Il Novellino/Parte quarta/Novella XXXVII

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Novella XXXVII - Marchetto e Lancilao compagni
d'una medesima donna innamorati combattono, tutti dui moreno, e la donna per dolore se dà voluntaria morte

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Novella XXXVII - Marchetto e Lancilao compagni
d'una medesima donna innamorati combattono, tutti dui moreno, e la donna per dolore se dà voluntaria morte
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NOVELLA XXXVII.




ARGOMENTO.


Marchetto e Lanzilao compagni armigeri se innamorano de una medesima donna; combattono insieme, e l’uno e l’altro more: la donna per l’avuto dolore voluntaria se more: sono con generale dolore pianti, e tutti tre in un medesmo sepulcro sepelliti.


AL FORMOSISSIMO MIO ARIETE1.


ESORDIO.


Dai legami della vera amicitia costretto, Ariete mio formosissimo, mi ho voluto de quella come ad immacolata in questa nostra absentia recordare, e a te unico amico la presente novella mandare; de la quale come che el fine sia acerbo e sanguinoso, pur nella toa giovenile età nella quale sei cognoscerai quanto e quale sono con poco ordine e senza mesura le forze d’amore, acciò che negli anni più maturi venendo, te sappi, se potrai, da tali travagliati lacci con prudentia guardarte.


NARRAZIONE.


