Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. III/Libro III/IV

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Cap. IV

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CAPITOLO QUARTO.

Continua la narrazione di ciò, che vide

nel Campo di Galgalà.


A
Vendo io pregato un Capitano Cristiano d’Agra, che quando si presentasse favorevole occasione, di vedere il Re di Vigiapur, me ne dasse contezza; mandò egli il Martedì, 22. di Marzo, a dirmi, che sulle 14. ore mi trovassi nella sua tenda; acciò insieme uniti andassimo nel quartiere del Re, per soddisfare la mia curiosità. All’ora assegnata postomi a cavallo, andai dal Capitano; e perche egli stava pronto aspettandomi, ci ponemmo subito in cammino. Giunti alle tende Reali, aspettammo, ch’egli passasse, per gire a far riverenza al G. Mogol. In fatti sulle 15. ore, vidi venire, con convenevole accompagnamento, [p. 269 modifica]sventurato Re, appellato Sikandar; giovane spiritoso di 29. anni, di giusta statura, e di color olivastro. Egli era stato privato del Regno, e della libertà (non meno che il Re di Golconda) nel 1685. da Oranzevo; sotto colore, che avesse dato il passo al Savagì, che pure quando avesse voluto, non avrebbe potuto impedire. Il vero principio delle disavventure del Reame di Vigiapur, si fu, ch’essendo rimasa vedova, e senza figliuoli la Regina; il Savagì, che sentivasi offeso dal morto Re, per aver fatto morire in un carcere Nair Savagì suo Padre, (già Capitano delle Guardie Reali) si pose in campo, con un picciolo esercito di malandrini; e in poco tempo espugnò le Fortezze di Ragiapur, Rasigar, Crapaten, Dabul, e parte del Malabar. Stimano alcuni, che, abbattendosi le fortificazioni di Rasigar, vi si trovasse un gran Tesoro, col quale continuò poi la guerra. La Regina vedendosi in tale stato, stimò bene, nella minorità di Sikandar (che s’avea addottato per figliuolo, ed allevato nella dottrina d’Alì, prima della morte del Re) far la pace, quantunque poco onorevole; lasciando al Savagì ii paese conquistato, come vassallo, con [p. 270 modifica]peso di pagar la metà delle rendite di tributo.

Nell’istesso tempo Pamnaich tributario dell’istesso Regno, prese anch’egli l’armi, per iscuotere il giogo; fidato nella fortezza del suo Paese, posto fra 27. innaccessibili monti, detti Settaispale; fra’ quali sono villaggi, e’ campi coltivati da’ Gentili della vile Tribu di Faras. Or vedendo Oranzevo le forze del Regno contro costoro occupate (queste erano 30. mila cavalli, ed altrettanti pedoni) tolse l’occasione suddetta, e pose ad assedio la Città, e Fortezza di Vigiapur. Dopo tre anni di valorosa difela, fatta da Sydi Mausutu (Nero, che governava nella minore età del Re) l’ottenne, e si menò prigioniero Sikandar; al quale assegnò poscia un milione di rupie l’anno, per lo convenevole sostentamento.

Simile fu la sciagura di Tanascià Re di Golconda (ch’era a mio tempo huomo di 60. anni). L’Emir-Gemlà suo Generale, sentendosene aspramente offeso, invitò Orazevo, ad occupar, col suo mezzo, il Reame. Andovvi l’avido Mogol, ma, con tutto l’intendimento del traditore, non potè giugnere a capo del suo desiderio; onde [p. 271 modifica]con poco onore, fece ritorno nelle sue Terre. Tornò poscia di nuovo ad investir la Fortezza di Golconda; ma pure difendendosi coraggiosamente gli assediati; e nell’aperta campagna facendo argine all’esercito d’Oranzevo un corpo di 70. mila cavalli, ed ugual numero di pedoni; si stimò dall’una, e l’altra parte convenevole fare una pace, con quella condizione: che Mahumud figlio d’Oranzevo avesse per moglie la figliuola del Re Golconda, col Regno in dote, dopo la di lui morte.

