Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. II/Libro II/I

Da Wikisource.
Cap. I

../../Libro II ../II IncludiIntestazione 22 maggio 2020 75% Letteratura

Libro II Libro II - II
[p. 170 modifica]

CAPITOLO PRIMO.

Festa dolorosa per la morte di Assan, e Ossen,

che si fa da’ Persiani.


I
L Lunedì 23. essendo apparsa la nuova Luna d’Agosto, cominciò la tanto rinomata, e lagrimevole festa, che fanno i Persiani per la morte di Assan, e Ossen figliuoli d’Alì, i quali furono uccisi da Omar presso Bagdat. In tutti i dieci giorni che dura, ciascheduna piazza si vede adorna di lumi, con un nero e lungo stendardo innalberato, presso al quale su d’un’alto pergamo, si pone un Mullah a predicare, con le più strane grida del Mondo. Vanno a sentirlo tutti gli abitanti della contrada, vestiti di cabaye di seta rossa e turchina, in segno di mestizia; dopo aversi piena la pancia di ogni spezie di frutta, che dà la stagione. Le donne (che in tutti i paesi sono di tal tempra) arrecano gran profitto a’ [p. 171 modifica]Mullah, dando loro danari, cose dolci, ed acqua di rose per rinfrescargli dal caldo del sermone.

Se non passa l’ultimo giorno della lagrimevole festa (detto da’ Persiani Asciur o lutto) non può qualsivoglia Turco farsi vedere in pubblico, senza gran pericolo della vita. Ed in fatti ne vidi uno il Martedì 24. che se non era presto a serrarsi in casa, sarebbe stato ucciso di bastonate; tanto e sì grave è l’odio, con con cui i Sunni, o Turchi sono perseguitati da’ settatori di Alì. Ridicolosa cosa fu quella, che fecero costoro il Mercordì 25. Posero una figura di paglia tutta intorniata di funi sopra un’asino, e la menarono per tutte le contrade della Città, come frustandola, ora dandole il nome di Omar, ora di Abumurgian suo compagno. In fine con una rabbia canina uccisero l’asino meschino, e bruciarono in una sol figura di paglia tutti e due gli uccisori de’ lor santi giovinetti: fatto, che ne diè gran materia di ridere il Giovedì 26. coll’Ambasciadore, e’l Padre Elia.

Il Venerdì 27. dopo desinare andai in Zulfa a visitare il Padre Buscer, Superiore della Missione de’ Padri Gesuiti.

Nel ritorno che feci per la strada di [p. 172 modifica]Sciarbach, incontrai il Re, che andava al giardino di Saratabat, sopra un destriero bajo, con arnesi ricchissimi d’oro e di gemme. Egli si era vestito di un drappo di seta a color di violetta, e veniva corteggiato da ben mille persone a cavallo fra Signori, e soldati, oltre cento pedoni: come nella seguente figura può vedersi.

Ogni volta ch’esce il Re, precedono un mezzo miglio dieci soldati a cavallo, per fare appartar la gente: però quando dee portar seco le donne (come che quelle vano a cavallo, e scoperte) due giorni prima si fa Croch, cioè bando, che ciaschedun’uomo si apparti, nè ardisca comparire per quella strada sotto pena della vita; pena che si eseguisce irremissibilmente.

Si narra a questo proposto la fortuna d’un contadino, e la generosa benignità di Scia-Selemon. Veniva quegli dalla campagna col suo asino carico di pesche, (o persiche, come noi diciamo) ed abbattutosi sulla strada di Sciarbak all’impensata col Re, nè avendo dove ritirarsi, si buttò di faccia in terra, con gli occhi serrati. Vedendo Scia-Selemon la semplicità del rustico, e di quella sommo piacere prendendo, comandò che si alzasse. Appena dopo il terzo [p. 173 modifica]comandamento, per la gran tema, ebbe quegli ardire di rizzarsi; e’l Re rivolto alle sue donne ordinò, che ogn’una prendesse di quelle pesche, e dasse al villano un zecchino. Incontanente ciò eseguito, comandogli che si sciegliesse per moglie, quale di quelle donne più gli tornasse in grado; e così (quantunque sulle prime di ciò schivo si dimostrasse) se ne tornò colla più bella donna di Persia, e colla borsa ben piena nella sua capanna, onde solo e meschino s’era partito.

Il Sabato 28. si solennizò la festa di S. Agostino da’ Padri Portughesi (dove io albergava) coll’assistenza dell’Ambasciador di Polonia, del P. Elia, e di molti altri Religiosi, e Francesi, che vi restarono a un lauto desinare, che vi si fece. Andai poscia la Domenica 29. a vedere il Pad. Rafaele Superiore de’ Padri Cappuccini d’Ispahan, il quale sin dal tempo di Scia-Abas II. serviva d’Interprete alle lettere, e Ambasciadori de’ Principi Europei. Costui era in età cadente di 80. anni, ed erano ormai 47. che stava in Ispahan; onde mi trattenni più ore con lui, per aver notizie dell’Imperio Persiano; sapendo che niun’altro me le potea dar migliori, o più vere. Di questo [p. 174 modifica]Religioso parla diverse volte il Tavernier ne’ suoi viaggi di Persia. Parimente il Lunedì 30. andai a visitare Giacomo Norgheamer Direttore della Compagnia di Olanda, avvicinandosi già il tempo della mia partenza; e restai a desinar con lui. Il simile feci il Martedì 31. coll’Ambasciadore, al quale mi conosceva molto obbligato.

Il Mercordì primo di Settembre, essendo giorno festivo d’Assan, e Ossen (detto da’ Persiani Catl, cioè d’uccisione) il Re fece Mangeles sopra la porta d’Ala-capì, intervenendovi tutti i Grandi, ed Ambasciadori. Furono posti innanzi al palagio i cavalli, e le fiere in ordinanza come l’altra volta; e tutto il Meidan rimase sgombro di tende, per farvi stare più di mille cavalli di quei Signori, ch’erano venuti alla festa.

Di buon’ora cominciarono ad entrare nel medesimo Meidan varie processioni di tutti i Quartieri della Città. Portavano picche lunghissime con stendardi attaccati, e cavalli carichi dell’arme, e turbanti de’ loro supposti martiri; cantando dolorosi versi al suono di due bacini percossi insieme, e ballando in varie e ridicolose maniere. Alcuni portavano [p. 175 modifica]le figure de’ medesimi martiri in una bara, ballando altresì all’intorno; altri sopra un cammello menavano ligati due fanciulli, come se fusser morti, con due cavalli sellati appresso, sopra de’ quali erano l’arme, che avean servito (a lor giudicio) a que’ fanciulli morti di 9. o 10. anni. Queste processioni passavano tutte sotto la loggia ove stava il Re, aspramente percotendosi que’ sciocchi, per rappresentare al vivo l’uccisione. Molti di essi non curavano di girsene a casa col capo rotto, e di morire ancora; perche si danno a credere, che chi muore in quella zuffa, va senz’alcun fallo in Paradiso; poiche in que’ dieci giorni ne stanno sempre aperte le porte per gli Maomettani. Ad imitazione delle superstiziose compagnie, molti del popolo si battevano fra di loro, e si tagliavano crudelmente le carni. I Padroni delle botteghe tenevano acque fresche sulle strade, per darle a bere a gli assetati, in memoria della sete, che soffrirono Assan, ed Ossen dopo essere stato ferito il loro Padre Alì.