Il Misogallo (Alfieri, 1903)/Prosa quarta. Dialogo fra un uomo libero ed un liberto

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Prosa quarta. Dialogo fra un uomo libero ed un liberto

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Prosa quarta. Dialogo fra un uomo libero ed un liberto
Sonetto XXVI Epigramma XIV

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PROSA QUARTA.

23 luglio 1794.

Dialogo fra un uomo libero ed un liberto.

XVII.     ῝Ρᾴδιον μὲν γὰρ πόλιν σεῖ-
σαι, καὶ ἀφαυροτέροις · ἀλλ’ ἐπὶ χώ-
ρας αὖθις ἔσσαι, δυσπαλὲς
δὴ γίνεται ἐξαπίνας
εἰ μὴ Θεὸς ἁγεμόνεσσι κυβερ-
νατὴρ γένηται.

Pindaro, Pizie, Ode IV, verso 484.

Sovvertir la Città può il vil, può il rio;
Ma ritornarla in fiore
Sol può il valore
Dei grandi veri a cui sia scorta un Dio.


Liberto. Benchè io non ti vedessi mai a’ miei dì, pure il tuo aspetto leale, ed il tuo maschio contegno mi svelano in te, a bella prima, un uomo libero.

Libero. Mi pregio infatti di esserlo, e d’inclinazione, e di nascita.

Liberto. Nasci tu forse nell’America Inglese?

Libero. Sì, per l’appunto; e fin dai primi miei anni io militai per la patria; ed ebbi alfine l’inesplicabile consolazione di vedervi e confermare e ampliare quella libertà primitiva, sotto i di cui auspicj erano state fondate le nostre colonie, ma in appresso poi dal governo Britannico ingiustamente oltraggiata.

Liberto. Voi li dovete dunque veramente abborrire cotesti Inglesi.

Libero. L’uomo libero non abborrisce che la tirannide, e il vizio. E, somma fatta, gl’Inglesi rimangono pur tuttavia il più libero, e il men corrotto popolo dell’Europa.

Liberto. Io ti credei ben piuttosto venuto dalla Luna, che non dall’America. Non lo sai dunque tu, che non c’è più oramai nessun altro popolo in Europa, che noi?

Libero. Voi, cioè i Francesi? Siccome io non leggo mai fogli pubblici, perchè non ho tempo da perdere, il tuo dire mi giunge nuovissimo, e non ho saputo mai, che voi foste un Popolo.

Liberto. Come? mentre il globo tutto rimbomba, e trema delle nostre vittorie, e conquiste, tu ignori che i Francesi si son fatti un vero, e gran Popolo? [p. 170 modifica]

Libero. Io sapeva, che i Francesi, sudditi di un Re assoluto di fatto, prestavano opportunissimi aiuti alla mia patria, per toglierne la proprietà agl’Inglesi. Ed io, a dirti il vero, arrossiva in me stesso, (e così faceano moltissimi altri Americani) nel pensare, che gli schiavi di un Re assoluto dovessero servirci di strumento di libertà contro una madre patria, ingiusta è vero per noi, ma pure libera anch’essa.

Liberto. Tu vedi oggi finalmente il buon frutto, che noi raccogliamo da quei nostri soccorsi prestativi. L’albero della Libertà, da noi traspiantato in Europa, sotto le industriose, e instancabili nostre mani alligna e trionfa. Noi non abbiamo più Re; ed i Re che rimangono ancora in Europa, tutti già già vacillanti e sconfitti da noi, per breve tempo rimangono.

Libero. Ma tu mi narri delle favole mere. Come osi tu dirmi, che voi non avete più Re? Io non so vedere in questa infelicissima terra nessuna cosa che non mi provi ampiamente la più assoluta e illimitata e insopportabile regnatura. Anzi, nello sbarcare io giorni sono in quel vostro porto dell’Oriente, la prima idea che mi destò quivi ogni qualunque cosa ch’io vedessi, od udissi, fu che voi obbedivate ad un Re frescamente impazzato.

Liberto. Oh stolto! e non vedevi tu nei volti tutti dei nostri cittadini la indipendenza e la libertà? non ne udivi tu ad ogni passo echeggiare i bei nomi tra le feroci grida del Popolo?

Libero. Io scorgeva nei volti di tutti insolenza moltissima, ed una risibile ferocia negli urli ferivami; ma nè un sol contegno di liber’uomo vedendo, io queste cose tutte a voi le credeva così comandate da un Re.

Liberto. Tu sai d’imbecille davvero. Un Re, lascia egli mai pronunziare neppure il semplice nome di libertà?

Libero. Ma un Popolo libero è egli mai insolente, sanguinario, ed ingiusto?

Liberto. Tu dunque ardisci insultare i Francesi?

Libero. E tu insultare la libertà, nominandola?

Liberto. Or via, amichevolmente parliamo. Tu mi sembri pur meritare d’essere disingannato: ed io ti voglio palpabilmente provare, che il male che tu vedi fra noi, è passeggiero soltanto; ma che il bene, che ne de’ nascere, sarà immenso, ed eterno.

Libero. Convincimi pure, se il puoi, con i detti; io ti convincerò poi dopo, co’ fatti.

