Gazzetta Musicale di Milano, 1872/N. 9

Da Wikisource.
N. 9 – 3 marzo 1872

../N. 8 ../N. 10 IncludiIntestazione 22 dicembre 2021 25% Da definire

N. 8 N. 10

[p. 69 modifica]^isnsro 25L5CVTI- 1ST_ 9 3 MARZO 1872 ST PUBBLICA. OGNI DOMENICA La ristampa dell9 Opera A. I l) A del maestro <3r. Verdi, per Canto e Pianoforte e Pianoforte solo, non sarà compiuta che verso la fine del corrente Marzo. 11 l.° numero della Rivista Minima del mese di marzo (5.° dell’annata) uscirà domenica prossima. Si avvertono i vecchi associati che non avessero ancora rinnovato V abbonamento e quelli che hanno chiesto numeri di saggio che si avrà il loro silenzio per un’adesione, e si riterranno come associati senz’altro avviso. Preghiamo quelli a cui fu spedito qualche numero di saggio, senza averlo chiesto, di farci conoscere la loro determinazione. IL PRIMO VIAGGIO DI GIUSEPPE HAYDN A LONDRA’” Durante un quarto di secolo e più, Haydn aveva condotto alla corte del principe Esterhazy una vita patriarcale, la migliore che si possa augurare ad un musicista compositore. Egli vi era stimato, applaudito, incoraggiato, ammirato da ogni parte. Ma la sua navicella non aveva ancora toccato il porto: le fatiche e le noie dei lunghi viaggi artistici all’estero gli erano ancora serbati. Il momento di mutare questa hella vita non era lontano. Avrebbe potuto farlo già prima, perchè nel 1788 era stato pregato caldamente di venire a Londra per farvi eseguire le sue opere sotto la propria direzione, e questa preghiera gli era stata fatta a nome di Galiini, direttore del teatro di Haymarket, per mezzo di Pietro Salomon da Bonn, ex violinista del principe Enrico di Prussia ed ora addetto a quel teatro. Una sera (due anni dopo) Salomon si presenta in casa di Haydn e gli dice: «lo sono Salomon di Londra e vengo a cercarvi; domani noi faremo un contratto; preparatevi a partire, fra quindici giorni saremo a Londra». (1) Dal tedesco di Carlo Ludwig. La sua ignoranza della lingua inglese, la sua inesperienza dei viaggi, la sua età già avanzata, tutto lo faceva esitare ad accettare alla prima questa proposta. Salomon seppe trionfare della sua resistenza e deciderlo a fare i suoi preparativi di viaggio. Ma quando i suoi amici appresero il suo disegno, si strinsero in lega per impedirlo di partire; pareva loro che a cinquanta nove anni egli non potrebbe resistere alle fatiche del viaggio ed alla vita necessariamente agitata che avrebbe dovuto condurre. Mozart più d’ogni altro combatteva valorosamente questa risoluzione: «Babbo, diceva egli., (così usava chiamare Haydn per esprimergli in una sola parola tutto il suo affetto) — babbo, voi non siete avvezzo a correre il mondo; voi parlate assai poche lingue, voi non reggerete a lungo e ritornerete ben presto, perchè non siete più giovine». Ma Haydn, che sapeva bravamente mantenere una risoluzioae presa, rispose tranquillamente: «Oh! la mia lingua è compresa in tutto il mondo, ed io sono ancora forte e sano». I preliminari fatti, ed Haydn avendo domandato ed ottenuto congedo dal principe Paolo Esterhazy, non rimaneva più che a segnare il contratto. Salomon era autorizzato da Galiini ad offrire al maestro 3000 fiorini per ogni opera e 2000 per 20 pezzi d’orchestra che egli doveva comporre a Londra. Haydn accettò questa offerta, ed ebbe la precauzione di far depositare la somma di 5000 fiorini presso il banchiere Fries di Vienna, a fine d’essere assicurato contro tutti gli eventi. Fino allora egli non aveva posseduto in denaro che 2000 fiorini di cui 1500 erano il prodotto della vendita della sua piccola casa di Eisenstadt; egli aveva ancora una sommetta in disparte, ma siccome la destinava ai suoi parenti bisognosi, non voleva toccarla, e temendo la mancanza d’ordine della moglie, confidò il tutto prima della partenza alla sua amica, la signora di Genziger. Nel suo viaggio Haydn si arrestò un giorno a Monaco, dove fece la conoscenza del direttore dei concerti, Cristiano Cannabich, conosciuto allora per aver composto alcune opere. I nostri viaggiatori passarono le feste di Natale a Bonn,, residenza del principe Elettore Francesco Massimiliano, da Colonia, gran protettore delle arti, il quale ricevette Haydn a braccia aperte, fece eseguire una delle sue messe, e gli diede un han [p. 70 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 70 chetto a cui assistettero i principali musicisti della sua cappella che egli era felice di presentare al maestro. Continuando la sua strada Haydn si arrestò ancora a Brusselles ed a Calais ed arrivò sano e salvo a Londra, il 2 gennaio 1791 dopo aver provato durante la traversata una tempesta violenta. Egli alloggiò presso Salomon che gli aveva fatto preparare alcune stanze nella casa dove egli abitava. Il domani andò a fare le sue visite ufficiali agli ambasciadorì di Napoli e d’Austria, i quali, cosa inaudita in Inghilterra, gli resero la visita due giorni dopo e lo invitarono a pranzo. Il dottor Borney, poeta e musicista, compose un poema in suo onore; in breve il suo arrivo fu un vero avvenimento. Ecco come egli esprime le proprie impressioni in una lettera alla signora de Genziger: Londra „ 10 Gennaio. «11 mio arrivo ha cagionato una gran sensazione in tutta la città. Durante tre giorni io sono stato ballottato su pei giornali. Ciascuno è avido di conoscermi. Ho già pranzato sei volte in città, e potrei essere invitato tutti i giorni se volessi, ma devo pensare alla mia salute prima di tutto, e poi al mio lavoro. Ho un alloggietto comodo, ma assai caro. Il proprietario è Italiano e cuoco; egli mi serve benissimo i miei quattro pasti; noi paghiamo, Salomon ed io, fiorini 1 e 30 kreutzer per giorno, senza il vino e la birra; tutto è caro spaventosamente (1). Ieri io era invitato ad un gran concerto di dilettanti; sono arrivato un po’ troppo tardi e quando ho presentato il mio biglietto, non mi si lasciò passare; mi si condusse in una camera laterale^ dove mi bisognò restare finché il pezzo fosse finito; allora si aprì la porta e il direttore venne a cercarmi e mi condusse sotto braccio in mezzo agli applausi unanimi fino all’orchestra, dove fui oppresso sotto una folla di complimenti inglesi. Mi si ha assicurato che simile onore non era stato reso ad alcuno da 50 anni. Dopo il concerto mi si condusse in un’altra sala dove un pranzo di 200 persone era preparato; mi si fece sedere al posto di onore; ma siccome io aveva già pranzato in compagnia e mangiato più dell’ordinario, mi scusai dicendo che non stavo molto bene; malgrado ciò mi convenne bere alla salute di tutti gli assistenti che fecero altrettanto a mio riguardo. Tutto ciò, cara signora, è assai lusinghiero per me, ma vorrei poter volarmene a Vienna qualche ora ogni giorno per lavorare in pace, perchè il rumore che fa nelle vie tutto questo popolo di operai e di mercanti è veramente insopportabile.» L’alta stima dei Londinesi per Haydn gli attirava frequenti visite e soventi importune. Il maestro avendo molto da lavorare per stare ai parti del suo contratto, non tardò a sentire il bisogno d’una dimora più tranquilla e meno esposta ai disturbi della città. Egli prese a pigione perciò un appartamentino in un quartiere lontano, Great-Pulteney Street, N. 18. Prima di far udire le sue opere nei concerti pubblici, Haydn volle come espressa condizione che non (1) 1 fiorino e 30 kreutzer fanno lire 4 e 25 cent. I tempi sono, come si vede, assai mutati! sarebbero mai eseguite se non nella seconda parte del programma, perchè lo si aveva prevenuto che gli Inglesi, avendo l’abitudine di pranzare tardissimo, non arrivano in gran parte al concerto che lungo tempo dopo che è incominciato. Soventi anche avviene che più d’un nobile lord si abbandoni nelle braccia di Morfeo, e che russando e dondolando il capo ecciti l’ilarità dell’uditorio. Gli è forse ad un avvenimento simile che noi dobbiamo il famoso «andante con accompagnamento di timpani.» Dies nelle sue