Nel tempo che l’invitto e illustrissimo signore [p. 391 modifica]conte Francesco Sforza, non ancora Duca di Milano divenuto, la Marca d’Ancona signoreggiava, furono nella soa fiorita Compagnia doi omini d’arme, l'uno chiamato Marchetto da Faenza, e l’altro Lanzilao da Vercelli, ciascuno de loro animoso e gagliardo a maraveglia, e virtuosi giovini, leggiadri e acconci quanto dire se potesse. El che per esserne in una compagnia medesima allevati, nacque tra loro una amistà sì grande e continua, che, come è già de’ soldati costume, se affratellarno insieme e in vita e in morte con perfetto amore che non solo l’arme i cavalli e ogni altra loro facultà aveano tra essi comunicata, ma ad ogni uno pareva aver l’anima del compagno dentro il corpo con la sua insieme unita. E in tale giocondissimo stato più anni, sempre in onore fama e roba augmentando, dimorando, e in maniera la loro unione era sopra tanto amore e carità fabbricata, che nè desiderio de stato, nè cupidità de roba, nè ambitione de fama o gloria avrebbe bastato a guastare pure in alcuno atto tanta amicitia e fraternità, se la maestra de tutte le cose Fortuna con le insidie e sottili vie d’amore nei loro petti non fosse entrata; però che con nova maniera de atrocissimo veneno tutti doi con una medesima fiamma riscaldando, ogni altro fatto riparo vinse e buttò per terra. Essendo dunque costoro da li bellicosi esercitii nella città di Fano alle stantie redotti, accadde che el signore Malatesta fè bandire un torniamento in Arimino, nel quale andando de molti e diversi armigeri, tra’ quali furono i doi fratelli Marchetto e Lanzilao, de cavalli, de paramenti e de famigli più che li altri accompagnati; e col terminato numero degli altri al torniamento entrati, tanto fu [p. 392 modifica]el virilmente adoperare degli già detti doi compagni che ognuno de l’altri chi abbattuto e quale stracco se n’era fuori uscito, altro che loro doi dentro soli erano rimasti: i quali non volendo l’uno più contra l’altro giostrare, ognun de essi lo onore a l’altro cedendo se ne uscerno: el che trovandose poche lanze più Marchetto che Lanzilao avere rotte, con non meno piacere e gloria de l’uno che de l’altro fu a Marchetto el palio e lo onore donato. Ed andando a fare festa al palagio del Signore avvenne che gli detti compagni tutti doi in uno ballo se innamorarno de una medesima giovenetta, molto leggiadra e bella, figliola de un notevole cavaliere de la città, e senza sapere l’un de l’altro ognuno ardentissimamente la vagheggiava. La giovene,che Ipolita aveva nome, vedendogli ambedue de una medesima età, e de bellezze e de costumi conformi, e tante altre eguaglianze essere tra loro, che lei medesima che de tutto si era accorta non sapea né possea deliberare a chi de loro dovesse l’animo inclinare, e in tale ambiguità stando propose tutti doi parimente amarli; e cosi occultamente or l’uno or l’altro favoreggiando li facea de soa grazia stare contenti. Finita la festa non senza greve dolore de tutti doi, novelli amanti presi e legati da colui che a li soi teli niuno provedimento bastò mai per repararvi, se ne retornarno in casa; dove gionti cominciò Marchetto a dire: Fratello, io venni qui per guadagnare el palio, e ho perso la libertà, però che io sono sì forte infiammato da l’amore de una donzella quale nella festa oggi ho male per me veduta, che non ne posso reposo alcuno pigliare. Lanzilao con non meno calente sospiro respose: Oimè fratello, che con simili [p. 393 modifica]ligami pur oggi sono stato avvolto da un’altra giovenetta la più bella del mondo. Disse Marchetto: Io non me ne maraviglio, però che dal primo nostro cognoscimento in ogni cosa ne semo trovati de volere conforme, così anco adesso pare che da’ fati siamo costretti a dovere l’un l’altro amando accompagnare, e tanto deve esser più caro quanto l’uno la pena de l’altro credendo li averà doppia compassione. Pur non resto de dirte che se la toa passa la mia in bellezza davero potrà dire unica essere al seculo nostro. Lanzilao con piacevolezza rispose: Domane l'una e l’altra mirando ne farai iudicio. Venuto il novo giorno, e la cominciata festa continuando, e tra gli altri che lietissimi vi andarono furono i doi cari compagni, i quali da ciascuno onorati e carizzati molto, veddero la loro amorosa con l’altre donne andate, de che ognuno de loro continuando il cominciato trastullo, Marchetto preso il compagno per braccio con acconcia maniera gli dimostrò colei, che esso in quel ponto a lui volea già dimostrare. La quale da Lanzilao