Il Diluvio (Chiabrera)

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Gabriello Chiabrera

1598 Indice:Opere (Chiabrera).djvu Poemetti Letteratura Il Diluvio Intestazione 29 ottobre 2023 75% Da definire

Il Leone di David La conversione di santa Maria Maddalena
Questo testo fa parte della raccolta Poemetti di Gabriello Chiabrera

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IV

IL DILUVIO.

     L’onda ministra del gran Dio, che scese
Sì fortemente, ed annegò la terra,
A dir m’accingo; ma da chi soccorso
Deggio sperar nella sublime impresa?
5Io lo spero da voi celesti Muse.
Nell’antica stagion, che al Ciel rivolta
Pur tenea l’alma, e con l’umil famiglia
Suoi giorni puri il buon Noè traeva,
Su per la terra avea fermato il regno
10Malizia estrema, e degli abissi inferni
Ella sparse il venen per l’Universo.
Non fu securo allor da fiera destra
Capo fraterno, e le midolle e l’ossa
Ardeva altrui cruda lussuria, e ’l nome
15Del gran Tonante era tenuto a vile:
Invan girando il Sole, alma bellezza,
Chiamava il mondo, sì quaggiù vivea
Schifa del ciel la scellerata gente;

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Ma dal regno superno i cuori iniqui
20L’eterno Re non riguardava indarno.
Fra nove Cori, innumerabil Corte,
D’Angeli sacri onnipotente assiso
Reggeva il mondo: e quei beati spirti
Spandeano voci di letizia, e loda
25Sopra l’onor del Creatore eccelso:
Come da tetri abissi il mondo in prima
Traesse in bella forma, e d’aurea luce
Empiesse il sen dell’Universo immenso;
Come spiegasse il ciel, come la terra,
30Immobil pondo, ei stabilisse, e come
Termini saldi all’Oceán prescrisse.
Così cantava la milizia eterna,
Quando il sommo Signor fece sembianti
Con l’alta man, ch’ei favellar volesse,
35Ed ecco allor, che per l’eteree sedi
Chiuser le labbra, e le gioconde note
Posero in bando, e si mostraro inchini
Pronti a raccôr la incontrastabil voce:
Ma per l’aria quaggiù lampo non corse,
40Nè vento udissi, e per lo mar tranquilla
Si giacque ogn’onda, e le foreste, e i fiumi
Tacquer nell’ampio grembo della terra:
Così per ascoltar l’alto Monarca
Tutto quetossi il ciel, quetossi il mondo.
45Ed egli aprendo il suo pensier rinchiuso,
L’alma favella, ed immortal disciolse:
Udite, eterni abitator celesti,
O delle voglie mie per l’universo
Fidi ministri, io colà giuso in terra
50Ho pigliato a nudrir l’umana gente,
Pregiando lor siccome figli, ed essi
M’hanno in dispregio, e m’han voltato il tergo;
La terra, ch’io creai per mia fedele,
Tornata è meretrice: in lei doveva
55Fiorir virtute, e d’ogni vizio in fondo
Rubellante da me tutta è sepolta;
Però sul capo dell’iniqua gente
Spargerò come fiamma il mio disdegno,
Tenderò l’arco, vibrerò la spada,
60La spada mia, che i peccator divora,
Nè poserò mia destra infin che il mondo
Non vegga in solitudine diserto:
Quanti uomini ha laggiù, quanti animali
Tanti sommergerò: quaranta giorni,
65Quaranta notti io verserò dal cielo
Forza di pioggia, e d’ogn’intorno accolto
Alto diluvio inonderà la terra.
Solo del mio pensier caro e diletto
Noè, dall’onda fia securo, e seco
70I figli insieme, e le dilette nuore.
Costor rinchiusi entro ammirabile arca,
Macchina eccelsa, e per mio dir composta,
Vinceranno il furor dell’alto abisso,
E senza risco nell’Armenia andranno:
75Con essi alquanti serberò rinchiusi
D’ogni animal per abitar la terra,
Posciachè sotto il Sol fia discoperta;
Tutto altro; è ciò ben fermo: or non mi volgo
Per altrui supplicar; tutto altro immerso
80Perirà dentro il vasto sen dell’acque,
Del mio disdegno rimembranza eterna.
Così per entro un pelago di luce
Alto ei favella; ed adorando inchina
Raccolse i detti la stellante Reggia;
85Poscia del gran Signor vanti rinnova
Dolce cantando, e con eburnee cetre,
E con belli archi di gemmate lire
Empiono i folti popoli superni
L’aurea magion d’incomparabil gioja.
90Quale al giocondo april là, dove il mondo
Tra novi fior di gioventù si veste,
Se dal grande Oceán, cui dentro il Sole
Lava le rote, e lo splendor del carro,
Ei bel risorge, e ne rimena il giorno,
95Le pinte schiere de’ pennuti augelli
Alzano canti rimirando il lume,
Onde ogni cor si rasserena in terra;
Cotale a’ raggi del Signor supremo
Cantan gli alati eserciti giojosi.
100Ma rimirando il Creatore eterno
Gli uomini in terra, e gli animali eletti
Chiusi nel sen della grande arca, impose
Aprirsi in ciel le cataratte, e farsi
Dall’alte nubi alto diluvio immenso.
105Ratto a’ cenni di lui squadre volanti
D’angeli sacri per lo ciel si mosse
Rapida inverso i cardini del mondo;
Ivi con tromba adamantina innalza
Ciascun sua voce, e del gran Dio palesa
110Il saldo incontrastabile decreto:
Non così forte, s’Oceán percote
I fianchi alpestri dell’Erculea Calpe,
Rimbomba l’onda minacciosa, come
Allor dell’aria rimbombaro i campi.
115Nembi, dicean, che da principio nembi
Non eravate, anzi eravate, o nembi,
Nulla da prima, e con la destra eterna
L’eterno Creator vi pose in stato,
Udite attenti il suo voler eterno;
120Ei perchè splenda sua giustizia ha fisso,
Che ’l mondo tutto si sommerga: or voi
Quaranta dì, quaranta notti intere
Spandete l’onda de’ piovosi grembi,
Ed annegate ogni mortale in terra.
125Così dicendo ripigliaro un volo
Gli alti messaggi, e ritornaro in cielo.
E già di nubi tenebrose oscuro
Velo si stende, e se ne copre il volto
Chiaro del giorno, e dall’aeree fonti
130Spandesi immensa, insuperabil pioggia:
Tanta non mai, benchè Orïon superbo
L’aria turbasse, e procelloso Arturo
Nell’alto risorgesse, onda si sparse:
Immantenente i seminati campi
135Furo dispersi, e la fidata messe
Per gli aratori al grembo della terra,
Tutta predaro i turbini celesti:
L’alte foreste de’ gran gioghi alpini
Svelte cadean, che già cento anni, e cento
140Guerreggiaro con l’impeto de’ venti.
Usciva omai di sua sembianza il mondo,
Onda era il piano, onda la valle ed onda
Già quasi i monti, e dietro l’onde errando
Sparse perdeansi le superbie umane:
145Gli uomini di pallor tinti le guance,
E freddi il sangue infra le vene, il piede
Moveano intorno a procurar salute.
Chi sosteneva il genitore antico,
Chi porgea mano alle consorti, ed elle,
150Versando in sul bel petto amari pianti,

