenti, ma chiusa da preziosi fermagli di diamante. Cadevano sopra il suo colletto di battista liscia i lunghi e folti ricci de’suoi neri capegli, la cui massa scura faceva contrasto conia bianchezza azzurrina di quello. La nobiltà dei natali traspariva chiaramente dalle sue affilate e scarne mani e da’ suoi piedi d’una piccolezza e delicatezza sorprendenti. Chiamavasi don Diego Velâzquez De Silva, ed era pittore di camera e gentiluomo della maestà di Filippo IV. Nell’istante in cui presento codesti due personaggi a’ miei lettori, pareva che avessero finito di mangiare; almeno, i loro piatti, mezzo pieni, attestavano che avevano soddisfatto completamente al loro appetito. — Vedo che l’espressione della mia sincera ammirazione vi molesta, amico don Diego, e che i miei elogi riesconvi noiosi, diceva il duca a Velâzquez nello stesso tempo che un elegante cavaliere, passando vicino al padiglione in cui si trovavano quei due, vi gettava dentro un’occhiata indagatrice. — Non credete ciò, signor don Giovanni, rispose l’artista con quella dolce cortesia piena di dignità che lo rendeva tanto amato da tutti i grandi; non credete ciò, i vostri elogi mi sono più cari degli altri, perchè mi avete date veraci prove di essermi molto amico. — Oh! certamente lo sono, Velâzquez, esclamò il duca, la cui bella e nobile fìsonomia si animò d’un’espressione d’orgoglioso affetto. # — Lo so, signor don Giovanni; ed è per questo che accetterò i vostri elogi, se giudicate che li merito, dopo che vi avrò detto dove attingo la ispirazione per i miei quadri. — Come? esclamò meravigliato il duca; forse che, voi Velâzquez, difettereste di inspirazione nell’epoca dei vostri più mirabili lavori? — Oh, no! esclamò tosto il pittore: no! tutto al contrario; ma ora attingo la mia inspirazione a*d una fonte più pura. — Per dio che non vi comprendo! voi siete nato pittore, come Quevedo poeta. [p. 208 modifica]210 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO H i civico di Novi Ligure, con una a scelta della Direzione e due 1200 lire. ¥ Nel teatro di Malta ebbe del teatro. La notizia ha commosso si minaccia uno sciopero. ¥ Il nuovo teatro in costruzione

  • Per l’autunno venturo è d’appaltarsi per 30 rappresentazioni il teatro

dote di lire 7000. Si esigono balli di mezzo carattere e due opere serie un deposito di luogo una serata a beneficio del bollettinaro tutti i bollettinari dei teatri d’Europa, a Vigevano rischia di rimanere in costruzione in eterno. Apprendiamo che le somme stabilite dai palchettisti e dal Municipio sono esaurite non solo, ma si ha già un passivo di 80,000 lire, senza che i lavori siano finiti. Municipio e palchettisti non ne vogliono sapere di spendere altro!

  • Gara d’amore è il titolo di una nuova opera in un atto che condusse

a tèrmine il maestro Eliodoro Bianchi. Per la stagione 1872-73, dal Natale venturo al 20 marzo 1873, è d’appaltarsi il teatro Civico di Vercelli. Si accordano 8000 lire di dote per uno spettacolo d’opera seria. Per i particolari e le condizioni d’appalto rivolgersi al Sindaco signor Monaco. È aperto il concorso per l’appalto del teatro Municipale di Modena. Hassim Pascià, gran dilettante di musica, ha scritto un’opera semiseria in due atti, su libretto turco. E questa la prima opera di un turco per il teatro turco. Il titolo ne è: Moh-Ahmed e i suoi creditori. Il Journal of Bosfore dice molto bene della musica. II maestro Calamari ha composto, per originalità, un duetto per baritono e basso con accompagnamento di solo tamburo! Il teatro d’Alessandria (Piemonte), fu deliberato all’impresario Gra che conta di tenerlo aperto dall’ottobre p. v. a tutto maggio 1873.

  • A Bergamo si vuol istituire Un’Accademia musicale, ’e intitolarla a Donizetti.
  • Un compositore russo, certo Faminzin, ha condotto a fine una grand’opera

in 5 atti, intitolata Sardanapalo. Il libretto è tratto da Byron.

  • Il giornale inglese della Corte cita una sorpresa fatta alla regina Vittoria,

in occasione del suo anniversario al castello di Balmoral — ■ una serenata di 100 cornamuse.

  • Antonio Rubinstein ha terminato una grand’opera: Magar, parole di Ferdinando

von Saar.

  • A Vilvorde si è formata una nuova Società di fanfare, La Renaissance,

diretta dal signor Govaerts, capo-musica militare pensionato. ¥ Giacomo Cockx, (premio del Conservatorio di Bruxelles) fu nominato professore di violoncello, classe di perfezionamento, al siglia.

  • Fra i legati fatti dal maresciallo Vaillant, antico

a Parigi, ve n’è uno di 10,000 lire al Conservatori di Conservatorio di Marministro di Belle-Arti Dijon.