vista, e inteso che amore con un medesimo foco parimente li brusciava, con rincrescimento grandissimo gli toccò il suo passionato cuore, e quasi lacrymando a lui rivolto disse: Marchetto mio, questa è colei de la quale si ardentemente te ho ragionato, e però se summamente piacerme avesti mai nel disio, te prego che de tale impresa te remanghi, e posto che la vittoria a tutti doi sia dubiosa, pure a me pare del certo ottenerla, attento che in lei ho cognosciuto unico e ferventissimo esser l’amore che me porta. Marchetto alquanto cruccioso rispose: Io non me possea persuadere che essendo tanto amore reciproco tra noi avessi [p. 394 modifica]non che fatta ma pure pensata di farme tale inonesta dimanda, attento che tu sai che ieri sera te dissi che costei con la libertà insieme me avea rapito il cuore; e certo altro non saria a dire che non amarla a la morte me2 recasse, se non desiderar la morte del tuo caro amico fratello e compagnone: e come che io non dubito che lei ti ama, pure per fermo puoi tenere che essa per aver me visto sì vigorosamente adoperare ha volto in maniera verso de me il suo intendimento che più che sé medesima me ama e amerà sempre, come li effetti ne renderanno maggior testimonio. Lanzilao che con poco piacere lo avea ascoltato, odendo l’ultime parole turbatissimo rispose e disse: Se per bene adoperare la gratia sua presumi avere acquistata, io per quello non l'averò perduta, però che come già sai, avendo io così bene come te giostrato, per mia cortesia, essendo noi una cosa, me contentai che l’onore tenessi; e non dubitare che io essendo come già era più fresco di te, averia durato più, e il palio sarebbe stato el mio: e questo a tutto uomo e a la donna altresì è manifesto. Marchetto in sul fatto riscaldato rispose: Se tu dirai che io per tua cortesia abbia il palio guadagnato tu non dirai il vero, però ch’io avendo de gran lunga meglio de te e de tutti li altri adoperato, meritamente me fu donato: e ora avesse piaciuto a Dio che uscito non te ne fossi, che io arei posto te al numero che gli altri da più de te già posi. Lanzilao de rabbia tutto fremendo disse: Lo quistionare in parole me pare arte de poltroni, e perchè ho meco medesimo deliberato quello che de fare intendo, ancora te retorno a dire che tu o [p. 395 modifica]d'amarla, o da la nostra amistà te debbi remanere: e se pur lo partito d’amarla te delibera, con le spade in mano e con le nostre forze insieme dimostraremo quale de noi majormente ama, ovvero da lei sarà più amato. Marchetto rispose: Io non aspettava da te altra resposta, e però sta in ordine che io te farò prestissimo intendere il modo e lo loco come e dove averemo da essere insieme. E con gran furia toltoglisi avanti, a più omini d’arme tale fatto con la ragione insieme fe’ manifesto, e dal compagno fatto el simile, in poco d’ora ne fu tutta Arimino ripiena: e quantunque per il Signore e per più altri conduttieri e armigeri fosse con istantia cercato ponere pace, nondimeno erano de’ doi amanti sì gli animi accesi, che per rechiesta da l’uno e l’altro fatta a combattere la matina seguente a tutto oltraggio a cavalli fuora de la città se apparecchiarono. El padre de la giovene che el fatto aveva già sentito, per vederli e leggiadri e de virtù e ricchezza accompagnati, avea già per partito preso, a cui de loro restava vincitore, la figliola con gran parte de le soe facoltà gli donare per moglie; e in presentia de più signori e donne e anco de la figliola tale deliberatione a detti amanti fe' manifesta. El che non solo loro fu carissimo, ma per quello raccendendosi a ciascuno l’ardore a bene operare, tutti se accordorno. Ipolita che, come è detto, egualmente li amava, né possea l’amore e la vittoria de l’uno senza la morte de l’altro cercare, de intollerabile pena aspettava a che dovesse el fatto riuscire. Venuta la matina, e ognun di loro da più singulari uomini fornito e accompagnato, bene a cavallo, e acconciamente armato de ciò che a tanto eccessivo fatto se [p. 396 modifica]rechiedeva, non per un camino su la campagna se retrovorno; e per lo signale ordinaro el numero de trombettare, e del cominciare de l'aspero duello, e lo imponer di quieto stare sotto grave pena. E toccando l'ultimo segno de la fiera battaglia, ognuno con animosità grande lassati i cavalli s’andorno a trovare. Marchetto tenendosi alto ferì il compagno ne la vista dell’elmetto in maniera che un troncone col ferro de la rotta lancia appiccatosi dentro, da canto in canto passandolo, il buttò morto a terra: nondimeno Lanzilao che basso si era tenuto per ammazzare el cavallo per dopo possere facilmente il compagno in terra martellando conquistare, avea el cavallo de Marchetto al petto ferito de modo tale che come un toro percosso in qua e in là tempestando se lassò andare a terra. E fu sì crudele la fortuna del povero Marchetto che nel tempestare gli uscì la spada del fodero, e rimasta col pomo in terra e la punta per3 la spalla del cavallo, nel cascare avvenne cosa quasi mai simile travenuta, che ponendose la ponta de la spada per dentro le piastre de la soa corazza, e lui con la furia del cadere premendovi su, fino alli elzi dentro il suo misero corpo se la pose: per el che senza posser dire una sola parola quivi similmente se morì. La gente chi a l’uno chi a l'altro correndo, e tiratigli de sotto i cavalli, e disarmati, trovaro tutti doi, come è già detto, esser morti: per la qual cagione cominciò ognuno con alta voce piangendo a rammaricarse de Dio, e della fortuna dell’aspro e dispiatato accidente. Ipolita che in su le mura della città con l’altre donne mirando [p. 397 modifica]stava, e la morte de ogni uno de loro amante con la propria vita averia volentieri rescossa4, odendo che tutti doi già erano morti, assalita da interno dolore con subita deliberatione de più non stare in vita per ultimo partito già prese, e con forte animo a ciò seguire deliberata, disse: Ahi misera e infelicissima la vita toa, Ipolita, a quanta orribilità te ave la toa prava sorte recata! tu sola se’ colei perla quale l'aspera giornata è venuta, la fiera battaglia è fatta, la doppia occisione è causata, e tanta longa amicitia fraternità e compagnia è separata. Ahi male avventurati amanti, discompagnati sono gli vostri nobili corpi, mancate sono le vostre virtù e prodezze, e con amara morte spente sono le bellezze, l’ornati costumi d’ambe doi senza esservi fatti degni d’un solo abbracciamento de colei che unicamente amavate, e che da lei eravate e con ragione egualmente amati! Maladetta sia l'ora ch’io nacqui con la mia da voi lodata bellezza insieme, dopo che di morte vi dovea essere cagione! Io afflitta e dolorosa non dubito che gl’innamorati spiriti separati vanno errando per questo nostro emisfero aspettando el mio, il quale con essi insieme accompagnato dal canto di là vera testimonianza far deve quale de loro era da me più amato: e io per satisfare in parte a tal pio e onesto desiderio volentieri subito nel manderò. E ciò detto, preso tempo che da l’altre donne non fosse el suo camino impedito, col capo avanti se lassò da la summità de le mura ove era giù andare; nè prima a terra fu gionta che oltre al fiaccarse el collo gran parte de soi delicatissimi membri se sfracassarono. A tale crudelissima novità [p. 398 modifica]la gente corse, e trovata la nobile damigella morta, e saputa la cagione, ognuno de novo dolore fu trafitto, e de tanti fieri accidenti ognuno con amare lacrime piangendo se dolea. Venuta la sanguinosa novella al vecchio padre, il quale siccome ad unica figliuola ed unicamente da lui amata, unico e perpetuo fu il suo dolore. Quanti e quali fossero stati de' signori e d’altri nobili e popoli, de’ cittadini e forestieri gli pianti e gli rammarichi lungo sarebbe il recontare. Nondimeno come il Signore volse, i doi corpi degli disavventurati amanti, con quello della donna in mezzo tra de loro, tutti e tre in un marmoreo e digno sepolcro furono sepelliti, e in quello la cagione de loro morte fu con memorevole scrittura designata.


MASUCCIO.


Asperi e fieri sono stati gli raccontati casi de li innamorati e in acerbissimo fine terminati, ai quali vivendo nè fiore nè foglia nè frutto fu concesso di gustare. Pur me persuado che gli spiriti loro nello ultimo partire alcuno refrigerio senterono per lo avere li loro corpi eternalmente lassati accompagnati. Ma perché de tutti tre non se può avere se non grandissima compassione, e io dovendo con nova piacevolezza continuare, ad altri de loro la briga lassando, e solo de Marchetto recordandome, sono tirato a scrivere un facetissimo caso de un altro Marco piscatore, il quale lui medesimo condusse con la soa barca un nobile veneziano a goder con la moglie; e quello che con piacevolezza grande ne seguio.

  1. L’ediz. della gatta dice: Al formosissimo mio messere Francesco Tomacello. Non saprei chi sia questo Ariete, che mi pare un soprannome dato a qualche giovane da Masuccio.}}
  2. Fosse meglio te.
  3. Questo per vale lungo: la spada rimase ritta lungo la spalla del cavallo.
  4. ricomperata.