I naufraghi dello Spitzberg/2. A bordo della Torpa

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2. A bordo della Torpa

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CAPITOLO II.

A bordo della “Torpa„.


I
l signor Foyn udendo quella proposta che non s’aspettava di certo, non ignorando che una simile spedizione sul principiare dell’inverno, poichè in quelle alte latitudini l’autunno non esiste, poteva costare la vita a quell’audace baleniere, aveva steso rapidamente la destra, dicendo con viva emozione:

– Grazie, signor Tompson.

– Di cosa? – rispose il baleniere. – Io faccio i miei affari, rendendovi un piccolo servigio e nient’altro.

– Siete un uomo che ha del coraggio da vendere.

– Sono un uomo di mare, come lo siete stato voi.

– Ma avete pensato ai pericoli che dovete affrontare, signor Tompson?

– Io ed i ghiacci siamo vecchi amici.

– Sì, ma vi bloccheranno.

– Lo so, ed io svernerò alle Spitzberg coi vostri disgraziati equipaggi. Avrò il tempo di fare un bel carico di olio di foche e di trichechi.

– Vi darò una delle mie migliori navi e tutto il [p. 13 modifica] carico che riuscirete a raccogliere sarà vostro, di più vi pagherò uno stipendio che sarà doppio di quello dei miei capitani.

— Lasciate andare, signor Foyn. Mi accontento del carico e sarò lietissimo di ricondurvi gli equipaggi naufragati.

— Ditemi, signor Tompson, conoscete le Spitzberg?

— Sì, avendo approdato già due volte.

— E contate proprio di svernare fra quelle isole?

— Prevedo che i ghiacci non mi permetteranno il ritorno, ma non temete. Ho svernato ancora all’isola Jan Mayen ed a quella degli Orsi.

— Quanti uomini volete?

— Mi basteranno venticinque o trenta.

— Vi aggiungerò quattro balenieri. Potete incontrare dei cetacei e farà meglio i vostri affari.

— Non li rifiuterò di certo, disse Tompson, sorridendo.

— Allora non perdiamo tempo... ma...

— Che cosa?

— Accettereste un mio amico?

— Volentieri, signore. Mi terrà compagnia.

— È uno scienziato di Halmstad, un bravo giovanotto che è qui venuto per fare delle osservazioni sui ghiacci e sulle aurore boreali. Sarà ben lieto di accompagnarvi alle Spitzberg.

— Troverà in me un buon compagno, signor Foyn.

— Andiamo a scegliere la nave. Domani, se vorrete, potrete prendere il largo.

— Meglio così. Non bisogna aspettare che i ghiacci scendano al sud.

Vuotarono i bicchieri e usciti dalla casetta, si diressero verso i bacini, dinanzi ai quali si trovavano ancorate le navi destinate alla pesca dei colossali cetacei. [p. 14 modifica]

Vedendo i suoi uomini raggruppati dinanzi all’abitazione, il signor Foyn si rivolse a loro salutandoli colle mani, dicendo poi:

— Tornate pure alle vostre occupazioni, ragazzi miei. La flottiglia delle Spitzberg è naufragata, ma stiamo organizzando una spedizione. Non temete: se Dio ci aiuta, rivedrete ancora i vostri amici.

La flotta del signor Foyn era numerosissima e non vi era bisogno di perdere troppo tempo nella scelta. Contava parecchie navi a vapore di piccola portata, ma dotate di una grande rapidità, incaricate di pescare e di rimorchiare i cetacei che si mostravano lungo le sponde del Finmark e del Varangefiord, poi molte navi a vela, brick, brigantini e skooner destinati alle pesche lontane, alle Spitzberg, alla Nova Semlia e all’isola degli Orsi.

Tutta avevano le loro scialuppe baleniere sospese alle grue e portavano due cannoncini o meglio due grosse ma corte spingarde, pel lancio delle palle esplodenti o delle palle a punta.

Il capitano baleniere, con un solo sguardo abbracciò tutte quelle navi di varia portata e di forme diverse e arrestò gli occhi su di uno skooner di forme arrotondate e massicce e con un’alberatura altissima.

— Ecco una nave che somiglia alla mia, diss’egli, indicandola al signor Foyn. I fianchi larghi sono da preferirsi contro le strette dei ghiacci.

— Vi accomoda quello skooner?