  • Il Consiglio Municipale di Parigi ha votato la concessione perpetua del

terreno destinato al monumento funerario del pianista italiano Gennaro Perrelli, morto per ferita riportata nel fatto di Montre tout. — Non è vero: nessuno nasce pittore, poeta, o musicista; tutt’al più ei accompagna, nel nascere, una certa predisposizione o facilità, più o meno grande, per questa o quella cosa, facilità che sveglia in noi una passione pure più o meno nobile. — E cos’è che ha svegliato in voi il vostro sublime ingegno? — Anche concedendovi, signor don Giovanni, che io sia nato con molta capacità, essa fu tanto rachitica e timida nella sua nascita, che dovetti ricorrere all’imitazione per isvegliarla. — Voi? — Io, si, e sappiate che nè a mio padre. Rodrigo de Silva (I), nè al mio maestro e suocero don Francesco Pacheco, ho mai fatta la confessione che ora faccio alla vostra amicizia. Il duca inchinossi nella stessa guisa che avrebbe fatto nel ricevere un favore da un principe reale. — Ho imparato, continuò Velâzquez, in Alberto Durerò, la simmetria del corpo umano; in Andrea Bexalio, l’anatomia: in Giovanni Battista Porta, la fisonomia; la prospettiva, in Daniele Barbar: la geometria, in Euclide; l’aritmetica, in Moya: l’architettura, in Vitruvio e altri autori; esaminai la nobiltà della pittura in. Romano Alberti; la brevità e la prestezza l’appresi in Michelangelo Vedrido; il Vasari, mi ha incoraggiato colle vite dei pittori illustri, e il Riposo di Raffaello Borghini, mi ha erudito (2). — Ciò non vuol dire altro che avete studiato molto, e con molta costanza, don Diego, disse il duca accompagnando con un’affettuosa stretta di mani la sincera ed amichevole franchezza dell’artista. — In fatti, signor don Giovanni, rispose l’altro, lo studio è (1) Velâzquez usò sempre il casato di sua madre, donna Geronima Velâzquez, secondo un uso introdotto in Andalusia. (2) Palomino, Biografia di Velâzquez. Un dispaccio telegrafico da Marsiglia ha annunziato che, scoppiata una caldaja del vapore spagnuolo Guadaira, proveniente da Siviglia, perirono in mare 49 viaggiatori, fra i quali alcuni artisti di due compagnie di canto; le notizie intorno alle vittime sono però incerte; si sa solo di Manetta e Rosa Mariotti, e di Adele Ruggero, che furono raccolte cadaveri e trasportate alla Morgue di Marsiglia.

  • Leggiamo con stupore nel Guide Musical:» Il re di Portogallo, ora a

Parigi, viaggia incognito colla sua sposa, sotto il nome di conte di Villavicosa e contessa d’Edla, la quale, or sono pochi anni, non era che una ballerina celebre del gran teatro di Vienna, Fanny Essler». Il Guide Musical non sa che il re di Portogallo ha sposato una certa Maria Pia, figlia d’un certo Vittorio Emanuele II, re d’Italia!

  • Il maestro Gaetano Palloni

Corona d’Italia.

  • A Trieste, in un concerto

Breitner, prese parte la valente è stato nominato cavaliere dell’Ordine della dato dal maestro Cremaschi e dal pianista signora Chiarina Faccio-Fabrini, cantando stupendamente due canzonette di Schumann torio l’applaudi con entusiamo.

  • E a Bologna sere sono ebbe luogo un

pessa Simonetta, col concorso della celebre ¥ Anche il maestro Platania di Palermo Corona d’Italia. e la Negra di Donizetti. L’udiconcerto nelle sale della princiBorghi-Mamo. fu nominato Commendatore della