Notizie Biografiche sopra Giuseppe Haydn ne racconta così h origine: «Haydn vedeva spesso con dolore che. anche nella seconda parte del concerto, il Dio del sonno stendeva le sue ali sull’assemblea; egli prese ciò per un insulto alla sua musa, giurò di vendicarla, e compose una sinfonia nella quale, al momento in cui si aspetta meno, nell’andante, il più romoroso fortissimo fa improvviso contrasto col più leggiero pianissimo. Per rendere l’effetto più marcato, accompagnò il fortissimo coi timpani. Subito dopo l’allegro che precede, l’andante incomincia pizzicato coi sordini; durante le prime otto battute pare d’udire il dolce mormorio d’un coro di genii aerei. D’un tratto quest’armonia, quasi indistinta, è ripetuta fortissimo da tutti gli strumenti, con muggiti di tuono dei timpani e dei contrabassi., Haydiì aveva raccomandato ai timpanisti di munirsi di grossi bastoni e di picchiare senza misericordia. Questa formidabile esplosione dell’orchestra risvegliò i dormienti di soprassalto; tutti si guardarono con faccie spaventate; ma, comprendendo ben presto la mercuriale di Haydn, ebbero lo spirito di non offendersene e di applaudirlo come d’una originalità del genio.» Criesinger, nell’opera che gli ha consacrato, dice alla sua volta: «Io domandai un giorno scherzando ad Haydn se fosse vero che egli avesse composto l’andante con timpani per risvegliare gli Inglesi addormentati nel suo concerto. — No, mi rispose, ma io voleva sbalordire il pubblico con qualche cosa di nuovo e non lasciarmi vincere in questo genere dal mio allievo Pleyel, che era allo stesso tempo direttore d’orchestra d’una intrapresa rivale e i cui concerti avevano incominciato otto giorni prima dei miei. Il primo allegro della mia sinfonia fu accolto con innumerevoli bravo e l’entusiasmo arrivò al colmo andante coi timpani. Ancora! Ancora! si gridava da ogni parte e Pleyel stesso mi complimentò di questa stravaganza.» Non sapremmo dire quale di queste due versioni sia la vera. ’ (Continua) / RUBRICA AMENA Credevamo di aver finito di riportare i giudizi! della stampa italiana sull’ybW, ma non vogliamo frodare i lettori di alcuni frammenti di critica elevata, dettati da un intelletto che potrebbe essere quello d’un gigante. Ecco la critica, quale si legge nel Monitore di Bologna: «L’opera che io ho religiosamente ascoltata col più vivo desiderio di proclamarla il nec plus ultra dell’arte, lo confesso senza riguardo, mi lasciò freddo, irritato anche, dolentissimo di vedere tanta potenza di ingegno e tanta sfatica di studio riuscire a dei risultati più che incerti e a degli effetti il più [p. 71 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 71 delle volte convenzionali. Cogli uomini di genio è debito dire tuttala verità: Verdi ha cercata una quarta maniera e non l’ha trovata: Y Aida — che Dio e D’Arcais mi perdonino! — è un capolavoro incompleto, l’aborto di un colosso. Ciò che noi italiani, giudici competenti perdio, rimproveriamo a Wagner è la soverchia spezzatura della melodia che è la linea del quadro musicale, di cui l’armonia è il colorito: ma in Wagner la spezzatura è più apparente che reale, e nel Lohengrin, quando lo si è udito più volte, si trova nell’insieme quella continuità di canto che a prima vista non si è avvertita. Verdi nell’Aida invece spezza davvero le frasi musicali e le fraziona, per modo che il filo d’oro melodico sovente si perde e lo spettatore si smarrisce in mezzo al labirinto di combinazioni artifiziose e di ricercati effetti. Wagner per giunta è quasi sempre originale nell’invenzione del motivo e Verdi nei quattro atti dello spartito di cui discorriamo, quasi sempre ripete sè stesso o copia altri. Ci sono dei movimenti caratteristici.de! Lohengrin e di altre opere di Wagner portati via di peso: per esempio, nell’ultima scena che tutti concordi proclamano la più bella, ei è un andamento di bassi che scendono dalla tonica per iscala con un effetto tutto particolare e originale, il quale andamento originalissimo è portato via di peso dalla scena della marcia religiosa di Lohengrin: e i bolognesi che furono a Milano non potevano non accorgersene. Per un lavoro come questa Aida, l’orchestra è forse più di mezzo il successo: ma qui mi casca l’asino, e sento tutto il legittimo orgoglio petroniano per le prove stupende della legione sacra guidata dal mio inclito Mariani. Non si possono fare confronti: quando penso alle meraviglie del Lohengrin, e del Don Carlos, e della Forza del Destino, compiango sinceramente Verdi e non mi so persuadere che invece di quell’ottimo giovane che deve essere il signor Franco Faccio, non ei sia su quel seggio augusto Angiolo Mariani: non dico che il signor Faccio non sia un dotto maestro, una speranza dell’arte anche, ma si nasce Direttore d’orchestra, ed io non ne ho conosciuti che tre al mio tempo: Muzio, De Giovanni e Mariani. L’orchestra della Scala va a tempo, fa i piani e i forti, i pianissimi e i fortissimi, i crescendo, i rallentando.... ma non fa quel quid che, se era il superfluo nella musica di una volta, è il necessario nella musica moderna e l’indispensabile nella musica alla Wagner, dove sul palco si recita e si declama e in orchestra si canta. Che cosa ei ha il Mariani nella sua magica bacchetta non lo so: è una virtù che si comprende ma non si discute nè si spiega: è qualche cosa come il fascino di Bonaparte sui soldati delle sue cento vittorie: l’orchestra guidata da Mariani non è più un insieme di individui che cooperano insieme a far delle armonie: essa è un corpo solo, uno, indivisibile; un ente di cui il pensiero e il core sono il pensiero e il core di Mariani stesso; di cui l’anima è l’anima di Mariani; pensiero, core ed anima di artista privilegiato, cui fu dato di sollevare un lembo del velo fatale e illuminarsi al raggio misterioso e sacro che piove dagli occhi della divina Iside poliforme, ispiratrice eterna del genio per la via dell’amore. «Ecco gl’incassi delle prime 10 rappresentazioni dell’Aida al teatro alla Scala: per un successo di stima non c’è male!... l.a Rappresentazione........ L. 13344 50 2a»........» 7700 50 3.a».......» 5914 50 4.a».......,» 11377 — 5.a»........» 9900 — 6?»........» 9145 — a»........» 9183 — 8?»........» 8941 — 9?»,... 10.a

  • ........» 9072 50

L. 92,012 — In questa cifra non sono compresi gl’incassi del Loggione, e la quota proporzionale degli abbonamenti. ★ Uno dei due spartiti originali ed autografi del Don Giovanni di Mozart fu acquistato testé dalla Biblioteca di Vienna alla vendita del cavalier de Friedland. È quello che servì alla prima rappresentazione a Praga; rimase lungo tempo sotto la polvere degli archivii del teatro, fino a quando fu acquistato dal signor de Friedland. E scritto assai più nettamente e con minori cancellature dell’altro esemplare autografo di proprietà della signora Viardot.

A Parigi si annunzia la vendita della galleria di quadri d’una donna che fece delirare, è già gran tempo, i Parigini, la contessa Gilbert des Voisins, alias Maria Taglioni! Questo nome non evoca per la generazione d’oggi le idee che rappresenta ancora per la generazione di 50 anni fa. La Taglioni ei apparisce ora coi lineamenti d’una vecchietta amabile, col viso assottigliato e solcato dagli anni. Colei che fu a volta a volta Cendrillon, la Bajadera e la Silfide ha tutta l’aria d’una nonnetta sorridente e rispettabile. Oh! il domani dei trionfi rumorosi! Maria Taglioni, figlia al milanese Taglioni che fu professore di danza nella corte di Gustavo III a Stokolma, poi a Cassel al tempo del Re Gerolamo, infine primo ballerino a Varsavia, quella Taglioni che ballò sotto una pioggia di fiori a Vienna, a Berlino, a Stuttgart, a Monaco, a Milano essa - la Peri, la Fata della danza - dava ancora un anno fa lezioni di ballo private. Non aveva serbato di tutto il suo lusso abbagliante d’altri tempi, se non i quadri e gli oggetti d’arte che vende oggi all’incanto.