— Sì, signor Foyn.

— Avete un buon occhio, mio caro Tompson. La Torpa è infatti una buona nave che i miei capitani si disputano. Ha uno sperone solido e quantunque abbia forme assai arrotondate, fila i suoi sette od otto nodi all’ora, senza affaticarsi. [p. 15 modifica]

– Porta?

– Trecentoventi tonnellate.

– È armata?

– Completamente, essendo ritornata la settimana scorsa. Signor Tompson, andiamo a far colazione, mentre i miei uomini cominceranno l’imbarco dei viveri e di tutti gli oggetti necessari per una lunga campagna nei mari del nord.

Fece chiamare il mastro d’equipaggio dalla nave scelta dal baleniere e gli diede gli ordini necessari, onde la Torpa fosse pronta per le prime ore dell’indomani, poi passò amichevolmente il suo braccio sotto quello di Tompson, e si diresse verso la sua abitazione che sorgeva a cinquecento passi dagli stabilimenti.

Era una casa costruita tutto in legno di larice, a due piani, col tetto molto aguzzo e adorna di fregi come i châlet svizzeri, tutta dipinta in rosso vivo, colle finestre e colle porte doppie per non lasciar sfuggire il calore interno, durante il lungo e rigorosissimo inverno.

Un piccolo giardino, dove fiorivano stentatamente alcune piante dei climi temperati, ma che erano destinate a perire alle prime nevicate e dove s’alzavano dei pittoreschi gruppi di abeti e di betulle, la circondava. Non mancava nemmeno una piccola serra, attraverso i cui vetri si vedevano delle stufe di dimensioni mostruose e delle piante dei climi caldi, ma mezze intisichite non ostante il calore infernale che doveva regnare là dentro.

Il signor Foyn introdusse il baleniere in un salotto ammobiliato semplicemente, ma elegantemente, con grandi poltrone imbottite e foderate di pelle d’orso, con tende pesanti che dovevano riparare dai più lievi soffi d’aria, con lampade di metallo dorato, con grandi carte [p. 16 modifica] geografiche delle regioni nordiche e con artistici trofei di ramponi, di scuri, di coltellacci, di fiocine e d’arnesi strani che dovevano essere stati acquistati dagli Esquimesi e dai Samoiedi.

Il pavimento poi spariva interamente sotto quattro superbe pelliccie di orsi bianchi, che dovevano aver avuto delle dimensioni gigantesche.

La tavola, che occupava il centro del salotto, era già imbandita e il capitano baleniere, che sentiva una punta d’appetito, fece un gesto di sodisfazione, scorgendo dei tondi ricolmi di caviale di Russia, di salmoni del Tana, delle aringhe all’olio, dei gamberetti del lago Enara, dei filetti di delfini e una allegra fila di bottiglie polverose che erano celebri: Bordeaux, Reno, Laland.

– Francia, Germania e Danimarca, disse sorridendo. Signor Foyn, volete brindare alla spedizione con dei vini di prima qualità? Sarà un buon augurio.

– Speriamolo, signor Tompson. Accomodatevi e lavorate di denti, come foste a bordo della vostra nave.

– L’appetito non fa difetto, a noi balenieri.

– Ah!... Dimenticavo il mio amico scienziato.

Premette un campanello elettrico tre volte e poco dopo entrava un uomo sui trent’anni, alto, magro, con una barbetta bionda e due occhi cerulei coperti da occhiali, ma coi lineamenti accentuati che avevano un non so che di ardito e di risoluto.

Pareva che fosse appena allora ritornato da qualche esplorazione nei dintorni dell’isola, poichè aveva ancora indosso la giacca di pelle di foca, il cappello di tela cerata e calzava i pesanti e lunghi stivali di mare.

– Lasciate che vi presenti il mio amico professore Oscar Benstorp, caro signor Tompson, disse Foyn. Ecco un uomo che vi terrà buona compagnia alle Spitzberg. [p. I modifica]..... si strinsero vigorosamente la mano. (Pag. 17). [p. 17 modifica]

Il baleniere e lo scienziato si strinsero vigorosamente la mano.

– Sarete il benvenuto sulla Torpa, signore, disse Tompson. Procurerò di non farvi annoiare.

– Ma... come?... si parte? – chiese il professore, con sorpresa.