  • A Viareggio, nella prossima stagione di bagni, si avrà spettacolo d’opera

in musica. CORRISPONDENZE • ROMA.,. 8 giugno. L’Assedio di Brescia del maestro Pontoglio al Politeama. Tutta la nostra vita musicale si trova concentrata nel Politeama romano. Che cosa è il Politeama? Una specie di gabbione in Trastevere, dove stanno comodamente tre mila persone. Un fortunato ed avveduto impresario (che non è l’amico Jacovaccp ebbe il pensiero di darvi spettacolo d’opera, ed ogni sera il gabbione è pieno zeppo. E quando dico ogni sera, dico male, perchè lo spettacolo incomincia alle ore 6 per terminare alle nove. Non saprei dirvi per qual ragione la rappresentazione sia diurna anziché notturna, ma se l’impresario ei trova il suo tornaconto, fa benissimo. Lascio però a voi T immaginare quanto ciò sia contrario alle abitudini degli uomini d’affari ed anche dei giornalisti i quali per recarsi al Politeama oltre il Ponte Sisto devono far generoso sacrifizio del pranzo sull’altare dell’arte trasteverina. Questo sublime coraggio T ho avuto T altro giorno per assistere alla prima rappresentazione dell’opera del maestro Ponquello che genera il talento, ma non anima nè accresce quella scintilla che si chiama genio, della quale Dio ha dotato molte creature; perciò, io, nonostante i miei lunghi e assidui studii, soltanto un anno fa ho dipinto la mia taverna e il mio portatore d’acqua, che la corte ha in tanta stima; ragione per la quale mi diedi a dipingere cose rustiche all’impazzata, con luci e colori strani. — Io credetti che vi foste dato a siffatto genere per non imitare il Tiziano, Raffaello e altri. — E non v’ingannate; ciò fu una delle ragioni per cui mi astenni dal dipingere, con soavità, soggetti più serii, perchè quantunque i miei amici mi dicessero che avrei potuto, emulare Raffaello d’Urbino, preferivo d’essere il primo in quel generacelo, che secondo nella delicatezza; l’altra ragione, e più valida, era che, difettando d’ingegno, giacché nessuna passione era venuta a fomentarlo, mi riesciva sommamente d.fficile il fare altri lavori. Il cavaliere che dopo d’aver guardato il fondo del chiosco erasi allontanato, tornato allora indietro, accostossi ad esso, mezzo nascosto dai cespugli. — E come, dunque, avete fatto a dipingere con tanta perfezione e maestria, due mesi or sono, quello stupendo quadro dell’incoronazione della Vergine? — Oh, perchè il mio genio era apparso! rispose l’artista innalzando alla vòlta celeste, seminata di stelle, uno sguardo di ineffabile e ardente gratitudine. (Continua) [p. 209 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 211 foglio L’Assedio di Brescia. Credo di avervi già parlato a lungo di questo spartito quando fu rappresentato qualche anno fa al Borgognissanti di Firenze. Il Pontoglio scriveva allora come si suol dire per praticacela e lasciava moltissimo a desiderare dal lato degli studi musicali. Uomo.di ferrea volontà, tenne conto dei consigli che la critica gli rivolse a proposito non solo dell’Assedio di Brescia, ma ben anche di due altri spartiti fatti rappresentare a Firenze. Ricominciò da capo a studiare e dopo alcuni anni si presenta al pubblico romano coll’Assedio di Brescia interamente rifatto. Non era meglio presentarsi con un’opera nuova? Il Pontoglio Io avrebbe desiderato, ma per F Assedio di Brescia vi era la raccomandazione del favorevole successo conseguito a Firenze; per un’altra opera le difficoltà sarebbero state maggiori. Mecenate del maestro e dell’opera fu il generale Lipari, comandante della nostra guardia nazionale, il quale aveva avuto il Pontoglio per capo-musica, quando comandava un reggimento di linea. Il generale Lipari si adoperò con grande energia, affinchè l’Assedio di Brescia fosse rappresentato al teatro Apollo. Jacovacci tenne a bada, promise, ma poi non ne fece nulla. Ed il maestro stanco d’aspettare bussò alla porta ospitale del Politema. Nell’Assetto di Brescia qual’è ora rifatto, c’è veramente la prova che l’autore in questi anni ha studiato con rara perseveranza. Il Pontoglio si mostra ora espertissimo negli artifizi di contrappunto ed aggiunse all’opera un gran finale (quello dell’atto terzo) che si può dire un ampio saggio di esercizi scolastici, incominciando dalla imitazione e venendo fino ad una fuga a quattro parti reali, che al Politeama fu ridotta e semplificata perchè non si aveva tempo sufficiente di provarla. Questo sfoggio di dottrina scolastica non è precisamente quello che si richiede per l’effetto teatrale. L’opera è sovraccarica di siffatti artifizi, locchè non toglie che nello spartito si lamentino ancora le forme convenzionali ch’erano in grande onore otto o dieci anni fa quando V Assedio di Brescia fu composto. Fatte queste osservazioni, devo pur accennare i pregi che compensano i difetti dello spartito. In generale le idee melodiche sono piacevoli, un po’ verdiane ma chiare e spontanee. Il finale dell’atto quarto è una bella pagina inspirata e drammatica; di grande effetto sono pure le romanze del tenore e del baritono, quest’ultimo sovratutto, di cui il pubblico volle lareplica. E potrei citare altri pezzi meritevoli di lode. L’Assedio di Brescia è uno spartito che, senza suscitare grandi entusiasmi, potrebbe reggersi onorevolmente anche su scene di prim’ordine. L’esecuzione non è ottima. La parte migliore sono l’orchestra ed i cori. Il baritono Ciapini ha voce alquanto tremula, ma simpatica oltre ogni dire e l’adopera da artista veramente distinto. Il tenore Mariano Neri si salva, come dicono i giornali teatrali. La prima donna, di cui è meglio tacere il nome, stuonò dal principio alla fine della rappresentazione. Il successo fu onorevole pel maestro, ma infelice per l’esecuzione. A... TORINO, 20 Giugno. Ancora della Caterina di Belp del maestro Bozzelli, e del suo successore Rigoletto primo ed unico — Pettegolezzi della stampa ben informata — Spettacoli futuri — Un concertista di 16 tamburi! — Saggio degli allievi dell’istituto Musicale Verri. V’ha un proverbio che dice: pei letterati non c’è fortuna: ma bisogna aggiungere che ce n’è ben poca anche pei maestri compositori di musica