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Gli sposi promessi/Tomo I/Introduzione

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Tomo I - Avvertenza Tomo I - Capitolo I
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I N T R O D U Z I O N E





«L’Historia si può veramente chiamare una guerra merauigliosa[1] contro la Morte; perché togliendoli di mano gl’anni già suoi prigionieri, anzi già fatti cadaueri, li chiama in vita, li passa[2] in rassegna, e li schiera di nuovo in battaglia. Ma li illustri Campioni che in tal arringo[3] fanno messe di palme, rapiscono soltanto le spoglie più sfarzose e brillanti, imbalsamando coi loro inchiostri i fatti de Prencipi e Potentati e[4] qualificati Personaggi, tessendo come in feral tela i conflitti di Marte, e trapontando coll’ago finissimo dell’ingegno i fili d’oro e di seta che formano un perpetuo ricamo di azzioni gloriose. Però alla mia debbolezza non è lecito solleuarsi a tal argomenti,[5] e sublimità pericolose; essendo che la Politica rinchiusa nelli latiboli delli Gabinetti come la Dea cacciatrice negl’horrori[6] del fonte,[7] secondo che attesta Ouidio, se qualche Atteone spinge lo sguardo troppo curioso a spiare i suoi segreti, sprizzandoli l’acqua misteriosa nel [p. 2 modifica]«fronte, lo tremuta in ceruo, con diuenir bersaglio[8] de veltri. Solo che havendo io hauuto notitia di fatti degni di memoria, auuegnacché successi a gente meccaniche et di piccol affare, ho stimato bene di lasciarne una ricordanza[9] a posteri con scolpirli in queste carte. Nelle quali si vedranno[10] in piccol teatro luttuose[11] Traggedie di calamità, et scene di malvaggità grandiosa, con intermezi di imprese virtuose, et bontà angeliche che s’oppongono all’operationi diaboliche.[12] Et veramente considerando che questi Stati sijno[13] soggetti alla Maestà del Re Cattolico, che è quel Sole che mai non tramonta, et che sopra di essi, con riflesso lume, qual Luna non mai calante risplenda chi ne fa le veci, et gl’amplissimi Senatori quali Stelle fisse vi scintillino, et gl’altri Magistrati come erranti Pianeti portino la luce per ogni doue, venendo cosí a formare un nobilissimo cielo, altra caggione non si può dare[14] delli fatti tenebrosi[15] prepotenze, sevitie ed atti tirannici che si vanno moltiplicando, se non se arte e fattura diabolica: poiché l’humana malitia per se sola, forza bastante[16] hauer non dourebbe per deludere la vigilanza di tanti Heroi, che vanno continuamente trafficandosi per il pubblico emolumento. Perloché descriuendo questo racconto auuenuto nelli tempi di mia giouentù, abbenché la più parte delle[17] Persone in esso nominate sijno passate ad altra vita, pure tacerò per degni rispetti li loro nomi, ed il medemo farò delli luoghi, solo indicando li territorij senza specificar il paese. Né alcuno dirà che questa sij imperfezzione del racconto; [p. 3 modifica]a meno non sij persona del tutto ignara della Filosofia: che quanto agl’huomini dotti, ben vedranno[18] nulla manca alla sostanza di detto racconto; perché essendo fuori d’ogni dubitatione che i nomi altro non sono se non purissimi accidenti...».[19]

Tale è il proemio d’una curiosa storia, che avevamo animosamente impresa[20] a trascrivere da un dilavato autografo del secolo decimo settimo,[21] ad intento di pubblicarla.[22] Ma copiate le poche righe che abbiam qui poste[23] per saggio, il fastidio che provammo d’una prosa cosí fatta ci[24] fece avvertire a quello che ne proverebbero i lettori, e[25]intralasciare una fatica[26] che sarebbe probabilmente gittata. È ben vero che il nostro anonimo dopo[27]essersi sul principio sbizzarrito in concettini e in figure, piglia poi nel racconto un[28] andamento piú posato e piú piano,[29] e solo di[30] tratto in tratto spicca[31] qualche salterello[32] d’ingegno,[33] dove il soggetto lo richiede a parer suo.[34] Ma[35] quando egli cessa d’esser gonfio[36] diviene[37] cosí pedestre! cosi sguaiato! Anzi,[38] come il lettore ha potuto accorgersene, ha l’arte di riunire queste qualità opposte in apparenza, e d’esser rozzo insieme e affettato nella stessa pagina, nello stesso periodo, nello stesso vocabolo: arte del resto comune a quasi tutti gli scrittori del suo tempo, nel paese dove egli scrisse.[39] [p. 4 modifica]Ogni epoca letteraria ha un fare suo proprio, una maniera, per dir cosí,[40] che si fa[41] scorgere a prima vista negli scrittori dozzinali;[42] e della quale i più distinti e originali non vanno mai esenti del tutto. In Italia poi, spesso, e forse[43] ad ogni epoca, oltre la maniera generale v’ebbe in ciascuno Stato, e principalmente in ciascuna città capitale una maniera particolare che era una modificazione[44] di quella; ne riteneva alcuni caratteri, e ne aveva altri suoi proprii. Erano come tante varietà d’una specie.