– Il signor Tompson si reca alle Spitzberg, in soccorso della mia flottiglia.

– Ma dunque è proprio perduta?

– Tutto lo indica.

– È un disastro per te, Foyn.

– Più pei miei poveri marinai che per me, Oscar. Ma speriamo che voi possiate giungere in tempo per salvarli.

– Temi che non abbiano salvato dei viveri?

– Chi può saperlo?

– Fortunatamente alle Spitzberg la selvaggina abbonda.

– Sì, ma se non avessero potuto salvare le armi?

– È vero, Foyn, e quei poveri marinai possono correre il pericolo di morire di fame e anche di freddo. Gl’inverni alle Spitzberg sono terribili.

– Accetti di seguire il signor Tompson?

– È una fortuna che non mi lascerò sfuggire.

– Allora mangiamo e poi andremo a sorvegliare l’imbarco dei viveri.

Mezz’ora dopo, accese le pipe, il signor Foyn ed i suoi compagni si recavano dinanzi ai bacini.

La Torpa era stata rimorchiata sotto lo scalo e una quarantina di marinai lavoravano alacremente sotto la direzione di alcuni mastri d’equipaggio e d’un capitano baleniere.

Vere valanghe di provviste d’ogni specie venivano precipitate nella stiva dello skooner, essendo ormai tutti [p. 18 modifica] convinti che la spedizione sarebbe stata costretta a svernare alle Spitzberg in causa della stagione che era troppo avanzata. Balle di thè, di pesce secco, di pemmican, di vesti d’ogni specie, di pellicce; casse di biscotti, di conserve alimentari, di farina, di frutta secche; barili di carne salata, di caffè, di cioccolato, di vegetali in aceto, di succo di limone per combattere lo scorbuto, di pomi di terra, e tonnellate di carbone passavano dai magazzini di rifornimento alla nave, la quale si abbassava a vista d’occhio.

Mentre i marinai ed i facchini si occupavano del carico, alcuni carpentieri visitavano le cabine, la stiva, l’alberatura e perfino la sentina, rinforzando i puntali per meglio consolidare le costole della nave e porla in grado di resistere alle tremende pressioni dei ghiacci, rinforzando i paterazzi e le sartie, o cambiando alcuni pennoni.

Quel lavoro febbrile continuò anche durante tutta la notte, non tramontando il sole che dopo le undici, per tornare a risplendere alle due del mattino.

Alle sei tutto era pronto. La Torpa poteva riprendere il mare col rimontare della marea, la cui massima piena doveva avvenire alle otto del mattino.

– A bordo – disse Tompson, che non aveva abbandonata la gittata durante l’intera notte, in compagnia di Foyn e dello scienziato, per assicurarsi che nulla mancasse. Il vento fresca dal sud-est e prenderemo il largo rapidamente. Signor Foyn, le vostre ultime istruzioni?

– Credo che non sia necessario darvene altre. Voi sapete meglio di me cosa dovete fare.

– Spero di ricondurvi tutti i vostri uomini.

– Mi dimenticava di avvertirvi d’una cosa.

– E quale, signore? [p. 19 modifica]

– Ho fatto imbarcare due dei miei edredon addomesticati.

Il capitano baleniere lo guardò con stupore.

– Volete procurarmi delle penne pel mio materasso, forse? Vi assicuro che non ne ho bisogno.

– Lo credo; ma invece quegli uccelli vi serviranno meglio. Avete udito a parlare dei colombi messaggieri?

– Sì, qualche volta.

– Ebbene i miei edredon vi serviranno per darmi vostre notizie. Così, in caso di pericolo, colla nuova stagione potrò organizzare una nuova spedizione di soccorso.

– Ecco un’idea davvero ammirabile. Non dubitate, vi darò mie notizie.

– Partite e buon viaggio. Buona fortuna, amico Oscar.

Il capitano e lo scienziato strinsero vigorosamente la mano al signor Foyn e salirono sulla Torpa, mentre gli uomini degli stabilimenti, che si erano raggruppati sulla gettata, lanciavano tre formidabili hurrà!

Tompson salì sul ponte di comando e rizzando il robusto corpo, gridò con voce tuonante:

– Giù gli ormeggi!... La prora al nord!

Pochi minuti dopo lo skooner abbandonava l’isolotto, uscendo a gonfie vele dal Varangefiord.