Guida della Val di Bisenzio/Parte seconda/4

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4. Alle cave del Monteferrato

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ALLE CAVE DEL MONTEFERRATO


itinerario n. 4.

Le cave del Monteferrato danno il marmo verde e nero e il granitone o pietra da macine.

Cave del Marmo. Il marmo che si estrae da vari luoghi del Monteferrato appartiene ad una vasta categoria di minerali conosciuti sotto il nome di serpentino, per denotare che il tipo principale è così variegato e colorito da imitare quasi la pelle dei serpenti.

Tutte queste varietà potrebbero essere lavorate: ma le principali usate dall’arte ornamentale sono il marmo nero e marmo verde di Prato, di cui, esistono cave importantissime specialmente nella costa orientale di M. Piccioli e in M. Mezzano.

Il Targioni Tozzetti1 riporta quanto intorno a questi serpentini lasciò scritto il P. Agostino Del Riccio nel suo Trattato delle Pietre: il marmo nero di Prato non è molto sodo, ancora che pigli pulimento et alquanto di lustro. Noi ce ne serviamo nelle sepolture e se ne vede in opera in quasi tutte le chiese di Firenze, nelle facciate come in quella di S. Maria Novella et in quella di S. Croce incominciata, per non dir nulla di S. Maria del Fiore.

Il Targioni poi aggiunge che «nei libri di Deliberazioni e Stanziamenti degli Operai della Metropolitana Fiorentina si trova che fino dal 1365 gli [p. 70 modifica] operai fecero una convenzione colla potente famiglia dei Guazzalotri di Prato per la cava de’ marmi neri di Monteferrato. Nel 1368 la presero a fitto da Mess. Iacopo del quond. Zerino Guazzalotri. Altre conduzioni si trovano nel 1388, 1399 e 1400.

Di esso nero di Prato sono formati i contorni e rabeschi di quasi tutti i sepolcri a lastroni dei Secoli XIV e XV, che si vedono nei pavimenti delle chiese antiche di Firenze.

La seconda specie è il verde serpentino di Prato che si cava dallo stesso Monteferrato, ed è della stessa natura, ma diversifica nel colore, più chiaro e verde di vari gradi essendo anche più copioso di Talco. Egli pure è stato descritto dal P. Agostino Del Riccio Cap. 69: Gran lustro, egli dice, piglia questa sorte di serpentini di Prato; se ne cavano di buone saldezze ed ama stare in luogo dove non sia offeso dalle acque. Di questo marmo si usa far molte palle grandi (che si vedono nei capi delle scale di molte case di Firenze) e piccole e se ne fanno molte colonnette e tavolini interi. I suoi colori sono verdi non troppo accesi e il fondo della pietra è verde più buio. Si trovano vari serpentini, per i monti di Prato e per quei fossati, ma non se ne fa quel conto che meriterebbe per esserne sì gran dovizia nei nostri paesi».

Da queste cave si estrae anche oggi il marmo per gli annui risarcimenti del Duomo di Firenze e per i lavori della facciata. Piccoli pezzi se ne vendono ai marmisti per farne vasellami, piccole colonnette a sostener lumi o bilance, statuette, busti ed altro, e un tempo si spedivano così lavorati anche all’estero. Alla Mostra Mandamentale pratese del 1880 si videro [p. 71 modifica] non pochi lavori di questo marmo e fra gli altri un bel gruppo di lottatori dello Scultore Scheggi ed una tinozza per bagno, molto bene eseguita dai Chilleri marmisti in Prato.

Le cave più ricche ed importanti sono quelle di M. Piccioli, di proprietà del Sig. Ermanno Benini2.

Itinerario. Si tiene la via dell’Itin. 3 sino alla Croce di Pacciana; di qui la via segue verso il M. d’Iavello, che si vede là dinanzi colla sua cima incoronata di piante.

Giunti a Figline e seguitando la strada per la Collina di Schignano, si può salire alle Cave o per il Rio Balloni o per la strada carreggiabile.

Chi voglia andar per il primo, uscito subito fuori del borgo, deve, a sinistra, entrare nel letto del Rio e seguire una traccia di sentiero che si mostra qua e là sulla sinistra del torrente. S’entra poi in una rada pineta e si giunge alle Cave (35 min.). Se esse però non presentano i fianchi del monte squarciati e rotti e quell’aspetto grandioso, imponente, delle cave marmifere delle Alpi Apuane, si può godere però di lassù bellissima la veduta sui dintorni. È un quadro incantevole da non saziarsi mai di vedere.

La strada carreggiabile trovasi, dopo passato il Rio Balloni e il Cimitero, a sinistra: ma è disagevole per il continuo passaggio dei barocci che discendono carichi dei pezzi di marmo.

Cave delle Macini. Dalle cave di M. Piccioli si può andare alle cave della pietra da macini per un sentiero, che va pianeggiando a mezza costa ed entra [p. 72 modifica] poi in una bella pineta venendo a far capo alla casa d’un contadino detta il Bardazzi, che resta fra il M. Mezzano e il Chiesino. Da questa casa si scende per una viottola alle prime cave e da queste salendo un poco verso nord si trovano altre cave, e forse più meritevoli d’essere visitate per l’orridezza del luogo. Enormi macigni, esternamente di color ferrigno, s’ergono giganti a guisa di muraglie di fortezza, od isolate come avanzi di torrioni, al piè dei quali è il sentiero tutto ingombro di massi. Chi visitò questo luogo pittoresco di notte, ad un lume bellissimo di luna, n’ebbe profonda impressione e gli parve che da un momento all’altro apparissero le streghe come nella stupenda scena del Macbeth. Quelle roccie sono composte di vari minerali cristallizzati, i quali perchè formano un aggregato simile al granito, una specie di breccia, ebbero il nome di granitone e dalla gente del paese quello di pietra da macine E chi visita quelle cave, vede il suolo ingombro di mole quali finite, quali, abbozzate o disegnate appena, sempre racchiuse nell’ammasso gigantesco del granitone, dal quale la mano del cavatore saprà estrarle.

Di queste cave parla così nel suo Trattato sulle Pietre il P. Agostino Del Riccio riportato dal Targioni Tozzetti nei suoi viaggi per la Toscana3 La cava grandissima del Granito di Prato, cioè al luogo detto Feghine, è molto celebre e utile, perchè si è cavato infinite macini, e se ne caverà, che servono a’ mulini per macinare il grano. È pietra soda e di color bianchiccio e fa certi granetti che sono [p. 73 modifica] come argento e si possono cavare di questo Granito gran saldezze.

Chi volesse visitar queste cave prima di quelle del marmo, giunto a Figline, invece di volgere a destra passato il ponte, per la strada di Schignano, deve seguitare a diritto su per il borgo o la villa, come dicono là, e poi voltare a sinistra. Appena uscito fuori del caseggiato vedrà una stradicciuola salire su a destra per il monte; quella è la via delle cave. Avverta di non passare il torrentello che scende dal colle delle Croci, ma si tenga sempre a mano diritta e giunto dove la via si divide in due, pigli quella che volge a nord-est e sale più ripida; le cave, quelle più pittoresche e mirabili, sono là, più in alto.

Da Figline alle cave 25 minuti.


Note

  1. Viaggi per la Toscana, tomo II, pag. 434 e seg.
  2. Fu premiato con medaglia all’Esposizioni di Firenze nel 1861 — di Parigi nel 1867 — di Prato nel 1880 — di Milano nel 1881 — di Firenze nel 1887 — di Bologna nel 1888.
  3. Tomo 2° pag. 437 e 438.