Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. V/Libro III/II

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Libro III - Cap. II

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CAPITOLO SECONDO.

Si continua il viaggio sino al Porto di Ticao.


T
Olti nel Vascello i 200. vasi d’acqua, portati dalla Galeotta del Re, che a tal fine ne era fiata aspettando, nell’istesso porto; si fece vela il Lunedi 16. con vento Australe fresco. Lasciammo a destra, presso il terreno di Mindoro, sette picciole Isolette, dette di Baco; verdeggianti per gli spessi alberi, ma disabitate; e a sinistra la punta di Galvan, nel terreno di Manila. Al cader del Sole, passammo fra l’Isole del Maestro di Campo, presso le due Isolette, appellate las dos ermanas; e quindi per tre altre picciole, dette Virreyes, parimente copiose d’alberi, e disabitate.

Il Martedì 17. prima, che si facesse giorno, passammo fra l’Isole di Banton, e la punta dell’Isola di Marinduque, che lasciammo a sinistra. Questa è molto abbondante di frutta, e radici di gran nutrimento; come anche di cinghiali, bufoli, cervi, ed altri animali; e perciò vi facemmo andar prima il Ciampan, per provvederci di rinfreschi. Sulla punta di Marinduque si vede una picciola Isola ( [p. 263 modifica]simile a quella, ch’è a Banton) detta Buctonstilo; dietro alla quale ne sta un’altra, detta Simara, abitata da Indiani domestici, della medesima maniera, che Banton. Andando noi, colla prora ad Oriente, vedevamo molto lontane, a destra, l’Isole di Romblon, de las tablas', e di Sibuyan, tutte abitate; perocchè tutto il cammino, da Manila all’Emboccadero, è un laberinto d’Isole, lungo 80. leghe, molto pericoloso.

Il Martedì 18. fummo in calma: però il Giovedì 19. ritornò leggiermente il vento, che fece innoltrarci, sino dirimpetto l’Isola di Sibuyan. Fattosi più favorevole, e forte il Venerdi 20. passammo, al cader del Sole, per lo Stretto, che fanno le due Isole, di Borias, e Masuate (ove sono ricche miniere d’oro, e i peregrini uccelli Tavoni) e poscia per l’Isola di Ticao: abitate tutte, per la maggior parte, da Indiani, non soggiogati, e soprammodo fruttifere.

Avendo costeggiato tutta la notte del Sabato 21. l’Isola di Ticao; la mattina, con due ore di Sole, demmo fondo nel porta di S. Jacinto, a fronte di Sursegon. Venne quivi l’Alcalde mayor d’Alvay, la Domenica 22.; e portò un presente al [p. 264 modifica]Generale di venti porci, cinquecento galline, e molte frutta. Venne il Lunedì 25. il Ciampan da Marinduque, carico di rinfreschi, datigli da’ Padri Gesuiti di quella Parrocchia, per gli Padri Juan Grigoyen, Antonio Borgia, e Pietro-Antonio Martinez, che venivano con noi alla nuova Spagna; uno per rimanersi, gl’altri per andare in Roma, per servizio della Missione.

Essendo divenuto il vento molto favorevole, per passare nel Seno di Ticao, levammo l’ancore il Martedì 24. a buon’ora, e fattici avanti poche leghe, colla Corrente, giugnemmo a dar fondo nel medesimo. Venne subito un P. Agostiniano Scalzo di quella Parrocchia, a recarne rinfreschi di frutta.

Dopo desinare, essendo andato a terra, per lavarmi, seppi, che il Villaggio era per l’addietro presso la marina; ma poi essendo stato bruciato dal Piloto d’una nave, quivi approdata; gl’Indiani s’erano ritirati mezza lega dentro, in mezzo al bosco. Vi sono circa 30. case di legno, coperte di nipa: e della medesima materia è anche la Chiesa, e l’abitazione de’ PP. Missionarj. Questi però la maggior parte dell’anno se ne stanno in Masuate; [p. 265 modifica]perche gl’Indiani si ritirano nel monte, ciascuno a coltivare le sue Camote, e Gave; e vengono solamente nel riferito luogo, quando vi vanno i PP. s addetti a far la visita.

Il Mercordì 25., giorno dedicato a S. Giacomo, il tempo fu contrario, in modo, che stemmo sull’ancore; quando il vascello avrebbe avuto bisogno di un buon vento di Mezzo giorno, per uscir dallo Stretto, contro l’impeto della Corrente.

