Gazzetta Musicale di Milano, 1872/N. 38

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N. 38 - 22 settembre 1872

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[p. 311 modifica]SI PUBBLICA OGNI DOMENICA 22 SETTEMBRE 1872 PÆDATTORB SALVATORE FARINA Al presente numero è unito il N. 18 della Rivista minima. CARLO DE BÉRIOT Questo grande artista discende da nobile famiglia spagnuola, il nome della quale sembra sia stato in un tempo de Iberio. Egli nacque il l.° Ventoso dell’anno X (20 febbraio 1802). Suo zio era, in quel tempo, sindaco della città, e suo padre, Filippo Carlo, dopo aver abbandonato nel 1797, quando venne soppressa l’Università di Lovanio, i suoi studi di diritto, si occupò con passione dell’arte musicale, della quale aveva già coltivato i principii col suo condiscepolo, Giovai! Francesco Tiby de Feluy. Filippo Carlo de Bériot sposò Felicita Giuseppina di Franquen, da cui ebbe due figli, Carlo il violinista ed una femmina maritata, ancora oggidì, ad un suo parente, il colonnello in ritiro de Franquen. Per finire immediatamente la parte genealogica di questa memoria, aggiungiamo che Carlo de Bériot sposò successivamente: l.° il 27 marzo 1836, Maria Felicita Garcia, figlia del celebre cantante di questo nome, e la più grande artista de’suoi tempi: 2.° Maria Thalberg di Helenbourg, sorella del celebre pianista di questo nome. Del primo di questi matrimoni rimane un figlio, Carlo, pianista ed eletto compositore. Carlo de Bériot, membro della reale accademia del Belgio e di quella di Santa Cecilia di Roma, violinista solista della Cappella reale, antico professore della classe di perfezionamento di violino al Conservatorio di Brusselle, è morto in questa città, nella notte dall’8 al 9 aprile 1870. Per farsi un’esatta idea dell’educazione musicale di Carlo de Bériot, dei profondi studi che dovette fare e delle favorevoli condizioni che, più tardi ed al suo arrivo in Parigi, lo lanciarono in mezzo al mondo più artistico e più elevato di quella capitale, è necessario far un breve cenno del suo tutore volontario Giovai! Francesco Tiby. Questo dilettante violinista dovette, come il padre di Carlo de Bériot, interrompere i suoi corsi di diritto nel 1797. Dopo il Concordato, pensò di trar partito dalle sue classiche cognizioni, e divenne professore di 4.a al collegio comunale di Lovanio; ma appassionato per la musica, buon esecutore ed erudito in ogni ramo della nostra arte, non potè distogliersi dalle sue favorite occupazioni ed accettò il doppio incarico di maestro di cappella delle parrocchie di S. Quintino e di S. Michele e lo accumulò, per molti anni, con quello del collegio. Giova sapere altresì che alla fine della dominazione austriaca ed al principio di questo secolo, vi fu a Lovanio un movimento artistico tale, die probabilmente nessuna città del Belgio arrivò allora ad eguagliare. Van den Gheyn, il grande organista, le opere del quale comparivano a Londra contemporaneamente a quelle di Bach e di Handel; Cristiano van der Borght, alla nobile badia di S. Gertrude; il maestro di cappella Kennis, che il dottore Burney di Londra proclamava il primo virtuoso del tempo e che ebbe, parecchie volte, gli onori della stampa parigina: vissero a Lovanio e vi crearono un centro di propagazione. L’imperatrice Maria Teresa aveva fatto dono a Kennis d’un violino Steiner, che era uno dei migliori prodotti del celebre fabbricante. Sotto la direzione di questo maestro di cappella si diedero delle accademie di quartetto d’una straordinaria bellezza, tanto che il gusto se ne perpetuò dopo la sua morte. Per altra parte Lovanio, per la sua università, era la residenza di buon numero di famiglie austriache, tutte devotissime all’arte e specialmente al genere così detto musica da camera. GT istrumenti venduti da queste famiglie alla loro partenza dal Belgio non furono sparsi pel paese che molto tempo dopo. Carlo de Bériot ebbe la disgrazia di perdere il padre mentr’era giovanissimo. Il signor Tiby, amico intimo della famiglia, non esitò ad adottare il figlio, e siccome questi mostrava una straordinaria disposizione per la musica, il tutore volontario decise di spingere la sua educazione in quest’arte. Ma il signor Tiby era estremamente severo. Son trascorsi più di sessant’anni dal tempo in cui il giovane de Bériot lavorava sotto la sua direzione e ciò [p. 312 modifica]314 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO non di meno a Lovanio è ancor viva la memoria dei rigori coi quali Tiby trattava il suo allievo. Ei lo faceva studiare da mane a sera, tanto che i vicini avevano compassione del giovinetto e più d’una volta, il fornaio, ch’era di rimpetto al collegio gli mandò delle focaccie e dei dolci per consolarlo d’un’intiera giornata di reclusione. Il suo unico passatempo consisteva nel fare una passeggiata col tutore e nell’andar a far la parte del 2.° violino alle tribune di S. Quintino e di S. Michele. Ciò non di meno a questo rigorismo era unito il più paterno affetto, ed il signor Tiby, conoscendo l’eletto carattere del suo pupillo, non aveva voluto se non prepararlo ruvidamente alla carriera europea, che di già prevedeva dover egli percorrere. All’età di nove o dieci anni, Carlo de Bériot fu un giorno condotto a Brusselle dal violinista Rohberechts, ingegno di primo ordine, ed amico di Viotti. Robberechts fu maravigliato di lui, dell’impronta di originalità che si palesava nel modo col quale maneggiava l’istrumento, della precisione e della purezza del suo suono. Fece le sue felicitazioni all’amico Tiby, l’impegnò a proseguire nel suo metodo d’insegnamento, e promise ch’egli presenterebbe più tardi Carlo de Bériot all’illustre Viotti a Parigi. Rohberechts mantenne la parola. Allorché Carlo de Bériot, all’età di 19 anni, suonò per la prima volta dinanzi a Viotti, questo maestro gli disse: «Ascoltate tutti gli uomini d’ingegno; fate profitto di tutto, ma non imitate alcuno». Queste parole formavano il più bell’elogio che il giovane di Lovanio potesse ricevere. Esse profetizzavano ch’egli diverrebbe un giorno capo scuola. Così avvenne infatti, poiché, pochi anni dopo, de Bériot era riconosciuto quale creatore d’un genere nuovo tanto come compositore che come virtuoso. Saremo brevi sugli studi che de Bériot fece a Parigi e sui suoi viaggi artistici. Tutta l’Europa imparò a conoscerlo, lo applaudì ed adottò il suo sistema. Il re dei Paesi Bassi lo nominò suo primo violinista solista e gli assicurò una pensione vitalizia di 2000 fiorini. Ma fin dai primi momenti della rivoluzione belga, il nostro artista senti battere nel suo cuore la fibra del patriotisme e la speranza della libertà e dell’indipendenza. Si entusiasmò del movimento, rinunciò alla pensione del re d’Olanda, e compose anche immediatamente un canto nazionale per il Belgio rigenerato. Nel 1843, il signor Fétis propose al re Leopoldo di vincolarlo definitivamente al suolo natio affidandogli l’incarico di formare una classe di perfezionamento della scuola di violino, posizione senza precedenti e che de Bériof accettò. Era rialzare la