Guida di Castiglione dei Pepoli/V

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V — L’Alpinismo e i nostri monti

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IV VI

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V.

L’Alpinismo e i nostri Monti.

L’Alpinismo ha giovato e gioverà molto a questi paesi montani.

Sia lode ai generosi, che, amici della scienza, cercano approfondirsi in essa, si argomentano di studiare geologicamente, etnologicamente, storicamente le nostre alture, i nostri sistemi orografici: amici della patria, cercano di conoscerne le vette eccelse, i meno noti recessi, difesa e baluardo contro gli stranieri invasori.

Essi, mentre giovano a se stessi dotando la mente di molte ed utili cognizioni dovute al continuo osservare, mentre donano al cuore le sensazioni nuove e care degli stupendi spettacoli, dei superbi orizzonti offerti dalle vette appenniniche, ci sono giovevolissimi.

Facendo conoscere i nostri monti, notandone i pregi, le bellezze; facendo risaltare i vantaggi igienici ed intellettuali che se ne possono ritrarre, non possono che farli amare da chi legge i loro scritti, da chi ascolta la loro voce. [p. 26 modifica]

Quanto è bello raggiungere le ardue cime, spaziare da esse ampiamente lo sguardo!1

Grande è il vantaggio che il corpo ritrae dall’esercizio moderato delle ascensioni alpine.

Nello scendere e nel salir l’erta, si mettono in giuoco tutti i gruppi muscolari, con una continua vicenda di sforzi e di riposi, in cui si esercitano senza mai stancarsi.

Il polmone si dilata — aumenta la capacità respiratoria — aspirando un’aria sempre più pura ed elastica, di mano in mano che si ascende nelle alte regioni dell’atmosfera.

L’aria dei luoghi elevati è quasi sempre priva di agenti patogeni, di microbi, per la scarsezza della popolazione e la mancanza quindi di materiali putridi — letame, latrine, oggetti di rifiuto, che circondano l’uomo.

L’aria è inoltre ricca d’azoto — specialmente, ove son conifere ed altre piante resinose; — e l’azoto ha molta azione nel favorire il ricambio materiale e nell’uccidere i microbi, i bactèri.

L’occhio si acuisce nelle lontananze e si riposa, riposo dell’accomodazione: e fin le braccia e le mani trovan qualche cosa da fare nei momenti più scabrosi.

«Il sole ci scalda senza pericolo, il vento ci batte in breccia senza polvere, e l’uomo, per dir cosi, nuota nel suo naturale elemento con la vivace [p. 27 modifica]espansione di tutte le sue forze. I copiosi sudori trascinano fuori, come torbide correnti, una grande quantità d’infezioni».

Così Emilio De’ Marchi, non ha guari rapito all’ammirazione ed all’affetto degli Italiani, nel suo classico lavoro — «L’età preziosa».

C’è chi propose — Maragliano — il salir l’erta, come mezzo curativo in certe affezioni del cuore.

Quanto giovano le lunghe, ben proporzionate gite, specialmente Alpine, od Appenniniche, sui monti insomma!

Troppo noto e troppo eloquente è, tuttodì, il monito che lanciava il Leopardi nel deplorare il suo mancato sviluppo fisico, in gran parte prodotto dalla nulla educazione fisiologica; troppo noto e troppo eloquente, in senso contrario è quello lanciato, quasi in aria di trionfo, dall’Humboldt. Entrambi questi esempi sono riportati dal Mosso nell’aureo libro suo «La fatica» ove egli al pari dello Spencer, del Berra e di altri non meno illustri, parla di quanto l’educazione fisica sia in tutto giovevole.

Note

  1. Manni Giuseppe — Rime, Firenze, Le Monnier, 1900. Salendo l’Appennino.