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Stringeansi al seno i pargoletti infermi:
Così movean le sbigottite turbe
Inverso i monti; e colà suso in cima
Altri piangea dolente i suoi tesori,
155Altri gli amor di alma bellezza, ed altri
La sommersa carissima famiglia:
Era chi vago rimirava l’acque
Tanto diffuse, e si scriveva in mente
L’acerba vista dell’orribil caso,
160Per farne istoria a’ successor nipoti:
Lasso! ma van fu suo spirar, ch’al fine
Salendo l’onda imperïosa ascose
Tutto egualmente il volto della terra.
Solo infra le procelle, infra gli abissi,
165Infra i tuoni, infra i turbini, infra i lampi,
Allor tutta secura e riverita
Nuotava l’arca; ed ascoltando i gridi
De’ cor sommersi, e l’orrido rimbombo
Dell’onde irate, il buon Noè tranquillo
170Canta la forza del Signor superno:
Ch’ei scoterà la terra, e i monti eccelsi
Al suo voler commoveransi, e ch’egli
Comanda al Sole, che ei riluca, e chiude,
Se ben gli sembra, li splendor celesti;
175Che là ’v’egli percote altri non sana
L’acerbe piaghe; e s’egli altrui rilega
Non ha destra quaggiù, che ne discioglia:
Mentre col suo poder frenò l’abisso,
Campò la terra; or che rallenta il freno
180A gran diluvi suoi tutta è sommersa:
È giusto, è giusto Dio, però conviensi,
Che giustamente il nome suo s’adori.
Così rinchiuso il vecchiarel beato
Umil cantava, e la fedel famiglia
185Alternavano seco in dolci note
Fin che la pioggia ricoperse il mondo.
Poi quando il gran Signor serrò le nubi,
E scemò l’acqua, ed appariro i lidi,
Uscì Noè sopra la terra, ed erse
190Altare e fece sacrifizio a Dio:
Ed ei gradillo, e benedisse il seme
Dell’uomo giusto, e di sua bocca impose,
Che desser prole ad abitar la terra;
Ed indi patteggiò, che in mezzo a’ nembi
195Porrebbe un arco a rimembrarsi, come
Non più con acqua affonderebbe il mondo.