Una spinetta, segnata Giuseppe Mondini colla data del 1690, è in questo momento esposta in vendita nell’ufficio del giornale il Menestrel di Parigi. E adornata di pitture del tempo ed è notevole perchè la sua cassa armonica è verticale invece di essere orizzontale. Il proprietario ne domanda 6,000 lire. Rivista Milanése Sabato, 2 marzo. Sia lodato il cielo! La Commissione nominata per studiare e proporre i mezzi di ridonare al teatro alla Scala gli splendori d’una volta si è finalmente riunita. E vero che nella sua prima adunanza non ha fatto altro che suddividersi in due sotto-commissioni, l’una artistica, l’altra legale, le. quali sotto-commissioni dovranno studiare ciascuna per proprio conto, e riferire poi alla Commissione riunita che alla sua volta dovrà riferire alla Giunta, ma intanto il primo passo è fatto e bisognerà proprio dire che abbiamo in dosso la jettatura se da tutta questa farragine burocratica non escirà qualche cosa di buono per il nostro massimo teatro. Ciò che intanto preme di raccomandare a quei signori della Commissione è che facciano presto. Il far presto, che le Commissioni accusano da tempo immemorabile d’essere nemico del far bene, può dire in sua discolpa che è almeno amico del fare, e molte Commissioni non possono dire altrettanto. Si tagli il nodo e si dia una smentita al proverbio, — si faccia presto e bene. Non deve essere impossibile trattandosi d’un problema che, oltre all’essere semplice per natura, ha avuto la fortuna di scampare finora agli studi e alle indagini delle Commissioni. Frattanto la Scala, non sospettando neppure quali occhi la guardino in questo momento, continua a far pompa dei suoi splendori d’oggi, lieta dell’annata fertile d’allori, non pensosa di caIrestie e di miserie. LJAA&z le dà plausi ed incassi favolosi, e porta il suo nome di città in città, di nazione in nazione... chi ssa?... di stella in stella — cosa da dare il capogiro ad uh (teatro meno venerando. [p. 72 modifica]12 GAZZETTA MESH Che cosa le darà la Lucia di cui si dice imminente l’andata in scena colla signora Perniili, col tenore Perotti, col baritono Pantaleoni ecc. Alla vigilia d’un avvenimento, quando ei è il domani che può dare una smentita, nissuno fa volentieri un pronostico — bisogna saper fare il mestiere e non gettare dalla finestra le proprie profezie. Prima o dopo la Lucia, vale a dire nei primi giorni della settimana entrante, avremo il nuovo ballo La Sirena di Monplaisir. Al teatro S. Radegonda abbiamo finalmente veduto ed ascoltato la signorina Dejazet nelle Premières Armes de Richelieu; è un miracolo. Ella ha insegnato come si faccia a togliersi una sessantina d’anni dalle spalle per apparire sulla scena un giovinetto imberbe, come si faccia a portarne sessantaquattro sul dorso senza che v’incomodino. Della veneranda signora non era rimasto nulla sulla scena; ma l’attrice era rimasta intera. Eleganza, disinvoltura, grazia, e perfino, Dio glielo perdoni, civetteria, nulla mancava a quel biricchino di Richelieu; e come cantava in tono! come modulava la sua voce, assottigliata dagli anni, ma non ancora spogliata d’ogni freschezza! Lo ripeto: è un miracolo. E chi non vuol credere tocchi. La Perichole fu la seconda operetta, eseguita dalla compagnia Terris e Coste. La signora Minelli anche in questa fu eccellente, specialmente alla scena dell’ubbriacatura, al punto da non far desiderare la Matz-Ferrare, che in questa parte era insuperabile; benino gli altri; debole però l’insieme dell’esecuzione. La compagnia per altro piace ogni dì più; abbiamo fatto nella Visite de noce la conoscenza di madamigella Sidney, che è un’attrice di merito incontrastabile. La compagnia Moro-Lin continua a farsi molto applaudire al Re (vecchio); le novità date finora sono due: Le barufe in famegia, del signor Gallina, e La lengua longa del signor Scarsanella. La prima è un lavoretto geniale, fotografia burlona di caratteri e di scene domestiche, fatta con gusto di artista; la seconda non manca di spirito, e contiene alcune scene ben fatte, ma l’insieme è sconnesso, e il filo che tiene il tutto alla meglio è troppo convenzionale. Ci è un segreto troppo docile a far i comodi dell’autore; ve lo dico? non ve lo dico? tutta la commedia procede di questo passo; quando, per finire, l’autore si decide a dire, il pubblico trova il segreto scipito e il mezzo puerile, e se la piglia naturalmente coll’autore. Mi ero troppo affrettato per amor del mio prossimo ad annunziare che il Kakatoa ei rimaneva, invece pare che sia andato travolto nelle rovine della compagnia Scalvini; il fatto è che Scalvini non ha più compagnie, e al Re (nuovo) si tira innanzi alla meglio con un capo improvvisato, il Bergonzoni, il quale annunzia un’operetta nuova, I Briganti, e spera, senza dirlo, nella risurrezione del Kakatoa. Il cielo lo esaudisca! La Compagnia turca alla Canobbiana, e il Meneghino Preda al Fossati, Righetti al teatro Milanese: la situazione teatrale è così riassunta. Il teatro Milanese promette una serie di novità di vari autori, fra cui, indovinate... il seguito del Barchett de Boffalora. Era tempo! Il bisogno d’un seguito al Barchett de Boffalora era proprio sentito. Questo seguito s’intitola Stira Paimira sposa, e canterà la paternità dello stesso Righetti. Gli auguro lo stesso successo del suo fratello maggiore. La Società del Quartetto diede domenica scorsa il suo primo concerto dell’annata nella Sala del Conservatorio. Il pubblico affollato non si saziò di far feste ad un vecchio amico, l’Andreoli, e ad una nuova conoscenza, il violinista Rapini. Costui tratta l’archetto come sanno fare i grandi maestri, e non teme, io credo, nel mondo se non due o tre confronti, e forse non li teme neppure. È corretto, è elegante, è pieno di sentimento e di vigore e non sa che cosa siano le difficoltà. Il programma comprendeva il Quartetto in do mag. di Mozart, composizione stupenda, stupendamente eseguita dai signori Rapini, Marenco, Cavallini e Truffi, la Gran Sonata per violino di Rust, compositore non celebre, benché sia morto da quasi un secolo, ma degno in tutto di celebrità, e la Seconda Sonata in la min. per piano e vioALE DI MILANO lino di Rubinstein, lavoro di forme grandiose, in cui il violino e il pianoforte sembrano gareggiare per mostrarsi in tutta la loro potenza; in fine tre pezzi per pianoforte di Clementi, Bach, e Wagner, che l’Andreoli suonò con insuperabile maestria. Gli applausi proruppero spontanei ad ogni pezzo.;L’esito di questo concerto sembra aver sciolto la quistione della località; si sa che la Società del Quartetto pende incerta tra la sàia del Conservatorio e quella dei vecchi giardini pubblici; questa è più elegante, ma quella è cento volte più raccolta e più armonica. E ancora possibile stare in forse? domani intanto avremo il secondo concerto alla sala dei Giardini Pubblici. Gli appendicisti di due giornali cittadini hanno molto parlato di questi giorni del colorito locale musicale, come se lo avessero veduto. Il Corriere di Milano uscì a dire che nell’AAZ«manca il colorito locale e la Lombardia invece asserì che nell’Aia ei è il colorito locale. Il Corriere rippicchiò che non ei è, e sostenne con parole diverse quest’idea: che la musica d’un’opera che mette in scena l’Egitto dovrebbe riprodurre l’impressione riprodotta nell’animo nostro dalle piramidi e dai geroglifici, ed avere l’ampiezza solenne, massiccia e grandiosa corrispondente all’idea che noi abbiamo della civiltà egizia. Naturalmente quella solennità massiccia egli la nega palmo a palmo all’AzW. Ecco in buon’ora una discussione a proposito di fantasmi, come se ne fanno tante! Il colorito locale musicale! Mi si dica di grazia che cosa è; finora io l’ho creduta una di quelle frasi destinate a rendere solenni le appendici e non l’ho mai presa sul serio. Ma deve essere qualche cosa di più, poiché tutti ne parlano. Non è già, io credo, la tinta delle passioni, perchè questa si chiama drammatismo musicale; e nemmeno è la maniera che cerca descrivere certe scene della natura (fenomeni musicali del resto molto elastici); nossignori, il colorito locale non è nulla di tutto ciò. Il diabolico che spira nel Roberto il Diavolo, il contadinesco che è nella Sonnambula, il fantastico religioso della Dinorah, tutto ciò è ancora meno di quel che il Corriere domanda alYAida, cioè il massiccio e il grandioso della civiltà egizia. E notate che questo grandioso e questo massiccio dovrebbero apparire dalla prima all’ultima nota, perchè non pare che i due finali del primo e del secondo atto sieno abbastanza massicci per formare da soli il colorito musicale egiziano. Dite alla musica che vi riproduca i tempi della Reggenza o dell’inquisizione, la Siberia o T equatore — ed essa dovrà farlo se vorrà quindi innanzi che gli appendicisti le vedano in faccia il famoso colorito; ma non basta ancora: ghiacciaio o deserto, massiccio o pastorale, età dei Faraoni o degli appendicisti, la musica dovrà, sempre serbare quest’impronta. Cosi nell’Aùfo i due innamorati dovrebbero amarsi e morire al suono d’una musica mastodontica (la parola non è mia), |e le sacerdotesse cantare probabilmente il canto fermo (il più massiccio dei canti conosciuti), perchè la logica insegna che quando un popolo ha fatto le Piramidi, e gli obelischi, non può sentire se non passioni piramidali, nè amare altrimenti che alla maniera degli obelischi. Mi avvedo che l’uso di generalizzare, di trovare un’immagine e fabbricarci su un edifìcio, e con un’idea vaporosa creare un sistema, venuto di Germania, va ponendo radici anche fra noi.. Io per mio conto vo’ sciogliere il fascino. Dopo aver udito l’Aida, mi sono reso colpevole di dire che mi aveva fatto credere per la prima volta al colorito locale musicale; e ciò perchè, mentre l’appendicista del Corriere cercava il massiccio e non lo trovava, io mi accontentavo del grandioso e lo trovavo, e mi compiacevo di un non so che di primitivo e di pastorale che spira qua e là nel capolavoro di Verdi e facendomi pensare a tempi molto lontani, a riti di sacerdotesse, a voluttà contemplative, evocava alla mia mente fantasmi di un mondo perduto che mi pareva non stessero male allato delle Piramidi. Ma io era un sognatore, come è un sognatore l’appendicista del Corriere di Milano, mio ottimo amico, al quale però non invidio punto i suoi sogni massicci che mi hanno tutta l’aria d’incubi. S. F. [p. 73 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 73 ALLA RINFUSA II prof. Hans Schmidt fa il calcolo che Antonio Rubinstein nel suo ultimo concerto a Vienna suonò 62,990 note. V Rob. Eitner pubblicò a Berlino un «Elenco delle nuove edizioni di composizioni antiche dai tempi pili remoti fino al 1800». ¥ A Palermo si sta costruendo nel centro della città un grandioso teatro adatto particolarmente ad uso di compagnie equestri e capace di contenere circa 3000 persone. Guiroco e Cristi è il titolo d’una nuova operetta rappresentata testò a Liegi. La musica è del maestro Eugenio Hutoy.

  • Un altro teatro incendiato, quello di Konigsberg •, il danno ascende a

circa 200,000 franchi. Ci scrivono dal Cairo che per quistioni sorta tra la signora Sass e il celebre Bottesini, quest’ultimo si dimise dalla sua carica di Direttore d’orchestra. Nè valsero le istanze del Bey a rimoverlo dal suo proposito. A Lerida (Spagna) si è inaugurato un circolo filarmonico col titolo: Sociedad de Tirso. Il circolo ha un teatrino in cui giovinetti e signorine danno rappresentazioni di prosa e canto. I giornali di Napoli sono concordi nel lodare il maestro Braga, che col suo violoncello ha fatto portenti. Nel prossimo numero più dettagliate notizie. Q Alcuni giornali danno una triste notizia; Gounod è impazzito e fu chiuso in un manicomio. Speriamo che la novella trovi chi la smentisca.