rinomanza del paese e far accorrere a Brusselle j più buoni allievi di tutte le parti del mondo. Del resto, già a questo tempo e dopo la morte della Malibran, Carlo de Bériot aveva fissato la sua dimora a Brusselle ed aveva rinunziato a farsi sentire in pubblico. Insegnò al conservatorio per nove anni, e non finiremmo più se volessimo nominare tutti i violinisti, oggi celebri, che vennero in allora a consultarlo. Nel 1832, una paralisia del nervo ottico lo costrinse a ritirarsi dall’insegnamento. Negli ultimi anni di sua vita si occupò esclusivamente di composizione e dell’indirizzo da darsi agli studi di suo figlio, il quale divenne ben presto, e n’ebbe il merito, il collaboratore di suo padre. Carlo de Bériot era esimio artista in tutta la forza della parola. La delicatezza, la dolcezza, il commovente, il pittoresco, la forza, ma la forza vera senza ruvidezza, su tutto e sempre, l’eleganza erano le doti della sua inspirazione musicale. Egli era poeta con tutti i doni di siffatta vocazione. Traduceva egualmente bene in musica e le voci della natura e gli slanci del cuore umano, e fu per così dire il Lamartine della scuola musicale belga. Scrisse un’opera senza parole, nella quale non vi ha scena che non rifletta una situazione poeticamente nuova e non esprima accenti, che non hanno bisogno di essere adorni di parole. La sua melodia è semplice e fresca. Essa è facile come tutte quelle dei discepoli di Mozart. — De Bériot indovinava istintivamente gli svolgimenti scientifici dei suoi temi e quando l’età e la maturità di mente aggiunsero il loro tributo di erudizione ai felici doni che la natura gli aveva accordato, i suoi concetti divennero grandiosi, più sminuzzati, meglio studiati ed i capi lavori abbondarono sotto la sua penna. Le sue ultime sei arie variate e i suoi concerti costituiscono una vera scala graduata nelle leggi del bello, poiché più si odono e più si ammirano, ed hanno quasi tutti particolare impronta e realizzano di tal guisa, nell’opera generale del maestro, la varietà nell’unità. Sovra tutto è in Lafont che de Bériot scopri i principii d’una nuova, scuola. Non si può dire che sia la scuola della virtuosità, giacché nell’udire Paganini, de Bériot aveva preveduti gli sbalzi del genere; ma quella vi occupa un bel posto, e contribuì, non si può negare, alla fama del nostro compatriota. Come didattico, de Bériot non fu inferiore ai suoi pregi di compositore e di esecutore, la qual cosa diffìcilmente si riscontra in un solo ingegno. Il suo metodo di violino è classico in Europa e non vi ha violinista di polso, che non ne abbia studiato a fondo il sistema. Andrò più lungi e dirò che la scuola di violoncello francese, belga ed italiana deriva direttamente da quella del maestro violinista belga, poiché non ha battuta la sua splendida strada di progresso se non procedendo per analogia. Le proporzioni di questo lavoro non mi permettono di sviluppare questo punto... esso appartiene alla storia della musica istrumentale. I numerosi viaggi artistici fatti da Carlo de Bériot colla più gran cantante di questo secolo, Maria Felicita Garcia, l’iniziarono in tutto che hanno di fino, di delicato, di graduato e di veramente bello i canti italiano, francese e spagnuolo. L’aria di Brindisi, da lui composta per la Malibran, è un capo lavoro del genere ed è ancora attualmente l’aria di bravura delle migliori prime donne dei nostri tempi. [p. 313 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 315 De Bériot scrisse altresì una considerevole quantità di duo per violino e piano, con Wolf, Bénédict, Thalberg, Osborne, Fauconnier e più tardi con suo figlio Carlo. Si può dire ch’egli possedesse i segreti del piano non meno che quelli del violino. Il suo matrimonio con la sorella di Thalberg non fece che sviluppare il suo gusto a questo proposito. Cosi oserei sostenere che suo figlio Carlo, noverato oggidì a Parigi fra i primi virtuosi di piano, debba sovratutto, se non esclusivamente a suo padre, le splendide doti che possiede di compositore e di esecutore. Riassumendo; piacere, affascinare, intenerire in un tempo, soventi volte vigorosamente impressionare, senza cadere nel ruvido nè nel triviale, comporre per comporre, non curarsi del diffìcile quando non vi sarebbe che il futile piacere di vincerlo, ma non evitarlo allorché si presenta naturalmente, costruire i suoi spartiti osservando le leggi del contrasto e della gradazione ed ingrandire così in ogni opera di mano in mano che si svolgono i concetti; finalmente essere sempre elegante, distinto, attico; ecco l’impronta di questo maestro, ecco i principii della sua scuola. Carlo de Bériot, Vieuxtèmps e Leonard, che fortunatamente vivono ancora, formano una triade, i raggi della quale brilleranno sempre nei. fasti artistici del Belgio. JK. CAV. JJlewyck. Il Signor Croisy racconta nel seguente modo, nel giornale La Franco, le origini del Conservatorio di Parigi. «Il 10 novembre 1793, gli artisti della musica della guardia nazionale si recarono alla Convenzione a invocare la creazione di un istituto nazionale di musica. La terribile Assemblea era nei suoi giorni di buon umore, ricevette molto bene la deputazione, e le domandò il motivo della sua venuta. I musicanti risposero che i despoti andavano a cercare gli artisti in Germania e che era necessario che sotto il regno della libertà, se ne trovassero in in Francia. Chénier rispose: «È notorio quanto finora la musica nazionale siasi segnalata nelle rivoluzioni, e tutti sanno quale influenza essa abbia esercitato sui patrioti a Parigi, nelle provincie ed alle frontiere. Domando perciò che si decreti la formazione a Parigi d’un Istituto nazionale di musica, e che la convenzione incarichi il Comitato della pubblica istruzione dei mezzi di esecuzione.» Il decreto fu immediatamente votato per acclamazione, dopo la qual cosa uno dei membri della deputazione annunziò all’assemblea che egli avea di già formato buon numero di allievi, e che avrebbero l’onore, nel giorno di riposo della terza decade seguente, di eseguire alla presenza dei cittadini, membri della convenzione nazionale, ventiquattro soli di istrumenti da fiato. Non so se i deputati ebbero l’onore di sentire ventiquattro clarinetti patriottici; ma certo è che fu dato corso davvero alla proposta dei musicanti della guardia nazionale, giacché il 16 termidoro, anno III, comparve la legge seguente: I. — Il Conservatorio, fondato sotto il nome di Istituto nazionale, con decreto del 18 gennaio, anno II, è stabilito nella città di Parigi, per eseguire ed insegnare la musica. Esso si compone di centoquindici artisti. II. — L’insegnamento ha per iscopo di formare allievi in ogni ramo dell’arte musicale. III. — Seicento allievi dei due sessi vi saranno gratuitamente istruiti e saranno scelti proporzionatamente in tutte le provincie. Inoltre venne fondata una biblioteca nazionale di musica. Il primo direttore del Conservatorio fu il celebre Barrette, che gli diede solido e vigoroso indirizzo. Gli succedettero Perne, Cherubini, Auber e finalmente Ambrogio Thomas.