Si fece la numerazione delle persone il Giovedì 26., per vedersi, se veniva nel galeone alcuno, imbarcato senza licenza; che si paga venti pezze d’otto alla cassa Reale. Sedici persone, che non la tenevano, si lasciarono a terra, rimanendosi soli ducento nella nave.

Il Venerdì 27. furono portati sul vascello cinquecento bonboni di canna, pieni d’acqua (fatti tagliare dall’Alcalde, per commessione del Generale) che aveano otto palmi di lunghezza, e grossezza quanto una coscia di uomo. Il medesimo giorno, cominciando a soffiare un Vandavale fresco, si tolser l’ancore per farsi vela: però si diede fondo di bel nuovo; essendo disparere fra’ due ajutanti, e’l [p. 266 modifica]Piloto maggiore, il quale stimava, che il vento non era bastevole.

Divenne Settentrionale il vento il Sabato 28. che impedì la partenza. Era veramente un bel vedere, il vascello divenuto un giardino notante, per la tanta quantità, e varietà di frutta, e verdure, portate dalle vicine terre (insieme con porci, e polli) in certe caracoe, o barche, cucite con canne d’India; in cui si mette per vela una stuoja, di figura piramidale, appoggiata a due legna, e a lato lunghe canne, acciò non si voltino sossopra.

Continuò la Domenica 29. l’istesso vento. La notte seguente però sopravvenne la calma, che durò per tutto il Lunedì 30.; e’l Martedì ultimo, di nuovo ritornò la contraria Tramontana. Si ebbe notizia il Mercordì, primo d’Agosto, per mezzo d’alcune barche, venute da Bagatao, del salvo arrivo del Galeon Rosario, dalla Nuova Spagna, col Real Situado. Avea dato fondo, per timore dell’Emboccadero, nel Porto di Palapa, dell’Isola di Samar; e quivi anche posto a terra il danajo, per condursi di là a Manila. Quindi alcune barche l’aveano rimorchiato, nella più vicina Costa di quell’Isola; [p. 267 modifica]perocchè, dopo aver preso una volta porto nelle Filippine, è vietato al Galeone di partirsene, senza nuovo ordine. L’istesso vento contrario ne tenne a bada il Giovedì 2. Essendosi mostrato alquanto favorevole il Venerdì 3. partimmo; però divenuto di bel nuovo contrario, ne fece di mestieri, indi a poco, ritornare in porto; dove si celebrò la festività di S. Domenico il Sabato 4., con Messa cantata.

Ritornò sì forte la Tramontana la Domenica 5. che ci obbligò a porre un’altr’ancora. Durando ancora nel Lunedì 6. passammo le nojose ore del giorno, in vedere combattere i galli, de’ quali era pieno il vascello: però dall’altro canto mi dispiaceva, perche, con tale occasione, non si mangiava altra carne, che di galli. Il Martedì 7. si mandò il Ciampan, a rifar l’acqua, che s’era consumata.

Il Mercordì 8. l’ajutante del Piloto venne prima a parole con un passaggiere, che portava a suo conto; lamentandosi quegli della mensa troppo parca: poi gli diede un banco sul mostaccio; e finalmente gli corse addosso con un coltello. Volendo il Generale prenderne informazione, volle, ch’io gli assistessi; però tutto il gastigo si ridusse in porre, per poche ore, [p. 268 modifica]amendue co’ ferri a’ piedi.

Dopo mezza notte, il Giovedì 9., cominciò a spirare Scirocco fortemente; onde parve a’ Piloti, circa mezzo dì, di partire; perocchè non si può uscire dall’Emboccadero (chiuso sempremai da Correnti impetuose) che con un vento, il quale abbia più forza di esse. Questo Emboccadero è otto leghe lungo; quattro, cinque, e dove sei largo. E’ chiuso a guisa d’un cortile, da una parte dalla Costa dell’Isola di Manila, dall’Isole di Borias, Ticao, e Masuate; dalle sei Isolette de los Naranjos disabitate, dalla fertile Isola di Capul (dagl’Indiani detta d’Ava) dalle Alupores, e finalmente dalla Costa Occidentale di Palapa: dall’altra parte dall’Isola di Maripipi (abitata da Talaxi) Tagapola, Mongol, Kamanda, e Limban quayan, che tutte insieme, per qualunque parte si voglia uscire, rendono difficilissimo il passo, per andare in America.