  • A Weimar era annunziata la rappresentazione dei Nibelzmgen di Hebbel,

con musica di Lassen, che ebbero testò a Jena un successo straordinario nel quinto concerto accademico. A Lipsia ottenne uno splendido successo al 16.° concerto del Geioandhaus il pianista napoletano Alfonso Rendano, già allievo di Thalberg e ultimamente allievo del Conservatorio di Lipsia. V ^Avvocato del villaggio è il titolo d’una nuova operetta che è allo studio a Monaco. La musica è del maestro Hornstein. I conjugi Jaëll diedero il 25 febbraio a Lione un gran concerto a beneficio della sottoscrizione patriottica per la liberazione del territorio francese. ¥ Il secondo concerto della Società del Quartetto di Milano avrà luogo oggi, alle due pomeridiane, nella sala dei concerti dei Giardini Pubblici. Il confronto di questi due concerti dovrà servire di norma, come si è detto, per la scelta definitiva del locale. II programma comprende il Quartetto in sol di Brahms, il Concerto per violino di Mendelssohn, la Fantasia cromatica e fuga in re per piano di G. S. Bach, e l’Andante con variazioni e finale della sonata di Beethoven per piano e violino (la mag ). Vi prenderanno parte i signori Andreoli, Papini, Cavallini e Truffi. ¥ La signorina Weyrnger fu nominata maestra di canto alla scuola di musica di Rotterdam. Grande interesse destò ad Amsterdam una cantata della signora Amersfoordt-Dyck, interpretata al concerto Vincentius il 28 gennaio. Il nuovo direttore del Conservatorio di Gand, Samuel, prepara per il 12 corrente un concerto straordinario nella storia dell’arte. Verranno eseguiti: l’aria del Messia di Handel, Traumerei di Schumann per tutti gli archi, il coro cV Alceste di Gluck, le composizioni di Beethoven per VEgmont e il finale del 2.° atto della Vestale di Spontini. Vi prenderanno parte 250 coristi! Uu telegramma del Fanfulla di ieri annuncia che il Consiglio Comunale di Bologna votò la soppressione della dote annua di 40,000 lire per quel teatro Comunale. Questa misura gravissima non può che essere stata imposta da ragioni imperiose, le quali siamo ansiosi di conoscere. ’ ■■rr-cj r-Ti.i ■■ ■...... -Lecce, 25 febbraio. L’Impresa del nostro teatro Paisiello è stata felice nella scelta delle donne; piuttosto disgraziata in quella degli uomini che da due mesi rallegrano le nostre ^orecchie. Infatti, prima ancora che gli artisti si recassero qui, l’Impresa se la fece accoccare da qualche Agenzia teatrale, e cancellò dai manifesti affìssi da parecchi giorni il nome del primo baritono Albieri, sostituen<-pvi quello del Ciceri, che fu protestato dopo aver cantato soltanto due volte i Puritani, fra’ sibili degli spettatori. In luogo di costui T Impresa scritturò il baritono Sansone, vero artista: basta dire che in Napoli ha cantato al Fondo e al San Carlo. L’altro baritono., Caravatti, dicono che ha bella voce; a mio parere, non è voce uguale la sua, e canta con freddezza. E i tenori? Lamponi oltrecchè talvolta stuona, ha voce debole, rauca e nasale; la sua pronuncia è difettosa. Sarebbe nondimeno tollerato, se per lo più non cantasse colla massima svogliatezza, il che lo ha fatto fischiare senza pietà. Minetti manca di lena e non giunge a legare due note; fu fischiato e protestato fin dalla prima volta che cantò i Puritani; però l’impresa non volle congedarlo prima di sperimentare un altro tenore, certo Grazzi, protestato a Bari in questa stagione medesima. Questi non avendo al suo comando neppure il Sol fece mala prova nel Giuramento e fu protestato dal pubblico ad istanza dell’Impresa; la quale per una contraddizione inesplicabile, gli ha poi affidato la parte di Tebaldo nei Caputeli. Delle tre donne: signora Bellariva, soprano drammatico, signora Barlani, contralto, e Miss Isidor, soprano leggiero, non si può dire che bene. L’ultima in ispecie canta con una perfezione che sorprende perfino chi ha frequentato i grandi teatri. Peccato che la sua voce sia poco estesa, e la costringa a cantare la Lucia abbassata dove di mezzo e dove di un tono. Alcuni opinano che Miss Isidor canterà ben presto sui grandi teatri. Il mio debole parere è che questa Miss potrà figurare ottimamente solo nelle accademie o nelle sale di concerti. B. L. y R. T*aurigi, 28 febbraio. Chi ha torto! chi ha ragione? Veramente se fossi chiamato a pronunziare il mio giudizio sull’ardua quistione sarei assai impacciato. Ve la sommetto: i direttori dei teatri lirici, invece di metter in iscena le opere dei compositori moderni, giovani o attempati, noti o sconosciuti, dissotterrano quelle che son chiamate usualmente «classiche» e se non sono tradotte le fanno tradurre espressamente. Oltre di che, in cambio di far lavorare i giovani maestri, di far conoscere gli esordienti, producono di preferenza gli spartiti di compositori stranieri, il cui successo è garantito per l’accoglienza fatta altrove a queste opere. Quindi il malcontento, i lamenti, le ire della coorte assai numerosa dei compositori francesi. Questi, al loro punto di vista, non hanno gran torto. Non hanno che due o tre teatri di musica per farsi conoscere: YOpéra, Y Opéra comique ed il Teatro Lirico, giacché la provincia non dà opere nuove, se non in casi rarissimi ed eccezionali; se questi lor teatri sono dati agli stranieri, o se si rimettono in scena le opere del vecchio repertorio, qual mezzo resta a quei poveri diavoli di far rappresentar le proprie? I direttori, dal canto loro, hanno un po’di ragione. Essi usufruttano il loro teatro a proprio rischio e pericolo. Sono sempre padroni di scegliere le opere che più loro convengano, quelle sopratutto che possono attirar più. gente nella sala. Come impedirlo? Quando hanno voluto, come per saggio, offrir al pubblico il tentativo lirico d’un esordiente, otto o nove volte su dieci il successo è stato problematico o nullo. Sarebbero dunque insensati, se per semplice sentimento nazionale, rischiassero di perdere le loro spese o di veder la sala a metà vuota. D’altra parte, quelli che aspettano da più anni per vedere mettere in iscena un’opera qualunque, che dovrà decidere della loro carriera, son furiosi o almeno dolentissimi di vedere che T Opéra vuol ridare il Freischutz, che T Opéra Comique dà le Nozze di Figaro, e che il Teatro Lirico si accinge a mettere in iscena un’opera inedita di Weber intitolata Sylvane, la cui paternità è anche assai contestata. Ecco tre teatri, i soli tre teatri pei quali un maestro che si rispetta possa scrivere, e tutti e tre rimettono in scena musica straniera, e quel che più importa, tedesca. — Ciò per gli antichi. Aggiungete che si parla già di far rappresentare Y Aida, di Verdi, tAY Opéra, che Flotow ed Offenbach, entrambi alemanni, scrivono per Y Opéra Comique, che Federico Ricci occupa il Teatro Lirico, senza parlar di quello dei Bouffes-parisiens. Ecco pei moderni o contemporanei. [p. 74 modifica]74 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO - E noi? domandano i giovani compositori francesi - quando si penserà a tirarci dal limbo nel quale restiamo abbandonati? A ciò i tre direttori rispondono che hanno più fidanza nell’autore dell’A/cfa, il cui successo al Cairo ed a Milano è stato ed è immenso; che Flotow con la Marta e con Y Ombra ha fatto sempre sala piena; che Ricci col Crispino, con la Follia a Roma, col Dottor rosa e con Una festa a Venezia ha procurato eccellenti incassi; e qual ragione, qual argomento più possente volete opporre a questa tesi ed a queste ragioni d’interesse? Quelli dell’arte, della nazionalità? sarebbero troppo deboli al confronto. Suol dirsi che se la coscienza parla, Tinteresse grida; ora chi più grida ha ragione. Ecco perchè abbiamo qui tanta scarsità di opere nuove, ed ecco perchè a quando a quando, non avendo nulla di nuovo ad annunziarvi, preferisco tacermi. Non amo troppo moltiplicar le mie lettere pel solo desiderio di far di carta bianca carta nera. C’è, per altro, una ragione fisiologica in tutto questo; e per colui che ha studiato da vicino l’indole d’una popolazione, essa non è più un mistero. Gl’italiani giudicano prontamente un’opera musicale; per essi è affare e quistione d’impressione nello stesso tempo che di criterio. Non così i Francesi, assai meno pronti a valutare i pregi o i difetti d’un lavoro lirico; essi hanno bisogno di maggior tempo, giudicano un po’più da quel che si dice, vogliono raccogliere il parere di questo o di quello. Mi rammento a questo proposito dell’espressione di Joseph Prudhomme, personaggio che rappresenta qui il borghese parigino. Egli dice al suo domestico: — Datemi il giornale di quest’oggi, perchè io possa saper quel che penso. Da ciò risulta che le vecchie opere hanno pili motivo di piacere che le nuove. Per quelle il giudizio è bell’e fatto; non è possibile ritornarci sopra. Si sa, per esempio, che il Don Giovanni è un capolavoro. Annunziate quest’opera sul cartello, tutti correranno ed applaudiranno, perchè è di Mozart. Date loro un’opera nuova, sarà lungamente discussa, salvo qualche caso eccezionale e che, come tutte le eccezioni, conferma la regola. Aida, per citar un’opera nuova, è un