Non tutti in Allemagna son disposti a piegare le ginocchia dinanzi a Riccardo Wagner. Ecco una lettera pubblicata dalla Gazzella di Colonia, e che è indirizzata al redattore in capo di questo giornale da un maestro che gode molta autorità nel suo paese. «Il vostro cronista locale parla del coraggio che ha avuto il signor R. Wagner nel venir qui nel campo de’ suoi avversari. Nulla vi è di meno eroico. Da molti anni, Tannhàuser e Lohengrin son qui rappresentati con buon successo, ed il compositore può essere certo d’un compiuto trionfo. Ma siccome il partito mi fa l’onore di considerarmi come suo avversario e come tale mi proscrive, non nego punto che la più gran parte di ciò che scrive, compone ed intraprende il signor Wagner, m’importuna infinitamente. Debbo ciònondimeno far osservare che ho fatto conoscere al pubblico, con buone interpretazioni, le sue composizioni di concerto (ouverture di Pausi, Marcia imperiale, Prologo dei Maestri cantori). Il vedere il signor Wagner dirigere una delle sue opere debbe interessare tanto avvessari che partigiani, e più perchè egli si serve perciò d’un bastone da capo orchestra e non di prosa tedesca. — Aggradite ecc. — Dottor Ferdinando Killer, Maestro di cappella. Rivista Milanese Sàbato, 21 settembre Fortunatamente non è il tempo degli auguri, ed i cronisti che qualche volta se ne danno l’aria non sono obbligati in coscienza a tirar oroscopi, chè altrimenti il nuovo teatro dal Verme inaugurato l’altro dì se ne avrebbe sentito di belle. Davvero, per un’inaugurazione solenne la cerimonia non poteva essere più meschina ed il numero dei curiosi più scarso. La colpa è prima di tutto del caro del biglietto; il supporre che 2500 galantuomini abbiano uno scudo da spendere per andare a vedere un teatro che non scappa e ad udire un’opera udita cento volte, è un’illusione che non dura molto. In fatti alla seconda rappresentazione il biglietto fu ribassato, e, non bastando, alla terza fu ribassato ancora e il pubblico crebbe in proporzione inversa. Ora le tariffe mi paiono nel vero, ma rimarrà sempre un guaio al nuovo teatro, ed è quello dell’unica galleria. Evidentemente siccome quell’anfiteatro è immenso e T impresa desidera di vederlo pieno, conviene che i prezzi sieno molto miti, tanto più che altrimenti il popolino non potrebbe intervenire agli spettacoli. Ma facendo intervenire il popolino, ecco, i vantaggi della galleria • sono tutti per esso, chè un posto riservato in [p. 314 modifica]316 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO mezzo alla folla d’ogni maniera non tenterà mai un borghese e molto meno una signora. Avverrà che. a dispetto del suo battesimo, la comoda, bella ed elegante galleria sarà nè più nè meno di un comodo, vasto ed elegante Paradiso, popolato dai soliti cherubini e serafini dei due sessi. Nei teatri a galleria ce ne sono sempre due, la prima eia seconda; cosi il benefizio è esteso a tutti, popolino e borghesia. Non si creda che faccio questa nota per cavarmi il gusto d’una tardiva elegia aristocratica, ma perchè sono avvezzo a guardare le cose cogli occhi e non coi paroioni dei meno democratici di me, e perchè credo possibile la divisione dell’unica galleria in due porzioni a cui si acceda per diverse scale. Del resto, tranne questo difetto, il nuovo teatro mi piace molto; vasto, comodo, arioso, colla luce egualmente e riccamente distribuita da per tutto, con due terrazze aperte a chi vuol fumare e bere, coi molti locali annessi, formerà il più grato ritrovo di Milano nelle sere estive. L’occhio aneli’esso è appagato; quell’enorme anfiteatro che si eleva sopra i due ordini di palchi, illuminato da lampadarii leggieri ed eleganti che nulla tolgono alla vista, quelle lampade che nei corridoi, per un occhio aperto nella muraglia, danno luce e gaiezza ai palchi di prima fila, e la magnifica vòlta porgono un’idea di grandiosità non massiccia che è la vera immagine del gusto moderno. Si ha avuto inoltre gran cura degli accessorii; le panche in platea sono larghe e pulite, ed il livello della platea è un pendio che permette agli spettatori presso all’atrio di vedere lo spettacolo come i più vicini. Quanto a sonorità non si può giudicarne bene finché il teatro non sia, come dev’essere, molto affollato; le rappresentazioni che avvengono nel vuoto non solo non appagano gl’impresarii, ma nemmeno il pubblico; alle prime rappresentazioni degli Ügonolli la risonanza fu tale da oscurare anche il poco scampato alla carnificina dell’esecuzione. I cori, cattolici ed ugonotti, furono tutti cattolici nel fervore della strage, e l’orchestra più cattolica dei cori. Pensate come fossero ridotte le stupende pagine d’insieme di questo capolavoro; basti dire che il Ralaplan provocò fischi e disapprovazioni. Non vo’far carico a chicchessia; nell’orchestra, si dice, erano elementi sconnessi, indisciplinati, ma allora perchè permettere l’andata in scena? Il direttore d’orchestra, signor Creili, dimettendosi dalla sua carica, si è posto prudentemente in salvo; doveva succedergli Dall’Argine, il quale non ne volle sapere; e la terza rappresentazione fu diretta alla meglio dal primo violino signor Maggi. Non dico che costui non si togliesse abbastanza bene d’imbarazzo, ma dico che l’impresa deve pensare a non far dire di sè che tratta i capilavori troppo alla leggiera. Quanto agli artisti principali, l’insieme è buono assai. Nella prima sera ei fu un po’ di esagerazione, qualche stonatura, qualche sconcordanza nei pezzi concertati: mende che sparirono in gran parte nelle successive rappresentazioni. La signora Pozzoni è una Valentina piena di passione e di fuoco: a volte però si lascia trasportare troppo oltre ed abusa delle sue ricchezze. È però una valente artista: bella di aspetto, fornita di voce calda, vibrata, robusta, e sta sulla scena con una sicurezza che alcuni dicono soverchia, ma che è un bellissimo difetto in giovane artista; il tempo, si sa, smorza, non Accende nulla, e non andrà molto che la Pozzoni avrà acquistato anche l’arte di frenarsi che ora le manca. Alla scuola del marito poi, il bravo tenore Anastasi, dovrà farsi forza per non cadere nell’eccesso opposto. Questo tenore canta con grazia melliflua, con una soavità a fior di labbro, senza scaldarsi mai troppo, sicuro di quello che fa, di quello che dice, movendosi il tanto che basti a giustificare l’azione e il personaggio. È la temperanza in chiave di tenore; ma una temperanza intelligente, accorta che non degenera in freddezza, e non è prodotta da atrofia. Piacque molto nella parte di Margherita la signora Brambilla; la sua voce sottile e delicata si modula senza fatica come il gorgheggio di un canarino; sta in iscena con garbo e interpreta la sua parte colla dignità gioconda della famosa regina cortigiana. Gli applausi che ebbe furono meritati. Il baritono Barré entrò subito nelle grazie del pubblico; ed è veramente artista corretto, simpatico, ricco di bella, robusta e soave voce e sicuro nell’intonazione. Fu un Nevers a dovere. Che il basso Scaria abbia bellissime note, non vi ha dubbio di sorta; ma che registro balzano è il suo! A volte fa pompa di voce poderosa, a volte è soavissimo, a volte si spinge fino nei campi altrui, ed esce fuori in una nota tenorile; ma tutto ciò a sbalzi, con fatali intervalli di accenti sgradevoli che appartengono alla chiave dei rumori più ingrati, e in generale nelle note basse, è cavernoso come un contrabasso male accordato. Tengo conto della commozione, della lingua non sua, ed aspetto a giudicarlo assolutamente: dirò solo che il piff paff divenne per sua colpa ridevole, e che invece nel duetto con Valentina meritò gli applausi. La signora Risarelli (Paggio) è disinvolta e canta con buon metodo, ma la sua voce non pare sufficiente all’ampiezza del teatro. Le seconde parti sono piuttosto lodevoli. Le buone intenzioni dell’impresa sono adunque palesi, ed è veramente doloroso che con tanti buoni elementi e dopo tante spese non sia riuscita a darci nulla di meglio di una parodia degli Ugonotti. Ora si promette la Favorita colla Galletti, col tenore Aramburo e col baritono Giraldoni; aspettiamo dunque la rivincita. Negli altri teatri non abbiamo nulla di nuovo; Bùttero continua a far la fortuna del Carcano col Don Bucefalo e col Papà Marlin; in quel teatro fu applaudita l’altra sera una esordiente, la signorina Bonnovalli, gentile artista che si presentò nella Jone e mostrò di aver bella voce, buon metodo di canto ed un’avvenenza che non guasta mai. Al teatro Santa Radegonda le novità drammatiche si tengono dietro senza molta fortuna; alla Scala invece il solito Freischütz e la solita Bianca di Nevers bastano a chiamare un pubblico sufficiente. Vi contribuisce la temperatura che si è molto opportunamente raffreddata in questi ultimi giorni. Del teatrino microscopico ai Vecchi Giardini non si vedono più le traccie. a r ALLA RINFUSA Gli antichi allievi della scuola di musica religiosa di Liedermeyer hanno testé costituita fra loro una società artistica e filantropica. y. Strauss di Parigi abdica assolutamente lo scettro dei balli dell’opera. Fin del 1869, egli aveva rinunziato alla direzione dei balli della Cort< Si era dapprima parlato d’Arban qual successore di Strauss, ma l’impresario dei balli e concerti della sala Valentino ha fatto fallire questa combinazione rifiutando l’autorizzazione domandata dal signor Arban, addetto alla sala Valentino per un anno ancora e mediante convenzione. Parlasi ora di Oliviero Metra.