esordienti. Se l’impresa del Balbo avesse voluto o potuto, perchè negli affari altrui non m’immischiai, cambiare il tenore e la donna mettendo il Franchini e la Davidoff a disposizione del maestro Bozzelli, la Caterina di Belp avrebbe avuto un successo completo ed una bella serie di rappresentazioni con vantaggio generale degli interpreti, dell’autore e del pubblico. Invece dopo la terza sera è andato in scena il Rigoletlo col Cobella a protagonista, con Franchini, Duca, la Davidoff, Gilda, la Viale, Maddalena, e Monti, Sparafucile; ha piaciuto naturalmente la musica, ha soddisfatto l’esecuzione e la disgraziata Caterina è stata messa a dormire, con quanta soddisfazione del maestro lascio al cortese lettore l’immaginare. E sapere che per sopramercato è da qualcuno fatta una colpa al Bozzelli di avere permessa l’interpretazione del suo lavoro ad artisti che il pubblico ha biasimato. quasiché un giovane esordiente senza danari abbia modo d’imporre all’impresa! È grazia se trova chi permetta a lui di dare un suo lavoro, a lui, che. presentandosi per la prima volta a pubblico giudizio, non può garantire in alcuna maniera l’impresa da un fiasco solennissimo. Il Bozzelli, è vero, non è stato corrisposto da due artisti, ma il Gabella, l’orchestra, i cori han fatto cosi bene il compito loro che l’opera in gran parte è piaciuta, che egli può contare un successo e prendere posto tra i maestri idonei se non fortunati. Noto poi cosi di passaggio che quelli stessi che hanno accusato il Bozzelli di licenza vanno tuttodì incolpando di tirannia gli editori, i quali ad impedire la caduta d’uno spartito esigono mediante buoni artisti, una buona interpretazione. A tale proposito ha fatto ridere l’articolo d’un foglio novellino di costi accolto dalla nostra Gazzetta di Torino colla leggerezza abituale a tutti i cronisti che parlano di tutto senza sapere nulla di nulla: essi hanno creduto di fare un servizio all’impresa del Regio dipingendola vittima di sognati soprusi e invece hanno reso edotto il pubblico che se avremo al Regio La forza del destino di Verdi, come è generale desiderio, l’avremo eseguita come si conviene, e chiunque ama l’arte non può che rallegrarsi ei sia qualcuno che voglia e sappia efficacemente proteggerla. Fra le altre dicerie ce ne fu una che accusava il proprietario dello spartito di aver rifiutato la signora Lotti della Santa, che pure è ottima artista. La cosa è cosi assurda, che non ho esitato a dire a chi me ne parlò che non la credevo (1). L’impresario Marchelli lascia tra breve il Balbo e si attenda all’Alfieri, dove esordirà colla Contessa d’Amalfi affidata ad una nuova compagnia lirica. Al Gerbino vi sarà pure nel mese venturo spettacolo d’opera e ei si promette per primo il vecchio spartito di Mozart, Cosi fan tutte, il quale se non è nuovo per Torino è certo nuovo per tutta la generazione attuale; vi sono scritturati i coniugi Paoletti, la signorina Secondino, allieva del nostro Liceo Musicale, il buffo Fiorini ed altri: in seguito avremo un’opera nuova di autore francese, il nome del quale è un mistero per ora inesplicabile. Al teatro Vittorio, in uno degli intervalli frapposti ai sorprendenti esercizi d’una compagnia acrobatica americana si produce seralmente un prussiano, il quale ha l’abilità di suonare 16 tamburi in una volta e di ricreare, divertire ed anche di far ridere quando manda le bacchette per aria ovvero le permuta con altre che gli vengono gettate quando suona. Questi tamburi uniti insieme da uno speciale meccanismo che li tiene tutti orizzontali ed accoppiati a due a due, sono accordati per modo da fare una progressione fonetica che vorrebbe essere una scala diatonica, il cui metallo o timbro, o colorito tiene del timpano nel grave e del tamburo nell’acuto e permette al concertista, accompagnato dall’orchestra, di produrre un senso melo-ritmico abbastanza bizzarro e piacevole. Oltre a ciò usando d’un artificio tutto speciale, eseguisce nel rullo un crescendo che lentamente lentamente conduce alla più sorprendente esplosione di sonorità, forse perchè ottiene di mettere in vibrazione tutte in una volta le trentadue pelli di cui va ricco il suo fragoroso istrumento, e poi va gradatamente diminuendo fino ad un pianissimo della più fina leggerezza. Domenica scorsa, 9 corrente, le allieve e gli allievi dell’istituto Musicale, fondato e diretto dai coniugi Verri per lo studio completo del pianoforte, hanno dato saggio dei loro studi al teatro Vittorio con un brillante trattenimento tutto pianistico, a cui una numerosa e scelta adunanza ha fatto la più festosa accoglienza, sia per la scelta che per l’interpretazione dei pezzi e per il talento ed il profitto dimostrato dagli studiosi a tutta lode degli egregi insegnanti. p. ip. TVAPOI I. 18 giugno. Le Pré aux clercs di Hérold al teatro Filarmonico — La musica, l’esecuzione — Teatro S. Carlo — Nomina del Consiglio direttivo del Collegio di Musica. Sabato scorso il Filarmonico, caso strano, era gremito di spettatori. La fama dell’Hérold aveva chiamato in gran copia artisti ed amatori là dove eseguivasi per la prima volta la sua partizione: Un duello o Le pré aux clercs, opera che per comune consenso de’ dòtti è fra le migliori che sieno state scritte oltr’alpe. Hérold fu un ingegno peregrino, un ingegno senz’uguale tra’ suoi emuli francesi, appunto perchè foggiato a conio poco francese. Lo stampo della sua anima era partecipe in arte all’indole del Donizetti ed alla tempra del Bellini, e parmi sia come anello affine tra la scuola del Mëhul, del B ueldieu e quella di quei due nostri sommi. In questo Duello v’ha dovizia di bei concetti, molta copia di melodie soavissime, venustà di stile, magistero di fattura, intelligenza della scena e del dra»mma; v’è tutto insomma un magnetismo di arte, tutto un fascino di sentimento. (1) É infatti assurda. Per quel che ei si dice, fu la signora Lotti della Santa a non voler accettare la scrittura, e non certo l’Editore Ricordi a rifiutarla. (Nota della Direzione) [p. 210 modifica]^.CUTO. 212 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO Grandi simpatie accolse fra noi