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Grammatica italiana dell'uso moderno/Parte II/Capitolo XXVII. Il verbo impersonale.

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Parte II - Capitolo XXVII. Il verbo impersonale.

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CAPITOLO XXVII

Il verbo impersonale.


§ 1. Si dicono impersonali o usati impersonalmente que’ verbi i quali nella terza persona singolare di tutti i loro tempi contengono in sè stessi un soggetto non personale, che talvolta viene accennato col pronome égli od e’ preso in senso astratto. Tali sono i verbi indicanti fenomeni celesti e vicissitudini atmosferiche; p. es.:

albéggia, albeggiáva, albeggiò, ecc.
annòtta
baléna
dilúvia
fiòcca
ghiáccia
grándina
lampéggia
névica
piòve
raffrédda
riscálda
tempèsta
tuòna

che talvolta sono accompagnati da e’ (vedi Parte I, cap. xi, § 3), p. es. e’ névica, e’ piòve, ecc. [p. 208 modifica]

Alcuno fra questi si usa talvolta con un oggetto che può stare anche in plurale, p. es. piòve sángue, piòve sássi, grándina saétte.


§ 2. Altri verbi impersonali o usati impersonalmente hanno, in luogo del soggetto, o un infinito (con prep. e senza) o un’intera proposizione unita colla congiunzione che. Tali sono molti verbi che esprimono necessità, convenienza, caso, successo, come p. es.:

bisógna, conviène, disconviène, impòrta, mónta, prème, cále (difettivo), rilèva, básta, spètta, tócca, ecc. ovvero e’ bisógna, ecc.

accáde, avviène, ségue, succède, occórre, rièsce, tórna, ecc. ricòrda, sovviène, ecc. léce (poet. e difett.); ovvero égli accáde, ecc.

o di quelli che esprimono apparenza, sodisfazione, dispiacere, come:

páre, sémbra, móstra (raro), apparísce, risúlta

piáce, aggráda, gárba, dilètta, gióva (raro)

dispiáce, rincrésce, duòle; ovvero e’ páre, ecc.

i quali tutti, ed altri somiglianti, sono per lo più accompagnati da un complemento indiretto personale colla prep. a e specialmente dalle particelle pronominali mi, ti, ci, vi, gli, le, nel senso di a me, a te, ecc. P. es. mi conviène partíre, mi piáce di passeggiáre; ti sémbra ch’io ábbia sbagliáto, ecc.


§ 3. Si usano negli stessi sensi molte frasi impersonali composte dal verbo fáre, p. es. fa fréddo, fa cáldo; facéva giórno, féce buon tèmpo, farà vènto, ecc.; fa d’uòpo, fa mestièri; o da èssere, p. es. è fréddo, è cáldo; è d’uòpo, è mestièri; è necessário, [p. 209 modifica]è fòrza, è bène, è mèglio, ecc.; o da stáre e andáre, p. es. sta bène, sta mále, va bène, mále; ed altri.


§ 4. I verbi èssere e fáre si usano talora impersonalmente, costruiti con un nome plurale o solo, o accompagnato più spesso da de’, dégli, délle (vedi P. II, cap. ii, § 10), p. es. è già mólti ánni, fa tre mési, è de’ giórni; fa dégli ánni. In senso locale si usano nello stesso modo avére ed èssere preceduti da ci o vi particelle avverbiali; p. es. vi ha dégli uòmini; c’èra délle dònne; vi ha persóne, ecc.


§ 5. Tutti gli altri verbi sì transitivi come intransitivi (purchè non riflessivi), si possono usare impersonalmente accompagnandogli colla pronominale riflessiva si. Esempii. Transit. si díce, si créde, si lòda, si áma, si pròva, si véde; si chiamáva, si pregò, si farà, ecc.

Intrans. si víve, si muòre, si va, si tórna, si viène, si pássa, si éntra, si impazzísce, si ringiovanísce, ecc.

E notabile uso impersonale di dáre: si dáva, si dètte, ecc.; p. es. si dà de’ cási.


§ 6. I verbi transitivi così usati possono talvolta accompagnarsi con un oggetto in plurale preceduto quasi sempre da déi, dégli, délle. P. es. si vénde de’ líbri; si táglia légne. Ma per lo più si preferisce costruire il verbo personalmente, dicendo si véndono líbri o de’ líbri; si tágliano légne o délle légne, ecc. (vedi qui addietro, cap. xxvi, § 7).

