Hypnerotomachia Poliphili/XXXIII

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[p. 444 modifica]ritrovasse che simigliante proprietate, gentilicio morigeramine, et ducibile humanitate. Per la quale cosa cautamente gli feci essere data la sequente Epistola.


EPISTOLA PRIMA LA QUALE POLIPHILO NARRA ALLA SUA POLIA HAVERE SCRIPTO, ET ESSA UNQUANTULO NON MOVENTISE, LI MANDOE LA SECONDA.

AA
VIDISSIMO ET SUMMAMENTE PERCUpido di revelare alquantulo la non mediocre fiamma dello impatiente Core. Il quale per il tuo praeclaro et singulare amore assai et validamente infiamato languente se consuma. O di venerato praeclara, et dignissima Nympha, unico in terra di bellecia mirabondo, et perfecto exemplare. Cum queste non parolette, ma profuse et non impedite lachrymule liturando il praesente papyro, ho preso questo tollerabile, et honesto auso, non temerario, ma oltra il credere fortemente impulso dal continuo stimulo, et da molesta assiduitate d’amore infesto, propalare, et dechiarire la mia incredibile passione, et sincera dilectione, che io per te, et ad te porto, mio dolce bene, et dolce mia sperancia, et solo refrigerio de gli mei non cognosciuti affanni, et non pensati da te langori. Alla quale cum pietose voce, et riverente parole, et humile prece, il stato mio in discrimine ricomando, et del mio sagittato et vulnificato core, supplicando soccorso a moderare il disordinato incendio. O Polia diva luce, et mia veneranda Dea, non te insurdire preco hora ad gli mei opportuni mendicabuli, et rogati cum il vulto demisso deprecatore, da calidissimo amore fervescente, te chiamo, te invoco, che festini tempestivamente salubre adiuto, efficace conforto, necessario sublevamento. Il perché essendomi cum gli rapaci uncini degli stelliferi ochii tui il core dal pecto mio divulso, è originata la causa di questo mio inepto et incompto scrivere, da me confuso, et da amore disposito. Et già negli praeteriti giorni, io harei tentato il simigliante, ma unque ritrovare ho potuto modo cusì conveniente et arcano. Dunque per tale rispecto questo mio crucioso tormento manifestare tacitamente restrinxi differendo. Diciò al praesente poscia che non più lento et suspeso, il disiderio mio, intruso, et inclaustrato non l’ò potuto infrenare. Imperoché la violentia del mio amore, cusì vole, et la mia prava sorte, ad questo mio comperto modo, et dulcissimo exordio me urgie, me tira, o Nympha egregia, et di chiunque mai si fusse bellissima. Dunque attendi, et commovite pia, praestate benigna, rendite cum placamento unibile ad tanta benevolentia [p. 445 modifica]dilectione et amore, oltra omni cogitato, a questo mysterio necessaria sospitatrice, perché hora più del usato, questo mio caeco foco, renuente di più stare suppresso, et contecto. Io gli ho tribuito licentemente questo exito et respiracolo, manifestando, quanto sia la improbitate et insolentia dello intenso amore, non conveniente, più di hora in hora, ma assai et sufficiente passionato transfodere, il core mio et transfigere, et revelare solicitamente il secreto martyrio, che io te amando supporto, et più non occultare tante mie diutine et indesinente poene. Le quale volentiera per tuo venerato amore amaricatome, reputo cum integritate d’animo laudabile actione tolerare, maximamente fermo tenendo, che tu sii di natura humanissima et mollicabile, nobile et magnanima, et di costumi comprobata, nell’aspecto mitissima, et di ingegno perspicua, et di urbanitate elegante. Munifica et liberale, praeclara di omni virtute. Tutti questi particulari et amplissimi doni ad te communicati dagli alti coeli, cum quella innata facundia, et conspicuo, et luculento parlare, et divi aspecti, et attractivi sembianti, cum la forma ultra la humanitate praestante, cum decoro polimine speciosa et spectabile, me traheno a translatare l’anima et il core, et la vita nel tuo albicante sino. Me traheno venerabondo insatiabilmente ad mirare, et poscia insensato me lassano. Daposcia più subtilmente quelle considerando, satisfacio al mio sperare, di consequire il mio optato disio. Altramente tante eximie, et sublime conditione sarebono allucinate, offendando di ingratitudine la benignitate del artifice gratioso, venustissima Polia dunque piaquate hora a questi mei primi parlari, et anxioso scrivere offerirte, cum fronte serena, et porgere non dubiosa fede, che io ti porto il magiore et il più singularissimo amore, che mai al mondo amatore a donna portasse. Et però excita la tua benigna auditione, a queste iuste et honeste petitione, che io solamente domando il tuo piacevole et pretioso amore. Il quale oltra lo ornamento, sarae solacio et conservamento del mio fugitivo vivere, et ad gli mei acerbi angori moderamine, et proficuo lenitivo. Et dummentre viveroe, altra mai poterò amare sencia fallo che te, cum venerabile famulitio, et subiecto, succumbere, quale al mio solo Divo signore. La cui inopinabile praestantia di bellece, me hano traportato a questo periculoso passo. Che io non so imaginare per quale modo io tutto in te sia vivo, et in me tutto morto. Ignaro della animadversione della mia misella vita.