quest’opera insigne e si applaudi freneticamente la stupenda sinfonia, un duetto, mezzo-soprano e basso, la romanza del tenore e quella del soprano (Isabella) che è pure una soavissima ispirazione. Sono questi i pezzi più importanti del primo atto; nel secondo furono compresi e applauditi l’aria del soprano, il terzetto fra i due soprani e il tenore, cioè sbagliava, il baritono; sic voluere priores, e io già vi annunziai che il maestro Fornari si permise di trasportare da una chiave all’altra tutta la parte di Cafarelli. Il coro così detto della mascherata, è un pezzo bellissimo, vivace, strumentato rigorosamente, ma produsse poco effetto, chè le masse vocali di questo teatro, se pur dieci o dodici coristi possono costituir massa corale, sono insufficienti. Il settimino finale è bellissimo, melodico il breve adagio; rapida, di effetto è la stretta. Il terzo atto conta fra gli altri bei pezzi un terzetto sillabico fra due soprani e tenore, che è un capolavoro; se ne richiede ogni sera la replica. Il coro di arcieri, e il quartettino insieme con la scena finale dovrebbero esser eseguiti meglio. Ciò non ostante il pubblico li gustò. Ed eccomi, senza volerlo, scivolato nell’esecuzione: e qui la cosa cangia aspetto. Acuto compiacesi col maestro Fornari, perchè, a dispetto di quel maledetto municipalismo esclusivo che ei vietò sempre di conoscere ed apprezzare i capilavori stranieri, prese ogni cura perchè l’opera sortisse esito lieto. Ma non torca il muso se gli dico schiettamente, come sempre soglio, che una musica che destava tanto interesse doveva essere provata di più, e bisognava accrescere l’orchestra di qualche altro strumento da corda, violini e viole segnatamente. L’Hérold spesse volte trae degli effetti nuovi e bellissimi dal quartetto ad arco, ma essi qui perdonsi, o non sono eseguiti nella loro integrità. La parte vocale fu debole assai; meno il Montanaro, che cantò da maestro, gli altri davano chiaramente a divedere essere impacciati troppo nell’eseguire un genere di musica diffìcile e nuovo per essi. Le modeste dimensioni del palcoscenico valsero pur esse a scemare in più d’un punto l’effetto della musica, la quale, presentata che sia su maggiori scene, non tarderà a farsi largo. Una musica tutta canto e tutta cuore ha diritti veri alla cittadinanza d’Italia, peccato che nessuno se ne sia ricordato prima. E dire che quest’opera fu rappresentata la prima volta all’0péra-Comique il 15 dicembre 1832! Il Consiglio comunale è stato sciolto; il Mosella può dormire sonni più tranquilli. Al S. Carlo continuano le rappresentazioni del Ballo in Maschera. L’esecuzione è di molto migliorata. Il Celada e la Blum sono applauditi nel duetto al secondo atto e ognuno separatamente negli a solo rispettivi. Il Ministero della Pubblica Istruzione alla fine pensò a questo nostro Collegio di musica. Il Consiglio direttivo fu nominato pochi giorni fa ed è composto, oltre il Rossi direttore, del Serrao e due maestri da scegliersi fra quelli di composizione e canto, di. uomini dotti, e pieni di zelo e di operosità. Sono dessi il cav. Raffaele de Novellis, presidente, il Commendator Valerio Beneventani, deputato al Parlamento, il commendatore Luigi Settembrini, professore di letteratura italiana nella nostra Regia Università, cav. Federigo Persico, professore di diritto amministrativo pure nel nostro Ateneo; il cav. Spinelli dei principi di Scalea. Affidato alla cura di questi valent’uomini e diretto dal Rossi, il nostro Collegio di Musica, vo’ sperare, riprenderà tosto il suo lustro, e si farà vivo per grandi cbncerti storici, e per l’esecuzione di quei capi lavori che è vano sperare di udire altrove. PARIGI, 19 giugno. La Princesse jaune di Saint-Saëns all’Opéra Comique — Il libretto di Luigi Gallet — La scuola neo-alemanna — Bonsoir, voisin di Ferrando Poise, allo stesso teatro — Parallelo. Nella mia precedente lettera vi annunziavo che la sera stessa del giorno in cui io scriveva, doveva aver luogo la prima rappresentazione della piccola opera-comica di Camillo SaintSaëns, intitolata La Princesse jaune, e ve ne promettevo un rendiconto. Veramente se il caldo tropicale che affanna in questo momento Parigi non consigliasse di rimandare a tempi più miti le novità teatrali, per non farle eseguire innanzi alle scranne d’una sala vuota, trascurerei volontieri di parlar dello spartito di Saint-Saëns, come di cosa di poco momento. Ma ve ne intratterrò per due ragioni: la prima è la mancanza assoluta di altro argomento; la menoma operetta nuova è considerata come un favore della provvidenza; avrei dunque torto di metterla da banda. La seconda ragione è nell’importanza, giusta o ingiusta, fondata o no, che si lega all’individualità del compositore. Bene o male, Saint-Saens non è quel die chiamasi d’ordinario un Quidam, in altri termini «le premier venu», secondo voglia scegliersi l’idioma latino o il francese. Gli è un filarmonico di grande ingegno, un musicista erudito, e che ha fatto gli studi più severi in fatto d’armonia. Pianista, compositore, conosce in modo ammirevole l’orchestra, e sa istromentare un pezzo di musica come ben pochi oggigiorno. Si arresta egli a Berlioz o va fino a Wagner £ No’l so e no’l posso sapere perchè questo strano e dotto conpositore ha una facoltà d’assimilazione a nessuna seconda. Egli imita alla prefazione il genere di tal o tal altro maestro, beninteso che preferisce di molto gli armonisti ai melodisti. Perché? È forse perchè non ha immaginazione, fantasia, ispirazione, genio, tutto quello insomma che hanno i veri melodisti, quelli cioè che hanno sortito dalla nascita il dono del cielo? Anche questa volta debbo rispondere: noi so. Ma credo piuttosto che se non scrive come i melodisti è tanto perchè non può farlo che perchè non vuol farlo. Per meglio spiegarmi, dirò che no’l può, ma che se lo potesse, noi vorrebbe. Egli crede, come tutti quelli della scuola neo-alemanna che la melodia è giocattolo da fanciulli, passatempo di feminette, cosa facile e vieta, e penserebbe umiliarsi e scendere al livello del volgo scrivendo qualche cosa di melodico. Il libretto della Principessa