[45]Nella seconda metà del secolo 17º quando scrisse il nostro autore, quel carattere generale[46] che dominava in tutta la letteratura italiana, e che consisteva in uno sforzo per trovare il maraviglioso ebbe secondo i luoghi varie modificazioni[47] e nella intenzione[48] e nell’effetto, facili a distinguersi;[49] dove una affettazione di finezza[50] pensata,[51] dove una esagerazione impetuosa;[52] queste differenze si potrebbero osservare nelle[53] varie circostanze, e negli antecedenti di coltura dei diversi paesi.[54] In Lombardia aveva un [p. 5 modifica]carattere di rozzezza, di trascuraggine, d'incoltura nei pensieri come nella lingua: il che era troppo naturale in un paese dove pochi leggevano e poco, e dove non si era mai parlata la lingua che[55] s’adopera negli scritti. Abbiamo fatta questa osservazione[56] perché da quel saggio non si deduca che il nostro autore fosse uno dei peggio scrittori del suo paese e si[57] faccia tristo concetto della storia. Era anzi alquanto al di sopra della proporzione media: ma in verità se io avessi[58] avuta la pazienza di trascrivere questa storia che ho tuttavia dinanzi agli occhi, voi non avreste quella di leggerla. La storia però ci parve interessante;[59] e non avremmo saputo risolverci a lasciarla in quella ingiusta dimenticanza in cui è giaciuta finora. Abbiamo[60] perciò stimato pregio dell’opera rifarla interamente, non pigliando[61] dall’autore che i nudi fatti[62] e d’altra parte noi rispettiamo troppo il gusto severo dei nostri lettori per metter loro dinanzi simil roba.[63] In questa parte il nostro autore è di tanto più inescusabile, che[64] i fatti da lui raccontati somministravano[65] occasioni frequenti[66] di riflessioni sensate, e [p. 6 modifica]ingegnose: del che abbiamo dovuto convincerci alla prova; perché[67] a noi mentre leggevamo con compassione le sue,[68] venivano in mente su quegli stessi soggetti,[69] riflessioni, che[70]....

Certuni di quei fatti,[71] e certi costumi dipinti in questa storia ci parvero cosí nuovi, cosí strani e peggio, che a malgrado dell’aria di[72] sincerità del narratore, a malgrado anche di quel suo stile goffo che ispira una certa fiducia, per quella inclinazione che si ha a supporre che la bugia sia sempre adorna noi non abbiamo stimato che fosse da credergli in tutto senza esame. Ci siam dunque dati a frugare nelle memorie di quel tempo; ma un tale esame[73] ha cangiato in convincimento il presentimento che avevamo della veracità dello storico: abbiamo trovato non solo[74] costumi, e fatti molto congeneri ai narrati da lui: ma talvolta i fatti[75] stessi,[76] raccontati piú succintamente o accennati.[77] E non mancheremo di allegare queste testimonianze[78] per acquistar fede a quei fatti, ai quali[79] per la loro straordinarietà, il lettore sarebbe piú inclinato a negarla.[80]

Quanto allo stile,[81] d’una sola cosa crediamo dovere avvertire il benigno lettore. Egli vedrà che noi abbiamo conservate[82] non solo nei dialoghi, ma anche nel racconto[83] [p. 7 modifica]vocaboli,[84] modi proverbiali, frasi assolutamente Lombarde. Su di che, ecco la nostra scusa, la quale noi desideriamo che sia pigliata in conto di buona ragione.[85] Le frasi di questo genere che[86] si troveranno sparse in questi volumi, benché usitate soltanto in questa parte d’Italia,[87] si fanno intendere a prima giunta ad ogni lettore italiano. Se noi avessimo conosciute frasi dello stesso valore le quali fossero non solo intelligibili, ma adoperate[88] negli scritti e nei discorsi per tutta Italia, certamente le avremmo preferite, sacrificando di buona voglia[89] l’imitazione d’una verità locale alla purezza della lingua; persuasi come siamo che quel primo[90]vantaggio [91] sia da trascurarsi, anzi non[92] sia vantaggio quando non si possa[93] conciliare[94] col secondo.