Liberto. Ascoltami, e taci. Di un Popolo corrotto e marcito nella mollezza e il servaggio, ell’era cosa impossibile affatto il crearne un Popolo libero e d’alti sensi, se non si mettea mano al ferro, per estirparne i tanti membri insanabili: se non si organizzava un terror permanente per spaventare i dubbiosi, [p. 171 modifica] risolvere gl’irrisoluti, elettrizzare gli stupidi, e vieppiù inferocire gli ardenti; dai quali soltanto le memorabili e sublimi mutazioni promuover si possono, e consolidare. Tutti dunque coloro, che direttamente o indirettamente dalla potenza illimitata traevano o lustro o potenza o ricchezze, nemici necessari di ogni nuova potestà, si dovevano o convertire, o distruggere. Il convertirli riusciva impossibile, o lungo, o dubbio partito; lo spegnerli, era utile e certo. Noi quindi, costretti dalla imperante necessità dei frangenti, anzi che veder tronca a mezzo la nostra magnanima impresa, abbiam dato nelle proprietà, e nel sangue di quei tanti nemici nati del nostro sistema; ed abbiamo in tal modo assodate le basi della libertà, e dell’eguaglianza.

Libero. Ma voi, fabbricatori (a creder vostro) di quest’alto sistema, chi eravate voi fino a dianzi? di qual classe nell’ordine sociale? Che avevate voi fatto prima dell’anno 1789? di qual arte vissuti? con chi praticato? donde attinto i principj di vera libertà? come conosciutala, e meritata? come speratala? con quai mezzi intrapresane la promulgazione, e il trionfo?

Liberto. Troppi quesiti mi accumuli in uno, perchè io in un fiato a tutti rispondati. Al primo appigliandomi intanto, ti afferro, e ti dico: che tu dalla Spagna, piuttosto che dall’America Inglese, uscito mi sembri. Puoi tu seriamente interrogare un uomo libero, di qual classe foss’egli nell’ordin sociale? Chi conosce i Diritti dell’Uomo, conosce egli mai queste stolide distinzioni?

Libero. E questa tua stessa risposta al mio mal inteso quesito, già ben ti svela, e condanna, come non-Uomo, o non-Libero. Ti ho io forse (nel dir di qual classe) richiesto, se tu eri Patrizio, o Plebeo? L’averla tu intesa così, manifesta che poco tu intendi. Io ti ho chiesto, e ti chiedo; se tra le quattro classi inseparabili da ogni qualunque adunanza d’Enti umani, voi eravate de’ buoni, o de’ rei; degli stupidi, o degli ingegnosi.

Liberto. Educati noi quanto i nobili, e meglio, avevamo e la cultura ed i lumi che provengono dal trattare, vedere e conoscer coloro, che reggono gli uomini; ma non ne avevamo l’orgoglio, non la viltà, non la scostumatezza. Nati noi all’incontro di poco superiori ai plebei, senza averne nè la rozzezza, nè l’abbiezione, avevamo ne’ cuori nostri scolpito quell’odio, e disdegno pe’ Grandi, che dai liberi, e robusti petti si nutre contro la prepotenza.

Libero. Cioè (dirò io, commentando) collocati voi fra i servitori, e i padroni, da questi cercando e da quelli tenendo, le brutture avevate d’entrambi. Ma oramai, senza punto traviarti dalle mie semplici, e incalzanti domande, rispondimi tu chiaramente, ed informami; se voi, principali innovatori, eravate [p. 172 modifica] in questo regno in aspetto di puri, o macchiati; se illuminati e dotti davvero, o presuntuosi o infarinati soltanto; se liberi, in una parola, o liberti? — Ma che? non rispondi? — Già pienamente t’ho inteso; troppo mi hai detto tacendo. Io pure proseguir voglio, e domandoti: Chi eri tu, fa quattr’anni? Di quali entrate, o di qual arte campavi?

Liberto. Avvocato...

Libero. Ahimè! basta. Tu dunque vendevi e parole, e opinioni, e te stesso, a chi più ti pagava. Ma eri tu almeno dei reputati, e valenti in codest’arte fallace?

Liberto. La gelosia e l’invidia de’ miei confratelli, aggiunte agl’infami raggiri del passato assoluto Governo, mi suscitarono delle persecuzioni iniquissime, per cui mi venne intercetta e la fama e il guadagno, che ai miei non scarsi talenti doveansi.

Libero. Spogliando io dunque d’ogni orpello il tuo dire, dalle tue stesse parole ricavo, che povero tu vivevi, ed oscuro: aggiungo io quindi, e scontento; e, concedendolo i tempi, perturbatore, vendicativo, e prepotente ed impuro; ed in una parola, Liberto. E questi pregj tuoi tutti negheresti tu invano; chè il vostro operare finora dimostra, ed a me ed a tutti, che dai molti tuoi simili è stata in quelle infelici contrade contaminata la sacra causa della Libertà, la quale certamente infra sì fatte lordure non nasce. Accusami dunque, se il vuoi, a qual più ti piace dei tanti vostri infami tribunali di sangue, e servaggio, che a prigionia mi condanni, ed a morte. Ogni pena mi riuscirà minore, e d’assai, della fastidiosissima pena di vivere in mezzo a schiavi malnati, che ardiscono assumer la maschera di liberi uomini.