  • Il giornale La Espana musical di Barcellona, ha annunziato la pubblicazione

d’un importante lavoro, notable obra, d’un signor Filippo Pedrell, intitolata los Poemas del Pianista, e ne dà come saggio un estratto nel quale è lungamente analizzata la sonata op. 26 di Beethoven. Ora quest’analisi è tradotta semplicemente parola per parola dal libro di W. di Lenz: Beethoven ed i suoi tre stili. In fatti perchè pigliarsi soggezione? Con decreto reale del 3 settembre è stata accettata la dimissione data dal signor Lambelé dalle sue funzioni di professore di clarinetto al Conservatorio reale di musica di Bruxelles.

  • Un impresario e direttore d’orchestra francese, il sig. Bessières, ha formata

una compagnia di opera comica e di operetta colla quale intende girare per un anno il Messico e l’Avana. Il suo variatissimo repertorio comprenderà opere di Auber, Maillart, Adam, Flotow, Offenbach, Lecocq, Hervé ecc. V Federico Wieck, padre della signora Clara Schumann, decano dei professori di musica in Allemagna, ha festeggiato l’11 agosto scorso il suo 87 anniversario.

  • Il signor Deprez, primo cornista al teatro di Liegi, fu nominato professore

al Conservatorio di Gand.

  • Il circolo corale Amphion di Rotterdam celebrerà il suo 25 anni ver

sario, il 5 ottobre prossimo, con parecchi concerti. [p. 315 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 317 4^ Tutti i giornali raccontano a proposito della bella signorina Gallmeyer, la Schneider di Vienna, che canta ora nella Vie parisienne a Praga, che un critico drammatico, il signor Heller, essendosi fatto lecito di biasimare il favore del pubblico per quest’artista, ella se ne vendicò intercalando nella sua parte un epigramma, nel quale il sig. Heller si trovava crudelmente schernito, e che l’epigramma fu ripetuto da tutti gli astanti. In seguito a questo bis il signor Eller avrebbe dichiarato nel suo giornale di rinunciare alla lotta, e che quindi innanzi si asterrebbe perfino di scrivere il nome della signorina Gallmeyer.

  • L’onorevole ed importante casa editrice musicale C. A. Spina, di Vienna

passa nelle mani del signor Federico Schreiber, sotto la ditta: C. A. Spina’s Nachfolger (successore di C. A. Spina). 4^ E annunziata la prossima pubblicazione in Firenze di un nuovo giornale musicale-teatrale, che porterà in fronte il caro nome di Bellini. 4^ Un duello terribile, scrive un giornale francese ebbe testé luogo in America. Due musicisti, uno dei quali aveva gravemente, offeso l’altro, si sono battuti... al pianoforte. Il combattimento durò quarantott’ore; senza prendere cibo nè bevanda, senza arrestarsi un momento i due avversari picchiarono i tasti del proprio strumento. Erano vietati i ballabili; però l’uno dei due duellanti suonò 580 volte di seguito il Miserere del Trovatore. Infatti il cielo ebbe misericordia, e mentre stava per incominciare la cinquecento ottantunesima esecuzione, mori d’accidente. L’avversario fu trasportato in fretta all’ospedale, ed è in pericolo di vita. I quattro testimoni danno segni d’alienazione mentale; quanto ai pianoforti sono sconquassati. E i lettori? jf- Il Municipio di Roma va tappezzando le case di epigrafi, e fa benissimo. Il sommo Rossini meritava la sua e l’ebbe sulle mura della casa in Via Leutari, n. 35 da lui abitata, del seguente tenore: Abitando questa casa Gioacchino Rossini Trovò le armonie sempre nuove del Barbiere di Siviglia S. P. Q. R. 1872. L’editore di musica Tito di Giovanni Ricordi ha fatto acquisto, col mezzo dell’Agenzia del Trovatore, della nuova opera del valente maestro F. Schira, Lia, libretto di M. Marcello. Sta per pubblicarsi a Cordova un giornale di musica: Ei rinculo musical, il quale promette ai suoi abbonati regali di musica, biglietti di lotterie e persino un pianoforte del valore di 5000 lire! Nel venturo carnovale verrà inaugurato un nuovo teatro a Salò. Dicesi che sarà elegante e potrà contenere 1200 spettatori. 4^- Il teatro Nazionale di Pest corse pericolo di venir distrutto, giorni sono, dal fuoco. Per buona fortuna si potè a tempo domare le fiamme, e i danni furono lievi. ¥ Il maestro Neuendorff ha locato per un anno il teatro del Tammany Hall in Nuova York, per 10,000 dollari, e col primo del prossimo ottobre ne farà l’apertura. Egli ha scritturato due compagnie alemanne, una drammatica e l’altra lirica.