[95] Oh! dirà qui taluno, è questa una giustificazione o una burla? Come pensate voi a scusarvi di quella picciola libertà, quando una cosí grande e cosí strana ne avrete presa in ogni luogo? quando tutta questa vostra[96] dicitura è un composto indigesto di[97] frasi un po’ lombarde, un po’ toscane, un po’[98] francesi, un po’ anche latine;[99] di frasi che non[100] appartengono a nessuna di queste categorie, ma sono cavate per analogia e per estensione o dall’una o dall’altra di esse? quando[101] perfino conciliando, come il nostro autore, due vizii opposti avete[102] piú d’una volta peccato di arcaismo e di gallicismo in un solo vocabolo? dimodoché non si potrà forse nemmeno dire dove specialmente pecchi questa lingua che adoperate?[103] non si può dire se non che è [p. 8 modifica]cattiva lingua. Voi fate come[104] chi dopo aver pesto un galantuomo a furia di sassate gli chiedesse poi scusa di avergli fatta qualche picciola macchia su l’abito.

Ringrazio[105] prima di tutto, molto cordialmente il cortese che mi fa questa censura; perché dessa[106] prova ch’egli ha letto o tutto o almeno in gran parte il mio scritto. E appresso, lo prego di scusarmi se non gli posso rispondere. Non è giá ch’io non abbia[107] ragioni da addurre per mia discolpa, non è nemmeno perché io mi vergogni di diffondermi in un sí frivolo argomento come sarebbe la mia propria giustificazione: giacché lasciando[108] da parte questa miserabile applicazione, la[109] questione generale è per sé vasta e importante. E questo appunto è il motivo[110] per cui non posso rispondere al cortese censore; perché le ragioni son troppe.[111] Ci bisognerebbe un libro: e il cortese censore sará d’accordo con me che di libri[112] uno per volta è sufficiente, quando non è troppo.

[113]Basta all’autore che altri non creda avere egli scritto male per noncuranza di chi legge, per dispregio del bello e purgato scrivere,[114] che sia di quelli che[115] hanno per gloria lo scriver male.[116] Per gloria! quand’anche[117] essa fosse impresa difficile,[118] tanti vi hanno sí ben riuscito, che poca gloria ne debbe toccare a ciascuno. Scrivo male:[119] e si perdoni all’autore che egli parli di sé: è un privilegio delle [p. 9 modifica]prefazioni, un picciolo[120] e troppo giusto sfogo concesso alla vanità di chi ha fatto un libro: scrivo male a mio dispetto; e se conoscessi il modo di scriver bene, non lascerei certo di porlo in opera. I doni[121] dell’ingegno non si acquistano, come lo indica il loro nome stesso; ma[122] tutto ciò che lo studio, che la diligenza[123] possono dare,[124] non istarebbe certamente per me ch’io non lo acquistassi.

Che cosa poi significhi scriver bene non credo che alcuno possa definirlo in poche parole, e per me, anche con moltissime non ne verrei a capo. Ecco però alcune delle idee[125] che mi sembra doversi intendere in quella formola.[126] A bene scrivere bisogna[127] sapere scegliere quelle parole[128] e quelle frasi, che per convenzione generale[129] di tutti gli scrittori e di tutti[130] i favellatori (moralmente parlando) hanno quel tale[131] significato:[132] parole e frasi che[133] o nate nel popolo,[134] o inventate dagli scrittori, o[135] derivate da un’altra lingua, quando che sia, comunque, sono generalmente ricevute[136] e usate.[137] Parole e frasi che sono passate dal discorso[138] negli scritti senza parervi[139] basse,[140] dagli scritti nel discorso senza parervi affettate;[141] e sono generalmente e indifferentemente adoperate all’uno e all’altro uso.[142]