vero capolavoro; ebbene, non credo ingannarmi asserendo che se non fosse noto qui l’entusiasmo ch’essa ha destato in Egitto ed in Lombardia, Parigi sarebbe lenta a profferir un giudizio sul suo gran merito. Ma il valore di quell’opera, essendole già conosciuto per l’eco che è venuta fino ad essa dei plausi che ha destati, sarà giudicata più facilmente e come conviene. Prendete l’opera d’un gran compositore, d’un maestro celebre, un’opera veramente classica, ma ancora ignota alla massa di questo pubblico, datela col nome d’un giovine maestro contemporaneo, scommetto senza tema di perdere, che sarà accolta se non male almeno con una prudenza esagerata. E probabilmente avverrebbe lo stesso viceversa. E giacché siamo su quest’argomento vi dirò che non ho una fiducia troppo cieca nell’opera inedita, trovata dopo tanti anni, di Weber. Ognun sa che Weber ha lasciato il catalogo di tutti i suoi lavori musicali, scritto di proprio pugno, e che non avrebbe certamente omesso un’opera intera, quella che si darà fra breve al teatro Lirico col titolo Sylvane. Quel che potrei supporre di più verosimile si è che la musica sia veramente di Weber, ma che qualche persona di famiglia abbia trovato nei manoscritti del celebre compositore varii pezzi di musica detta di camera’, come concerti, quartetti o altro simile, e che li abbia riuniti, cercando di coordinarli alla meglio. Dopo di che abbia fatto scrivere un libretto adattando non la musica colle parole, ma le parole alla musica, e che questo mosaico sia appunto l’opera di Sylvane che sarà rappresentata al teatro Lirico come inedita e di Weber Mi resta ad annunziarvi il successo di Matilde Sessa nella parte j d’Ofelia nAY Amleto di Ambrogio Thomas, parte cantata altre volte con tanto successo dalla Miss Wilsson. E per ultimo la prossima apertura del teatro Italiano che dicesi avrà luogo il 2 marzo. La prima rappresentazione sarebbe a profitto dell’opera patriottica detta della liberazione del territorio, vale a dire dei dipartimenti ancora occupati dai soldati prussiani. A. A. Berlino, 27 febbraio Vi hanno molti che dicono essere impossibile creare qualche cosa di nuovo importante dopo i capilavori sinfonici del massimo genio musicale, Beethoven; costoro dimenticano i contemporanei, che, senza arrivare alla grandezza unica del creatore di un’era sinfonica novella, gli stanno vicini e per il talento e per lo studio severo dei capilavori dei grandi maestri. Uno di questi è appunto il celebre maestro Gioachino Raff, e ne fu prova la meravigliosa esecuzione di una sinfonia nuova: Vita selvaggia nel quarto concerto della Derliner Sinfoniecapelle, sotto la direzione del bravo maestro Deppe. I diversi tempi di questo pezzo cioè: Allegro: Nel giorno: Andante: Nel Crepuscolo - Sogni; Scherzo: Danza delle Driadi; Finale: Nella notte, sono istrumentali con una perfezione straordinaria, e condotti in maniera stupenda, belli di tutte le finezze armoniche, e nondimeno nuovi nella forma, tranne lo scherzo di cui è palese il parentado colle opere del creatore di questa forma musicale - Mendelssohn. Non voglio esaminare ad una ad una le bellezze di questa sinfonia; non posso però passar sotto silenzio quelle del finale. Incomincia con un motivo senza forma determinata, che si eleva a poco a poco e prorompe in un subito dando una vivace idea della vita notturna degli spiriti selvaggi; suona la mezzanotte, danno il segno il triangolo ed i piatti, i violini trattano il tema in variatissime forme, comincia la caccia, che ingrandisce e decresce, spariscono a poco a poco tutte le figure orrende e si riode il tema nella sua primitiva semplicità. Non bastano le parole ad esprimere l’effetto di questi suoni; bisogna udirli. Io però non mi perito di ripetere che è la più bella sinfonia che abbia udito da molti anni, per ricchezza di fantasia, per splendore di colorito congiunto a casta moderazione. Il programma di quel concerto comprendeva vari altri pezzi di Haendel, Chopin, Rossini, Schubert Schumann, Liszt, Beethoven e Kirchner, che furono benissimo eseguiti dalla valente cantante signorina Beymel artista che ha bella voce e maniere gentili, e dal meraviglioso pianista Josefy che colla sua agilità diabolica guadagnò applausi frenetici. Nel secondo concerto spirituale dello stupendo Coro del Duomo fu eseguito il 100 salmo di G. S. Bach (di cui Beethoven disse che non è già ruscello (bacii) ma mare), lavoro curioso perchè non ha somiglianza alcuna colle solite opere ecclesiastiche di quel maestro; fu pure eseguito un lavoro del Graun, l’ottantesimo salmo di E. Naumann (noto compositore Berlinese) lavoro di stile mendelssohniano, pieno di sentimento vero artistico, un corale di Bach «Es ist das Heil uns kommen her» figurato nello stile severissimo da J. Brahms, di cui deve ammirarsi niente altro che l’abilità tecnica e finalmente il Canto di natale di Wolkmann già menzionato con onore in questo foglio, e che destò lo stesso interesse della prima volta. Bisogna ringraziare la direzione di questi concerti perchè eseguisce lavori di autori viventi. Finora il certificato di morte era il solo documento che potesse far ammettere le composizioni, a meno che non si fosse maestro di cappella, come erano Mendelssohn e Meyerbeer. Il nostro compatriota, il famoso Hans de Bülow, pionnier della musica tedesca in Italia, diede nella sala della Singakademie tre serate classiche per pianoforte solo; egli dimostrò nello stesso tempo quale sia l’estensione dello spirito umano col suonare a memoria tutto il programma durante due ore e più. E notate che nella prima serata il celebre pianista non eseguì che difficilissime sonate di Beethoven, nell’altra di Mendelssohn, e nell’ultima pezzi diversi di Scarlatti, Bach, Beethoven Chopin, Schumann e Rheinberg. La sua maniera è quella del virtuoso perfettissimo congiunta alla massima intelligenza musicale; il suo tocco è di tanta forza e dolcezza insieme che si può dire infallibile. Salutato cordialmente al primo apparire (egli era da gran tempo assente da Berlino), gli applausi si rinnovarono vivissimi ad ogni pezzo. Aggiungete che l’incasso fu lauto. Non voglio tacere fra gli altri concertisti di pianoforte del Bendel e del Raif; il primo diede il suo terzo concerto SchubertChopin col concorso della brava cantante signorina Francesca Wuerst e con un programma composto di molti pezzi che furono [p. 75 modifica]^GAZZETTA. MUSI tutti eseguiti a meraviglia. Non posso dire altrettanto del Raif, il quale, benché scolare preferito dal Tausig, non sa ancora dare alla sua esecuzione il gusto artistico. Certo questo pianista diventerà un giorno uno dei migliori. Un altro scolare del Tausig, il signor Herzog, mostrò in un suo concerto gli stessi pregi e difetti del primo; anche a lui non mancherà un grande avvenire. Egli esegui oltre molti pezzi di Beethoven. Chopin, Schumann e Liszt, con tre altri bravi artisti un nuovo quartetto di Brahms, lavoro che congiunge alla fantasia robusta una melodia larga ed una sapienza che fa stupore. Alcune notizie per finire. Fu scritturata la Jonas, una bella esordiente, con magnifica voce, allieva del maestro Eckert. Debutterà nella Ramina del Flauto magico. L’aspettazione è straordinaria. La Mallinger ha fatto contratto coll’impresario Pollini per quattro mesi e riceverà, franche tutte le spese, 70,000 lire; essa anzi si recherà a Milano, e vi felicito della vostra fortuna. La Lucca canterà nei giorni prossimi una volta in Italia e due volte in Dresda; avrà per le tre sere la rispettabile somma di L. 6750. Questa prima donna ha preso a proteggere un giovine tenore russo, ebreo d’origine, che farà stupire un giorno tutto il mondo musicale; immaginate che può facilmente con piena forza e per qualche minuto emettere il do sopracuto. Il suo nome è Meyerwitzsch. Il mercante di vino Frarbach, attuale possessore della casa abitata da Spontini durante il suo soggiorno in Berlino, vi farà porre una lapide con lettere dorate. ’ A F"Vienila, 20 febbraio. (Ritardato ) Noi, vedete, ei acconciamo alle nostre risurrezioni musicali, come meglio ei torna, dacché di novità in questo campo siamo scarsissimi. Beati voi, che almeno delle emozioni fortissime di qualche settimana ne avete a josa, dopoché l’avvenimento del Lohengrin, e quell’altro teWAida mise in movimento tutto il vostro mondo musicale! Noi invece siamo ancora tenuti a stecchetto da poiché quelle grame coserelle che ei porge T Offenbach nei teatri suburbani e qualche concerto anche di bellissima rinomanza, non sopperiscono gran fatto ai bisogni dell’arte. Nè vi sopperisce tampoco quella raffazzonatura Wagneriana che il buon abate Liszt, d’altronde prestantissimo esecutore di musica altrui, ei ammanì qualche tempo fa con quel suo oratorio o sequela di misteri che voi già dovete conoscere, per essere stata eseguita anni addietro a Roma, e per la quale parteggiarono, come di solito, i suoi ammiratori. Vi confesso ch’io non ebbi il coraggio di mandargli il mi rallegro, e tanto meno T avrei avuto al sentir la mia opinione appoggiata da una validissima pluralità. Da indi