  • Il fabbricatore di pianoforti Bòsendorfer a Vienna, ha messo gratuitamente

a disposizione di quel Conservatorio, nientemeno che 20 eccellenti pianoforti. ★ E in Milano, di passaggio, il signor C. Poisot, fondatore del Conservatorio di musica di Dijon, redattore del giornale il Ménéstrel di Parigi. CORRISPONDENZE NAPOLI, 19 settembre. Il Furioso di Donizetti al teatro Rossini — Norma al Politeama — Il Camoens al Mercadante. Lo scorso sabato aperse le sue porte il teatro Rossini, con l’opera del Donizetti II furioso all’isola di San Domingo, come già vi scrissi. Composto per uno dei teatri di Roma nel 1833, questo spartito, onde la parte protagonista fu scritta appositamente pel celebre cantante Ronconi, che mi hanno detto essere stato ai suoi di ammirabile sotto la scompigliata foggia del pazzo per amore, altro non è che un abbozzo delle opere più felici che il grande compositore bergamasco scrisse di poi. Nel primo atto fece bellissima impressione la nota romanza del baritono: Raggio d’amor parea, ed il sestetto che forma il finale del secondo atto, e che servì di sostrato al bellissimo finale della Lucia. Non so se il signor Perelli, che è il solerte impresario della scorsa stagione invernale, abbia dissotterrato questo mediocre lavoro nel fine di offerire una quasi novità ai presenti frequentatori del teatro, o per fare cosa grata all’egregio artista Mastriani. È mio credere che, nell’un caso o nell’altro migliore, partito sarebbe stato quello di far rimanere il Furioso ancora per qualche tempo a S. Domingo, o tra la polvere degli scaffali. Moltissimi anni sono, su codesta Gazzella a proposito d’una riproduzione del Pirala parlossi molto bene circa l’opportunità di disseppellire, i lavori poco noti o i primi di grandi maestri. Nel vedere come generalmente in Italia comincia ad aver voga e balena per la mente di più il pensiero di mettere in scena anticaglie, e di quelle segnatamente che non sono più in grado di essere esposte con molta probabilità di buon successo, consiglio la riproduzione dell’articolo di cui feci parola. Ed ora dell’esecuzione di questo Furioso. Il Mastriani che è un cantante di gusto, ed un artista intelligente, rende benissimo quel selvaggio vigore che informa la parte di Cardenio e perciò quest’opera debole sarà tollerata pér molte rappresentazioni ancora. Col Mastriani cantarono una prima donna Ruffino, un tenore Cosmi, l’Apolloni, buffo, e il basso Gisella. I primi due sono esordienti al certo; il loro impaccio in scena e nel cantare me ne fanno guarentigia. La prima ha poca voce, il secondo sebbene ne abbia molto di più, non esce dalla categoria dei cosi detti tenori leggeri, ma i suoi mezzi vocali abbisognano ancora di essere sommessi ad una rude disciplina. Il buffo Apolloni è molto bravo, e v’assicuro pel Rossini un comico di qualche valore, che non desse nello scurrile, nel plateale era desideratissimo. Il Savoia era una vecchissima conoscenza, ma e poi è diventato un po’ afono; gli altri un solo carattere e pulcinellesco, applicavano a qualunque parte, e vestivano con le fogge stesse, e le medesime caricature appropriavano vuoi al Dulcamara, vuoi al Don Magnifico, vuoi al Don Bartolo. Benvenuto dunque l’Apolloni. L’orchestra andò bene; è composta di eccellenti professori ben guidati dall’Ammirato. Aspettasi presto la messa in iscena del Pipelet, probabilmente con la Melloni. Il Mastriani non canterà a questo teatro in tutta stagione ed è un vero dispiacere per gli ammiratori di questo egregio artista, cui la nostalgia ha un po’ pregiudicato la carriera. Se non erro è scritturato per uno dei teatri di Palermo. Al Politeama si rappresentò domenica la Norma. Questa volta il carattere della protagonista veniva interpretato della Attanasio benissimo. Questa prima donna ha davvero ingegno, passione, una voce calda e simpatica e mostra dovunque molto zelo, Il tenore Parisotti cantò anch’esso bene. Ed ora dovrei parlarvi del Camoens, opera del sig. Pietro Musson! su versi del Golisciani andata in iscena al Mercadante, ma noi vo’ fare dopo una sola udizione. Quello che posso dirvi è che il maestro consegui un trionfo tale che nè Rossini, nè Donizetti, nè Bellini, nè Mercadante. nè Verdi ebbero al certo nelle opere con cui esordirono. Il maestro Mussoni sarebbe mai sceso nell’aringo musicale con un capo lavoro? Gli si può offrire la corona d’alloro? Credo che forse i suoi amici di ciò si occupino, ma io che non intendo farmi complice di coloro che con assai e malintesa compiacenza si fanno ad apprestare la rovina d’un giovane proclamandolo grande ingegno solamente perchè condusse a termine un’opera, con l’altro corriere mi farò a manifestare su quest’opera la mia opinione schiettamente, nettamente e senza ambagi. Per ora do luogo alla gioia de’ parenti, ai mi rallegro degli amici, ai complimenti che al maestro si fanno su tutta la linea. M’auguro ancora che i grati profumi delle vivande e P eco dei brindisi siensi dileguati, nè credo che il maestro voglia nuovamente riunire i coristi e l’orchestra a convito, e allora verrò io a parlare e lo farò con quella franchezza che non mi fhce finora difetto. Sappiatevi adesso che non meno di ventitré furono le chiamate al proscenio, vi ebbe chi pretendeva pur qualche replica di pezzi, ma quelle voci restarono senza eco. L’ese [p. 316 modifica]318 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO cuzione fu eccellente tanto da parte de cantanti signore Repetto-Suardi e Neri, signori Montanaro e Brignole che de’ cori e dell’orchestra diretta assai bene da quel valente giovane che è il Rossi. Chiudo questa mia con una novella che qui produsse molto piacere. Il com. Lauro Rossi terrà un corso di conferenze artistiche. ^A-CUTO. FOLIGNO, 14 Settembre. La Forza del Destino al teatro Apollo. Il nostro teatro Apollo non vide mai spettacolo più gradito della Forza del Destino, che fu assolutamente un trionfo. Ma convien pur dire che la sublime musica ebbe la fortuna di ottima interpretazione. La Bianchi Montaldo (Eleonora) ha voce poderosa e maniera di canto veramente affascinante; tutta la sua parte fu accompagnata si può dire dagli applausi, i quali proruppero frenetici in special modo alla preghiera, alla scena terza del secondo atto e nel finale ultimo. La parte di Preziosilla vuole una cantante leggiadra ed energica in un tempo, la signora Caracciolo è tale. Il suo canto conosce tutte le squisitezze dell’arte e la sua voce non conosce difficoltà. Bisogna sentire con qual maschia baldanza intona il rataplan! Dovette ripeterlo e dovette pure ripetere Y Evviva la guerra nell’atto secondo. La fama che aveva -preceduto il tenore Masini non fu smentita dal fatto. È uno dei cantanti più passionati ch’io mi abbia uditi, e certo uno dei meglio adatti alla parte che ha nella stupenda opera di Verdi. Non enumero i pezzi in cui si segnalò perchè fu valente in tutti, e come tale applauditissimo. Immaginate che il pubblico chiese la replica dei duetti col baritono, il quale si chiama Quintili Leoni, e dovete averlo sentito nominare! Ma certo la sua fama, contrariamente a quello che succede molte volte, è meritata. È artista di molto talento, padrone della scena, e canta con voce robustissima e con modi corretti; è insomma un Don Carlo coi fiocchi. La parte bizzarra di Fra Melitone trovò un interprete lodevolissimo nel Cresci, e quella del Padre Guardiano fu assai bene affidata al basso Fiorini. Discrete le parti secondarie, disciplinati i cori, ottima l’orchestra. Il maestro Usiglio che la dirige le infonde vita, vigore, sentimento, e le fa tradurre l’intimo pensiero del compositore. Del preludio si volle la replica. Anche le belle scene del Recanatini contribuirono al buon successo; il bravo scenografo fu applaudito e chiamato al proscenio. Del resto Foligno è in feste; abbiamo anche noi il nostro monumento da inaugurare ad un grande artista, a Niccolo di Liberatore detto V Alunno, antecessore di Raffaello, e vogliamo farlo non solo con suoni e canti, ma con luminarie e con fuochi d’artifizio. Checché si faccia però, la parte migliore rimarrà sempre l’ottimo spettacolo dell’Apollo, in fatto i forestieri, senza aspettare il 22, 23 e 24, giorni delle feste ufficiali, incominciano a venire per la Forza del Destino.?