Parole e frasi divenute per quest’uso generale ed esclusivo tanto famigliari ad ognuno, che ognuno (moralmente [p. 10 modifica]parlando) le riconosca appena udite;[143] dimodoché se un parlatore o uno scrittore per caso adoperi qualcheduna che non sia di quelle, o travolga alcuna di quelle ad un senso[144] diverso dal comune, ognuno se ne avvegga[145] e ne resti offeso; e per provare che quella parola sia barbara, o inopportuna non debba frugare un vocabolario, né ricordarsi[146] (memoria negativa che debb’esser molto difficile) che[147] quella parola[148] non è stata adoperata[149] dai tali e dai tali scrittori, ma gli basti appellarsene alla memoria, all’uso,[150] al sentimento degli altri ascoltatori[151] i quali fossero mille, converranno tosto del sí o del no. Parole e frasi tanto famigliari ad ognuno che[152] il parlatore triviale e l’egregio cavino dallo stesso fondo, e dopo d’averli uditi successivamente,[153] un uomo colto senta fra di loro differenza d’idee, di raziocinio, di forza etc. ma non di lingua. Parole e frasi, per finirla, tanto[154] note per uso, e immedesimate col loro significato, che[155] quando uno scrittore ingegnoso, per mezzo di analogia[156] le fa servire ad un significato pellegrino, quel nuovo uso sia inteso senza oscurità e senza equivoco, ed ogni lettore vi senta in un punto e l’idea comune, e quel passaggio quella estensione etc.[157] che sta in quell’uso particolare.

Per bene usare parole e frasi tali, cioè per bene scrivere sono necessarie due condizioni. Che lo scrittore[158] (lasciando [p. 11 modifica]sempre da parte l’ingegno) le conosca, che abbia letto libri bene scritti, e parlato con[159] persone colte, che abbia posto studio nell’udire e nel leggere e ne ponga nello scrivere.[160] Ma[161] questa condizione è la seconda. La prima[162] è che[163] parole e[164] frasi adottate esclusivamente per convenzione generale esistano, che[165] moltissimi scrittori e parlatori come d’accordo abbiano formata questa lingua ch’egli debbe scrivere, che gli abbiano preparati i materiali.

Se in Italia ci sia una lingua che abbia questa condizione, è una questione[166] su la quale non ardisco dire il mio parere. È ben certo che v’ha molte lingue particolari a diverse parti d’Italia, che in una sfera molto ristretta di idee certamente, non hanno quell’universalità e quella purità. Io per me, ne conosco una,[167] ma nella quale ardirei promettermi di parlare[168] negli argomenti ai quali essa arriva, tanto da stancare[169] il piú paziente uditore, senza proferire un barbarismo;[170] e di avvertire immediatamente qualunque barbarismo che scappasse altrui; e questa lingua, senza vantarmi, è la milanese.[171]

Ve n’ha un’altra in Italia, incomparabilmente piú bella, piú ricca,[172] di questa, e di tutte le altre,[173] e che ha materiali per esprimere idee più generali etc. ed è, come ognun sa la toscana. Se poi anche questa lingua, la quale, fino ad una certa epoca bastava ad esprimere le idee piú elevate ecc. era al livello delle cognizioni europee lo sia ancora, se possa[174] somministrare frasi proprie alle idee che si concepiscono ora, se[175] abbia avuto libri sempre pari alle cognizioni, se abbia [p. 12 modifica]seguito il corso delle idee, è un'altra questione su la quale non ardisco dire il mio parere.

Frattanto desidero ardentemente che tutti gli scrittori, e i parlatori[176] convengano[177] una volta dove sia questa lingua, e come abbia a nominarsi. Dico tutti, o il grandissimo numero,[178] perché uno, due, tre, cento non possono aver ragione soli in una tale materia. La ragione non è in quel che si possa, in quel che convenga fare, in quel che sia da desiderarsi, ma in quello che è: è quistione di fatto; e il fatto su cui si disputa è appunto se esista o no questo universale o quasi universale uso d’una lingua comune. E a dir vero il solo[179] cercarla è un gran pregiudizio ch’ella non vi sia. Certo dove ella v’è, non si fa la quistione, e se uno la proponesse non sarebbe pure inteso.[180]