in qua abbiamo avuto i soliti Rubinstein e Bülow, i Hellmesberger e le Magnus e per poco ch’io ricordi bene i programmi delle serate e dei concerti una litania di venerandi sacerdoti del tempio dell’arte; ma quasi tutti, ei fecero assistere alle funzioni già note, agli uffici tante volte celebrati appuntino. So benissimo,, che la messa udita anche tutte le domeniche e le feste non cessa perciò di essere una pia e solenne cerimonia del culto; ma non mi pare che si debba di volta in volta riferire altrui le emozioni provatevi, il fervore che la medesima ebbe ad inspirare. E poi c’è anche questa, che io mi son cosi fatto, che non amo mettermi in coro cogli altri a cantare al mondo tutti i grandi successi di queste piccole produzioni, perchè il teatro moderno m’insegna che il coro a buon conto non è ammesso nella nostra commedia; presso gli antichi la cosa era diversa. Dunque ritorniamo alle risurrezioni. Non vi dirò di quella egregia Lucrezia Borgia, alla quale perchè migliore della sua fama si dà di piglio quando il pasto ordinario comincia a venir in disgusto; nè di quell’idillio della Sonnambula che serve altresì di criterio a valutare la voce di qualche scritturanda. PorC ALE DI MILANO 75 terei inoltre vasi a Samo se aggiungessi una parola d’encomio in favore del maestro della Lucia ed in quello anche del nostro pubblico. La musica italiana, checché vadano dicendo e adoperando i novatori dell’avvenire, è pur sempre graditissima ai nostri buon gustai. E vero che il dirizzone dell’oggi mette ad altra via e la generazione dei promettenti la quale per T impresa delle azioni Wagner soscrisse già 20,000 fr., si educa ad altri sistemi ed a teoriche più sottili; però non è estinta ancora la razza di quelli, che tenaci del buono lasciano maturare il meglio. C’entra poi anche quella irrefragabile verità del buon senso, il quale ei avverte che pur troppo fra quei tanti che studiano molto profondamente le alte ragioni dell’equitazione musicale, la prima cosa che assai facilmente dimenticano è la grammatica elementare del buon gusto. Alle corte, il culto del nuovo è qualche cosa di artificiale, di partito preso, di chiesuola; la risurrezione del passato una necessità. Al massimo teatro ei fu regalato il Rapimento del serraglio di Mozart, capolavoro stagionato, che fra il Rienzi ed il Lohengrin si sente con piacere raddoppiato. Di straforo ei capitò anche quella buona lana di Figaro, ma fu un’apparizione e sparve; i furori, le ansie, le tenerezze del -serraglio ei resteranno più a lungo, e tanto più sicuramente in quanto vi fu intarsiata quella stupenda aria del tenore cavata dal Così fan tulle. Il successo di questa riproduzione fu una rivelazione. Quanti si passionano per la buona musica ne andaran ghiotti ed il grande Mozart, la sintesi di un buon tedesco che rinvigorì il proprio genio alle ispirazioni del genio italiano, fu riconosciuto ancora per quel grandissimo ch’egli è nella perizia del numero, nell’incantesimo della melodia. Ho sentito dire da qualcheduno, che non è dei novelli, che francherebbe la spesa di guadagnare al repertorio il Tito, se non fosse per altro, almeno per la grandiosa scena dell’incendio al Campidoglio e l’Idomeneo, il quale sebbene antiquato come opera eroica ha fresche ed inesauste le armonie de’bei tempi; sta bene, diss’io tra me; a questo genere di reazione m’associo di buon cuore; la sublimità del genio mozartiano vi si mostrerà in tutto il suo splendore; dalla musica aritmetica ritorneremo a quella del cuore ed avremo fatto progresso. Lodo eziandio la nostra Società filarmonica, la quale, a celebrare degnamente il compleanno dell’immortale maestro, volle riprodurre il suo Canto del Cigno, sinfonia in Mi bem. mag. che lo mette fra i sovrani dell’armonia, - quando il Mozart istrumentava questo capolavoro, il Gluck, l’eroe del giorno, molceva la vacca che per lui era la musica, la sfruttava a tutta pressione, perchè dell’arte come arte non sapeva che fare. L’amicizia ed il rispetto che per il Mozart ebbe l’Haydn, il grande concertatore dell’epoca, esercitarono una potente influenza sul giovine salisburghese, della quale si trovano le traccie appunto in una serie di sinfonie solenni, geniali, presentimento dell’indefinito. L’entusiasmo che avea destato al suo postumo apparire, si ripetè sere fanno anche dopo più di mezzo secolo; prova evidente, che malgrado tanto volgere di casi e mutar di gusti il vero bello, resta sempre inesauribile sorgente di diletto. L’arte vi è significata e coltivata come tale, e questo è quanto. Vi abbiamo sentite delle sorprese procurateci da strumenti da fiato, che davvero ei fecero desiderare maggiore e più intenso lo studio di questi saggi del genio, eseguiti col sussidio d’istrumenti che sappiamo pur troppo non assai coltivati nelle scuole e nei conservatorii. Chi sa? Gli studii comparativi che gli uomini di mestiere faranno durante l’Esposizione prossima in Vienna sulla efficacia dei vari strumenti, forse gioveranno a chiarire un po’ meglio l’importanza delle trombe, degli oboe, dei clarinetti e dei fagotti. Abbiamo tra noi il cosi detto quartetto fiorentino, al quale per sincera amicizia ed ammirazione dovuta fin da quattro anni a questa parte, il nostro pubblico diè il cordialissimo benvenuto. Chi sono e quello che valgono il signor E. Masi, secondo violino, il signor L. Chiostri, viola, il signor F. Hilpert, violoncello e sopratutti il signor G. Becker, voi lo sapete in Italia e noi lo confermiamo. Bravissimo il quartetto fiorentino, che [p. 76 modifica]ei donò della musica del Rubinstein, dello Schumann e del Beethoven colla più squisita interpretazione. Il pubblico seppe rimeritarlo a dovere. La campagna che avea anche fatto tra noi lo speculatore Ulmann non portò alcun pregiudizio al Becker e tutto il contegno di questa nobile brigata rivela uno spirito di compostezza e di arte che veramente edifica. Daranno sei concerti. Per la primavera ei si promette la signora Patti con una serie di opere italiane al teatro della Wieden; tanto meglio, dico; purché l’impresario non si conduca dietro come di solito un serraglio. Un solo nome non basta ancora a salvare un’opera; altrimenti anche la speculazione è sbagliata. Perdiamo la signora Salvioni, la prima ballerina dell’Opera Imperiale. Chi la dice stanca di applausi e di antipatie, chi la vuole fidanzata a non so quale conte in Russia, chi la desidera altrove per cedere il posto a qualche protetta, certo è che la Direzione del teatro accettò la sua dimissione e col cader di maggio altre piazze l’avran più fortunate. Osservo che da noi studiasi più di musica, che non se ne faccia. Ho raccolto sul tavolo una serie di lavori critici, di storia, di biografìe, di appunti concernenti questa disciplina. E naturale; noi siamo, dirò- così, da madre natura disposti e dal clima favoreggiati a ricercare i minuti meandri dello svolgimento di ogni fatto e sebbene talor ei condensiamo nelle filosofiche caligini, non crediamo tuttavia di perdere malamente il tempo. Lasciatemi un po’ di tempo e ve ne scriverò. fRoma, 1 marzo 1872. Vi do una grave notizia; a Roma è imminente una rivoluzione. contro la Casa Ricordi. I discendenti di Quirino si lagnano, e forse non a torto, di essere da voi trattati come se fossero abitanti di Abbiategrasso, o di Peretola, o di Tivoli, o di qualche altro più oscuro borgo. In primo luogo qui erano aspettate con grande ansietà le riduzioni per canto e per pianoforte dell’AzW, ma ne giunse un numero di esemplari cosi microscopico che la maggior parte dei dilettanti rimasero a bocca asciutta, e si incominciò a dire che i Ricordi non avevano un’alta idea della coltura musicale dei Romani, poiché avevano fatto calcolo che cinque o sei esemplari di un nuovo spartito bastassero a soddisfare la curiosità di una città di 240,000 abitanti. Poi è sorta un’altra voce, che vi voglio riferire, perchè mi piacerebbe che intorno alla medesima somministraste qualche spiegazione. Rispondono ’alle interpellanze anche i ministri; fate conto che sia un oratore della sinistra anche io che in fin dei conti son mosso unicamente dal desiderio di darvi un’occasione per manifestare le vostre intenzioni. Si dice pertanto che, fallita ogni probabilità di mettere in scena Y Aida per quest’anno, l’impresario Jacovacci ve l’ha chiesta per l’anno prossimo, dichiarandosi disposto a far le cose per bene, vale a dire ad accettare tutte quelle eque condizioni che al maestro Verdi ed a voi fosse piaciuto d’imporgli, formando una compagnia di canto da sottoporsi- all alta vostra approvazione, aumentando i cori, l’orchestra, ecc., ecc. È vero o non è vero? Queste voci sono poste in giro dallo stesso Jacovacci e dai •suoi amici, i quali soggiungono che avete risposto con un rifiuto categorico ed inesorabile, dicendo che per T anno venturo i romani non devono pensare sAY Aida. Non credo che l’amico Jacovacci sia il più generoso degli impresari, ed in questo momento mi trovo io stesso impegnato, nell’appendice dell’Opinione, impegnato in una polemica contro gli spettacoli che da parecchi mesi