gialla è di Luigi Gallet, lo stesso che scrisse la Djamileh musicata dal Bizet, compositore ejusdem farinœ e del quale vi ho già parlato a lungo in altra mia. Nulla di più semplice e di più infantile che l’intreccio di questo libretto. Eccolo in poche righe: Kornélis giovine filosofo olandese, è appassionato del Giappone, degli usi, costumi, e letteratura di questa lontana contrada. Sua cugina, Lena, che l’ama, dispera d’esserne riamata, perocché Kornélis adora una immagine, una donna dipinta, una principessa gialla, una figura di paravento! A mezzo d’un narcotico orientale, ecco che egli si trasporta col pensiero a Jeddo. Sogno o allucinazione, crede essere in questa città del Giappone; è felice, è al colmo del giubilo; poiché trova la bella principessa ch’egli ama tanto. Ma la trova sotto la sembianza di Lena sua cugina. Avrete già capito che è l’astuta ed amorosa Lena che si presenta a lui, vestita alla foggia giapponese. Qui una grande scena d’amore. Ma il narcotico perde il suo effetto; Kornélis si ridesta, e si trova nelle braccia della sua bella cugina. Questa volta non le preferirà una figura dipinta. Mi doma nderete come avviene che il popolo, il quale ha vanto d’essere il più spiritoso del mondo, possa contentarsi di simili fanciullaggini? Eppur così è. Ciò che farebbe un mediocre racconto da bambini è dato come libretto per musica ad un compositore che l’accetta, ne è lieto e lo mette in musica. Che vengano ancora a farsi beffe dei libretti italiani!... La musica di Saint-Saens è, come vi dissi, ben scritta, vale dire che annoia mortalmente da un capo all’altro. Figuratevi un eterno recitativo bene orchestrato. Vi cerchereste invano una frase melodica, quel che chiamasi costà un motivo. Impossibile di ritenerne checchessia. Ma, vorrei dire a tutta questa setta di pseudo-alemanni, anche la musica di Weber è bene scritta. Perchè dunque non annoia la gente come fa la loro? Mozart sapeva scrivere, se non m’inganno, e perchè il Don Giovanni non invecchia mai? Ma andate a far capire questa verità ai seguaci ed ammiratori di Riccardo Wagner. Vi risponderanno che essi non scrivono pel volgo, che se la loro musica non piace, tanto peggio per quelli che non l’amano. L’avvenire saprà rendere loro giustizia! — Che aspettino dunque l’avvenire. Bisogna per altro render al pubblico la giustizia che merita. Esso restò di ghiaccio all’esecuzione dell’operetta di Saint-Saëns. Non disapprovò, sia perchè non è l’uso qui di dar segni di disapprovazione ad una prima rappresentazione, a meno che l’opera non sia roba da chiodi; sia perchè volle tener conto dell’ingegno mostrato fino ad oggi del Saint-Saens in altri lavori sinfonici. Ma il tedio, la stanchezza, il fastidio leggevansi su tutti i visi. La stampa non è stata neppur essa favorevole al compositore e non poteva esserlo. I critici s’erano troppo annoiati. Ma siccome Saint-Saëns ha molti amici nel giornalismo, e questo essendo per lo più cortese, in qualche raro organo dell’opinione pubblica trovereste che La principessa gialla è risparmiata. Il vero è che ha fatto quel che potrebbe chiamarsi un po’brutalmente un vero fiasco. Ma è «ben scritta?» E si che è ben scritta, ma che m’importa, se mi fa scavezzar le mascelle a furia di sbadigliare. Se qualcheduno m’invitasse a divertirmi in sua casa, e volesse farmi assister alla lettura di un libro che tratti d’algebra o di trigonometria, credete voi che mi farebbe molto piacere? Eppure il libro non conterrà nulla che non sia perfettamente esatto. Non capisco perchè questi giovani maestri vogliano avere il privilegio d’imporre al pubblico la loro matematica musicale per annoiarlo così barbaramente. Oh se il facessero costà, come li fareste ritirar in buon ordine fischian [p. 211 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 213 doli come va fatto. Non ricomincierebbero; ma qui è diverso.il pubblico è buontempone, lascia fare e vedete quel che ne ricava. Dopo le Passant di Paladilhe che era già noiosetto. venne Dja* mileh di Bizet che non diverti affatto affatto; e dopo Djamilch ecco la Principesse jaune di Saint-Saëns che è ben più noiosa delle due che l’han preceduta. Tre fiaschi di seguito allo stesso teatro e tutti e tre per ismania di non essere melodisti. Mi par un po’violento. Intanto i vagneristi cantano vittoria, dicendo assai speciosamente che se queste opere avessero incontrato il gusto e l’approvazione del pubblico, sarebbero volgari e comuni. Il pubblico non le vuole, dunque sono al di sopra dell’intelligenza ordinaria. Andate un po’a ragionar con questi matti vanitosi! Il più strano in tutto ciò è che dopo la Princesse jaune fu data un operetta di Ferdinando Poise, intitolata Bonsoir, voisin, nuova pel teatro dell’Opéra-Comique, ma cantata altra volta al Lirico. Il pubblico l’applaudì con entusiasmo, meno perchè bella, ma perchè succedeva all’operetta di Saint-Saëns, e di un genere affatto opposto; vale a dire gaia, facile, brillante, originale e sopratutto melodica. Non poteva l’uditorio dell’Opéra-Comique dare una più severa lezione al Saint-Saëns che acclamando con tanto calore il lavoro d’un giovine compositore che non è tenuto in nessun conto dagli orgogliosi coristi della scuola vagneriana. «Musichetta da donna!» dicono essi parlando dell’opera di Poise. Ebbene, la musichetta del Poise è stata applaudita con entusiasmo, quella del magistrale SaintSaëns è caduta di peso. Habent sua fata!... fi. ^A 18 giugno. Notizie del giubileo di Boston — La signora Smeroschi — Spettacoli del CoventGarden e del Drury Lane — Concerto di sir Julius Benedici. I giornali della sera pubblicano il seguente telegramma: «Boston, 18 giugno Ieri venne inaugurato il giubileo. Il signor Banks, membro del Congresso, fece un discorso. V’ebbe un coro di 16 000 voci, un’orchestra di 1,500 strumenti, e un uditorio di 30,000 persone. I cori, con Taccompagnamento di colpi di cannone, riuscirono a meraviglia. Cantò la Rudersdorff; diressero i cori e l’orchestra i signori Gilmore e Strauss. La giornata d’oggi è consacrata a musica inglese, e suonerà la banda dei granatieri inglesi.» La grandiosa idea di