Note

  1. Scritto prima marauigliosa, poi corretto l’a in e; come le iniziali minuscole di Campioni, prencipi, potentati e altri sostantivi mutate in maiuscole.
  2. di nuouo
  3. cogliono
  4. gran
  5. essendo ad
  6. Aggiunta l’h.
  7. [di cui ragiona] come attesta
  8. de mastini
  9. ai
  10. vedrà
  11. scene di calamità
  12. Et considerando
  13. Prima siino; dunque corretto il secondo i, come in altro caso e in territorii, proprii, e simili; sostituito invece all’a in sia. E cosí poi in risplende, scintillano, mutata solamente una vocale.
  14. degl’atti
  15. che si vanno moltiplicando
  16. non dovrebbe hauere per
  17. delli Personaggi
  18. che
  19. Trascritto fino a questo punto da un autografo dilavato il proemio d'una curiosa storia del secolo decimosettimo.
  20. Corretto l'o finale in a.
  21. Ma giunti a questo punto, [con l'inten] ad intento di pubblicarla.
  22. Ma giunti a questo punto
  23. date
  24. [fece pensare] avvertí di
  25. troncare
  26. probabilmente inutile
  27. avere
  28. una
  29. e non ricade in quei suoi ghiribizzi che a quando a quando nei passi
  30. quando in qu
  31. [qualcun] qualcheduno di quei saltarelli d'ingegno
  32. nei passi
  33. quando
  34. o anche per non lasciar dimenticare
  35. Mutata l’m minusc.
  36. è co
  37. [cosí sguaiato che|cosí ped|pedestra e sguaiato:] cosí pedestre, cosí sguaiato
  38. Mutata l’a minusc. Poi ha l'
  39. ognuno che abbia [un poco frugato per entro l’immenso tesoro della|un po] un poco frugato nell’immenso tesoro delle [dei libri italiani] opere dimenticate della letteratura italiana, avrà [osservato che] potuto osservare [che] come nelle varie epoche v’ebbe oltre
  40. la quale
  41. conoscere
  42. e i piú distinti [e della]
  43. ad ogni epoca v'ebbe in ciascuno degli Stati fra i quali [è div|era divisa] era divisa [ogni città|ciascuno Stato,] e in ciascuna città capitale una maniera particolare [ad ogni epoca v'ebbe in ciascuno Stato|in ciascuna città capitale] e principalmente in ciascuna città capitale una [oltre la maniera generale che domina] che i
  44. di quella; riteneva
  45. Nell'età del nostro autore que|d'arguzie che regnava intutta la letteratura italiana, e [prendeva in un luogo un] dove prendeva un carattere speciale di finezza pensata, [in un altro] dove un carattere d'impeto esagerato[; in|Nell'epoca]
  46. d'arguzia e d'iperbole
  47. facili a di
  48. Sopra, come variante forse, tendenza
  49. quivi
  50. Variante sagacità
  51. quivi un impeto iperbo
  52. quivi una|In Lom dove etc. e le diverse cagioni di|Di
  53. differe
  54. [In Lombardia] molte cagioni speciali per ogni caso [ma] una cagione comune si è la differenza dei dialetti:
  55. serve
  56. non si creda che il nostro autore fosse uno dei peggio scrittori del suo
  57. pigli
  58. durata la fatica di trascrivere la sua storia, voi non l'avreste letta
  59. e ci sarebbe
  60. quin
  61. dal manoscritto
  62. [V'era una grande abbondanza|Perché egli] Quell'uomo che doveva essere un solitario vi ha sparse per entro [rifle] le sue riflessioni a piene mani. Ma quali riflessioni! in verità non [c'è] ce n'è una che valga la fatica del ricopiarla. E per una combinazione singolare, a noi, mentre le leggevamo con compassione, venivano in mente riflessioni [diverse,] sugli stessi soggetti affatto diverse, talvolta posposte alle sue, [e sempre sensate|e sempre sensate] e per parlare modestamente, molto sensate. Onde noi abbiamo creduto far cosa grata al pubblico che ama il buono e sa gustarlo, sopprimendo quelle sue riflessioni, e innestando le nostre ai luoghi opportuni. Eppure i fatti ch'egli raccontava
  63. Ma per una [singolare] combinazione singolare
  64. perché il sogget
  65. l'|di [tutt] ben altre riflessioni
  66. di osservaz
  67. leggendo un
  68. ne
  69. che
  70. se fosse lecito [che] Basta il lettore [le] vedrà, giacché noi abbiamo creduto di far cosa grata al pubblico che ama il [buono|innestandole ai luoghi opportuni|che ama il|La goffaggine] buono, e sa gustarlo, innestandole ai luoghi opportuni. Per quanto goffo fosse lo stile del nostro anonimo noi non abbiamo [siamo però lasci|creduto] stimato però di dover credergli [alla prima] in tutto senza esame. È una idea [molto giovanile] dei giovanetti che