c’imbandisce all’Apollo. Ma se veramente per Y Aida era •disposto a far senno, ed a sciogliere i cordoncini della borsa ed a rispettare i diritti dell’arte, non so darmi ragione della ripulsa. Permettete ch’io vi parli francamente. Roma, volere o volare, ù una città che va trattata coi guanti. Ammettiamo pure che la vostra Milano sia la capitale morale, ma qui è la capitale di’ fatto, qui la sede del Parlamento, qui la residenza della corte, •qui il convegno dì molti uomini illustri nella politica, nelle scienze, nelle arti. Ed in questa città esiste un sentimento di nobile orgoglio che non è lecito offendere. A Roma non si può rispondere con un no secco e poco cortese; bisogna addurre i motivi del rifiuto, e devono essere motivi validi e legittimi. Se il maestro Verdi e voi vi giovaste dell’-4&&z per costringere la Deputazione degli spettacoli e l’impresario ad introdurre salutari riforme negli ordinamenti del teatro Apollo, tutti ve ne sarebbero grati e vi darebbero lode. Ma quel rispondere no senza neanche entrare in trattative, senza dare spiegazioni di sorta, senza ammettere la possibilità che la dura ripulsa sia in seguito modificata, è cosa che urta profondamente questa popolazione, come so che ha urtato i fiorentini, ai quali mi dicono che sia stata data uguale risposta. Sincero difensore della proprietà letteraria ed artistica, vedo con dolore che qui a Roma da questi fatti si vuol trarre argomento per combattere il principio stesso della proprietà, come sempre accade quando un principio qualsiasi è portato all’esagerazione, e non vorrei che alla Camera o al Senato, dove sono ancora in sospeso molte questioni relative alla proprietà, si udisse l’eco dolle lagnanze, che sorgono nelle piazze e nei caffè. A Roma non mancano certamente i mezzi di eseguire convenientemente Y Aida... almeno quanto a Parma e a Padova; è duopo soltanto costringere l’impresario ad adoperarli. Vi ho fatto questa lunga tiritera, perchè a calmare gli animi è urgente una vostra dichiarazione che ristabilisca la verità dei fatti, se fu alterata dagli amici dell’impresario. Ignoro se pubblicherete questa corrispondenza, ma persuadetevi che riassume fedelmente ciò che qui si pensa e si dice su questo affare del— YAida, ed anche un tantino ciò che si dice a Firenze, dove, come sapete, ho conservato molte relazioni. Con ciò non è mia intenzione di attenuare le colpe del signor Jacovacci, il quale quest’anno si fa canzonare. Dopo una mediocre esecuzione dei Vespri Siciliani in cui ebbero parte la Lotti, il Campanini, il Cottone ed il Vecchi, ei ha data una disgraziatissima Beatrice di Tenda, che si è retta unicamente per virtù della zignora Vitali, cantante veramente di prim’ordine. Ora ei si prepara quel lungo sbadiglio musicale che è la Virginia, una delle più deboli opere del Mercadante, e poi si chiuderà la stagione colla Tramala già rappresentata l’autunno scorso allo stesso teatro Apollo e sulla quale si prevede fin d’ora che si scateneranno i fulmini degli abbonati stanchi di tante corbellature. Al Capranica abbiamo un Trovatore impossibile, al Valle Don Bucefalo col Bottero, che al solito, è il re della festa. Egli è discretamente secondato dalla Trebbi, dal Pieraccini e dal Papini. Per seconda opera, verrà rappresentato al Valle il Papà Martin del Cagnoni. Alla Filarmonica, dopo molti sforzi hanno fatto l’uovo, che io, ve lo confesso, non ebbi il coraggio di sorbirmi. E veramente inaudito che una società a buon dritto famosa per le sue masse corali, dovendo dare un concerto, scelga la Norma dì Bellini, opera che non si regge sui cori, ma sugli artisti principali che alla Filarmonica, se non. mancano affatto, non escono però dalla modesta sfera dei dilettanti. E poi non so immaginare una Norma in toilette di società ed un Pollione in cravatta bianca. Non dico altro perchè non essendo intervenuto a quella serata non potrei entrare in particolari. In altra lettera vi parlerò dei concerti di Carlotta Patti; per oggi vi saluto, e faccio voti affinchè dalla vostra Paneropoli vi degniate di abbassare lo sguardo sulla cupola di San Pietro! A... CONTRO CORRISPONDENZA Milano, 2 Dicembre 1872. Cariss. d’Arcais — Roma. Vi ringrazio cordialmente per quanto mi scrivete qui sopra, perchè mi date agio a metter in chiaro le cose. Il nostro bravissimo impresario e carissimo amico Jacovacci, meglio che contar frottole a destra ed a mancina, avrebbe potuto far leggere o pubblicare la lettera ultima direttagli dall’Editore Ricordi: e poiché non l’ha fatto, gli risparmio l’incomodo e lo faccio [p. 77 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 77 io pubblicando integralmente la lettera suddetta, la quale, ogni modestia a parte, non può che far onore a chi l’ha scritta. Davvero bisogna chiamare ridicola l’idea che un editore acquisti la proprietà d’uno spartito pel gusto di tenerselo chiuso negli scaffali!... quell’editore farebbe benino i proprii affari!... Per chiunque appena appena ha una leggiera idea di che cosa sia commercio, questa è la più grande corbelleria che dir si possa. Se l’A.i<la potesse rappresentarsi in un anno su 20, 30, 40 teatri, piuttosto che su 4 o 5, mi pare che l’Editore salterebbe tant’alto!... il capitale impiegato invece di rendergli 4, 5, 6 per cento, renderebbe il 10, il 15, il 20, ecc., ecc.!... Oh! perchè l’Editore Ricordi sarebbe tanto dabben’uomo da rinunciare a questo lucro?... I teatri di Roma in mano del nostro carissimo amico ed avveduto impresario Jacovacci, sono andati giù... giù... giù... ne fanno fede gli spettacoli di quest’anno che voi stesso disapprovaste, che il pubblico disapprovò, che tutti i giornali censurarono acerbamente. Da un anno all’altro non si rialzano le sorti di un teatro!... Ci vuol tempo, gente seria ed intelligente, che se ne occupi, e soprattutto molti quattrini!... E poi questi non bastano ancora; coi quattrini molti potrete forse giungere in tempo a metter assieme buone masse di cori e d’orchestra, a fare belle decorazioni, ricco vestiario, ma non giungerete a creare cantanti... quando non ve ne sono più disponibili! E nel numero microscopico di veri artisti, sta appunto il nodo di tutta la questione!... Poniamo, caro d’Arcais, un’ipotesi enorme, inverosimile, portentosa: ammettiamo che Sella conceda 400 mila lire di dote al teatro della capitale del Regno d’Italia... e poi no, non ammettiamolo perchè questa supposizione entra nel regno della favola!... Supponiamo invece che un signor X... od Y... o Z... regali una dote di 400 mila lire al Teatro di Roma... al punto in cui siamo sarebbe impossibile il mettere assieme un complesso di artisti buoni, per la semplice ragione che i buoni sono già tutti scritturati in altri teatri per le prossime stagioni 1872-73. Trovo giustissime le vostre osservazioni intorno alla importanza di Roma, capitale d’Italia: ed è appunto perchè all’Editore Ricordi non è sfuggita questa somma importanza, ch’egli desidera la riproduzione dell’-Alicia costì riesca perfetta in ogni sica parte. Non siamo d’accordo circa alla sede dei ministri e del parlamento: tanto i ministri, quanto i senatori e deputati, hanno fatto così enormi sacrifici in prò dell’arte musicale italiana, che davvero non mette il conto dilaniarne!... anzi colà dove vi sono ministri e parlamento meglio sarebbe tener chiusi i tempj dell’arte, che lasciarli in balia dei profanatori. Ringraziamo il genio italiano, la vitalità inesauribile della nostra arte stessa, la quale, novella fenice risorge e risorgerà sempre gloriosa dalle ceneri in cui vorrebbero ridurla gli onorevoli di ogni colore. Ma la mia chiacchierata passa i limiti e minaccia di non finir più. Termino, rinnovandovi i miei ringraziamenti per avermi dato occasione di far sapere a quella parte del pubblico romano che si interessa alle cose d’arte, come stanno le cose fra F Editore Ricordi ed il solerte impresario ed amico suo Jacovacci, anzi vi sarò obbligatissimo se troverete modo di dare la maggiore pubblicità possibile a queste lettere, perchè forse molti leggeranno la Gazzetta musicate, ma certamente moltissimi non la leggeranno. Una stretta di mano ed i sensi della mia perfetta stima e considerazione. Vostro aff.