Gilmore è cosi un fatto compiuto. Se T arte della musica non vi avrà guadagnato gran che — cosa, che del resto non può dirsi ancora — agli americani resterà la gloria d* aver concepito ed effettuato il festival musicale più colossale che abbia visto il mondo. I dettagli di questo festival sono attesi con impazienza. Vi darò nella settimana entrante una breve descrizione del fabbricato, ove il festival ha luogo, e che diverrà celebre nella storia delle imprese musicali. Ed ora passo subito a correggere un errore, che forse non tutti hanno lasciato inosservato nella mia lettera del 3 corrente pubblicata nel N. 23 della Gazzetta. Non è Faure che comparve come Rigoletto, ma fu Graziane E quindi le osservazioni che seguono, vanno considerate come fuori di luogo. L’Elisir d’Amore ha dovuto nuovamente essere tolto dal programma del Covent-Garden sabbato ultimo per ragione della Smeroschi. Questa simpatica cantatrice non ha le simpatie del clima inglese. Essa ha cantato in vari concerti pubblici e privati e ha piaciuto molto; e si desidera, come potrete credere, vederla in qualche opera. La scelta deH’EZzszr d’Amore non ha tutta la di lei approvazione; e la giovane cantatrice non ha tòrto. I confronti sono inevitabili; e giovane com’è — al principio quasi della sua carriera — essa ha bisogno di contrastare favorevolmente con la Patti, l’Albani, la Lucca, la Sessi, che ha a compagne. Invece dell’Ator d’Amore fu rappresentato sabato di nuovo il Rig eletto, che offrì al Nicol ini l’occasione per un nuovo e più determinato fiasco. È chiaro che Nicolini non può più volare! Le altre opere della settimana sono state Marta, Le Nozze di Figaro, der Freyschütz e Don Giovanni. Nelle prime tre ha brillato il Bettini; nell’ultima il Nicolini, colla differenza che il Bettini ha saputo rallegrar d’applausi la sala, mentre il Nicolini ha preso cura di non disturbarne la tranquillità. Nella Marta apparvero, come nelle rappresentazioni anteriori, l’Albani, Graziani e Tagliafico; nelle Nozze di Figaro, la Luca, la Sessi, la Monbelli, Graziani, Ciampi, Tagliafico e Faure; nel Der Freyschütz la Lucca, la Sinico, Faure, Tagliafico e Capponi; e nel Don Giovanni apparvero la Patti, la Parepa Rosa, Cotogni, Ciampi, Tagliafico e Capponi. Pel giorno 22 è annunziata la Linda con l’Albani, e nel giorno precedente sarà rappresentata La’Stella del Nord, con la Patti. Al teatro di Drury Lane è annunziata per il giorno 20 l’opera di Cherubini, Le due Giornate, col Vizzani, l’Agnesi, la Maria Roze e la Titiens. La Lucia, ch’era stata tolta al Fancelli, è stata a-questo nuovamente restituita; e il Campanini deve aver ragione d’andarne soddisfatto. Nella Lucia, come negli Ugonotti, il Fancelli lascia ben poco a desiderare. Accortosi d’aver fatto uno splendido acquisto il Mapleson annunzia a grandi caratteri sempre la comparsa del Rota. Il nome di questo egregio artista è ora accoppiato colle stelle maplesoniane, le quali, a dir vero, non sono poche. La stampa inglese è unanime in tributare omaggio alla Trebelli-Bettini, la quale è detta il miglior contralto che sia ora sulle scene italiane. Questo meritato omaggio è stato strappato dalla Trebelli colla di lei rappresentazione del Trovatore, il quale è stato ripetuto due volte davanti a pubblico numerosissimo e fashionable. Fra i concerti farò menzione di quello di sir Julius Benedict al Fiorai Hall. Sir Julius Benedict, sebbene gran personaggio, non sdegna di accettare i gratuiti servizi di tutta la compagnia di Gye in ricompensa dei guadagni ch’esso fa fare a quest’ultimo facendogli affittare ad altissimi prezzi gli artisti per serate private! E però una consolazione vedere il programma di quest’anno, il quale non comprendeva che 37 pezzi, mentre negli anni scorsi soleva passare la cinquantina! Il concerto ebbe luogo ieri, e veramente straordinario fu il concorso di gente. E.sso fruttò forse non meno di cinquantamila franchi al nostro sir Julius Benedict. G. Rimandiamo al prossimo numero la pubblicazione dei carteggi da Venezia e da Berlino, giuntici troppo tardi. MILANO. I teatri e le cose musicali della settimana non offrono il tanto di una rivista. Il Politeama è occupato dalla compagnia equestre Ciotti, il Fossati continuò poco allegramente le rappresentazioni del Matrimonio Segreto, e il teatrino estivo, approfittò delle benignità atmosferiche per ritentare il Granduca di Gerolstein. e il Barchett de Boffalora. Tutta la musica fu a ciò ristretta. Ieri però si apri il Re (nuovo) col Trovatore, di cui diremo nel prossimo numero; succederà la Lucia e poi V Ebreo. Il Fossati promette sempre la Cenerentola-, e intanto ha dato il balletto Carotin, che è abbastanza divertente. Vi si fa applaudire la prima ballerina signora Marchetti. GENOVA. Ci scrivono in data del 21 corrente: L’opera nuova del maestro Emilio Sozzano rappresentatasi ieri sera al Doria d’innanzi a scelto e affollato pubblico fu giudicata degna di figurare nel repertorio moderno. Libretto orribile — musica elaborata con sentimento e studio — esecuzione discreta — Maestro ebbe 22 chiamate di buona lega — orchestra ben diretta. FIRENZE. Il Mosè, al teatro Principe Umberto, valse applausi al basso Nerini, eccellente protagonista, alle signore Persiani, Brusii e Binda ed ai signori Piazza, Magnani e Bartolucci. SALERNO. Ottimo esito la Favorita, che ebbe ad interpreti la Guadagnini, Bignardi Morghen e Contedini; applausi a tutti e in ogni pezzo; l’ultimo atto fu una vera festa. MALTA. Ci scrivono: La Sonnambula, fu un trionfo per la Cititi, che ebbe applausi, chiamate, fiori e dovette ripetere la cavatina e il rondò, e pel tenore Rompini Boncori, giovine artista di bella voce e di bei modi di canto. Bene il Proni (Conte). MONACO. Il 28 maggio fu data la prima rappresentazione d’un’opera storica e patriottica di Weissheimer — ■ Teodoro Koerner — ma l’esito non corrispose alle aspettazioni; manca alla musica il sentimento drammatico, e la ricercatezza pesante degli effetti è lungi dal compensare questo difetto. BARCELLONA. Al teatro del Liceo ebbe splendido esito la Saffo, eseguita da Carolina e Teresa Ferni, dal baritono