  71. ci parvero cosí strani, cosí fuori dell'ordinario
  72. candore del nostro
  73. ci ha convinti della verità dello
  74. altr
  75. identici
  76. e le stesse|però
  77. Noi ci|e ci varremo al caso di queste testimonianze [E dove il fatto] E per quei fatti che potre
  78. pei fatti nei casi dove
  79. il lettor
  80. Dopo d'aver detto cosí liberamente il nostro parere su lo stile dell'anonimo.
  81. che abbiamo sostituito a quello dell'anonimo
  82. Sic.
  83. molte frasi, modi droverbiali, e vocaboli
  84. frasi
  85. quelle frasi, benché
  86. noi abbiamo
  87. sono intelligibili a prima
  88. per tutta Italia
  89. il picciolo e tristo [vantaggio] merito d'una
  90. [merito] pregio è molto piccolo, anzi
  91. è molto trascura
  92. è
  93. cons
  94. con
  95. Oh! dirà qui taluno [come] che
  96. indigesta
  97. lombardi
  98. anche latine
  99. un miscuglio di parole tolte agli oratori, o ai poeti|o pescate|di frasi che talvolta
  100. non appar|sono di
  101. conciliando due vizi opposti anche
  102. spesso
  103. il solo giudizio che si può darne e
  104. colui che
  105. molto co
  106. è una
  107. molte
  108. questa da parte
  109. materia [diviene] è per se stessa vasta e importante
  110. pel quale
  111. [A|Da quel] A quella prima obbiezione fattami da non so [chi] che censura [bastavano due parole|si poteva] si poté soddisfare con due parole; per questa
  112. basta
  113. Ho creduto dover toccare questo punto perché altri non [creda] pensi ch’io abbia
  114. ch’io
  115. si vantano di scriver
  116. Vantarmene!
  117. [essa] lo scriver male
  118. è ormai riuscita [feliceme] bene a tanti
  119. [per] e perdoni il lettore se parlo di me: è un privilegio delle prefazioni, un picciolo sfogo concesso alla vanità degli autori
  120. sfogo concesso
  121. naturali che fanno lo scrittore
  122. ciò
  123. che può dare
  124. farei certo in modo di acquistarlo
  125. io stimo
  126. Adoperare quelle parole [Per]
  127. sa|adoperare
  128. che per converso
  129. negli scritti e nei discorsi hanno quel tale senso:
  130. i parlanti
  131. senso
  132. vale a dire
  133. nate o nel po
  134. o introdotte da
  135. dedotte
  136. e adop
  137. Parole e frasi che sono passate dal
  138. nelle scritture
  139. triviali
  140. dalle scritture
  141. che
  142. Parole e frasi [che ognuno t] alle quali ognuno a forza di dirle e d'intenderle, di scriverle e di leggerle ha associato [quel significato|una idea] quella stessa idea, dimodoché l'idea st|moralmente parlando|Parole e frasi tanto famigliari [ad ognuno] che ognuno moralmente parlando
  143. e riconosca e discerna tosto, e resti offeso da quelle che non sono
  144. che non sia
  145. e ne resti offeso
  146. cosa molto difficile che non è stata adoperata
  147. la tal p
  148. o quella frase
  149. dal tale
  150. alle
  151. il
  152. [due parlatori o due scrittori uno volgare, ed uno distinto|gli scrittori volgari e distinti, il non conosciuto e l'adoperato scambie] che due, tre, cinquanta parlatori volgari, mediocri, egregi [come pure dello stesso fondo adoperino pur sempre d] cavino pure dallo stesso fondo, le adoperino diversamente, ma
  153. qualunque [uditore] uomo [senta] mezzanamente colto senta fra essi
  154. stampate nella mente d'ognuno che
  155. ogni scrittore ingegnoso senza pericolo di oscurità e di equivoco, possa per analogia e per estensione
  156. e di estensione
  157. ha nell'uso
  158. le conosca [che ab]
  159. galantuom
  160. Variante nel parlare
  161. questa è la seconda co
  162. la piú
  163. queste
  164. queste
  165. molti
  166. sulla qu
  167. molto limitata
  168. purché fosse
  169. qua
  170. che fosse detto da u
  171. Ma, se ci sia una lingua universale che abbia queste condizioni, è come ripeto una questione su la quale sentirò sempre con molto curiosità e con molta attenzione il parere altrui.
  172. piú ava
  173. e piú adattata
  174. seguire il per
  175. a misura che
  176. moralmente parla
  177. dove
  178. gia
  179. disputarne [è un gra] fa sospettare che cercare una lin
  180. Si vedano, in fondo al vol., le Appendici A e B.