Terminata che fu la guerra d’Akbar, col pretesto del passo dato al Savagì, con poderoso esercito, fu da Oranzevo mandato Scialam, ad attaccar di nuovo Golconda: ma questi parte parendogli difficile l’acquisto; parte per le promesse fattegli da Tanascià, di dargli in moglie la figliuola, e di ajutarlo ad occupare il paterno Trono; tanto fece, ch’ebbe il consentimento dal Padre di stabilir la pace: nè per molti comandi, che questi poscia gli facesse, volle ritornare all’assedio; ma buttandogli la scimitarra a’ piedi, disse: ch’era Musulman, e non poteva mancare alla data parola di pace.

Ricusando adunque Scialam, andò [p. 272 modifica]Oranzevo in persona (dopo l’acquisto del Regno di Vigiapur) con numerosa oste, ad assediar Golconda. Sul bel principio occupò il passo del fiume, e Bagnagar, dov’era la Reggia; e senza punto trattenersi a fortificarla (per consiglio de’ Franchi, ch’avea a suo servigio, e che mi diedero le presenti notizie) innoltrossi ad investir la Fortezza, dove s’era ritirato il Re. Questa essendo fabbricata di grandissime pietre di taglio, e circondata da un profondo fosso, sostenne l’assedio nove mesi; non ostante, che da molta artiglieria fusse battuta (particolarmente da tre colombrine, di sì smisurata grandezza, che furono condotte da 50. Elefanti, e 200. Bovi l’una (se si dee credere quello, che mi dissero i Soldati) imperciocchè poca breccia poteasi fare in una Fortezza, che non da mura, ma da rocche era serrata. Alla fine la penuria de’ viveri, ed infermità nella Piazza; e i presenti, ed offerte di Oranzevo, non solo fecero a poco a poco venire al suo servigio i defensori (che la notte calavan giù con corde dalle mura) ma fecero crollar la fede del Comandate, sicchè rendette la piazza, contro volontà del Re; il quale offeriva tributo di tre [p. 273 modifica]milioni, e settecento mila rupie; ciò che ricusò Oranzevo, entrandovi nel 1686. vittorioso. Azamscià menò in appresso il Re prigioniero, il quale avendo al collo una collana d’inestimabil valore, glie la presentò; ma visto Oranzevo suo Padre, che lo conducea sopra l’Elefante, lo sgridò, perchè non lo avea menato ligato colle mani dietro. Gli rispose il figlio, che quegli era Re, e che doveva a lui bastare, avergli tolta la libertà, e’l Regno. Rinserrato nella fortezza di Doler abad, gli fece il Mogol un miserabile assegnamento di 20. rupie al giorno; ma essendogli nato nella prigione un figlio (che mentre era Re, giammai non avea potuto avere) mosso a compassione del parto, ch’era venuto alla luce, in tempo sì calamitoso al genitore, glie lo accrebbe, sino a 500. rupie al giorno.

Pamnaich, che, con poderose forze, avea ajutato il Mogol nell’acquisto del Regno, n’ebbe, per leggieri sospetti, in premio la morte; di che sdegnato il figlio negò di pagare più il tributo, ritirandosi fra monti asprissimi: ma pochi anni dopo (oppresso da forza superiore) si ridusse a pagar tributo, e ricevere nel suo [p. 274 modifica]Stato un Governadore, destinatovi dal Mogol.

Il Mercordì 23. andai a desinare in casa del Capitan d’Agra, che mi trattò molto bene, alla maniera del Paese.

Il Giovedì 24. poi mi condussero a vedere, in una vicina Pagode, un penitente, che teneva le braccia in alto, colle giunture indurite, che non potea più servirsene. Il Venerdì 25. andai facendo diligenza, per trovare chi m’accompagnasse nel ritorno, che dovea fare a Goa; perocchè il Begarin di S. Stefano, e l’Interprete se n’erano fuggiti; ma non fu per alcun modo possibile. Parimente indarno attesi il Sabato 26. qualche compagnia, che facesse il medesimo cammino.