• y LONDRA, 16 settembre. Festival a Worcester — Scontro ferroviario — Spettacoli futuri al Royal Albert Hall. Il festival musicale dei tre cori è stato solennizzato quest’anno a Worcester con ordinario successo. I pricipali vocalisti erano la Titiens, la Sherrington, la Patey, la Fairman e i signori Rigby, Lewis, Thomas e Santley. Erano stati fatti sforzi non pochi per assicurare la comparsa della Trebelli-Bettini, che gode nella provincia una popolarità, che, se fosse possibile, direi superiore persino a quella che gode nella metropoli; ma la capricciosa favorita aveva i suoi piani fatti, e rifiutò d’alterarli per piacere all’onorevole direzione del festival di Worcester, e per far danno alla propria salute. A dispetto delle comodità, che offre il vapore, chi viaggia si stanca egualmente; la Trebelli Bettini lo sa a meraviglia, ed è perciò che preferisce viaggiar dolcemente anzi che ferocemente. Essa fa però parte della brillante compagnia d’artisti che assistono al fèstivàl di Norwich, che comincia quest’oggi. Con lei va la Titiens, TAlbani, la Lancia, il Santley ecc. Memorabile, più forse che le rappresentazioni del festival dei tre cori di quest’anno, è un incidente del ritorno degli artisti da Worcester. Era fra le undici e le dodici ore, allorquando venerdì notte (13) essi avvicinavansi alla stazione di Westbourne Park. Erano saliti sul treno espresso del nord del paese di Galles in Worcester, e contavano, io suppongo, d’arrivare tranquilli direttamente sino alle case loro; allorquando giunti a un cento passi dalla stazione suddetta, un treno di merci per una falsa manovra andò a urtare diritto nel centro del loro treno. Fu somma fortuna che il carro, contro il quale urtò la macchina, fosse il carro dei bagagli. I bagagli tutti, come potete facilmente credere, vennero moltiplicati stranamente con poca soddisfazione della cassa della ferrovia del Great Western, che dovrà far le spese della moltiplicazione. Fra i bagagli eravi una quantità d’istrumenti musicali, essendo in quel treno cogli artisti vocali gli artisti strumentali del festival. Tutti gli strumenti, alcuni dei quali erano di gran valore, vennero convertiti in fantastici numerosissimi pezzi, ch’era una vera curiosità a vedere. Se si eccettui qualche caso di forte contusione, non vi ebbe fortunatamente maggior danno alle persone. La settimana vegnente Mapleson inaugurerà al Royal Albert diali la sua campagna d’autunno, che quest’anno sarà condotta interamente nelle provincie, essendo il Covent Garden nelle mani di Dion Boucicault, il quale trionfa seralmente con il suo pomposo spettacolo a imitazione delle feeries francesi. Saranno dati al Royal Albert Hall due gran concerti, uno nel mattino di lunedi, e l’altro nella sera di sabato; e per soddisfare anche gli amatori della musica severa, verrà pure data dal Mapleson una rappresentazione del Messia. La musica del Messia ha per gl’inglesi un’attrazione speciale; ed è che per essi è incomprensibile! Ho l’autorità di persona eminente per dirvi che gl’inglesi vanno sempre in numero ad ascoltare la musica del Messia colla speranza di arrivare a comprenderla per gustare le bellezze, di cui tutti parlano. Fra i compositori inglesi va annoverato un principe della famiglia reale, il duca d’Edimburgo. Un waltz, intitolato Galatea, del quale parlasi con gran favore, scritto dal giovine duca, verrà eseguito per la prima volita in pubblico il giorno 23 corrente da cinque bande militari riunite, che assisteranno in quel giorno al Royal Albert Hall. VIENNA., 16 settembre. Feste a Berlino per il convegno degli imperatori — I teatri di Vienna — Fervei opus — La musica del can can — L’emigrazione giornalistica e il Corsair noir — Nuovo teatro drammatico. Ringrazio prima di tutto Domeneddio di essere ritornato incolume dalle feste di Berlino. Se le brutalità,della polizia prussiana non mi fecero stritolare sotto le zampe della guardia di sicurezza pubblica a cavallo fu vero miracolo; come noi fu minore se co’ miei timpani interi potei assistere a quella famigerata serenata militare che passerà negli annali della musica ed in quelli dell’umanità, come un saggio di quanto possano la disciplina, la precisione, l’ordine anche nel campo della musica, e di quanto altresì possa peccare contro i propri concittadini e contro gli estranei una polizia rigida e inconsiderata esecutrice di ordini avuti. Il povero Haydn allorché compose l’inno popolare austriaco non avrà certamente sperato che il successo delle sue melodie sarebbe stato mai si imponente, come il fu quella sera nella nuova capitale dell’impero germanico, quando meglio di [p. 317 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 319 1200 soldati suonatori, al bagliore di 400 torce a vento, e di una lunga catena di fiaccole intrecciate, al tempo segnato da una torcia a vento vibrata per l’aria dal maestro di cappella in capo delle bande musicali prussiane, fecero echeggiare un’area vastissima dinanzi al castello reale, al cospetto di ospiti augusti, di principi, d’ogni maniera, di ministri diplomatici d’ogni valore e di popolo numerosissimo, accorso d’ogni parte a godere dello spettacolo, che per molti anzi per troppi spettatori doveva tornare assai funesto. Ma io non intendo usurpare l’ufficio del mio collega di Berlino, col tratteggiarvi più oltre le impressioni da me subite durante il convegno degl’imperatori. La parte che vi ebbe la musica non fu la meno importante. Anch’essa contribuì colle sue armonie a quello spirito di conciliazione e di pace il quale può considerarsi come il risultato più soddisfacente del convegno imperiale. I pezzi che vi furono eseguiti in ogni pubblica ed intima solennità furono tutti pezzi di conciliazione. Mio intendimento era solo di dirvi che se non vi scrissi fin ora, è da attribuire alla mia assenza, e che se vivo ancora non è certamente colpa degli spettabili organi dell’ordine pubblico berlinese. Ripatriato, trovai la vita musicale e teatrale di Vienna in pieno fervore di attività. Tutti i teatri inaugurarono le loro rappresentazioni sotto auspici più o meno promettenti; tutti però allestiti per la stagione d’autunno e per quella d’inverno, senza contare che tutti i direttori sono in faccenda a preparare o a far preparare spettacoli degni dell’Esposizione universale. Anche gl’impresari italiani, quali i signori Merelli, Franchetti e forse altri ancora, s’affrettarono a presentare i loro cartelloni e le rispettive scritture per la grande stagione della cuccagna mondiale, e noi siamo non poco curiosi di vedere quali saranno i manicaretti che codesti signori ei verranno ad approntare. Posso anzi tratto assicurarli, che se verranno non forniti a dovere di ottima e fresca musica italiana e di egregi artisti, l’impresa