Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. IV/Libro III/VII

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Libro III - Cap. VII

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CAPITOLO SETTIMO.

Nobili qualità dell’animo di Cam-hi,

Imperador della Cina.


C
Am-hi, di presente Imperador della Cina, è d’ingegno sublime, e penetrevole, di memoria felice, e d’una fermezza d’animo, che non cede a qualsivoglia sinistro accidente. Tutte le sue inchinazioni sono nobili, e degne d’un gran Re; amando molto la giustizia, e la virtù. S’applica egli ugualmente alle scienze, e agli esercizj cavallereschi; con ammirazione de’ Tartari, che fanno altrettanta stima della sua destrezza, che della forza: poiche non vi è Signore, che possa piegare l’arco, del quale egli si serve, ne maneggiarlo colla sua leggiadria: tanto a destra, quanto a sinistra; a cavallo, e a piedi; e fermo, o correndo a briglia sciolta. Maneggia parimente le armi da fuoco, meglio di qualsivoglia Europeo.

Gli esercizj militari però non gli tolgono il gusto della musica, spezialmente di quella d’Europa, della quale ama i principj, il metodo, e gl’istrumenti: e al [p. 431 modifica]certo, se le grandi applicazioni dell’Imperio gli avesser dato luogo d’apprendere a toccargli; vi averebbe fatta riuscita, coll’istessa perfezione, che ha fatto de’ Cinesi. Ma come che l’arte di regnare è la prima qualità d’un Sovrano, s’impiega regolarmente ogni mattina, al nascer del Sole, a dar audienza a tutti i Tribunali di Pekin; de’ quali i primi Ufficiali vengono a presentargli i loro memoriali. Quando l’affare è d’importanza, lo rimette al Consiglio de’ Colao (che sono propriamente i Ministri dell’Imperio) colla consulta de’ quali egli poi solo determina, come gli pare a proposito: non avendo niun valore le determinazioni d’alcuno de’ Tribunali, nè de’ Ministri, o del Consiglio dell’Imperio Portrait histor. de la Chine du Pere Bouvet pag. 72., senza la sua approvagione. Ciò è perche il Governo della Cina è così assoluto, che all’Imperadore vien dato nome di Tienzu, cioè figliuolo del Cielo; ed Hoantì P. Bartoli histor. della Cina lib. 1. 3. par. pag. 84., cioè supremo Monarca. Questo titolo non gli sarebbe sconvenevole, se fusse vero ciò che dice il P. Bartoli, cioè: aver per l’addietro i Re della Cina, soggiogati, o rendutisi tributarj cento, e quattordici Regni nell’India Al luogo citato lib. 1. pag. 109.; stendendo le loro conquiste in molte, e grandi Isole Orientali, ed Australi [p. 432 modifica]dell’Arcipelago, e sino a Bengala.

Uscendo Cam-hi a caccia, o altrove, chiunque si sente aggravato da’ Mandarini, lo viene ad aspettare sul cammino; e si pone inginocchione, col memoriale nelle mani aperto: nè egli manca di far pronta giustizia. Non ha avuto giammai alcun favorito appresso di se, ma sempre ha governato solo; e perciò niuno ardisce di parlargli d’affare, che non gli appartenga, o del quale non sia richiesto. Il suo costume è d’informarsi molte volte privatamente (quando l’affare lo merita) da differenti persone; nel mentre i Tribunali ne prendono pubbliche testimonianze. Oltre che egli ha una memoria felice, per ricordarsi di qualunque affare passato, onde si è ben difficile mascherarsi la verità, senza che se n’avvegga subito.

Quantunque gl’Imperadori Cinesi abbiano dispregiato in ogni tempo tutte le nazioni straniere, nè meno stimandole degne, d’aver con esse loro alcuna comunicazione; Cam-hi nondimeno generosamente, e con amore tratta gli Ambasciadori de’ Principi stranieri, per tutto il suo Imperio, provvedendogli di qualunque cosa loro bisogni: siccome [p. 433 modifica]ponno far testimonianza i Portughesi, Moscoviti, ed Olandesi. Parimente, contro il costume Cinese (che non mandavano Ambasciadori a’ Principi stranieri, se non con comandamento dell’Imperadore) mandò due volte ambasceria a’ Moscoviti, per raccomodamento della pace. Ciò si dee certamente a’ PP. Gesuiti, i quali gli han fatto formare bastante idea de’ Regni d’Europa, colle molte rarità donategli; e molto più coll’istruirlo nelle nostre scienze, ed arti; facendolo restar persuaso, che fuori della Cina si truovano anche uomini dotti, ed abili.