Per la salute della quale, d’altronde non so trovare adiuvamento, si non et dì et nocte, et da qualunque hora di te dolcemente pensare, et pensando fingere uno aptissimo remedio il quale in praesente più necessita che mai. Altramente invalido et infirmo di resistere all’ampliatione di tanta E [p. 446 modifica]continua flamma succederae la rapace et exitiale sorte. Per la quale cosa, una di queste, per omni via mi converae da te acceptare. Si alla salute benigna et mite hogi mai te praesterai. Eccomi la foelicitate praesentanea. Eccomi una triumphante victoria adepta. Eccomi una corona d’amore potita. Eccomi pieno contento, et si per aventura (ch’io non mi suado) il contrario facesti. Eccome erumnoso, miserabile, et discontento. La una ambidui satisfacti. L’altra discontenti. Cum vanamente poscia pentirsene. Non consentire per tanto Polia decoramento Nymphale, et amantissima mia di incorrere in questa infame nota che tu consenti al mio almicidio. Perché la tua sublime conditione repugna et discrepa dalla impietate. Niente dimanco, io ti offerisco la oblata et immolata alma, et il mactato core che d’ambidui licente (Come signora) et al tuo libito disponi. Imperoché im perpetuo affectuosamente, et vivo, et morto tuo sum. Vale.

Credando Sacra Matrona che la Damicella, alle mie amorose parole alquanto debitamente essa commota assentisse. Non altramente che il chiamato Corydone da Batto soccorrete al suo dolore. Ma non per altro modo io dispersi vanamente il mio scrivere et parlare, che ad una marmorigena statua. Et tanto fructo alhora feceron gli mei parlari. Quale ova Hyponemia. Et peroe ragionevolmente considerando, che il primo colpo non sfinde l’alboro. Cum herculea audacia, che Amore in me spirava, et per la [p. 447 modifica]comperta via commodamente di scrivere. De llà a pauculi giorni, questa seconda epistoletta sedulo et intentamente supersedendo alla mia salute, gli mandai a dire. Se meno fusse l’aspro mio tormento, che la tua usata crudelitate Nympha bellissima et Polia macta virtute alle mie longe afflictione, cum blandivola sperancia mi suaderia a patientia. Ma chiaramente hora io cognosco (per la mia prava et impropitia Stella) la tua cruda saevitia et feritate, qualunque mio incendioso martyrio superchiare et ultra cedere. Dunque che iuva, che vale ad amore di acrescere et incrementare, omni hora, al mio già consumpto corculo, uno tanto dolce foco, si più atroce et frigescente sempre te monstri, più che rigente gelo. Et il pecto tuo più algorifico, che non sono Derce et Nome fonti et più che Salamandra freda che cum il contacto il foco extingue. Alla mia ancillare et servile patientia, et agli mei notificati voti et indicato affecto. Tanto più succenso, quanto più il contrario si oppone della tua ispiacevolecia. Niente dimeno, disvinculare non posso l’amorosa et solida cathena, che sotta tanto molle et premente iugo angariosamente me tene. Immo quanto più ricalcitro, tanto più me implico, preso et captivo in questa amorosa Nassa. Quale muscula nella inextricabile opera di Aragne involuta. Et cusì strictamente revincto, et mancipato et captivo, non valido né apto alla fuga, constrecto son ch’io flectendo me ad te inclini. Perché in te sola consiste la mia libertate pretiosa, et omni mio necessario bene, onde si apertamente intendi Signora mia tanto sincera, et consumata dilectione, et tanta voluntaria subiectione, et tanto activo et operoso amore, perché dunque non voli acceptare tanto liberamente queste cose ad te donate? Cum tutta la vita oblate che nelle tue delicate mano ancipite pende? Heu dulcissima et bellatula Polia soccorri te preco, et lassa et concede penetrare, uno pauculo queste mie (non superbe, non arrogante) ma divote parole nel tuo core. Et suscita in te alquantulo di compassione, recevi gli caldi sospiri, ausculta gli mei domestici et familiari lamenti, cognosci la cordiale benivolentia, attendi ad sì fedele, et mansueto subdito. Imperoché avidutamente io mi moro, me consumo, del tuo immoderato amore. Intanto che tutto il mondo non potria ritraherme né da questo né summovere (più firmissimo di Milone) che io sopra omni altra pretiosissima cosa excessivamente non te ami, coli, et reverisca, et che io cernuo non te adori, o effigiato et vero simulachro di Dea dinanti agli ochii mei, et lo intuito mio publicamente tanto conspicuo et insigne representato. In nel quale limpidissimamente vedo depincto omni mia salute, et expresso omni mia pace dilecto et contento. E ii