Giraldoni e dal tenore Aramburo. Applauditissimi tutti; cori ed orchestra irriprovevoli. [p. 212 modifica]214 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO NOTIZIE ESTERE — Londra. Arditi diede il suo concerto annuale, con un programma di 25 pezzi: 23 di questi furono eseguiti da altrettanti solisti, fra i quali Carlotta Patti, la signora Connean, Stautley, Gardoni, Mongini ecc. Fu eseguita musica di Bellini, di Schumann, di Flotow, di Donizetti, di Verdi, di Rossini, di Mëhul, di Hummel, di Bach, di Mozart e di altri minori, e in fine una riduzione di Arditi col titolo: Grand sélection from Lhoengrin. Citiamo un nuovo valzer d’Ardit. Rincontro, che ebbe esito assai lusinghiero. — Weimar. Si legge nella Revue et Gazette Musicale: Liszt è qui fin dal 7 aprile. Egli è attorniato da una vera corte: allievi, amici ed ammiratori si stringono intorno a lui. Rubinstein, lasciando Dusseldorf, dove aveva diretto il festival, si recò a Weimar per salutare Liszt prima della sua partenza per l’America. I due sommi pianisti hanno organizzato, il 26 maggio, una mattinata musicale intima, nella quale furono eseguite alcune loro composizioni. — Bayreuth. L’apertura del teatro Wagner, dopo lungo dibattere fra i membri del comitato di patronato, fu rimessa all’anno 1874,.tanto per causa dell’Esposizione Universale di Vienna, alla quale non si vuol recar danno (modestia più commovente dell’abnegazione!), quanto per le difficoltà tecniche di costruzione. Il violinista Wilhelmy è nominato Concertmeister per le rappresentazioni-modello. — Verviers. Il gran concorso internazionale di canto d’insieme avrà luogo il giorno 7 luglio. Ferdinando Hiller ha composto l’inno che deve servire alla prova d’onore, sulle parole bibliche Super filmina Babylonis. — Nantes. L’esistenza del Conservatorio corse grave rischio. Per ragioni d’economia si trattava di sopprimere questa utile istituzione che campa con una sovvenzione del Municipio. Devesi al suo direttore e fondatore il signor Bresler il risultato favorevole della sua causa di vita o di morte. Uno splendido concerto servì a mostrare gli ottimi risultati della scuola, e a indurre il Consiglio Municipale a votare la conservazione del Conservatorio, più l’aggiunta d’una classe di istrumenti a corde ed a fiato di cui era sprovvisto. — Bruxelles. Il giorno 8 corrente il Conservatorio eseguì una messa funebre per l’anniversario della morte di F. I. Fétis. La cerimonia ebbe luogo solennemente nella chiesa di Nostra Donna delle Vittorie. La messa scelta fu quella di Requiem composta da Fétis per la morte della regina Maria Luisa. — Enrico Vieuxtemps, celebre violinista, fu nominato professore della Scuola Reale di musica belga. Alla Direzione del giornale II Movimento — Genova. Non ei perviene il vostro giornale da qualche tempo; impossibile che sia uno smarrimento postale; vi preghiamo di verificare. I N DOV I N ELLO. Fra venticinque Son due sorelle Quasi gemelle; Son fatte d’a. Un tutto formano Che l’alme felle Può rifar belle... Ma troppo è già. Quattro degli abbonati che spiegheranno V Indovinello, estratti a sorte, avranno in dono uno dei pezzi enumerati nella copertina della Rivista Minima, a loro scelta. N EC ROLOG! E — Milano. Emilia Varisco, artista di canto. — Alessandro Mieville, capo-musica del 57°. reggimento fanteria. — Parigi. Il signor De Chilly, direttore dell’Odeon, antico direttore dell’Ambigu-Comique, attore e scrittore drammatico di talento, fu giorni sono colpito da un colpo apoplettico durante un banchetto offerto da Victor Hugo agli artisti dell’odeon per celebrare la centesima rappresentazione del RuyBlas. Sopravisse 24 ore. — Sondsrshausen. Simon, celebre contrabassista, morì il 28 maggio a 53 anni. — Mosca. De Pelt, direttore del teatro Imperiale. — Pest, Guglielmo Graf, valente pianista e compositore, morì il primo giugno. — Auerbach (presso Darmstadt). Dott. Carlo Reinhard Hallwachs, régisseur del R. teatro d’Opera di Monaco. — Varsavia. Stanislao Moniuszko, il più celebre compositore drammatico di Polonia, morì il 4 giugno. Nacque il 5 maggio 1820 a Lituania e fino al 1854 rimase ignoto professore a Wilna. Nel 1858 si fece conoscere colla sua opera Halha, il cui esito splendido gli fruttò il. posto di maestro di cappella, più tardi quello di direttore al teatro nazionale di Varsavia. Scrisse altre opere teatrali, pezzi bellissimi per pianoforte e per canto. — Dublino. F. J. Léonard, professore di canto. — Manchester. Roberto Barnes, dilettante di musica assai stimato. — Berlino. La signora Augusta Held, nata Fassmann, ex-artista dell’Opera. — Adele Ruggero, d’anni 25, Rosa Mariotti d’anni 25, e Diarietta Mariotti d’anni 45, tutte e tre artiste di canto, perirono annegate nelle acque di Marsiglia. (Vedi Rinfuse). — Il maestro Antonio Zappa, morì in un viaggio da Manilla in Italia, poco prima di toccare il porto di Aden. SPIEGAZIONE DELLA SCIARADA DEL NUMERO 23: ME - STOLA La sola spiegazione esatta ei fu mandata dal prof. Angelo Vecchio, a cui spetta il premio. Spiegarono con molta apparenza di esattezza i signori: S. Saladini, Citerio Amos, Orazio Zunica, Ernestina Benda, maestro S. Botta, Talia Bianchi Giovini, maestro Gius. Falavigna, capitano Cesare Cavallotti, E. Bonamici, Alfonso Fantoni, i quali tutti inviarono la parola Ti-ara. Abbiamo voluto aver riguardo a questi spiegatori, e concedere i tre premi rimanenti a tre fra fra essi designati dalla sorte. Sono i signori: Talia Bianchi Giovini, Giuseppe Falavigna e Alfonso Fantoni. AVVISO DI CONCORSO È aperto il concorso al posto di Maestro Capo-Musica del Corpo della Banda Civica della Città di Pavia, collo stipendio di annue L. 1440. Le istanze dovranno, non oltre il giorno 15 luglio prossimo, essere presentate alla Commissione Direttrice ed Amministratrice di detto Corpo, presso la quale i concorrenti potranno prendere cognizione degli obblighi inerenti al posto. La nomina sarà per due anni e mezzo, dal luglio 1872 a tutto dicembre 1874. Pavia, li 13 giugno 1872. LA COMMISSIONE. Editore-Proprietario, TITO DI GIO. RICORDI. Oggioni Giuseppe, gerente. Tipi Ricordi — Carta Jacob.