Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. V/Libro III/I

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Libro III - Cap. I

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LIBRO TERZO.


CAPITOLO PRIMO.

Pericolosissima navigazione dalle Filippine in America.

Prima mossa sino al Varadero.


L
A più terribile, e lunga navigazione, che sia al Mondo, può dirsi quella dalle Filippine in America: sì per gl’immensi Mari, che s’hanno ad attraversare, per la metà quasi del globo terraqueo, sempre col vento alla prora; come per le incredibili tempeste, che s’incontrano, l’una appresso l’altra; e per le infermità mortali, che sopravvengono, in un viaggio di sette in otto mesi, che dee farsi; ora per minore altezza di Polo, e per climati, ora freddi, ed agghiacciati, ora temperati, e caldi: ciò che basterebbe ad annientire un ferro, non che la complessione d’un’uomo, ch’alla fine in Mare si nutrisce di cattivi cibi.

Essendosi terminato il carico del Vascello, e posti da mille vasi d’acqua, per lo Generale, ed Officiali; si fece vela il [p. 256 modifica]Venerdì 29. prima di mezzo dì, in presenza del Maestro di Campo. Fatte due leghe demmo fondo dentro la medesima Baja. Col pretesto dell’acqua mancante, lasciò il Generale un Relilgioso di S. Domenico (che gli avea già pagate 500. pezze, per lo passaggio) un Padre Riformato di S. Francesco, e un Medico, quali s’era obbligato tenere a sua tavola: accidente, che fece avermi una buona cameretta, per porvi il mio letto, e robe.

Il Sabato ultimo di Giugno, continuando l’istesso vento vandavale contrario, quantunque avessimo fatto vela, ben presto demmo fondo. Così anche facemmo la Domenica, primo di Luglio, dopo fatta mezza lega; ma il Lunedì 2. per una gran pioggia, e per l’istessa contrarietà di vento, stemmo fermi. Parimente il Martedì 3. si levarono l’ancore, colla pioggia, e ben presto si riposero; appena essendosi fatte in cinque giorni tre leghe.

Vedendosi consumata alcuna porzione d’acqua, si mandò la barca a proccurarne, vicino il Monte di Batan. Curioso io mi ci posi sopra, col Sergente maggiore Vincenzo Arambolo Biscaino: e ponemmo piede a terra in un piano, dove non potevano giungerci le freccie di molti [p. 257 modifica]negritti, che andavano cacciando per lo bosco. Cominciarono ad abbajare le mogli, e figli, a guisa di cani, per far uscir le fiere avanti i loro mariti, e padri, di già posti in aguato. Per mentre adunque si caricava l’acqua, stemmo con molto timore; perocchè non eravamo in istato di far fronte, con due scoppietti, contro centinaja di Neri, armati d’arco, e freccie, aste corte, e lunghi coltelli; onde mi ritirai io nella barca, senza voler sapere di caccia, come l’Arambolo. Gl’Indiani però marinaj del nostro Vascello, dal Bosco portando l’acqua, non venivano punto offesi dagli uomini silvestri, perocchè fra di loro si trattano amichevolmente. Tolta l’acqua, tornammo, dopo mezza notte, al Vascello, con più paura, che fame; avendoci convenuto star sulla nostra, non solo a cagion de’ Negritti; ma eziandio degl’indomiti Sambali, che tengono occupata parte di quel monte.

Il Mercordì 4. non facemmo mossa, a causa del vento contrario. Il Giovedì 5. prima dell’Alba, ci ponemmo in cammino, a seconda della Corrente, e con poco vento; ma fatta appena una lega, divenuto il vento contrario, ne fece dar fondo, vicino la bocca di Marìbeles. Venne il [p. 258 modifica]Corregidor, con un picciol Parao, (ch’è un tronco cavato, con ducale di legno a lato, acciò non si volti sossopra) a portare alcune frutta al Generale, e poscia ritirossi. II Venerdì 6. continuò l’istesso vento, con quelle pioggie, che giammai non mancano nelle vicinanze di Manila.