° Giulio Ricordi N. 1943 Milano, 28 Febbrajo 1872. Sig. Vincenzo Jacovacci Roma. Alla pregiatissima Vostra 22 corr. — Dovete innanzitutto essere persuaso che io non compero le Opere coll’intenzione di seppellirle nei miei archivj, e che se vado cauto nel permetterne le rappresentazioni non lo faccio per capriccio ma bensì per amore dell’arte, per rispetto agli autori e per difesa dei miei proprii interessi. Se avessi impedito la rappresentazione della Beatrice di Tenda in questa stagione al vostro gran Teatro avrei risparmiato un massacro di tanto capolavoro ed uno sfregio al nome di Bellini! — Deve essere mio interesse come è desiderio dell’illustre maestro Verdi che almeno pei1 le prime riproduzioni della sua Aida si abbia a curare una esecuzione perfetta sia per le singole prime parti che per le masse di cori e d’orchestra la messa in scena, ec., ciò che non si può ottenere senza la presenza dello stesso illustre Autore o almeno la direzione esercitata da persona che conosca tntte le sue intenzioni, sappia comprenderle e farle eseguire. Il signor maestro Verdi non può impegnarsi di venire a Roma nelle stagioni da voi designate: e la produzione dell’Aida nella Capitale d’Italia ha troppa importanza per lui e per me perché si possa non misurare il pericolo di una esecuzione non diretta dal maestro stesso. Aggiungete la difficoltà di trovare un complesso di artisti quale sarebbe indispensabile per Y Aida, l’assoluta mancanza di un tenore per la parte di Radamés, di un mezzo soprano per quella di Amneris; vedete bene che io sarei felice di poter mettere assieme dieci compagnie e dare Y Aida su dieci teatri contemporaneamente, e che se non accetto tutte le proposte che mi si fanno per la riproduzione dell’A/da, devo avere ragioni incontrastabili di convenienza sia sotto il rapporto artistico che quello dell’interesse. Tanto era nostro dovere notificarvi a giustificazione del nostro rifiuto, non senza la speranza che il vostro progetto non sia che differito e che si possa per un’altra stagione preparare pel vostro teatro una solennità musicale degna della capitale d’Italia e del nome di Verdi. Caramente salutandovi, sono Aff. àev. vostro p. p. TITO di GIO. RICORDI Eugenio Tornaghi TORINO. La Colpa del cuore del maestro Cortesi andò in scena al Regio ed ebbe esito lieto, a cui però nocque molto l’esecuzione infelice. Il maestro ebbe varie chiamate. Non ne diciamo più per ora, ed aspettiamo la relazione del nostro corrispondente. GENOVA. Al Carlo Felice il Guarany del maestro Gomes ebbe lietosuccesso. LILLA. Ebbe lieto esito per più sere una nuova opera comica in tre atti Les nuits de Florence, musica del sig. Ferdinando Lavainne, È, a quel che ne scrivono i giornali, lavoro in cui non manca l’originalità del colorito e la grazia delle forme, e la vigoria dei concetti. LISBONA. Le ultime novità del teatro S. Carlos furono: la Marta e il Barbiere. Nella prima opera furono applauditi le signore Harris e Vogri ed i signori Stagno, Miller e Redazzi. Nella seconda emersero il baritono Cotogni che fu un Figaro modello e il tenore Stagno. Graziosissima la signora Harris (Rosina); ottimi la Grassi, Gasperini e Redazzi. MADRID. Nell’Africana, rappresentata testé con esito felicissimo, la Wiziak, Pozzo, Quintih-Leoni, Capponi e Fiando furono applàuditissimi e chiamati più volte al proscenio. AVANA. La Lucia fu un trionfo pel tenore Tamberlick. SANTA CROCE DI TENERIFFA. Lucrezia Borgia e la Traviata sono le ultime opere che si posero in iscena, con esito splendido. La signora Tilli fu un’ottima Lucrezia ed una Traviata piena di sentimento; la signora Bianco fu un briosissimo Orsini; Petrovich piacque assai nelle parti di Gennaro e di Alfredo. Bene il basso Uetam nella Lucrezia e il baritono Gamins nella Traviata. BARCELLONA. Al teatro del Liceo ha ottimo successo da più sere la Lucia, interpretata dalla signora Fité-Goula, dal tenore Steger, dal baritono Farvaro e dal basso Rodas. I due primi, e Steger in special modo, sono accolti con entusiasmo. Il Guglielmo Teli fu pure eseguito con esito felicissimo. Steger, sebbene indisposto, seppe farsi applaudire vivamente in molti punti dell’opera. VARSAVIA. Ottimo esito la Favorita, protagonista la Dory; bene anche il tenore Bolis e il baritono Storti. • METZ. La stagione fu inaugurata col Trovatore, che valse applausi e chiamate alle signore Castri e de Gourieff, ad Harvin, Bruni e Zimelli. NUOVA-YORK. Il Portatore d’acqua di Cherubini fu eseguito all’Accademia di musica ed ebbe esito freddo, sebbene interpretato benissimo dalla signora Parepa Rosa e dai signori: Karl, Cook e Castle. Lo Zampa di Herold ebbe invece esito felice. Il baritono Santley colse i primi onori; piacquero pure la signora Van Zandt e il tenore Karl. Cori, Orchestra e messa in scena eccellenti. Eccellente esito anche la Gazza Ladra rappresentata in inglese dalle signore Seguin (Pippo) e Van Zandt e dai signori Karl, Campbell e Kook. Nelle Nozze di Figaro ebbe un trionfo la Parepa Rosa; ottimamente le signore Doria e Seguin. — Milano. La Società del Quartetto ha pubblicato il risultato del concorso dell’anno 1871 per un Quartetto d’archi in quattro tempi. Su dodici lavori presentati, due ebbero punti otto, e il ballottaggio a schede segrete riuscì favorevole per due voti al signor Bolzoni Giovanni da Parma, che ebbe il primo premio. Il secondo premio, dice la Commissione, venne aggiudicato al secondo lavoro, di cui risultò autore uno nativo di Salisbztrgo, il quale, come straniero, non poteva concorrere. Perchè almeno non nominarlo? domandiamo noi. [p. 78 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO Signor Pietro Bosio — Torino. La SPIEGAZIONE DEL LOGOGRIFO DEL NUMERO 7. SERTO - SORTE - TERSO - ESTRO - RESTO. Editore-Proprietario, TITO DI GIO. RICORDI. Oggioni Qiuteppg; gerenti. Tipi Ricordi — Carta Jacob. Milano. È aperto il concorso per titoli e per in secondo per la Metropolitana, collo stipendio 20; dirigersi all’Amministrazione della fabbrica Signor Alfonso F.... Non vi fu spedito la Gazzetta N. 6. esame al posto di organista di L. 800. Scade il 10 Mardel Duomo. — Piacenza. il premio perchè non foste favorito dalla sorte. Leggete Signor Francesco Maz.... — Lago. Ricevemmo il vaglia. Scegliete i premii. 78 — Ferrara. Il 26 febbraio il concertista di clarino prof. Leonesi diede u n bellissimo concerto a cui presero parte le signore Pagliani e Papotti, il tenore Baipasso, il baritono Forti, i professori Destefani, Pasini, Bisi, il pianista dilettante signor Levi e l’orchestra del teatro Comunale diretta dal maestro Sarti. L’esito fu ottimo. — Faenza. Il 26 febbraio nella sala del Palazzo Civico, ebbe luogo una Accademia vocale ed istrumentale che riuscì splendida per la scelta dei pezzi e per l’esecuzione. La Società Filarmonica iniziatrice di quest’Accademia si era procurato il concorso della signora Giulietta Pasi cantante di bella voce e d’intelligenza non comune. — Algeri. Si sta preparando un Concorso-festival che comprenderà due sezioni, una corale e l’altra istrumentale, e di cui l’esecuzione è fissata al 9 maggio prossimo. La sezione corale sarà divisa in quattro divisioni, la sezione strumentale in due: musiche d’armonia e musiche di fanfare. Molte medaglie d’oro d’argento e di rame saranno distribuite alle Società vincitrici. Il giurì sarà composto d’artisti speciali e notorii, e il viaggio d’andata e ritorno dei concorrenti sarà gratuito. — Bruxelles. La Passion, dramma religioso di Peter Benoit, fu accolto con entusiasmo. stampa lo giudica un capolavoro. — Dresda. Teodoro Kaufmann, celebre acustico, morì il 5 febbraio a 49 anni. — Annover. Giuseppe Schott, basso cantante di merito, morì il 9 febbraio. — Barcellona. D. Michele Bibiloni de Castro, pittore scenografo, cultore appassionato della musica ed ex cantante, morì a 40 anni. — In un villaggio dell’Estremadura morì il 25 gennaio la signora Benita Moreno, artista di canto, educata in Italia. Essa e la sorella Francesca furono le prime artiste che fecero conoscere il repertorio italiano ili Spagna. Benita Moreno aveva 80 anni. — Parigi. Il signor Lefort, antico artista di canto— Londra. Enrico F. Chorley, critico musicale valente, autore d’un’opera: Modem German Music, Recollections and criticism, morì a 63 anni. — Malines. Enrico Verelst, direttore della Società Reale Santa Cecilia, ■della musica dell’Orfelinato e di molte altre società musicali, morì a 54 anni. Agli spiegatori di sciarade raccomandiamo di rinnovare sempre l’indicazione del premio scelto. Signori: L. Cardone (Castellamare), G. Orrù (Padova), E. Bonamici (Livorno). - I vostri nomi furono per errore tipografico omessi nell’elenco degli spiegatori del Rebus del N. 6. La sorte per altro non vi aveva favoriti. Signor Giuseppe 0. — Navelli-Abruzzo. I premii e la ricevuta vi furono spediti in data del 9 febbraio. Reclamate alla Posta. Il premio per la spiegazione del Rebus N. 6 vi fu spedito il giorno 22, all’indirizzo Pietro Rosi in luogo di Bosio. Fatene ricerca alla Posta. Comunque tu lo legga ei resta uguale, E ti rammenta un tale Che conta poche membra e il doppio vale. Quattro degli abbonati che spiegheranno T Indovinello, estratti a sorte, avranno in dono uno dei pezzi enumerati nella copertina della Rivista Minima, a loro scelta. Ne mandarono la spiegazione esatta i signori: ing. Pio Pietra (Pavia), maestro Gio. Becchis (Boscomarengo), Cesare Cavallotti (Vicenza), Marchetti Annibaie (Candia), dott. Ragazzi Pietro (S. Felice), E. Donadon (Milano), Alfonso Fantoni (Piacenza). Angelo Vecchio (Pavia), Antonio Casati (Piacenza), Cesare A. Picasso (Pisa), Annibaie Piersantelli (Porto Maurizio), Conte Antonio Paglicci Brozzi (Roma), maestro Antonio Biscaro (Treviso), Salvatore Botta (Sessa Aurunca), Paolo Bellavite (Padova), B. Lopez y Royo (Lecce), Estratti a sorte quattro nomi, riuscirono premiati i signori: maestro G. Becchis, Marchetti Annibaie, Annibaie Piersantelli, Cesare A. Picasso.