loro sarà tempo e denaro sprecato. Oramai qui siamo abituati a cibi o assai saporiti o assai piccanti, e ad ammanircene di stantii, gli è andare a rotoli. Il nostro massimo teatro dell’opera imperiale continua la sua missione di educare e di dilettare col magistero delle armonie. La musica italiana rientra in moltissima parte e non passano quattro sere, senza ei si porga l’occasione desiderata di un’opera italiana più o meno moderna. In mezzo a tutta la ressa di far trionfare la musica dell’avvenire, crescendole proseliti d’ogni attitudine, le melodie italiane non hanno di che temere una proscrizione; e quando alla riproduzione di questo genere nuovo e poco compreso si diradano le file degli uditori, ed una forma particolare di stanchezza distrae gli animi degli astanti, allora il più nobile ripiego è pronto alla mano: si ricorre a qualche operà italiana, la quale non manca all’effetto voluto. Desidero che così segua ancora. Gli altri teatri cancaneggiano. Quello della Wieden, diretto ora dalla cantatrice signorina Geistinger, raccoglie i suoi vecchi ammiratori, i quali lasciati in massima parte gli ozi campestri, ritornano ad applaudire e vezzeggiare questa figlia del capriccio, rinforzata e meglio intonata dopo il riposo dell’estate passato alle acque. Alla Wieden siamo ancora ali’Indigo ed ai 40 masnadieri, operetta dello Strauss, la quale co’ suoi ritmi ballabili ricorda continuamente la famiglia dei celebri walzeristi ed elettrizza gli umori vitali di quel pubblico, il quale ne va ghiotto. E così di spettacolo in spettacolo la leggerezza e la spensieratezza vi troveranno alimento. Non mi domandate quanto vi guadagnino l’arte ed il buon gusto, perchè di simili gozzoviglie nè arte nè buon gusto possono giovarsi gran fatto. Questa musica è fatta per chi ha nervi guasti e vuol galvanizzarli; è un fortunato tentativo per arricchire. Ed a galvanizzar ed arricchire è già venuto l’Offenbach col suo Corsair noir, la cui prima rappresentazione è annunziata per venerdì prossimo, 20 corr., anche alla Wieden. Affinché poi il mondo abbia pronta, estesa, particolareggiata relazione di questo novello parto della sua facilissima musa, il maestro compositore ei capitò addosso con una caterva di relatori giornalisti, i quali canteranno in tutti i toni i suoi inarrivabili successi. Lo accompagnano il Willemessant del Figaro, il Tarbé dello Sport. l’Aubiquet del Moniteur, il Blavet della Liberté, il de Gransey de X Evénement, Gaston Mitchelt del Paris-Journal, il Gille anche del Figaro, e si aspettano per la medesima solenne ricorrenza artistica il Bertrand direttore del^p Variétés di Parigi, ed il Wolf altro appendicista del Figaro. È tutta una legione di panegiristi, di ammiratori, di amici. Potete ben credere che sapranno fare il loro dovere. Nè Rossini, nè Verdi, nè Bellini, nè Donizetti ebbero mai cotanto onore. Forse gli è per questo che le creazioni del loro genio resteranno; e quelle dell’Offenbach? chi potrebbe mai asserirlo? Il teatro Carlo colla famosa Gallmeyer è pressò a poco allo stesso livello. La musica dell’Offenbach vi fa le spese ed all’infuori di queste operette non troviamo nel repertorio novità alcunq la quale possa interessare. Dicono che è la sola maniera di far quattrini; sarà, ma le ragioni dell’arte non ei hanno nulla che fare ed il meglio che io possa dirne si è tacere. In fatti havvi produzione più insipida di quella Principessa di Trebisonda dell’Offenbach, che per tre lunghi atti va sfoggiando le sue improntitudini condite da una musica più proterva e più provocante? Le insulsaggini più scipite, perchè presentate in abito discinto, piacciono ai nostri frequentatori di borsa ed ai loro commessi, i quali vi accorrono colle loro belle, ed incoraggiano un genere di speculazione, che è ben lontana dal voler cessare. Anche il teatro Strampfer non è migliore. A solleticare il gusto del suo pubblico, il direttore fe’acquisto a Berlino della signorina Stelle, la quale da quel Wallner portò tra noi le cascaggini e le mollezze dei ritornelli berlinesi. Il suo accento e la sua posa, comunque nordici, piacquero e quando la novella sirena si sarà addimesticata coi capricci della nostra piazza, crescerà concorrenza alle Geistinger ed alle Gallmeyer, di cui la vostra buona stella vi scampi di allevare delle imitatrici. La nostra capitale si abbellì di un nuovo teatro drammatico a propositi seri. È quello così detto della città, costruito coi denari di una Società di azionisti, e quel che più vale, diretto dal drammaturgo signor Lanbe, per molti anni direttore del drammatico teatro di corte. L’inaugurazione n’ebbe luogo sabato scorso e fu un vero avvenimento nel mondo teatrale ed artistico. Quanto di più eletto alberga la nostra città convenne nel nuovo tempio dell’arte, il quale se non nell’esteriore, certo nell’interno, e per l’eleganza e l’armonia dei colori, per la piacevole disposizione delle parti, soddisfa pienamente alle esigenze odierne. Dopo un prologo d’occasione della Betty Paoli, fu dato il Demetrio, frammento dello Schiller, ridotto a tragedia di 5 atti dal direttore poeta. Il successo corrispose alla festa. Al teatro drammatico di corte spetta ora di vincere questa pericolosa con. coerenza. TEATRI ROVEREDO- In data del 16 ei pervenne il seguente telegramma: Ieri sera Forza Festino furore; De Giuli-Borsi fanatismo, così compagni, ripetuto rataplan. E un nostro corrispondente ei scrive: La Forza del Destino ebbe esito eccellente; la De Giuli è artista corretta, accurata ed elegante, e cantò stupendamente la sua parte. Junca fu un Padre Guardiano poderoso, la Corsi una brava Preziosilla, specialmente nel rataplan, che dovette ripetere; un po’fredduccia però nella scena. Ottimo il Pandolfini, che voi conoscete, per potenza di voce e per vigoria d’artista. Bene anche il tenore Prudenza che trovò accenti appassionati; Viganotti fu simpaticissimo nella parte di Fra Melitene. Tutti i pezzi furono applauditi; destarono entusiasmo l’aria di Don Carlo, la ballata dello Studente, il rataplan, le romanze del soprano, la ballata Viva la guerra, il duetto fra soprano e basso, il giuramento e la romanza del tenore. I cori e l’orchestra bene. Insomma è un ottimo spettacolo, a cui nuoce solo la piccolezza del teatro e la ridevole messa in scena. NAPOLI. In data del 21 ricevemmo il seguente telegramma: «Ovazioni splendidissime, fiori, Laura Sains, serata addio Lucia al Poli teama. Bis valzer Juanita». [p. 318 modifica]320 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO COMO. Al Teatro Sociale la stagione fu inaugurata coWEbrea che fu messa m scena con sfarzo ed eseguita stupendamente da artisti celebri. Le signore Lotti e Trafford; i tenori Carrion e Frappolli e il basso Medini, gareggiarono di bravura. I pezzi maggiormente applauditi, scrive il Corriere del Lario, furono il terzetto con cori nel primo atto fra Rachele, Eleazaro e il Cardinale, la romanza susseguente di*Leopoldo, e la stretta del finale dell atto nella quale la Lotti e Carrion trovarono accenti musicali sublimi; la cavatina di Eudosia, la preghiera di Rachele e il terzetto finale di Rachele, Eleazaro e Leopoldo, nel secondo atto; la gran scena della maledizione nel terzo atto; il duetto fra Eleazaro e Brogni, l’aria di Eleazaro nel quarto, e il finale dell’atto quinto. FIRENZE. Giorni sono ebbe luogo al teatro Rossini la prima rappresentazione dell’opera di Luigi Ricci: Il nuovo Figaro. Gli applausi furono frequenti. Secondo ne dicono i giornali fiorentini, la