Invece delle forme impersonali con si, usasi talora il pronome indeterm. úno: úno díce, úno víve, ecc. rispondente all’antiquato uòm díce, uòm créde (vedi P. II, cap. xiv, § 2, nota). Altre volte si usa [p. 210 modifica]la terza plurale senza soggetto, specialmente con verbi indicanti una voce o una opinione pubblica: dícono, crèdono, vògliono, ecc. Parlando usiamo díce per si díce: díce che è scoppiáta la pèste; e in molti casi adoprasi in senso presso a poco uguale la prima persona plurale, p. es. quándo siámo buòni, ci sentiámo felíci.


§ 7. Anche la forma passiva con èssere (vedi qui addietro, cap. xxvi) può farsi impersonale, p. es. è détto, fu credúto, èra státo comandáto, fósse proibíto, ecc. equivalenti agli impersonali con si: si díce, si credètte, si èra comandáto, si proibísse, ecc.

L’infinito dei verbi usati impersonalmente rende impersonale il verbo da cui dipende; p. es. vuol piovere, dève parère, può piacére, ecc.


§ 8. I verbi riflessivi o reciproci non possono usarsi impersonalmente, perchè facendolo, bisognerebbe ripetere due volte la particella si. P. es. da báttersi, pentírsi, vergognársi non si può fare si si bátte, nè si si vergógna, ma conviene dire úno si bátte; ovvero ci battiámo; alcúno si vergógna e sim.

Il popolo fa l’impersonale di tali verbi premettendo loro la particella plurale ci: p. es. ci si bátte, ci si pènte, ci si vergógna; oggi ci si vedrà invece di ci vedremo, modi da tenersi come erronei.


§ 9. Essendo gl’impersonali di lor natura intransitivi, usano ne’ tempi composti l’ausiliare èssere. Esempii: è piovúto, èra grandináto, sarà tonáto, ecc. è accadúto, fósse convenúto, sarà dispiaciúto.

Si eccettuano le frasi dov’entra il verbo fáre, che prendono l’ausiliare avére; p. es. ha fátto cáldo; ha fátto mestièri.

Anche i verbi indicanti fenomeni e vicissitudini atmosferiche prendono talvolta l’ausiliare avére; p. es. oggi ha tonáto; avea piovúto; avesse lampeggiáto, ecc.

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§ 10. Gl’impersonali (transitivi ed intransitivi) composti colla particella si, adoprano pur essi, com’è naturale, il verbo èssere; ma con questa importante distinzione:

quando nella loro forma semplice sarebbero costruiti con avére, conservano il participio maschile di numero singolare; p. es. si è credúto, si èra dormíto, si fu pregáto, si sarèbbe vedúto, ecc.:
quando invece sarebbero costruiti con èssere, usano il participio plurale maschile; p. es. si è náti, si èra vissúti, si sarèbbe mòrti, si èra arriváti, si fósse ringiovaníti. Anche gli attributi si mettono in plur.; p. es. quándo si è virtuósi, si víve felíci. Ma queste maniere sono rare nei buoni scrittori.

Dalla stretta analogia che corre fra il modo impersonale e la prima persona plurale (vedi qui addietro § 6) sono nati que’ modi popolari erronei nói si loda, si lodava, si loderèbbe, si è lodáto; nói si è vissúti, e; nói si èra náti, e, ecc. Vedi Parte II, cap. xx, § 3.


§ 11. Finalmente bisogna notare che tutti i verbi impersonali non difettivi (come cále e líce si possono usare personalmente, e cioè:

quelli portati nel § 1 si usano con un soggetto supplito come Dio, Giove, il cièlo, o simili, p. es. Giove tuona, il cielo piove; ovvero hanno per soggetto l’effetto medesimo, p. es. la néve fioccáva dal cielo; o si pigliano in senso traslato, p. es. tu piòvi dolcezza, ecc. la vóce tuona, ecc.;
di quelli portati nel § 2 alcuni non si usano personalmente e nello stesso significato fuorchè nella 3ª persona plurale, come bisógnano, accádono attribuiti per lo più a cose astratte, altri si usano in tutte le persone ma cambiano significato, come ío convèngo, ío seguo che valgono ío sóno d’accòrdo, ío vèngo diètro: altri si usano in tutte le persone, senza notabile cambiamento di senso, p. es. ío pájo, tu sembri, ío ricordo, ecc.