Il Sabato 7. vedendosi rinforzare il vento, e la pioggia farsi tempestosa, levammo l’ancore, e ponemmo il Vascello al coverto, sotto il monte di Batan; onde io non volli perder l’occasione di scendere a terra di bel nuovo. Continuando gl’istessi venti Australi, e le pioggie, ne stemmo fermi la Domenica 8. nel medesimo luogo: come anche il Lunedì 9. Il Martedì 10. si fece un poco di cammino; ponendo prima l’ancore, e poi tirando avanti il Vascello, con un capo. Altra noja io non sentiva, che il caldo; perche quanto a quell’altra, sì familiare nell’altre navi, cioè de’ pidocchi, non ve n’erano per pensiero; poiche (come è detto) in quel clima non se ne generano addosso agli Europei. Si fece poi diligenza sotto coperta, per vedere se vi erano vasi, che, in vece d’acqua, contenessero mercanzie, sotto colore di portarle più conservate: e se ne buttarono molti in Mare, con pepe, porcellana, ed [p. 259 modifica]altre cose di valore. Acchetato il vento Meridionale, e sottentrato il Boreale, si levò l’ancora il Mercordì 11. prima dell’Alba, e passammo, con poco vento, a seconda della Corrente, fra l’isola di Maribele, e’l monte di Batan; sicchè al cader del Sole passammo la punta di Maricondon, e Limbones; e poscia lo scoglio di Fortun.

Il Giovedì 12. verso mezzo dì, lasciammo addietro la disabitata Isola d’Ambil, e la vicina di Luvan; fra la punta della quale, è quella di Calavite, dell’Isola di Mindoro, passò, correndo fortuna, il tante volte mentovato Galeon di S. Giuseppe. Lasciammo parimente, prima del tramontar del Sole, la punta di S. Giacomo, posta nell’Isola di Manila, e che forma il seno di Balayan. Costeggiammo il Venerdì 13. l’Isola di Mindoro, da quella parte, in cui fa un lungo, et alto cordone di monti, e due lati del suo triangolo; oltre un lungo, et alto braccio, che si stende verso Mezzo . Questa Isola è abitata, per la maggior parte, da Manghiani silvestri, non per anche soggiogati. Sono eglino di faccia olivastra, e portano capelli lungi. Mi riferirono quei Padri Gesuiti Missionarj, ch’erano nel [p. 260 modifica]Vascello, che costoro hanno una coda, mezzo palmo lunga. Eglino non fanno male agli Spagnuoli, e contrattano con que’ pochi Indiani domestici, e tributarj, che sono ne’ Casali, alle falde dell’Isola, sotto la cura de’ Padri Agostiniani scalzi. Somministrano questi selvaggi il Gamuto, necessario per le Navi; e portano a cambiare, oro, cera, pappagalli, ed altro, per riso, e cose simili. Abbonda l’Isola di bufoli, cervi, e quantità di scimie, che vanno a truppa per la marina, buscando frutta di Mare.

Facendosi più forte il vento, e contrario, a fronte dell’Isola di Maricavan (luogo vicino a Manila, con buona caccia di cervi, e bufoli) si stimò bene la notte, porci alla cappa; giacchè non si poteva passare avanti: però divenuto più violento, circa mezza notte, mal nostro grado, perdemmo tutto il cammino fatto; onde il Sabato 14. di nuovo ci trovammo a fronte della punta di S. Giacomo; e poco poscia c’innoltrammo tutto il resto del giorno. Il peggio era, che la Costa, non avea terreno buono per l’ancore, e non vi si stava a coverto de’ venti.

La Domenica 15. rimessasi la violenza del vento contrario, fummo [p. 261 modifica]bordeggiando, per passare la punta. Lasciammo primamente a destra un picciol seno, vicino alla medesima; quindi un’altro più grande, detto il Varadero viejo, e poscia lo Stretto, fra la punta suddetta di Mindoro, e l’Isola di Maricavan; a vicinanza del Seno, e Baja di Baguan, sul terreno di Manila, dove sono i Presidj di Guarnij, Balaxivo, e Batangas. Passato il capo, entrammo nel Varadero. In questo porto si fermano tutti i Vascelli, che vanno in Acapulco, per provvedersi d’acqua, e di legna. Sta egli sopra un Seno semicircolare, formato da un braccio curvo dell’Isola di Mindoro, ed altre Isole dirimpetto. Il maggior pericolo di questo stretto passo vien dalle Correnti opposte, che quivi s’incontrano, una delle quali va verso Maribeles; l’altra verso lo Stretto di San Berardino.

Dopo desinare scesi a terra, per andare cacciando, con tutto che l’Isola fusse piena di uomini silvestri. Non potei entrare nel bosco, per la spessezza degli alberi, impenetrabile a’ cani, non che agli uomini; e non trovando nè bufoli, nè cervi per la marina, ritornai alla nave colle mani vuote.