Per la buona amministrazione della giustizia, ha particolarmente l’occhio sopra i Ministri: imperocchè dopo avergli scelti, col parere de’ Consigli, gli gastiga severamente, quando non fanno il lor dovere, ponendo altri in lor luogo. Ha tanta compassione delle miserie de’ suoi sudditi, che accadendo alcuna sterilità, rilascia loro non solo trenta, e quaranta milioni di tributo, ma talvolta ha egli aperti i suoi granaj, per alimentargli.

E’ servito da una innumerabile moltitudine di Cortigiani, ed Ufficiali, che vivono a sue spese; in che supera di gran lunga le migliori Corti d’Europa. Per [p. 434 modifica]quello che tocca alla sua tavola, è servito in bacini d’oro, e d’argento, secondo il costume del paese; però egli anche in ciò fa risplendere la sua modestia, perocchè abborrisce la soverchia spesa nel mangiare (non che nel vestire) rigorosamente osservando una delle leggi fondamentali della Monarchia, cioè: che sia lungi da’ Grandi, e da’ Sovrani ogni sorte di lusso. I suoi appartamenti partecipano della stessa modestia; perche oltre qualche dipintura, e doratura, e qualche, semplice drappo di seta; non vi si vede cosa, che agguagli la grandezza del Principe.

Per divisare ora partitamente le sue vesti Reali, egli si dee sapere, che in Inverno le porta di seta semplice, foderate di Zebelline, o d’Armellini: ne’ giorni di pioggia, si vede qualche volta con un giubbone di lana: altre volte in Estate con una semplice di tela d’ortica, senz’altro ornamento, che una grossa perla nella berretta, secondo il costume de’ Tartari. La sedia medesima, che serve per portarlo, così per dentro, come fuori del palagio; non è che una spezie dì bara di semplice legno inverniciato, con qualche laminetta di ottone, o intaglio di [p. 435 modifica]legno dorato. La magnificenza degli arnesi de’ cavalli, ch’egli monta, consiste solamente in staffe di ferro dorato, e redini di seta gialla. Questa modestia non è mica mescolata con avarizia; perche quando si tratta di giovare al pubblico, generosamente spende i milioni; facendo nettar canali, fabbricar ponti, accomodare strade, e sovvenire largamente ì suoi sudditi, e soldati bisognosi.

E’ così inchinato alla caccia, che vi si esercita ogni anno, non già per pochi giorni, ma più mesi; andando una, e due volte nelle montagne della Tartaria. In quella guisa non solo prende diletto, ma impedisce anche, che la soldatesca non s’accostumi alla vita de’ Cinesi; ben veggendo egli aver soggiogate, con un pugno di gente indurita alle fatiche, tante migliaia, e migliaia d’effeminati Cinesi; ed essere affatto impossibile di mantener l’acquistato, se i suoi vengono a cader nello stesso vizio. Indi è, che egli medesimo (per dar esemplo ad infinito numero di soldati, che seco conduce a caccia) si pone un giorno continuo a correre appresso un cinghiale, scoccando sempre saette, sino a straccare sei, e sette cavalli. Talvolta, per ben lungo spazio, cammina a [p. 436 modifica]piedi; e coperto tutto di polvere, e sudore continua a cacciare sino al luogo determinato, senza mutare abito; ed esposto, per più ore, a un Sole ardentissimo, senza volersi servire di ombrella. Da tanta fatica pure va sempre lungi la dilicatezza delle vivande, e si riduce ben spesse volte, per mancanza d’altro, a mangiar carne di montone, o di bue, di cui abbonda la Tartaria. Quindi il suo seguito non lascia di segnalarsi; veggendo, che il Principe mostra un particolare affetto a coloro, che l’imitano, ed abborrimento a gli amatori del loro proprio gusto.

Per temenza, che i figliuoli de’ Grandi, e de’ Mandarini più ragguardevoli fra’ Tartari, e fra’ Cinesi, posti sotto lo stendardo Tartaro, non si diano all’ozio, e lusso; egli l’applica agli officj più faticosi, e penosi. Agli uni dà la cura de’ cani, per menargli alla caccia; agli altri di governare uccelli di rapina, e portargli in pugno; alcuni ne applica a preparar le carni, o il Te, per la sua bocca; altri a servire a tavola; altri a fare archi, e freccie, e portare quelle, che servono per suo uso, e de’ Principi suoi figli; e in fine i più diletti sono impiegati alla guardia, co’ Mandarini. [p. 437 modifica]

Basterebbono tante virtù, appresso l’altre nazioni, per costituire questo Principe in un grado d’Eroe; però appresso i Cinesi, dove le cariche, e dignità si danno per merito di lettere, non passerebbe per un grand’Imperadore, s’egli non si fusse segnalato, anche in questo genere, per conformarsi al genio de’ suoi popoli. Datosi allo studio delle lettere, e scienze Cinesi, pochi libri vi sono, ch’egli non abbia letti. Sa una buona parte dell’opere di Confusio a memoria. Fece tradurre in lingua Tartara le medesime, facendovi egli i proemj, per collocarsi sul principio: e la Istoria universale della Cina altresì. E’ versato oltreacciò nella Poesia dell’una, e l’altra lingua; parlando, e scrivendo così bene Tartaro, che Cinese.