musica è piena di fantasia, bella, melodica, vivacissima. VENEZIA. Ci scrivono in data del 12 settembre: — Martedì 10, fu l’ultima ^elle otto recite che al teatro Malibran la compagnia comica di Giacinta Pezzana ei regalò, ed in vero passammo serate deliziosissime, mentre quella celebre artista, che l’America ei rapisce, c’incantò ed affascinò nella Fernanda, nell’Amor senza stima ed eminentemente poi nella Principessa Giorgio, dove, a parer mio, nessun’altra potrà mai nè uguagliarla, nè superarla. — Non vi dico poi qual folla in ogni sera ei fosse, essendo cosa abituale in codesta stagione l’accorrervi, come accadde nelle divine serate in agosto, cui cantarono una Marchisio nella Cenerentola ed il grande Cotogni nella Linda, tanto che in sei sole recite di quest opera, col biglietto ad un franco, s’introitarono L. 17,000. Ci lusinghiamo che l’impresa si animi a prepararci un simile spettacolo per l’anno venturo nell’arioso e simpatico teatro. LIONE. La stagione musicale del Gran Teatro fu inaugurata con una bella rappresentazione degli Ugonotti. Vennero applauditi i principali interpreti, i signori Chelli, Falchieri, la signorina Moreau, che esordiva nella parte di Valentina, e Chauveau. Una triplice salva d applausi salutava 1 arrivo al leggio del direttore d’orchestra signor Maugin. BORDEAUX. La riapertura del Gran Teatro ebbe luogo col Trovatore, nel quale la signora Maria Sass ha ottenuto uno splendido successo Fu entusiasticamente applaudita dopo tutti i pezzi è richiamata al proscenio alla fine di ogni atto. LA-HAYE. La stagione dell’Opera francese fu inaugurata in modo splendido il 31 agosto, col Trovatore, interpretato dalle signorine Derasse e Barbet e dai signori Trinquier e Clergeaud. BRUXELLES. Al teatro la Monnaie, l’opera di riapertura, Guglielmo Teli, fu un trionfo per l’orchestra, per i cori e per la sala ristaurata. NOTIZIE ITALIANE POSTA DELLA GAZZETTA Signor prof. Ang. V. — Pavia. — N. 113. — Milano. Il R. Conservatorio ha pubblicato il seguente avviso: Pel prossimo venturo anno scolastico 1872-73 si rendono vacanti, per l’accettazione di nuovi allievi in questo Regio Conservatorio, alcuni posti ih tutte le materie di principale insegnamento, cioè: Composizione, Canto, Pianoforte, Organo, Arpa, Strumenti ad arco, Strumenti d’orchestra a fiato, così di legno che in metallo. Gli esami d’idoneità richiesti dai giovani di ambo i sessi che intendono presentarsi a questo concorso si terranno nel Conservatorio suddetto il giorno 5 p v. Novembre, e successivi, occorrendo, alle ore 9 antimeridiane. Si avverte che gli aspiranti dovranno essere preparati in modo da subire praticamente l’esame di prova del ramo di studio principale a cui intendono applicarsi, possedere qualche cognizione musicale in ragione della loro età, e per il Canto avere la voce sufficientemente sviluppata. — Vicenza. Ci scrivono: All’Istituto Filarmonico ebbe luogo giorni sono, una bella mattinata musicale. Fu iniziata con uno stupendo quartetto di Schubert, eseguito maestrevolmente dal maestro Manzato e dagli allievi Rubelli, Tescari e Giaretta. Seguirono altri pezzi strumentali e vocali; mi piacque l’arpista Nadari, il violinista Squarise e la signorina Annetta Viviani, allieva del maestro Prati, la quale canta con garbo ed ha bel volume di voce. — Ferrara. Il Consiglio Comunale nelle adunanze del 7 e del 10 corrente, deliberò di tenere aperto, per altri cinque anni e in via sempre d’esperimento, l’istituto Musicale, confermandone i professori che hanno insegnato finora, e non facendo altra innovazione a ciò che fu già prestabilito nella fondazione dell’istituto, che questa di dare ad esso il nome di Scuola musicale Comunale. Inoltre approvò il progetto presentato dal professore Leonesi Giuseppe sull’ordinamento della Banda musicale, e ne nominò a capo lo stesso progettante, collocando quindi a riposo con intero soldo il maestro Carlo Mornasi. NOTIZIE ESTERE — Vienna. Si vuol dare alla luce un’opera postuma del pianista Teodoro Dòhler, intitolata Tancreda, il cui soggetto è tolto dalla tragedia di Silvio Pellico. Quest’opera era rimasta di proprietà della sorella di Dòhler, che l’ha ] testé ceduta alla direzione del nuovo teatro d’Opera. Il suo valore artistico è alquanto dubbio, poiché l’autore, quando la incominciò nel 1845, non sapeva nè scrivere per le voci, nè istrumentare -, non potendo condurre a buon fine il suo lavoro andò a Bologna a chieder consigli a Rossini e finì il suo spartito nel 1846 a Mosca. Le aspettazioni perciò non sono grandi. — • Parigi. Il signor Giulio Simon il mese scorso indirizzò una lettera ad Ambrogio Thomas, nella quale gli dice che, essendo stato parecchie volte meravigliato di non udir cantare, nelle riunioni di operai e di campagnuoli, se non volgarissime arie accompagnate da parole lubriche e sciocche, desidera impedire la propagazione di siffatte bassezze. Prega perciò il signor Thomas, nella sua qualità di presidente del Comitato degli studi musicali, di fare una raccolta di pezzi, arie, duetti, terzetti, quartetti, pezzi d’insieme scelti dai più gran maestri di musica sacra e di musica profana. «Sono convinto, prosegue a dire il ministro, che questa scelta è possibile, che la si può graduare, giacché sonvi cose ammirabili, facili e semplici, e che si può così sostituire alle nostre arie delle osterie e delle bettole, buona musica e nobile. Se i nostri maestri mi vogliono aiutare nella bisogna, io credo che renderemo tra tutti un servizio al nostro paese. Mi sforzo, perseverando nell’istessa idea in un altro genere, di sostituire ai libri mediocri che ingombrano i nostri depositi, i capilavori della letteratura francese. Vorrete informare il Comitato degli studi musicali di questo mio disegno e farmi fin d’ora un rapporto sui mezzi da adottarsi per porre in atto il mio desiderio?» — Padova. Pietro Bresciani, maestro di musica, morì a 70 anni. — Berlino. Il signor Magrig, direttore d’orchestra al teatro municipale, morì il 18 luglio. — Il 4 settembre è morta in età di 78 anni, Carolina Seidler, vedova d’un violinista di vaglia, figlia di Antonio Wranitzki, e brava cantante. Ella era l’unica superstite di tutti gli artisti che interpretarono a Berlino per la prima volta il Freischütz. — Londra. Il signor Tommaso Young, cantante del Tempie Church, morì l’11 agosto. — Nuova-York. Il 10 giugno è morto il signor Enrico Steinecke, in Vestfalia, baritono del teatro tedesco di Praga, poi in America. — mamente aveva abbandonato la scena per farsi agricoltore. — Boston. Edoardo Foster, giornalista, critico musicale, ecc., morì luglio. nato Ultiil 27 — Tunperly (nel Cheshire). Enrico Graves, professore d’arpa e di pianoio agosto a 65 anni. forte a Londra, mori il Alla vostra proposta risponderà il Direttore, ora assente. i i NS NM C°C c c c c C C 1 i i c c 1 Quattro degli abbonati che spiegheranno il Rebus, sorte, avranno in dono uno dei pezzi enumerati nella della Rivista Minima, a loro scelta. SPIEGAZIONE DEL REBUS DEL NUMERO 36: A vino buono non occorre frasca Fu spiegato esattamente dai signori: Luigi Stame, Adelina estratti a copertina Barieri-Bergomi, prof. Angelo Vecchio, Giuseppe Onofri, capitano Cesare Cavallotti, ingegnere Pio Pietra, Gaetano Grilli, Tarsis Conte Francesco, B. Lopez-y-Royo. Estratti a sorte quattro nomi, riuscirono premiati i signori: Gaetano Grilli, Giuseppe Onofri, Luigi Stame e Pio Pietra. Editore-Proprietario TITO DI GIO. RICORDI, Oggioni Giuseppa., gerente. Tipi Ricordi — Carta Jacob.