Quanto alle scienze Europee, il Padre Verbiest esplicogli l’uso de’ principali istrumenti di Matematica; il P. Pereyra i principj della nostra Musica; e’l P. Gerbillon gli Elementi d’Euclide, tradottigli in lingua Tartara. Ogni mattina perciò quelli, ed altri Padri doveano andare in palagio, a dargli lezione; mandando egli di buon’ora dalla sua stalla i cavalli necessarj. Col continuato studio di più [p. 438 modifica]mesi si fece molto capace di tutte le proposizioni più necessarie, ed utili d’Euclide, e d’Archimede, e delle loro dimostrazioni. Dopo aver appresso gli elementi, volle, che il P. Thomas gl’insegnasse l’Aritmetica, e quanto appartiene alla Geometria. Mostra particolare inchinazione per la Medicina Europea; tanto più, che fu guarito d’una sua indisposizione, per mezzo della Kinkina, che gli diede il P. Fontaney. La medesima curiosità, che indusse l’Imperadore alle scienze Europee, lo portò eziandio ad istruirsi della nostra Religione, per mezzo de’ medesimi; e ne concepì sì buona opinione, che più volte ha detto, che ella dovrà essere un giorno la Religion dominante.

Benche i Tartari abbiano in costume, anzi stimino, come un’articolo di Religione, di presentar la prima figliuola all’Imperadore, in poter del quale stà l’accettare, e ritenersi quelle, che più gli piacciono; Cam-hi nondimeno, conoscendo, che un tal costume avea renduti pur troppo effeminati i suoi predecessori, è cosi lontano da ogni disordinato appetito, che occupandosi e tre, e quattro mesi alla cacciagione, e pescagione, non [p. 439 modifica]conduce giammai seco donne; e talvolta essendogliene state presentate bellissime, le ha ricusate. Sa egli molto bene, che le dissolutezze rendono il cuor molle, e mal sicura la salute, e che finalmente hanno luogo le rivoluzioni, dove chi governa sta serrato, con una frotta di donne, senza prender cura degli affari dello Stato.

In alcuni tempi dell’anno, oltre quello della caccia, fa che la soldatesca sia occupata in esercizj militari; e premia generosamente i migliori, per accender gli altri del desiderio di divenir valorosi. Fra le altre sue belle doti, ha una sofferenza inimitabile, in tutte le sue occupazioni, senza giammai entrare in colera. Da poi che ebbe saputo il modo, come in Europa si fondono i cannoni, e i mortari; ne fece fare ben molti, per servigio de’ suoi eserciti; e ad alcuni de’ suoi bombardieri fece apprendere a tirar le bombe. Per l’amore, che porta alle scienze, sono già sei anni, che ha erette, dentro il proprio palagio Accademie, di Pittori, Intagliatori, e maestri da fare oriuoli, premiando chi meglio riesce nel suo mestiere. Egli avea a mio tempo quattordici figli maschi, e più femmine, quali tutti facea rigidamente [p. 440 modifica]educare, obbligandogli ad apprender le scienze, e tutti gli esercizj cavallereschi: e benche sia costume, di darsi titolo di Re a’ figli dell’Imperadore, allor che giungono all’età di sedici anni, e dar loro appartamento separato, con corteggio convenevole; nondimeno essendo già il suo primogenito di 24. anni, e non solo ammogliato, ma consigli, non ha voluto ciò concedergli; avvegnache il Tribunale de’ Principi, e gli uficiali della Corona ne l’avessero richiesto più volte. Con particolar cura sopra tutti si educa il secondo, ch’egli ha dichiarato Hoang- tay-tsè, cioè a dire. Principe Erede dell’Imperio, per esser questi il primo, che, ebbe dall’Imperadrice sua prima moglie, (anteponendosi sempre i figli della Principessa, che ha titolo d’Imperadrice.) Questo secondo figlio è medesimamente in età di 24. anni, di buone qualità, molto applicato alle virtù, e sopratutto bene affetto alla nostra Religione Cattolica, e Missionarj.